Respinge l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1408/04 emesso da questo Tribunale il 21. 10. 2004;
Compensa le spese di lite;
Pone definitivamente a carico degli opponenti le spese di CTU.
La decisione del Tribunale riguardava l’opposizione, proposta dagli appellanti, in qualità di fideiussori della (omissis), debitrice principale, avverso il decreto ingiuntivo n. 1408/04 emesso il 21. 10. 2004 dal Tribunale di Latina assumendo:
– L’assenza di prova scritta del credito, l’applicazione di interessi, competenze, remunerazioni e costi non concordati e comunque superiori a quelli dovuti;
– La violazione della L. n. 108/96;
– L’illegittimità della capitalizzazione trimestrale.
Il Tribunale rilevava preliminarmente che la costituzione in giudizio di (omissis) s. p. a. quale mandataria di (omissis) s. p. a., nella qualità di cessionaria in corso di causa del credito oggetto di opposizione non comportava la sostituzione della stessa all’opposta, atteso che la cessione del credito determinava la successione a titolo particolare del cessionario nel diritto controverso cui conseguiva la valida prosecuzione del giudizio tra le parti originarie e la conservazione della legittimazione da parte del cedente, in qualità di sostituto processuale del cessionario, con la conseguenza che nell’ambito del giudizio di primo grado l’unico soggetto legittimato rispetto alla domanda attrice doveva considerarsi la Banca di Roma s.p.a.
Nel merito il Tribunale riteneva infondata l’eccezione di nullità per violazione dei tassi soglia previsti dalla normativa antiusura, in quanto l’usurarietà dei tassi di interesse doveva essere riguardata al momento della loro pattuizione, e come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità i criteri fissati dalla L. n. 108/96 per la determinazione del carattere usurario degli interessi, non potevano trovare applicazione rispetto alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge.
Infatti, nel caso di specie i contratti sottostanti erano stati stipulati anteriormente all’introduzione della normativa antiusura di cui alla L. n. 108/96, con la conseguenza che l’integrazione della fattispecie di usura si sarebbe perfezionata con il verificarsi dei presupposti di cui all’art. 644 c. p. ante riforma (stato di bisogno del debitore ed approfittamento da parte del creditore, elementi né provati né allegati dagli opponenti).
Il Tribunale riteneva che anche a voler ritenere applicabile alla parte di rapporto successiva all’entrata in vigore della L. n. 108/96 la disciplina dalla stessa introdotta, doveva essere rilevata la carenza dell’eccezione sia sotto il profilo assertorio che probatorio.
Sotto altro profilo il Tribunale rilevava che il consulente tecnico di ufficio aveva riscontrato che la banca opposta aveva applicato tassi diversi da quelli contrattualmente previsti ed aveva correttamente ricalcolato il saldo del conto applicando i tassi debitore e creditore come previsti nel contratto.
Rispetto alla dedotta assenza di prova scritta il Tribunale evidenziava che la banca opposta aveva provveduto ad integrare la documentazione attraverso la produzione degli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente n. –omissis–.
Disattendeva le censure riguardanti l’illiceità del metodo adottato dalla banca per la decorrenza delle valute perché carenti sotto il profilo assertorio e probatorio, non essendo state allegate le annotazioni del conto di cui era stata dedotta l’erronea collocazione temporale.
Accoglieva, invece, il rilievo relativo alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, per effetto del quale dichiarava nulla la clausola anatocistica, e quindi il saldo del conto doveva essere depurato da ogni capitalizzazione degli interessi passivi.
Riteneva altresì fondata l’eccezione relativa alle commissioni di massimo scoperto calcolate dalla banca in assenza di una loro espressa pattuizione.
Il Tribunale non riteneva meritevoli di accoglimento le contestazioni riguardanti le fideiussioni prestate da (omissis) in ordine alla asserita violazione, da parte della banca, dei doveri di correttezza e di buona fede, ritenendole del tutto generiche.
Il Tribunale effettuando il ricalcolo di quanto dovuto dagli odierni appellanti rilevava che l’importo richiesto con il ricorso monitorio dalla banca era di E 267.824,84, di cui E 207.470,90 a titolo di saldo del conto corrente, mentre alla stregua delle risultanze della CTU esso doveva essere rideterminato in E 218.462,80, importo cui doveva essere sommato quello relativo alle rate insolute del finanziamento chirografario n. 00200242474 concesso dalla Banca di Roma alla società opponente per complessivi E 60.353,94, e così complessivamente in E 278.816,74.
In ragione del fatto che detto importo risultava essere comunque superiore rispetto a quello richiesto con il ricorso monitorio il Tribunale respingeva l’opposizione.
Con atto ritualmente notificato gli odierni appellanti impugnavano detta sentenza per chiederne la sua riforma e per l’effetto di revocare il decreto ingiuntivo opposto accertando che nulla sarebbe stato dovuto da essi alla banca, anche mediante accertamento peritale.
L’istituto di credito si costituiva per chiedere il rigetto dell’appello proposto perché inammissibile e comunque infondato in fatto e diritto.
Con decreto presidenziale in data13. 6. 2014 il presente procedimento veniva assegnato all’odierno relatore.
All’udienza del 26. 1. 2018 la causa veniva trattenuta in decisione con i termini di cui agli artt. 190 e 352 c.p.c.
