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Corte appello Roma sez. III, 29/12/2021, n.8546

Massima

L’azione di simulazione e l’azione revocatoria possono essere proposte nello stesso giudizio

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

Con citazione notificata in data 25.01.2011 Italfondiario S.p.A., quale procuratrice di Intesa Sanpaolo S.p.A., aveva convenuto in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, i sigg. Ca. Sa., Me. Mi., Ca. Al. e Ca. Ar. chiedendo che venisse accertata la simulazione assoluta dell’atto di compravendita del 29.12.2008 posto in essere dalle parti convenute; ed in subordine l’accertamento dei presupposti per la revocatoria ex art.2091 c.c. stante l’esistenza di ragioni creditorie vantate dall’istituto bancario verso i sigg. Ca. Sa. e Me. Mi. (parti venditrici).

Intesa Sanpaolo S.p.A. si affermava creditrice della Profumeria Ca. di S. Ca. & C. S.a.s. in relazione al rapporto di conto corrente ordinario n. –omissis– acceso dalla debitrice presso la Filiale di Roma n. 43 della ex Banca Commerciale Italiana S.p.A. che alla data del 31.10.2007 presentava un saldo passivo di E 88.725,28 oltre interessi alla medesima data pari ad E 409,59 (il tutto così come risultava dall’estratto conto della Intesa Sanpaolo S.p.A. conforme ex art.50 D.Lgs. 1.9.1993, n.385); evidenziando come con lettera di fideiussione del 18.10.2000 si erano costituiti fideiussori a favore dell’allora Banca Commerciale Italiana S.p.A. e nell’interesse della debitrice principale PROFUMERIA CA. DI S. CA. & C. S.a.s. per tutte le obbligazioni da quest’ultima assunte nei riguardi della medesima Banca Commerciale Italiana S.p.A., sino alla concorrenza della somma di lire 230.000.000 i sigg.ri Sa. Ca. e Me. Mi., poi aumentata sino alla somma di E 141.500,00.

Che, sia la debitrice principale che i due menzionati fideiussori, con lettera del 8.9.2006 riconoscevano il proprio debito complessivo nella misura di E 92.483,94 e chiedevano di essere ammessi ad una rateazione del debito accumulato, beneficio poi accordato; – che, nel successivo anno 2007, però, i debitori si rendevano nuovamente inadempienti alla rateazione loro accordata e, con lettera del 25.8.2007 veniva loro intimato il pagamento del complessivo importo di E 87.561,77; e che, perdurando l’inadempimento, con ricorso per decreto ingiuntivo depositato in data 10.12.2009 Italfondiario S.p.a., quale procuratrice di Intesa Sanpaolo S.p.A., chiedeva al medesimo Tribunale di ingiungere alla Profumeria Ca. di S. Ca. & C. S.a.s. in solido con i sigg.ri Sa. Ca. e Mi. Me., il pagamento della complessiva somma di E 94.547,11 oltre interessi di mora nella misura legale a decorrere dal 25.11.2009 sino al saldo effettivo (ricorso accolto con D.I. n. 4599/10 notificato agli intimati in data 5.3.2010, avverso il quale gli stessi insorgevano con atto di citazione in opposizione notificato in data 16.4.2010).

Che, i sigg.ri Sa. Ca. e Mi. Me. con atto di compravendita del 29.12.2008 per Notaio G. G. di Roma, Rep. 31741/12438 e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Roma 1 in data 19.1.2009, nn. 5959/2735 trasferivano ai sigg.ri Ar. Ca. ed Al. Ca. la nuda proprietà, riservandosene l’usufrutto, della porzione immobiliare facente parte del fabbricato in Comune di Roma con accesso tra la piazza (omissis) e via (omissis); con prezzo della compravendita indicato E 100.000,00, asseritamente corrisposto attraverso la consegna di due assegni bancari di E 50.000,00 cadauno.

Per queste premesse aveva ritenuto di agire a tutela delle ragioni creditorie con azione di simulazione dell’atto di compravendita o, in subordine, per la dichiarazione di inefficacia ex art.2901 c.c..

