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Corte appello Roma sez. II, 17/03/2025, n.3268

Massima

In tema di spaccio di droga, l’imputato deve essere assolto allorquando gli elementi acquisiti non siano sufficienti a dimostrarne, al di là del ragionevole dubbio, la destinazione ad uso non personale. Ciò si verifica nell’ipotesi in cui si tratti di un modesto quantitativo di droga, non suddivisa in dosi, trovata sul comodino della camera da letto dell’imputata, la quale risulta aver recentemente intrapreso un percorso di trattamento della tossicodipendenza.

Supporto alla lettura

ILLECITA DETENZIONE DI STUPEFACENTI

La condotta penalmente sanzionata è posta in essere dal T.U. sugli stupefacenti D.P.R. 309/1990, il cui art. 73 è il fulcro di tutta la disciplina in materia, come modificato in ultimo dal D.L. 36/2014.

La detenzione di sostanze stupefacenti (art. 73) finalizzata allo spaccio costituisce reato, invece la sola detenzione per consumo personale (art. 75) configura un illecito amministrativo. E’ importante quindi distinguere le due fattispecie, la cui linea di confine è molto sottile.

L’art. 73 disciplina il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope. Tale articolo sanziona come reato tutte le condotte si spaccio e la detenzione ai fini dello spaccio, viene quindi sanzionato anche colui che compie qualsiasi attività di cessione e destinazione ad un’altra persona, anche a titolo gratuito. Lo stesso art. 73, al suo interno, contempla due casi in cui la pena è ridotta: quando si tratta di un fatto di lieve entità (ex art. 73, c. V) c.d. “piccolo spaccio” o quando si tratta di droghe leggere. Il bene giuridico tutelato è la salute pubblica, si intende proteggere i cittadini da sostanze droganti che potrebbero essere lesive per chi le assume ma anche dannose per terzi (es. omicidio colposo a seguito di incidente stradale causato da un soggetto che ha fatto uso di sostanze stupefacenti).

Ai fini della distinzione tra le due fattispecie di detenzione per spaccio o per uso personale sarà quindi fondamentale fare riferimento a determinati “parametri di prova” che il giudice valuterà volta per volta. In ogni caso, in Italia,  il possesso di sostanze stupefacenti, a prescindere che sia per uso personale o no, non è consentito dalla legge, e le conseguenze, che si tratti di sanzioni di natura penale o amministrativa, non sa saranno da poco.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’affermazione della responsabilità è, in sintesi, fondata sugli esiti dell’attività investigativa intrapresa a seguito dell’acquisizione della notizia di un’attività di cessione di sostanze stupefacenti svolta da una donna a bordo di una Citroen grigia targata (Omissis), intestata all’odierna imputata, nell’ambito della quale il giorno 28.06.2024, era stato svolto un servizio di osservazione nei pressi della sua abitazione. Fa. era stata così vista giungere a piedi, con due borse della spesa, riporle all’interno della predetta vettura e poi allontanarsi con essa. Dopo averla fermata per un controllo, gli operanti trovavano all’interno delle buste molti panetti di hashish, per un peso complessivo di circa kg. 22, e, nell’abitazione della donna, altri kg. 6 della medesima sostanza, insieme a circa gr. 3 di cocaina, 4 cartoncini relativi a spedizioni e un telefono cellulare. Fa., avvalsasi della facoltà di non rispondere in sede d’interrogatorio, rendeva in seguito spontanee dichiarazioni, ammettendo l’addebito e dichiarandosi pentita, depositando un manoscritto nel quale, tra l’altro, sosteneva che era stato il compagno, Gi.Ro. (che aveva intuito essere attivo nel contesto del traffico di sostanze stupefacenti), ad averle chiesto di consegnare le buste, precedentemente portate da un ragazzo, nel luogo di destinazione, essendo lui impedito perché ricoverato in ospedale.

Il Tribunale, dopo aver evidenziato che la versione difensiva era smentita dalle risultanze del verbale di arresto, ha reputato pacifica la detenzione della droga alla cessione a terzi e sussistente l’aggravante dell’ingente quantitativo con riferimento all’hashish, escludendo l’esistenza di elementi favorevolmente valutabili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. 309/1990, concludendo nei termini sopra indicati.

La sentenza è gravata dell’appello ritualmente presentato dal difensore pro tempore, avv. Et.Pi., che ha chiesto:

1. il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. 309/1990;

2. il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;

3. la riduzione della pena da sospendere condizionalmente;

4. l’assoluzione dal reato di cui al capo 2) perché il fatto non costituisce reato.

All’esito dell’udienza del 06.03.2025, sentite le parti, questa Corte ha deliberato come di seguito illustrato.

Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi di appello sono fondati limitatamente al capo 2) dell’imputazione, per il quale, come si vedrà, si reputano carenti gli elementi di prova della destinazione della sostanza stupefacente ad un uso non esclusivamente personale.

2. Quanto al capo 1), invece, ritiene il collegio che le censure sollevate dall’appellante in punto di trattamento sanzionatorio non siano idonee a inficiare le argomentazioni congruamente esposte nella sentenza appellata, che si richiama integralmente.

2.1. Premesso che non è in contestazione la materialità dei fatti descritti nell’imputazione, peraltro ampiamente confermata dagli esiti delle attività d’indagine documentate in atti e dalle stesse dichiarazioni confessorie rese dall’imputata in merito alla detenzione di un ingente quantitativo di hashish, interamente destinato ad essere consegnato a terzi, l’appellante invoca, in primo luogo, il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art 73, comma 7, D.P.R. 309/1990.

Allo scopo, evidenzia come, in sede di spontanee dichiarazioni e con documento scritto, Fa. abbia reso informazioni reali e complete circa l’attività di traffico di sostanze stupefacenti che arrivavano dalla Spagna al convivente, Ro., fornendo il nome di battesimo dell’organizzatore di tali spedizioni, tale Ma., nonché specificando che il corriere utilizzato era la GSL e che il tracciamento delle spedizioni avveniva a mezzo di apposita applicazione installata sul telefono cellulare.

Nella prospettiva difensiva, si tratterebbe di informazioni di assoluta importanza e concretezza, che hanno portato alla scoperta del complice, precedentemente non sottoposto alle indagini, ed alla conoscenza delle modalità di approvvigionamento, così fornendo rilevanti elementi di novità agli inquirenti.

In ogni caso, Fa. avrebbe offerto tutto il proprio patrimonio di conoscenze, idonee a fini investigativi a disvelare la dinamica criminale sottesa al reato commesso, all’individuazione del correo e ad evitare che l’attività criminosa si protragga.

2.2. In realtà, l’assunto difensivo consiste nella pretesa di attribuire rilievo a rivelazioni assolutamente generiche e prive di concreta utilità investigativa, anche perché, ove non consistenti in una mera conferma di elementi già processualmente acquisiti altrimenti, sovente in palese contrasto con essi.

2.3. È, dunque, appena il caso di rimarcare come Fa. abbia sostenuto che le buste contenenti l’hashish le erano state consegnate il giorno precedente l’arresto – “ce le avevano consegnate la sera prima”, cfr. verbale di esame del 18.10.2024 – da un non meglio identificato ragazzo, mediante trasbordo da un’autovettura, anch’essa non individuata, alla propria – le hanno messe in macchina”, ibidem, secondo una modalità dalla stessa peraltro definita, anche con dichiarazione scritta, come abituale – e che il giorno seguente era stata chiamata al telefono da Ro., che, non potendo muoversi perché ricoverato al pronto soccorso, le aveva chiesto di raggiungerlo, prendere il telefono cellulare utilizzato per il traffico illecito e procedere alla consegna della droga.

Tale ricostruzione, già intrinsecamente illogica – essendo inverosimile che kg. 22 di hashish vengano lasciati incustoditi per tutta la notte all’interno di un’autovettura parcheggiata in strada, senza particolari precauzioni – è palesemente contraddetta dalla condotta dell’imputata caduta sotto la diretta percezione degli agenti operanti – la cui attendibilità non è stata messa in discussione nemmeno dall’appellante – i quali hanno chiaramente notato Fa. avvicinarsi alla propria Citroen con le borse contenenti la droga, riporle sul sedile posteriore dell’auto e dirigersi con essa fino all’ingresso del vicino parcheggio dell’UPIM di via Perlasca (dove, secondo la fonte confidenziale che ha dato inizio all’indagine, era solita svolgere attività di spaccio).

2.4. Nessuna informazione è stata poi resa con riferimento all’altro quantitativo, pure consistente, di hashish detenuto nel congelatore all’interno della propria abitazione, rispetto al quale l’imputata si è limitata, ancora una volta senza la minima credibilità in quel contesto, a sostenere di non conoscerne l’esistenza perché non usufruiva quasi mai di quell’elettrodomestico, pur avendo ammesso di essere consapevole del coinvolgimento del convivente in una florida attività di traffico di sostanze stupefacenti dalla Spagna.

2.5. In ogni caso, Fa. non ha fornito alcun contributo utile ad evitare che quell’attività delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori e, tanto meno, aiutato concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di altri delitti. Tale non può certamente ritenersi la chiamata in correità di Ro., sia perché, trattandosi del convivente, non poteva non essere sospettato del coinvolgimento nella detenzione della droga con le modalità descritte, sia perché si è trattato di mere allegazioni verbali, rimaste prive del minimo riscontro.