Con ordinanza in data 17. 4. 2019 la causa veniva rimessa sul ruolo per riconvocare il consulente tecnico di ufficio al fine di:
Rideterminare i risultati delle elaborazioni già svolte rispetto al rapporto di conto corrente n. 52378.31 mediante le 2 CTU espletate nel corso del giudizio di primo grado, procedendo all’applicazione del tasso debitore e di quello creditore secondo le variazioni intervenute nel corso del rapporto di conto corrente, tenuto conto del fatto che lo stesso consulente tecnico di ufficio aveva verificato che mentre dal 1995 al 1999 i tassi applicati erano stati superiori a quelli del 13% (tasso debitore) e dello 0,5% (tasso creditore), dal 1999 al 2005 il tasso debitore era comunque stato variato al ribasso, ma senza che lo stesso consulente ne avesse tenuto conto per effettuare i relativi calcoli;
Verificare se nel corso del rapporto di conto corrente fossero stati applicati tassi usurari, in quanto le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte con l’art. 4 della l. n. 108 del 1996), pur non essendo retroattive, comportano l’inefficacia “ex nunc” delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, valido per il caso di specie, che il rapporto giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito, ed in caso affermativo procedere al ricalcolo dei rapporti di dare avere tra le parti non tenendo conto degli interessi ultralegali;
Verificare il ricalcolo effettuato alla luce anche della depurazione da ogni capitalizzazione degli interessi passivi e dei calcoli effettuati dal consulente tecnico di parte.
In data 22.3.2021 il consulente tecnico di ufficio depositava il suo elaborato peritale.
All’udienza del 20.10.2021 la CTU veniva esaminata nel contraddittorio delle parti.
Con ordinanza in data 13.4.2022 la Corte disponeva la riconvocazione del consulente tecnico di ufficio, Dott. (omissis), per integrare le conclusioni della CTU già espletata nel senso di definire compiutamente il rapporto di dare avere tra le parti limitando il periodo temporale del calcolo alla data del 23.7.2004, data di deposito del ricorso monitorio da parte della banca, e per dare risposta alle osservazioni critiche formulate dalla difesa degli appellanti con la nota depositata in data 18.10.2021.
Quindi, in data 18.5.2022 il consulente tecnico di ufficio, Dott. (omissis) depositava le integrazioni alle conclusioni della CTU con relativi allegati e le risposte alle osservazioni critiche del difensore degli appellanti di cui alla nota del 18.10.2021.
All’udienza in data 7.7.2022 la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei doppi termini di legge.
Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla banca appellata ex art. 342 bis c. p. c.
L’eccezione deve ritenersi infondata e non merita accoglimento.
Infatti, gli artt. 342 e 434 c. p. c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Orbene, nel caso di specie gli appellanti hanno comunque prospettato le questioni ed i punti contestati della sentenza impugnata e le relative doglianze;
conseguentemente l’eccezione sollevata non può essere accolta.
Sempre in via preliminare la Corte osserva che la società (omissis) s.r.l. ha rappresentato di essere divenuta titolare, con efficacia a decorrere dal giorno 14 luglio 2017, dei crediti oggetto di causa, ad essa trasferiti dalla cedente Arena NPL One S.r.l., come da avviso di pubblicazione di cui alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana Parte II n. 93 del 08/08/2017, contrassegnato dal codice redazionale –omissis– (v. all. n. 5) ed di aver conferito alla mandataria (omissis) S.p.A., ora (omissis) S.p.A., con atto in data 20 luglio 2017 n. 60850 di rep. e n. 11358 di racc. (omissis) di Milano registrato a Milano 4 il 21 luglio 2017 al n. 40322 Serie 1T, procura per l’amministrazione, gestione, incasso ed eventuale recupero, anche attraverso le vie giudiziarie, dei crediti nonché all’eventuale escussione delle garanzie accessorie, di qualunque tipologia o natura, che assistano tali crediti, compreso, fra l’altro, del potere di consentire cancellazioni, rinunce, estinzioni parziali o totali ed eleggere domicilio ai predetti fini per conto di essa mandante (v. all. n. 6).
Al riguardo la Corte rileva che essendo intervenuta in pendenza di lite la cessione del credito oggetto del presente giudizio, parti processuali del presente giudizio devono ritenersi l’originaria cedente ((omissis) s. p. a.) e le altre parti.
Con la cessione del credito in corso di causa, infatti, si è venuta a determinare un’ipotesi di successione a titolo particolare del cessionario nel diritto controverso, cui consegue, ai sensi dell’art. 111 c. p. c., la valida prosecuzione del giudizio tra le parti originarie e la conservazione della legittimazione da parte del cedente, in qualità di sostituto processuale del cessionario (art. 81 c. p. c.), anche in caso di intervento di quest’ultimo, fino alla formale estromissione del primo dal giudizio, attuabile solo con provvedimento giudiziale e previo consenso di tutte le parti (v. Cass. Civ., sez. I, 22/10/2009, n. 22424); estromissione non intervenuta nel presente giudizio.
L’appello è parzialmente fondato e deve essere accolto nei termini di cui alla motivazione che segue.
Gli appellanti hanno proposto otto motivi di gravame.