L’adito Tribunale di Roma, nel contraddittorio dei convenuti (e dopo l’intervenuto decesso del convenuto S. Ca. e la riassunzione del giudizio nei confronti degli eredi), decideva la causa con sentenza depositata in data 19.09.2016 che così provvedeva:

1. in accoglimento della domanda della società attrice dichiara l’inefficacia per simulazione assoluta dell’atto di compravendita del 29.12.2008 per Notaio G. G. di Roma, Rep. 31741/12438 e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Roma 1 in data 19.1.2009, nn. 5959/2735 con cui i sigg.ri Sa. Ca. e Mi. Me. hanno trasferito ai sigg.ri Ar. Ca. ed Al. Ca. la nuda proprietà, riservandosene l’usufrutto, della seguente porzione immobiliare: ‘Porzione d’immobile facente parte del fabbricato in Comune di Roma con accesso tra la piazza (omissis) e via (omissis) dalla quale ha accesso principale dal civico n.2/B e precisamente: Appartamento posto al piano primo, distinto con il n. int. 1, composto di sette vani catastali, confinante con detta via, piazza (omissis), vano scala ed appartamento int. 2 (due), salvo altri, censito al N.C.E.U. di Roma al Foglio 189, particella 109, Sub. 7, via (omissis), p.1, interno 1, z.c. 5, Cat. A/3, Classe 3, Vani 7, R.C. E 1.319,55; 2. condanna la società opponente a rifondere all’opposta le spese di lite che si liquidano…’.

Con citazione notificata in data 16.03.2017 i sigg.ri Mi. ed Al. Me. e Ar. Ca. hanno proposto appello chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e per sentir accogliere le seguenti conclusioni:

‘Voglia l’Ecc. ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, previa sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado n. 17205/2016 emessa nel giudizio R.G. 5800/2011 dal Tribunale Ordinario di Roma, Sezione X, Dott. An. Pe., depositata il 15/09/2016 e pubblicata in data 19/09/2016 e non notificata accogliere il presente appello e per l’effetto riformare nei termini sopra esposti l’impugnata sentenza ed accogliere tutte le domande avanzate dall’appellante nel primo grado di giudizio che si intendono non rinunciate, siccome rassegnate e non accolte nel merito; in via istruttoria si chiede l’autorizzazione al deposito dei documenti indicati nel corpo del presente atto di appello ai sensi e per gli effetti dell’art. 345 c.p.c. trattandosi di documenti che, secondo l’orientamento della Suprema Corte espresso con la pronuncia n. 16526/2005 sono idonei a determinare il rovesciamento della decisione cui è pervenuto il Giudice di primo grado, documenti che non sono stati prodotti a causa del comportamento dell’avversario che non ha consentito la deduzione del mezzo istruttorio, in quanto le contestazioni inerenti le copie degli assegni prodotte sub. 1) del fascicolo di parte convenuta, sono state per la prima volta formulate solo con la comparsa conclusionale, e quindi a termini istruttori scaduti. I documenti che si producono sono i seguenti: a) Copia retro assegno di conto corrente bancario non trasferibile tratto sulla Banca Antonveneta S.p.A. per E 50.000,00 (cinquantamila virgola Zero) con il n. —omissis— all’ordine di S. Ca. con firma di girata e timbro di pagamento; b) Copia estratto di conto corrente n. 12105.58D presso Monte dei Paschi di Siena al 31/03/2009 cointestato a Sa. Ca. e Mi. Me.; c) Copia retro assegno di conto corrente bancario non trasferibile tratto sulla Banca Popolare di Milano per E 50.000,00 (cinquantamila virgola Zero) con il n. 502129481- 09 all’ordine di Mi. Me., con firma di girata di Mi. Me. e timbro di pagamento della Banca Popolare di Milano; d) Copia estratto di conto corrente n. 627 presso Banca Popolare di Milano al 31/03/2009 intestato a M. M.. Con vittoria di spese e compensi del doppio grado, da distrarsi in favore dello scrivente procuratore, dichiaratosi antistatario.