Altrettanto generiche e irrilevanti a fini investigativi appaiono le “rivelazioni” circa la società -GLS – attraverso la quale sarebbero state effettuate le spedizioni di droga dalla Spagna, trattandosi di uno dei maggiori spedizionieri al mondo, che notoriamente consente il tracciamento dei pacchi durante il trasporto anche mediante apposita applicazione.

Se, tuttavia, dovesse esservi un qualche fondamento di verità in tali dichiarazioni, dovrebbe necessariamente concludersi che l’appellante, diversamente da quanto pure sostenuto, era ben consapevole delle modalità di svolgimento di un traffico internazionale di sostanze stupefacenti al quale, sempre secondo le sue ammissioni, contribuiva da tempo, quantomeno mettendo a disposizione l’abitazione, come deposito, e l’autovettura per le consegne al destinatario finale.

2.6. Ciononostante, Fa. non ha menzionato alcun elemento utile a identificare concretamente la provenienza della droga, i mandanti e i destinatari, limitandosi a indicare un nome di battesimo non meglio circostanziato, senza nemmeno manifestare la propria disponibilità a cooperare con gli inquirenti per rintracciarlo e identificarlo.

2.7. Esclusa l’utilità e la proficuità delle dichiarazioni “collaborative” rese dall’imputata, deve altresì escludersi la sussistenza dei presupposti per la concessione della circostanza attenuante in oggetto.

3. La gravità del reato in esame, dichiaratamente inserito in una più ampia e continuativa attività illecita, e lo stesso comportamento processuale dell’imputata, come si è visto improntato unicamente al tentativo di alleggerire la propria posizione, senza alcuna concreta manifestazione di resipiscenza, escludono altresì il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non ancoratali ex lege al mero stato di incensuratezza, essendo poi le condizioni di salute di Fa. (già valutate positivamente dal primo giudice nel quantificare la pena) sia del tutto prive di rilievo causale rispetto alla condotta illecita oggetto di giudizio, sia evidentemente inidonee a ostacolarla. Lo stesso è a dirsi con riferimento alla documentazione depositata in udienza che, oltre ad una relazione medica datata 21.02.2025 (redatta da una specialista in psichiatria che dichiara di aver visitato la paziente, per la prima volta e con modalità online, il giorno stesso), consiste in una mera richiesta di iscrizione ad un corso di laurea, datata 24.10.2024, peraltro contenente la delega alla presentazione della documentazione necessaria all’iscrizione allo stesso Ro., del quale solo in prossimità dell’udienza Fa. avrebbe chiesto la cancellazione anagrafica dalla propria abitazione (domanda peraltro priva di attestazione del deposito in Comune).

4. Per il resto, la pena, già quantificata partendo da misura prossima al minimo edittale (ampiamente inferiore anche solo al valore medio) e aumentata ai sensi dell’art 80, comma 2, D.P.R. 309/1990 (incremento che non è stato contestato nei motivi di appello), è già fin troppo benevola rispetto alla gravità del fatto ed alla allarmante pericolosità sociale con esso manifestata dall’autrice.

5. L’entità della pena (4 anni, 3 mesi di reclusione ed Euro 10.500, ridotta ex art. 442 c.p.p.) è incompatibile con il riconoscimento degli invocati benefici.

6. A diverse conclusioni deve giungersi con riferimento al reato di detenzione di cocaina, contestato al capo 2).

Sul punto, premesso che la sentenza di primo grado è del tutto silente, deve convenirsi con l’appellante che gli elementi acquisiti non siano sufficienti a dimostrarne, al di là del ragionevole dubbio, la destinazione ad uso non personale.

Si tratta, in effetti, di un modesto quantitativo di droga, di natura diversa rispetto a quella menzionata nel capo 1), non suddivisa in dosi, trovata sul comodino della camera da letto dell’imputata, la quale risulta aver recentemente intrapreso un percorso di trattamento della tossicodipendenza.

Deve pertanto concludersi al riguardo con una pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto ascritto, con conseguente eliminazione dell’aumento di pena applicato dal Tribunale a titolo di continuazione (un mese di reclusione ed Euro 1.500 di multa).

7. Devono, infine, confermarsi le statuizioni sui beni in sequestro, che non sono state oggetto di impugnazione.

P.Q.M.

Visto l’art. 599 c.p.p.,

in riforma della sentenza del Tribunale di Roma in data 18.10.2024, appellata da Fa.Va., assolve l’imputata dal reato a lei ascritto al capo 2) perché il fatto non sussiste e ridetermina la pena per la residua imputazione in due anni, dieci mesi di reclusione ed Euro 7.000 di multa.

Conferma nel resto.

Fissa in giorni 30 il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.

Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2025.

Allegati

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