Con il primo hanno lamentato l’erroneità della sentenza impugnata sostenendo che contrariamente a quanto affermato dal Tribunale gli opponenti avrebbero versato, sin dall’inizio del rapporto con l’istituto di credito, interessi debitori superiori al tasso soglia con capitalizzazione trimestrale e CMS, ed il rapporto bancario rientrerebbe nell’ambito di operatività della L. n. 108/96, in quanto dovrebbe essere ritenuto rilevante il momento della dazione e non quello della statuizione, ovvero della stipulazione del contratto; inoltre, vertendosi in ipotesi di prestazioni successive alcun rilievo dovrebbe assumere la circostanza che il contratto originario era stato stipulato prima dell’entrata in vigore della L. n. 108/96.
Né sarebbe condivisibile la valutazione operata dal Tribunale laddove ha ritenuto che anche a voler ritenere applicabile alla parte di rapporto successiva all’entrata in vigore della L. n. 108/96 la disciplina dalla stessa introdotta, doveva essere rilevata la carenza dell’eccezione sia sotto il profilo assertorio che probatorio.
Gli opponenti avrebbero invece ampiamente argomentato nei propri atti difensivi e sarebbe stato onere della banca produrre gli estratti conto (dei quali era stata anche chiesta l’esibizione) e sulla base dei quali si sarebbe potuta verificare la sussistenza del lamentato superamento dei tassi soglia.
Senza contare che proprio dalla rilevata applicazione di tassi diversi da quelli contrattualmente previsti emergerebbe l’usurarietà degli interessi applicati, come confermato dalla perizia di parte versata in atti, con conseguente notevole riduzione di quanto eventualmente dovuto.
Il secondo motivo attiene all’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale non tenendo conto dell’inversione dell’onere probatorio che si instaurerebbe nell’ambito del giudizio di cognizione susseguente ad atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo.
La banca avrebbe depositato una mera lista di movimenti dal 31. 5. 2003 al 5.3.2004, ma non la lista completa dei movimenti di dare ed avere che avrebbero condotto a quel saldo, sin dall’inizio del rapporto; da tale deficit probatorio dovrebbe discendere la nullità insanabile del provvedimento monitorio.
Con il terzo motivo è stata denunciata l’erroneità della sentenza impugnata per aver disatteso le censure degli opponenti relative all’illiceità del metodo adottato dalla banca per la decorrenza delle valute.
Con il quarto motivo è stata sostenuta l’insussistenza ed inesigibilità del preteso credito vantato e lamentata l’erronea capitalizzazione degli interessi passivi e delle commissioni di massimo scoperto.
Pur avendo la sentenza impugnata rilevato la nullità della clausola anatocistica sul tasso di interesse e ritenuto fondata l’eccezione attinente alle commissioni di massimo scoperto, computate dalla banca pur in difetto di espressa pattuizione, nella CTU non sarebbe stato operato alcun ricalcolo dei conteggi per adeguare conseguentemente gli importi.
Il quinto motivo riguarda le competenze (interessi ultralegali, provvigioni di massimo scoperto, giorni di valuta, capitalizzazione trimestrale, spese e commissioni) applicate dalla banca che avrebbero determinato un costo del denaro superiore, con la conseguenza che le relative clausole dovrebbero essere considerate invalide perché contrarie a norme di ordine pubblico.
La sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunciarsi su tale eccezione pur avendo dichiarato illegittime e nulle le clausole inerenti la capitalizzazione trimestrale nonché quelle relative alle commissioni di massimo scoperto.
Con il sesto motivo è stata lamentata la violazione delle norme di buona fede e correttezza rispetto alla posizione dei fideiussori.
La banca avrebbe agito nell’azionare il presunto credito violando le norme sulla buona fede e la correttezza previste dagli artt. 1175 e 1375 c. c.
Con l’aumento progressivo delle linee di credito della debitrice principale i fideiussori sarebbero stati esposti ad un rischio maggiore.
Inoltre, il titolo da cui deriverebbe la pretesa di controparte sarebbe stata indicata genericamente come lettera di fideiussione e sarebbe carente dei requisiti di un vero e proprio contratto di garanzia.
In ragione della disciplina relativa alle clausole vessatorie per le clausole bancarie occorrerebbe una chiara manifestazione di volontà volta alla costituzione del negozio fideiussorio ed all’adesione alla sottoscrizione della garanzia e non a mere lettere di fideiussione.
Gli appellanti avevano chiesto di dichiarare la nullità dei relativi contratti, ma pur in presenza dei poteri di ufficio, il Tribunale non avrebbe disposto alcunché in ordine alla nullità ed inefficacia delle fideiussioni.
Con il settimo motivo è stata lamentata l’erroneità dei conteggi effettuati dal consulente tecnico di ufficio.
Infatti, la banca nel decreto ingiuntivo aveva intimato il pagamento della somma di E 207.470,90 quale saldo debitore del conto corrente n. –omissis– sulla base dell’estratto conto dell’8.3.2004 e di E 60.353,94 quale credito residuo vantato alla data del 10.3.2004 del mutuo chirografario n. 2 /142474, di originari E 54.645,60, per un totale di E 267.824,84 e non quindi di E 278.816,74.
In presenza degli errori riscontrabili in entrambi gli elaborati peritali gli appellanti hanno prodotto una CTP che avrebbe chiarito la natura di tali errori;
senza contare che la stessa sentenza impugnata avrebbe evidenziato tale circostanza, dando atto del fatto che l’importo originariamente richiesto dalla banca fosse inferiore rispetto a quello risultante dall’accertamento peritale.