Si é costituita in questo grado Italfondiario S.p.A., n.q., ed ha chiesto il rigetto dell’appello per sua inammissibilità e per infondatezza, formulando le seguenti conclusioni:

‘Respingere il gravame avversario in quanto inammissibile e, comunque, infondato in fatto ed in diritto. In via subordinata ed ex art.346 c.p.c., ritenere sussistenti i presupposti dell’art. 2901 c.c. e per l’effetto dichiarare la inefficacia dell’atto di compravendita del 29.12.2008 per Notaio G. G. di Roma, Rep. 31741/12438 e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Roma 1 in data 19.1.2009, nn. 5959/2735 con cui i sigg.ri Sa. Ca. e Mi. Me. hanno apparentemente trasferito ai sigg.ri Ar. Ca. ed Al. Ca. la nuda proprietà, riservandosene l’usufrutto, della seguente porzione immobiliare: ‘Porzione d’immobile facente parte del fabbricato in Comune di Roma con accesso tra la piazza (omissis) e via (omissis) dalla quale ha accesso principale dal civico n.2/B e precisamente: Appartamento posto al piano primo, distinto con il n. int. 1, composto di sette vani catastali, confinante con detta via, piazza (omissis), vano scala ed appartamento int. 2 (due), salvo altri, censito al N.C.E.U. di Roma al Foglio —omissis–, particella —omissis–, Sub. —omissis–, via (omissis) , p.1, interno 1, z.c. 5, Cat. A/3, Classe 3, Vani 7, R.C. E 1.319,55′. Il tutto con vittoria di spese…’.

Dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di sospensione, ed in difetto di attività istruttorie, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 19.01.2021 il giudizio veniva interrotto per la morte di Mi. Me. e successivamente riassunto su ricorso degli appellanti sig. Ca. Al., in proprio e quale erede della Sig.ra Mi. Me., nonché della Sig.ra Ar. Ca., solo in proprio avendo rinunciato all’eredità della madre Mi. Me..

Quindi, fissata l’udienza di riassunzione al 21.09.2021, è stata disposta la trattazione della causa ai sensi dell’art. 221 comma 4, legge 17.07.2020 n.77 ‘mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento’, ed all’esito, precisate le conclusioni mediante deposito di foglio di p.c. come sopra riportato, la Corte ha riservato la decisione allo scadere dei termini concessi per lo scambio di comparse conclusionali e di repliche (gg. 60 + gg. 20).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla parte appellata va disattesa. La stessa si fonda sulla ritenuta tardività dell’impugnazione in quanto proposta dopo la scadenza del termine breve determinato dalla notifica della sentenza; notifica indicata come eseguita in data 22.09.2016, a mezzo pec, al difensore degli ex convenuti (con appello che risulta notificato in data 19.03.2017 oltre la data di scadenza che la appellata indicata nel 22.10.2016); tuttavia, a tal riguardo, trova applicazione il seguente principio affermato dalla Corte Suprema: ‘Va confermato il principio secondo cui la notifica della sentenza effettuata alla controparte a mezzo Pec (l. n. 53 del 1994, ex art. 3 bis, nel testo, applicabile ratione temporis, modificato dal d.l. n. 179 del 2012, art. 16 quater, 1° comma, lett. d), convertito, con modificazioni, dalla l. n. 228 del 2012) è idonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione nei confronti del destinatario, ove il notificante provi di aver allegato e prodotto la copia cartacea del messaggio di trasmissione a mezzo posta elettronica certificata, le ricevute di avvenuta consegna e accettazione e la relata di notificazione, sottoscritta digitalmente dal difensore, nonché la copia conforme della sentenza che, trattandosi di atto da notificare non consistente in documento informatico, sia stata effettuata mediante estrazione di copia informatica dell’atto formato su supporto analogico e attestazione di conformità citato d.l. n. 179 del 2012, ex art. 16 undecies (la suprema corte – premesso che all’esito della notificazione, in via telematica, della sentenza di primo grado la parte vittoriosa non ha provveduto al deposito telematico delle ricevute di accettazione e consegna, provvedendo, invece, al deposito cartaceo delle copie, su supporto analogico, del messaggio di posta elettronica, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna, senza però attestarne la conformità ai documenti informatici da cui erano state tratte – afferma che trattasi di contegno non idoneo a far decorrere, nei confronti del destinatario, il termine breve per impugnare)’ (Cass. civ. (ord.), sez. III, 09-07-2019, n. 18317).

Deve essere respinta, inoltre, l’ulteriore eccezione di ‘Disintegrità del contraddittorio nella fase di gravame’ proposta sulla base della ritenuta non integrità del contraddittorio tra tutti i facenti parte del ‘ceto ereditario’ del defunto sig. S. Ca. (composto da altri soggetti oltre agli appellanti).

Risulta evidente che tale eccezione, che avrebbe dovuto essere coltivata in primo grado, non è supportata da alcun elemento dimostrativo dell’esistenza di altri eredi dell’indicato sig. Sa. Ca..