Il consulente tecnico di ufficio avrebbe anche nella seconda CTU commesso gli stessi errori presenti nella prima CTU, effettuando il calcolo applicando sempre come tasso debitore per l’intera durata del rapporto il 13%, mentre avrebbe applicato il tasso creditore nella misura dello 0,5% senza mai tenere conto dello ius variandi, che rappresenterebbe una sorta di deroga sulla base dell’iniziativa di uno solo dei contraenti e che richiederebbe il rispetto di requisiti di forma e di sostanza previsti dalla legge per il suo esercizio, in difetto dei quali le variazioni contrattuali dovrebbero essere considerate inefficaci se sfavorevoli al cliente.
Nel caso di specie lo ius variandi sarebbe stato regolarmente pattuito ed il consulente tecnico di ufficio avrebbe dovuto tenere conto delle variazioni di tasso in favore del correntista e non limitarsi ad applicare il tasso inizialmente pattuito nel contratto per tutta la durata del rapporto.
L’applicazione del tasso del 13 % inizialmente pattuito senza tenere conto delle modifiche unilaterali, previste contrattualmente, operate dall’istituto di credito avrebbe reso inattendibili le conclusioni raggiunte dalla CTU.
L’eliminazione dell’effetto anatocistico avrebbe dovuto comportare un risultato finale di poco inferiore a quanto richiesto dalla banca.
L’ulteriore eliminazione delle CMS oltre a comportare una diminuzione di importi illecitamente applicati, che dovrebbero essere restituiti al correntista, dovrebbe comportare una diminuzione degli interessi passivi, che sarebbero stati calcolati anche sugli importi delle CMS non pattuite contrattualmente.
Con l’eliminazione delle CMS dai conteggi si sarebbe dovuta verificare una riduzione netta del saldo e degli interessi calcolati, con la conseguenza che il risultato finale non avrebbe potuto essere superiore a quanto richiesto dalla banca, ma sicuramente inferiore.
Il consulente tecnico di ufficio non avrebbe neanche tenuto conto del fatto che la banca non avrebbe applicato all’inizio del rapporto il tasso contrattuale convenuto ma un tasso superiore, senza che tale circostanza fosse stata comunicata al correntista.
Con l’ottavo motivo la sentenza impugnata è stata censurata in relazione alla compensazione delle spese ed all’obbligo di pagare integralmente le spese di CTU.
Tutti i motivi di gravame, ad eccezione del sesto e dell’ottavo, possono essere esaminati congiuntamente essendo strettamente connessi; alcuni di essi sono infondati (il primo, il secondo ed il terzo motivo), mentre gli altri (il quarto, il quinto ed il settimo) sono parzialmente fondati e devono essere accolti nei termini seguenti.
Al riguardo la Corte osserva che i suddetti motivi riguardano aspetti rispetto ai quali sono state recepite alcune delle doglianze degli appellanti e che sono stati sottoposti ad un nuovo esame da parte del consulente tecnico di ufficio alla stregua delle verifiche contabili richieste dalla Corte tramite le diverse ordinanze emesse in corso di giudizio alle quali ci si riporta.
La Corte al riguardo osserva che il consulente tecnico di ufficio all’esito della disposta CTU nel presente giudizio ha rassegnato le seguenti conclusioni:
Al termine delle operazioni sopra indicate, considerato che per tutta la durata del rapporto la Banca non ha mai applicato tassi passivi superiori ai tassi soglia di cui alla L. 108/96 (cfr. paragrafo 2. che precede) si indicano di seguito i saldi rideterminati del c/c n. –omissis– intrattenuto dalla Serpico Store s.a.s. di E. M. & C. con la Banca di Roma s.p.a. in base alle seguenti due ipotesi:
– Ipotesi 1 capitalizzazione annuale degli interessi passivi, determinati con l’applicazione del minore tra il tasso contrattuale ed il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto;
capitalizzazione annuale degli interessi attivi, determinati con l’applicazione del maggiore tra il tasso contrattuale ed il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto.
Il ricalcolo, alle sopra indicate condizioni, ha determinato un saldo a debito del correntista al 26.09.2005 di E. 194.646,84 – Allegato n. 2.
– Ipotesi 2 senza alcuna capitalizzazione degli interessi passivi, determinati con l’applicazione del minore tra il tasso contrattuale e il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto;
senza alcuna capitalizzazione degli interessi attivi, determinati con l’applicazione del maggiore tra il tasso contrattuale e il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto.
Il ricalcolo, alle sopra indicate condizioni, per le quali, si precisa, gli interessi passivi e attivi sono stati, dopo il conteggio annuale, sommati al saldo capitale risultante alla fine del rapporto (26.09.2005), ha determinato un saldo a debito del correntista, alla predetta data, di E. 163.039,66 – Allegato n. 3.
All’esito delle ulteriori osservazioni delle parti, in parte recepite dalla Corte (v. ordinanza in data 13. 4. 2022, qui richiamata), il consulente tecnico di ufficio con elaborato depositato in data 18. 5. 2022 concludeva nel modo seguente:
Come richiesto dall’Onorevole Corte con ordinanza del 13 aprile scorso, si è proceduto a definire compiutamente il rapporto di dare e avere tra le parti nell’ambito del rapporto di c/c n. –omissis–1 intrattenuto con la Banca di Roma s.p.a. dalla (omissis) s.a.s. di (omissis) limitando il periodo temporale del calcolo alla data del 23.7.2004, lasciando inalterate tutte le condizioni ivi applicate così come riportate nella richiamata CTU del 22.03.2021.
All’esito del suddetto ricalcolo, applicato alle due ipotesi di riconteggio prospettate nella richiamata CTU, il saldo del c/c n. –omissis– movimentato dal 29.09.1995 (saldo iniziale a zero) fino al 23.07.2004 (data di deposito del ricorso monitorio da parte della banca), è il seguente:
Ipotesi 1 capitalizzazione annuale degli interessi passivi, determinati con l’applicazione del minore tra il tasso contrattuale e il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto;
capitalizzazione annuale degli interessi attivi, determinati con l’applicazione del maggiore tra il tasso contrattuale e il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto.
Il ricalcolo, alle sopra indicate condizioni, ha determinato un saldo a debito del correntista al 23.07.2004 di E. 176.787,85 – Allegato n. 1.
– Ipotesi 2 senza alcuna capitalizzazione degli interessi passivi, determinati con l’applicazione del minore tra il tasso contrattuale ed il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto;
senza alcuna capitalizzazione degli interessi attivi, determinati con l’applicazione del maggiore tra il tasso contrattuale ed il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto.
Il ricalcolo, alle sopra indicate condizioni, per le quali, si precisa, gli interessi passivi e attivi sono stati, dopo il conteggio annuale, sommati al saldo capitale risultante alla data del 23.07.2004, ha determinato un saldo a debito del correntista, alla predetta data, di E. 155.900,27 – Allegato n. 2.
Si precisa che gli allegati 1 e 2 sopra richiamati decorrono, nel riconteggio, dal 30.09.2001 (data di conversione da Lire a Euro) fino alla data del 23.07.2004 con evidenza del risultato finale sopra indicato a seconda delle due ipotesi prospettate (1 e 2). I conteggi relativi al precedente periodo di ricalcolo in Lire (29.09.1995 30.09.2001) non sono in questa sede depositati in quanto già presenti in allegato alla CTU del 22.03.2021.
2. RISPOSTA ALLE OSSERVAZIONI CRITICHE FORMULATE DALLA DIFESA DEGLI APPELLANTI CON NOTA DEL 18.10.2021 (pagg. da 1 a 7).
a) In riferimento al lamentato MANCATO DEPOSITO DEL CONTRATTO DI FINANZIAMENTO CONFLUITO NEL CONTO CORRENTE n. –omissis– la difesa fa espresso riferimento al decreto ingiuntivo opposto n. 1408/2004 del 18.10.2004 ottenuto dalla banca con la quale quest’ultima intimava il pagamento della somma di E. 207.470,90 quale saldo debitore del c/c n. –omissis– ed E. 60.353,94 quale residuo credito vantato alla data del 10.03.2004 del mutuo chirografario n. 2/142474 di originari E. –omissis– e quindi per un totale complessivo di E. 267.824,84.
Sul punto, considerato che il finanziamento confluito nel conto corrente n. –omissis– richiamato dall’attrice, non è mai stato oggetto dei quesiti posti al sottoscritto sia in questa sede, sia nel giudizio di primo grado, lo scrivente si astiene da qualsiasi commento al riguardo.
b) In riferimento alla lamentata INUTILIZZABILITÀ E NULLITÀ DELLA CTU REDATTA PER ERRONEITA DEI CONTEGGI per cinque motivi:
1) e 2) mancanza in atti del contratto di finanziamento, somma ingiunta dalla banca con il decreto ingiuntivo opposto e confluito nel rapporto di conto corrente oggetto di causa che determinerebbe inattendibili i conti di dare e avere calcolati nella CTU, nonché la conseguente richiesta di applicazione dei tassi BOT previsti dall’art. 117, comma 7, del TUB.
Anche su tali punti, lo scrivente si astiene da qualsiasi commento dal momento che il quesito posto riguardava il solo c/c n. –omissis– e non il finanziamento richiamato.
3) Viene richiesto di valutare l’usura sia ab origine che sopravvenuta ed in caso di usura pattizia, espungere dal ricalcolo del saldo ogni remunerazione a titolo di interessi.
Su tale punto ci si riporta al paragrafo 3. VERIFICA SUPERAMENTO TASSO SOGLIA pag. 9 e segg. della CTU in atti nel quale, in riferimento al rapporto di c/c n. –omissis– oggetto di perizia, non è stato rilevato alcun superamento dei tassi soglia da parte dei tassi applicati dalla banca, sia nel momento della sottoscrizione del contratto, sia per tutta la durata del rapporto.
4) Circa l’usura pattizia relativa al contratto di conto corrente in atti, il difensore evidenzia come il tasso del 13% evidenziato nella prima pagina del contratto, sia superiore al tasso soglia con riferimento ai mutui, pari al 10,60% della prima rilevazione del 2 aprile 1997 e successive rilevazioni.
In tale circostanza il difensore chiede l’accertamento del superamento del tasso soglia da parte dei tassi applicati dalla banca sul c/c oggetto di perizia, con i tassi soglia di usura vigenti per i mutui a tasso fisso o variabile, così come pubblicati dalla Banca d’Italia chiedendo di fatto una comparazione tra valori di diversa natura; nella CTU in atti al paragrafo 3. VERIFICA SUPERAMENTO TASSO SOGLIA pag. 9 e segg. lo scrivente ha comparato i tassi applicati dalla banca con i tassi soglia pubblicati dalla Banca d’Italia per le aperture di credito in conto corrente oltre 10 milioni di Lire e dal 2002 per le aperture di credito in conto corrente oltre i 5.000,00 euro.