Infatti, nel caso di riassunzione del giudizio interrotto per morte di una delle parti, ove siano stati evocati in causa solo alcuni degli eredi della parte defunta, è onere della parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio esclusivamente indicare, nominativamente, gli eredi pretermessi documentando, altresì, i presupposti di fatto che giustificano l’integrazione (così Cass. civ., sez. III, 18-10-2001, n. 12740); ma di questo non vi è traccia in atti.

Passando al merito, l’appello contiene i seguenti motivi:

1) ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER ERRONEA, ILLOGICA E/O CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE POICHE’ IL GIUDICE ESTENSORE, PUR CONFERMANDO CHE L’ONERE PROBATORIO FOSSE A CARICO DELLA ITALFONDIARIO SPA E CHE LA PROVA TESTIMONIALE FOSSE AMMISSIBILE E IDONEA, IN CONCORSO CON ALTRI ELEMENTI DI PROVA PRESUNTIVI, PER FONDARE LA DOMANDA DI SIMULAZIONE ASSOLUTA, SULLA BASE DEI SOLI ELEMENTI DI PROVA INDIZIARI HA RITENUTO DI ACCOGLIERE LA DOMANDA DI SIMULAZIONE ASSOLUTA EX ADVERSO FORMULATA DELL’ATTO DI COMPRAVENDITA DEL 29/12/2008 PER NOTAR G. DI ROMA REP. 31741/12438, NONOSTANTE L’ATTORE NEMMENO AVESSE ARTICOLATO UNA PROVA TESTIMONIALE, NÈ AVESSE ARTICOLATO MEZZI DI PROVA IN RELAZIONE ALLA ASSERITA IRRISORIETÀ DEL PREZZO DI COMPRAVENDITA IN RAPPORTO AL VALORE DEL CESPITE ALIENATO.

1.2) ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 2697 C.C. PER AVERE IL GIUDICE DI PRIME CURE QUALIFICATO COME INDIZI PRECISI E CONCORDANTI, DATI FATTUALI SCONFESSATI DALLA DOCUMENTAZIONE IN ATTI E DALLE CONTESTAZIONI DELLA PARTE CONVENUTA.

2) ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER ERRONEA E/O ILLOGICA MOTIVAZIONE PER AVERE IL GIUDICE DI PRIMO GRADO RITENUTO FONDATA E PROVATA LA DOMANDA DI ITALFONDIARIO QUALIFICANDO, NEI FATTI, LA CONTESTAZIONE DI ITALFONDIARIO SPA FORMULATA IN VIA DEL TUTTO GENERICA ED INDETERMINATA ALLA PRIMA UDIENZA DI COMPARIZIONE QUALE FORMALE ECCEZIONE DI DISCONOSCIMENTO DEGLI ASSEGNI DEPOSITATI IN COPIA DAGLI APPELLANTI, CONTESTAZIONE DEL TUTTO TARDIVA E COME TALE INAMMISSIBILE – ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER ERRATA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI CHE REGOLANO LA PROVA NEL PROCESSO CIVILE IN VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ART. 2712-2719 C.C.

3) ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ART. 183 CPC E 190 CPC PER MANCATO RILIEVO EX OFFICIO DELLA PROPOSIZIONE DI NUOVA ECCEZIONE.

4) ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER ERRONEA, ILLOGICA E/O CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE POICHE’ IL GIUDICE ESTENSORE, PUR CONFERMANDO CHE L’ONERE PROBATORIO FOSSE A CARICO DELLA ITALFONDIARIO SPA, SI PRONUNCIAVA RITENENDO, NEI FATTI, CHE PARTE CONVENUTA NON AVESSE FORNITO LA PROVA DEI PROPRI ASSUNTI CONTRARI A QUELLI DELL’ITALFONDIARIO. ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART 2697 C.C. IN COMBINATO DISPOSTO CON L’ART. 1417 C.C. E 27241 C.C. E PER INVERSIONE DELL’ONERE PROBATORIO.

In merito ai rilievi sollevati dalla parte appellante giova riportare la sentenza del Tribunale onde poter fare a questa riferimento per i richiami, per relationem, ai dati di fatto ed alle circostanze non contestate:

1. In base alle ordinarie regole sull’onere probatorio spetta all’attore provare la simulazione. Il contratto simulato può legittimamente configurarsi, “quoad probationis“, in termini di “principio di prova scritta”, sufficiente, come tale, a rendere ammissibile la prova testimoniale “inter partes” a norma degli artt. 1417 e 2724 n. 1 cod. civ., e può, altrettanto legittimamente, venir posto, in concorso con altri elementi di prova, a fondamento del giudizio circa la sussistenza di una vicenda negoziale di carattere simulatorio.

2. Nel caso in esame molteplici precisi e concordanti sono gli indizi della simulazione assoluta della predetta vendita.

3. Innanzitutto non vi è prova dell’effettivo pagamento del prezzo. Qualora da parte di colui che invoca la simulazione siano stati offerti, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2697 cod. civ., elementi presuntivi del carattere fittizio della compravendita, l’acquirente ha l’onere di provare il pagamento del prezzo. I convenuti hanno versato in atti la copia di due assegni bancari della somma di E 50.000,00 ciascuno tratti rispettivamente sulla Banca Antonveneta (n. —omissis–) e sulla Banca Popolare di Milano (n. —omissis–). Tuttavia non vi è prova dell’incasso di tali titoli. Infatti la fotocopia della sola facciata anteriore di assegni circolari è di per sé inidonea a dimostrare l’avvenuto pagamento, a fronte della contestazione del creditore (Cfr. Cassazione – Sezione terza – sentenza 15 aprile 2008, n. 9895). Gli acquirenti avrebbero dovuto dimostrare, attraverso semplici estratti conto, l’effettiva fuoriuscita dei danari dal loro conto corrente ed il loro trasferimento nel conto dei venditori. Ciò non è avvenuto.

4. Inoltre l’atto avveniva tra membri della stessa famiglia.

5. A. ed Ar. Ca. erano stati soci della debitrice principale e quindi dovevano essere consapevoli dell’esposizione debitoria della stessa.

6. Infine Al. Ca. ha continuato a risiedere nell’immobile di cui era divenuto nudo proprietario.

7. Ricorrendone tutti i presupposti la domanda di simulazione deve pertanto essere accolta e, per l’effetto, deve dichiararsi l’inefficacia per simulazione assoluta dell’atto di compravendita del 29.12.2008 per Notaio G. G. di Roma, Rep. 31741/12438 e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Roma 1 in data 19.1.2009, nn. 5959/2735 con cui i sigg.ri Sa. Ca. e Mi. Me. hanno trasferito ai sigg.ri Ar. Ca. ed Al. Ca. la nuda proprietà, riservandosene l’usufrutto, della seguente porzione immobiliare: ‘Porzione d’immobile facente parte del fabbricato in Comune di Roma con accesso tra la piazza (omissis) e via (omissis) dalla quale ha accesso principale dal civico n.2/B e precisamente:

Appartamento posto al piano primo, distinto con il n. int. 1, composto di sette vani catastali, confinante con detta via, piazza (omissis), vano scala ed appartamento int. 2 (due), salvo altri, censito al N.C.E.U. di Roma al Foglio —omissis–, particella —omissis–, Sub. —omissis–, via (omissis) p.1, interno 1, z.c. 5, Cat. A/3, Classe 3, Vani 7, R.C. 1.319,55′.

Pur tenuto conto delle ragioni sollevate dagli appellanti con i sopra riportati motivi, ritiene il Collegio che il proposto appello vada, comunque rigettato in esito a nuova valutazione delle originarie domande proposte da Italfondiario S.p.A. e qui riproposte ai sensi dell’art. 346 c.p.c., dandosi rilievo determinante alla subordinata domanda di revocatoria ex art.2901 cod. civ..

Infatti, l’appellato che abbia ottenuto l’accoglimento della sua domanda principale nel giudizio di primo grado è tenuto, per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., a riproporre espressamente, in qualsiasi forma indicativa della volontà di sottoporre la relativa questione al giudice d’appello, la domanda subordinata non esaminata dal primo giudice, non potendo quest’ultima rivivere per il solo fatto che la domanda principale sia stata respinta dal giudice dell’impugnazione (Cass. civ., sez. I, 03-07-2020, n. 13721).