5) Il difensore eccepisce che il rapporto di conto corrente è stato chiuso in data 08.04.2004, come riportato sul decreto ingiuntivo del 18.10.2004 e la CTU rileva conteggi dal 29.09.1995 fino al 26.09.2005.
Su tale punto, come anche da ordinanza emessa dall’Onorevole Corte il 13 aprile scorso, lo scrivente ha proceduto ad integrare le conclusioni della prima CTU del 22.03.2021, rideterminando, nelle due ipotesi di conteggio prospettate (1 e 2), il saldo del c/c n. –omissis– alla data del 23.07.2004, data di deposito del ricorso monitorio da parte della banca, come dettagliatamente riportato al paragrafo 1. che precede Intitolato INTEGRAZIONE CONCLUSIONI CTU DEL 22.03.2021.
c) In riferimento alle Osservazioni alla risposta del primo quesito.
In tale contesto il difensore ripropone la stessa osservazione avanzata dal CTP, Prof. (omissis), in risposta alla bozza di elaborato peritale ricevuta dal sottoscritto, il cui testo integrale è il seguente:
Dall’analisi della relazione prodotta dal C.T.U. emerge una sostanziale incongruenza tra le evidenze alle quali lo stesso giunge mediante la verifica dell’eventuale applicazione, da parte dell’Istituto di Credito convenuto, di interessi debitori diversi da quelli convenuti contrattualmente.
Nello specifico, a pag. 13 della relazione, il C.T.U. perviene alla conclusione che: (…) in nessun trimestre l’insieme delle competenze addebitate ha determinato un valore del T.E.G. superiore alla soglia di usura, di fatto asserendo che durante il rapporto di conto corrente non è mai stato oltrepassato il tasso soglia.
Tale conclusione si pone palesemente in contrasto con quanto accertato nella prima relazione di C.T.U. redatta in data 29.02.2008, nella quale si evince chiaramente che: (…) il tasso debitore applicato dalla Banca nella prima parte del periodo in contestazione (1995-1999) è quasi sempre superiore a quello previsto contrattualmente (…) (pag. 10 della C.T.U. del 29.02.2008).
Occorre altresì rilevare che il C.T.U., nella sua ultima relazione del 08.01.2021, si è limitato ad evidenziare l’eventuale superamento del tasso usura, mentre il quesito in commento chiedeva espressamente di: Rideterminare i risultati delle elaborazioni già svolte (…) procedendo all’applicazione del tasso debitore e di quello creditore secondo le variazioni intervenute nel corso del rapporto di conto corrente (…).
Pertanto, si ritiene che il C.T.U. debba procedere con l’applicazione sia del tasso debitore che del tasso creditore effettivamente applicato dall’Istituto di Credito durante il periodo del rapporto di c/c, desumibile dai relativi estratti conto, come espressamente richiesto nel primo quesito.
A tale osservazione lo scrivente ha risposto nella CTU in atti (cfr. pag. 25 e segg.) come di seguito riportato:
In tale osservazione il Prof. (omissis) parla di una sostanziale incongruenza ponendo a confronto l’accertato mancato superamento del T.E.G., per tutta la durata del rapporto di c/c oggetto di causa (n. –omissis–) con quanto accertato nella relazione di C.T.U. redatta in data 29.02.2008 (in primo grado) nella parte in cui si sostiene che il tasso debitore applicato dalla Banca nella prima parte del periodo in contestazione (1995-1999) è quasi sempre superiore a quello previsto contrattualmente (…); anche in tale contesto lo scrivente, non riesce a comprendere l’asserita incongruenza, dal momento che trattasi di due concetti completamente differenti, il primo riferito ai tassi soglia, il secondo riferito al contratto di c/c. A tale risposta lo scrivente aggiunge quanto segue:
nella seconda parte dell’osservazione si dice che il sottoscritto si è limitato ad evidenziare l’eventuale superamento del tasso usura mentre il quesito in commento chiedeva espressamente di rideterminare i risultati delle elaborazioni già svolte procedendo all’applicazione del tasso debitore e di quello creditore secondo le variazioni intervenute nel corso del rapporto di conto corrente (…). Pertanto, si ritiene che il CTU debba procedere con l’applicazione sia del tasso debitore che del tasso creditore effettivamente applicato dall’Istituto di Credito durante il periodo del rapporto di c/c, desumibile dai relativi estratti conto, come espressamente richiesto nel quesito. Sul punto lo scrivente si riporta a quanto indicato nel paragrafo 2. ACCERTAMENTI della CTU in atti ed in particolare al capoverso della pag. 8 che, nell’illustrare le modalità di ricalcolo riporta, tra gli altri, la seguente indicazione: …l’applicazione, per tutta la durata del rapporto, dei tassi creditori e debitori tempo per tempo applicati dalla Banca o quelli contrattuali, qualora risultati rispettivamente più alti (per i creditori) o più bassi (per i debitori).
Per quanto sopra esposto appare evidente che la perizia in atti è stata redatta seguendo scrupolosamente i quesiti posti.
d) In riferimento alle Osservazioni alla risposta del secondo quesito.