Va rilevato al riguardo che, in applicazione del criterio della ragione più liquida che trova fondamento costituzionale nell’art.24 e 111 Cost. (cfr. Cass. 8.3.2017 n.5805; Cass. S. Unite 9936/2014; Cass. 28..5.2014 n.12002, ed altre conformi) che sia fondata la domanda proposta dall’Italfondiario, in via subordinata, per l’accertamento della presenza dei presupposti per l’azione revocatoria, con conseguente rigetto delle censure di parte appellante, sulla base della questione, di più agevole soluzione che attiene, appunto, al profilo dell’atto dispositivo dannoso per le ragioni del creditore che quest’ultimo intende far dichiarare come a sé non opponibile in vista del recupero delle sue ragioni creditorie e ripristino dell’intera garanzia patrimoniale del suo debitore.

Ed invero, come peraltro è notorio, la simulazione ai sensi dell’art. 1414 c.c. si configura come ipotesi di difformità tra volontà (accordo simulatorio) e dichiarazione (negozio dissimulato); può essere assoluta o relativa a seconda che le parti pongano in essere un contratto senza l’intenzione di costituire alcun rapporto ovvero di costituirne uno diverso da quello posto in essere; l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., invece, ha la funzione di ricostruire la garanzia generica assicurata al creditore sul patrimonio del debitore, a seguito della dismissione pregiudizievole di cespiti immobiliari da parte di quest’ultimo; condizioni per l’esercizio della revocatoria sono l’eventus damni ed il consilium fraudis (o la scientia damni o la partecipatio fraudis), atteggiamenti psicologici del debitore ed eventualmente del terzo rilevanti nel momento dell’atto di disposizione; la simulazione assoluta non produce effetti tra le parti per volontà degli stessi contraenti del negozio dissimulato e la relativa domanda si pone su un piano autonomo e distinto rispetto all’azione revocatoria ordinaria, la quale è invece volta a far dichiarare l’inefficacia di un contratto valido e produttivo di effetti (come gli appellanti hanno inteso affermare sin dal primo grado e qui ribadito con la produzione degli assegni di c.c. a dimostrazione del versamento del prezzo della compravendita).

Infatti, l’azione di simulazione e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere proposte nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro ovvero in via subordinata l’una all’altra, senza che la possibilità di esercizio dell’una precluda la proposizione dell’altra; l’unica differenza tra la loro formulazione in via alternativa piuttosto che in via subordinata risiede esclusivamente nella circostanza che, nel primo caso, è l’attore a rimettere al potere discrezionale del giudice la valutazione delle pretese fatte valere sotto una species iuris piuttosto che un’altra, mentre nella seconda ipotesi si richiede espressamente che il giudice prima valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell’eventualità che questa risulti infondata, esamini l’ulteriore richiesta (Cass. civ., sez. III, 19-10-2016, n. 21083); ed è ciò che la appellante ha inteso fare con il richiamo, ex art.346 c.p.c., della subordinata domanda di revocatoria.

Pertanto, nel procedere all’esame della domanda subordinata di revocatoria, che si ritiene assorbente dell’intera questione controversa anche in questa sede, il Collegio non può che pervenire all’accoglimento della domanda di Italfondiario S.p.A. sussistendo i presupposti di cui all’art. 2901 c.c. in relazione all’atto dispositivo in questione (compravendita) di natura onerosa e posto in essere successivamente alla nascita del credito presupposto dell’azione fatta valere dal creditore.

Invero, la prova della participatio fraudis del terzo, necessaria per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di rapporti di parentela o di convivenza familiare o extra matrimoniale tra il debitore e il terzo tali da rendere estremamente inverosimile che quest’ultimo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (cfr. Cass. civ. (ord.), sez. VI, 09-06-2020, n. 10928).

E’ circostanza pacifica che gli appellanti fossero i figli dei disponenti venditori e già soci della ditta che risultava essere la beneficiaria del prestito bancario e, quindi, debitrice principale (la Profumeria Ca.); il che spiega in modo presuntivo come sia del tutto verosimile che gli stessi fossero ben consapevoli della condizione economica/patrimoniale dei propri genitori e della debitrice principale, oltre che del tutto consapevoli della portata dell’atto dispositivo posto in essere in relazione a quella condizione patrimoniale/debitoria.

Pur dandosi per accertato che il corrispettivo della compravendita fosse stato realmente versato sul conto bancario dei venditori della nuda proprietà (come i documenti prodotti in questa sede potrebbero indicare), non può negarsi, nell’ottica dell’azione revocatoria, che nessuna prova risulta fornita per dimostrare che quei denari erano stati destinati a compensare la perdita/riduzione della garanzia mediante l’estinzione di debiti già scaduti e con ragioni anteriori a quelle della banca attrice; il che rafforza la valutazione che tra le parti del contratto vi fosse stata una precisa intesa volta a far uscire il bene dal patrimonio dei debitori in danno della banca creditrice.

E quindi, quanto all’eventus damni, risulta evidente che, in difetto di prove contrarie da parte degli appellanti ex convenuti, la compravendita in questione aveva fatto uscire un bene dalla garanzia patrimoniale facendo così diminuire la consistenza delle garanzie spettanti al creditore.

Inoltre, come autorevolmente affermato in giurisprudenza ‘l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la semplice esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, concessa fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla detta apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, c.c., in base al mero requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento, giacché l’insorgenza del credito deve essere apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione’ (così Cass. civ. [ord.], sez. VI, 03-06-2020, n. 10522).

L’appello proposto dai sigg. Me. va, dunque, respinto nella sua portata di atto teso a negare fondamento alle domande proposte nei loro confronti da Italfondiario; mentre va accolta la domanda riproposta ex art.346 c.p.c. da Italfondiario, di revocatoria dell’atto di compravendita (già dichiarata come simulata dal primo giudice).

Di conseguenza i soccombenti appellanti vanno condannati, in solido, al pagamento delle spese di questo grado del giudizio, a favore della appellata, e liquidate tenuto conto del valore della controversia (il valore del credito vantato dalla Intesa San Paolo = E 92.483,94) e delle attività compiute dal procuratore della parte nel presente giudizio secondo i parametri ministeriali attualmente in vigore (d.m. 10.3.2014 n.55 aggiornati col d.m. 37/2018) che, per le cause avanti alla Corte di Appello, consentono un compenso totale . 9.515,00 (oltre le spese vive documentate e le spese generali forfetarie) così determinato:

scaglione di valore in questa causa è quello tra E 52.000,01/260.000,00;

fasi processuali tenutesi in questo grado: n.1 (studio controversia) +n. 2. (introduttiva) +n.4 (decisoria);

importi applicati (medi).

Infine, rilevato che l’impugnazione in esame è sottoposta alla disciplina di cui alla legge 228/2012 (che ha modificato l’art. 13 t.u. di cui al d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115, introducendo dopo il comma 1 ter il comma 1 quater), di conseguenza, la parte appellante, stante il rigetto dell’impugnazione proposta, é tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così decide sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma depositata in data 19.09.2016 con il N. 17205/2016, proposto da Ca. Al. e Ca. Ar. nei confronti di Italfondiario S.p.A. (quale procuratrice di Intesa Sanpaolo S.p.A.):

a) Rigetta l’appello, e decidendo sulla domanda riproposta ex art.346 c.p.c. da Italfondiario S.p.A., previa riforma della appellata sentenza – dichiara inefficace nei confronti di Intesa Sanpaolo S.p.A. il contratto di compravendita del 29.12.2008 per Notaio G. G. di Roma, Rep. 31741/12438 (trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Roma 1 in data 19.1.2009, nn. 5959/2735) con cui i sigg.ri Sa. Ca. e Mi. Me. hanno trasferito ai sigg.ri Ar. Ca. ed Al. Ca. la nuda proprietà, riservandosene l’usufrutto, della seguente porzione immobiliare: ‘Porzione d’immobile facente parte del fabbricato in Comune di Roma con accesso tra la piazza (omissis) e via (omissis) dalla quale ha accesso principale dal civico n.2/B e precisamente: Appartamento posto al piano primo, distinto con il n. int. 1, composto di sette vani catastali, confinante con detta via, piazza (omissis), vano scala ed appartamento int. 2 (due), salvo altri, censito al N.C.E.U. di Roma al Foglio —omissis–, particella 109, Sub. —omissis–, via (omissis) p.1, interno 1, z.c. 5, Cat. A/3, Classe 3, Vani 7, R.C. E 1.319,55′;

b) Condanna gli appellanti, in solido, alla rifusione delle spese sostenute dalla appellata nel presente grado di giudizio, liquidando il compenso professionale in totali E 9.515,00 (oltre al rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% del liquidato compenso), con l’IVA ed il CAP come per legge;

c) dichiara la parte appellante tenuta al versamento di un ulteriore importo pari a quello per il contributo unificato (ex art. 13, comma 1-quater, del DPR 115/2002).

Così decisa in Roma il 20.12.2021.

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