Anche in tale contesto il difensore ripropone la medesima osservazione avanzata dal CTP, Prof. (omissis), in risposta alla bozza di elaborato peritale ricevuta dal sottoscritto, il cui testo integrale è il seguente:
Le rilevazioni che il secondo quesito impone di effettuare sono strettamente connesse a quanto prescritto dal primo quesito formulato dall’On. Corte. Invero, sulla scorta delle evidenze rilevate dal C.T.U. in sede di redazione della prima relazione d’Ufficio del 29.02.2008 le quali, lo si ribadisce, evidenziano l’applicazione di un tasso debitore superiore rispetto a quello contrattualmente previsto nel periodo 1995-1999 appare indispensabile che il C.T.U. provveda al ricalcolo dei rapporti di dare avere senza tenere conto degli interessi ultralegali, come espressamente richiesto dalla formula del secondo quesito, per il periodo 1995-1999.
A tale osservazione lo scrivente ha risposto nella CTU in atti (cfr. pag. 27 e segg.) come di seguito riportato:
Il Prof. (omissis) in tale osservazione ritiene indispensabile che lo scrivente ricalcoli gli importi dare avere del c/c oggetto di causa, senza tener conto degli interessi ultra legali, per tutta la durata del rapporto, per aver rilevato lo scrivente, nella prima relazione depositata il 28.02.2008, l’applicazione, da parte della banca, di un tasso debitore superiore rispetto a quello contrattualmente previsto.
Sul punto lo scrivente si riporta a quanto relazionato in perizia e a quanto già in precedenza precisato.
La suddetta risposta non è stata ritenuta esaustiva dal difensore, così come riportato nelle note del 18.10.2021 pertanto lo scrivente precisa, ulteriormente, quanto segue:
l’aver evidenziato nella CTU del 29.02.2008 che la banca ha applicato un tasso debitore superiore a quello contrattuale per il periodo 1995-1999 non ha alcuna attinenza con la richiesta di ricalcolo dei rapporti dare avere avanzata dal difensore senza tener conto degli interessi ultra legali; questi ultimi infatti, come da perizia in atti, come ribadito in risposta alle osservazioni del CTP Prof. (omissis) e come ancora in questa sede ribadito, non sono mai stati rilevati dal sottoscritto (cfr. paragrafo 3. VERIFICA SUPERAMENTO TASSO SOGLIA pag. 9 e segg.) e pertanto, il ricalcolo richiesto è privo di fondamento.
La Corte ritiene di dover condividere le conclusioni cui è pervenuta la CTU, che appaiono immuni da vizi logico giuridici e conformi alle risultanze documentali versate in atti.
Conseguentemente, devono condividersi pienamente le conclusioni rassegnate nella CTU rispetto alla lamentata erroneità della sentenza impugnata in relazione all’asserito superamento del tasso soglia nell’ambito di operatività della L. n. 108/96; del resto le argomentazioni degli appellanti sul punto non appaiono idonee ad inficiare il percorso logico esposto dal consulente tecnico di ufficio in precedenza evidenziato.
Al riguardo non può essere condivisa la generica asserzione degli appellanti secondo cui dalla rilevata applicazione di tassi diversi da quelli contrattualmente previsti emergerebbe l’usurarietà degli interessi applicati, come confermato dalla perizia di parte versata in atti, dal momento che il consulente tecnico di ufficio ha del tutto condivisibilmente replicato alle osservazioni sul punto, e che il riferimento alla perizia contabile di parte non può essere condiviso, dal momento che si tratta di un atto di parte formato al di fuori del contraddittorio fra le parti, e costituisce una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, ed il contenuto tecnico del documento non ne altera la natura, che resta quella di un atto difensivo; la perizia o la consulenza tecnica di parte, quindi, sono qualificabili alla stregua di un’allegazione e, pertanto, sono prive di qualsivoglia valore probatorio nel corso del giudizio, al pari di una comparsa conclusionale o di una memoria di replica.
Infatti, la perizia di parte non è una fonte di prova, in quanto non solo essa è formata al di fuori del giudizio, ma la sua precostituzione non trova disciplina nell’ordinamento; ed anche quando sia giurata, la perizia stragiudiziale rientra pur sempre nel novero delle attività difensive della parte, in questo caso, di carattere tecnico, con la conseguenza che alla stessa deve essere riconosciuto il valore di mero indizio, il cui esame e valutazione è rimesso al prudente apprezzamento del giudice, il quale non è, tuttavia, affatto obbligato a tenerne conto; e la consulenza tecnica di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto delle difese scritte della parte e, nel giudizio di appello celebrato con il rito ordinario, anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni (v. Cass. civ., sez. II, 08.01.2013, n. 259; Cass. civ., sez. II, 26.03.2012, n. 4833).
Da ultimo la Corte osserva che le Sezioni Unite della Suprema Corte (v. sentenza n. 24675/2017) hanno escluso in toto il rilievo della usura sopravvenuta.
Infatti, è priva di fondamento la tesi della illiceità della pretesa di interessi a un tasso che, pur non essendo superiore, alla data della pattuizione, alla soglia dell’usura, superi tuttavia tale soglia al momento della sua maturazione o del pagamento degli interessi stessi.
A tale conclusione la Suprema Corte è pervenuta facendo applicazione dei principi sottesi alle norme applicabili in materia: il divieto dell’usura è contenuto nell’art. 644 c.p. mentre le altre disposizioni contenute nella Legge 108/96 non formulano tale divieto ma si limitano a prevedere un meccanismo di determinazione del tasso, oltre il quale gli interessi sono considerati sempre usurai, a mente appunto dell’art. 644 c.p. cui fa implicitamente riferimento l’art. 2 della legge citata che recita: La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai, limite che è appunto fissato dall’art. 644 c. p.
Sarebbe pertanto impossibile ha concluso la Cassazione operare la qualificazione di un tasso come usuraio senza fare applicazione dell’art. 644 c. p. considerando, ai fini della sua applicazione così come impone la norma di interpretazione autentica (D.L. 394/2000) il momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento.
Quindi, per un contratto stipulato con la banca prima della entrata in vigore della legge sui tassi usurai, l’Istituto bancario è autorizzato ad applicare tassi maggiori – finanche superando il tasso usura rispetto a quelli convenuti all’atto della stipula, senza che per ciò si possa invocare la speciale tutela prevista solo per coloro rispetto ai quali i tassi usurai sono applicati dopo l’entrata in vigore della legge.
Gli appellanti hanno anche chiesto alla Corte di emettere un ordine di esibizione ex art. 210 c. p. c.
La Corte al riguardo osserva che la disciplina dell’ordine di esibizione è improntata ai seguenti principi:
a) l’ordine di esibizione di documenti deve riguardare documenti che siano specificamente indicati dalla parte che ne abbia fatto istanza e che risultino indispensabili ai fini della prova dei fatti controversi e non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante (Cass. 31251/2021; Cass. 13878/2010; Cass. 0104/2009; Cass. 17948/2006; Cass. 10043/2004; Cass. 10916/2003; Cass. 9126/1990);
b) il potere di ordinare l’esibizione ex art. 210 c.p.c. deve essere infatti tenuto nettamente distinto dalla produzione in giudizio dei documenti che la parte deve depositare in base ai principi sull’onere della prova, sicché esso non può considerarsi in funzione sostitutiva di tale onere probatorio (Cass. 13878/2010; Cass. 17948/2006; Cass. 10043/2004; Cass. 16713/2003; Cass. 3499/1987);
c) ne deriva che la richiesta di esibizione non può essere accolta allorquando l’istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione di cui domanda l’esibizione e produrla tempestivamente in giudizio (Cass. 7874/2022; Cass. 14656/2013; Cass. 19475/2005; Cass. 149/2003; Cass. 9514/1999);
d) la richiesta di esibizione è diretta ad acquisire uno o più specifici documenti di cui l’istante non è (o non può essere) in possesso e di cui dimostri che l’altra parte o un terzo siano in possesso (Cass. 1484/2014) e l’istanza deve contenere ove necessario l’offerta della prova che la parte o il terzo possiede il documento o la cosa di cui si domanda l’esibizione in giudizio (art. 94 att. c.p.c.);
e) grava sulla parte che invochi l’intervento officioso del giudice l’onere di allegare e provare l’esistenza di una situazione eccezionale che legittimi l’utilizzo di tali poteri, ovvero l’impossibilità o particolare difficoltà di assolvere altrimenti all’onere probatorio (Cass. 28047/2009).
Applicando tali princìpi al caso di specie si osserva che la richiesta di esibizione deve ritenersi inammissibile sotto molteplici profili.
In primo luogo essa è stata formulata in modo generico con riferimento a tutti i contratti conclusi tra la banca e gli opponenti ed a tutti gli estratti del conto corrente per cui è causa, senza tenere conto della documentazione già depositata dalla banca, fin dalla propria costituzione nel giudizio di primo grado, e della documentazione già depositata dagli stessi attori.
Inoltre, la richiesta di esibizione ha ad oggetto documenti che dovrebbero essere già in possesso dei fideiussori in quanto:
a) l’art. 117, comma 1, del d.lgs. n. 385 del 1993 prevede che i contratti bancari sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti;
b) l’art. 119 del d.lgs. n. 385 del 1993 prevede l’obbligo dell’invio periodico al cliente di una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto (comma 1) e dell’estratto conto (comma 2);
Alla luce delle considerazioni che precedono, la richiesta di esibizione di documenti ex art. 210 c.p.c. formulata dagli appellanti si rivela dunque meramente esplorativa.
Rispetto all’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale non tenendo conto dell’inversione dell’onere probatorio che si instaurerebbe nell’ambito del giudizio di cognizione susseguente ad atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, la Corte osserva che la banca ha invece assolto al proprio onere probatorio producendo gli estratti conto sulla base dei quali è stato possibile ricostruire i movimenti di dare avere sul conto corrente per cui è causa secondo quanto riportato nelle CTU e nelle successive integrazioni.
Quanto alle censure relative all’illiceità del metodo adottato dalla banca per la decorrenza delle valute, le stesse devono ritenersi del tutto generiche e non confortate da eventuali rilievi esposti nella CTU.
Le censure relative all’erronea capitalizzazione degli interessi passivi, alle commissioni di massimo scoperto, alle competenze (interessi ultralegali, provvigioni di massimo scoperto, giorni di valuta, capitalizzazione trimestrale, spese e commissioni) applicate dalla banca che avrebbero determinato un costo del denaro superiore, devono ritenersi superate dall’adeguamento degli importi ricalcolati dal consulente tecnico di ufficio proprio sulla base di tali rilievi.
Infine, le censure formulate dagli appellanti rispetto all’asserita erroneità dei conteggi effettuati dal consulente tecnico di ufficio sono state tenute in conto dalla Corte, sia formulando i quesiti nell’ordinanza di rimessione sul ruolo, sia investendo il consulente tecnico di ufficio di valutare gli ulteriori rilievi formulati dagli appellanti, e proprio per porre rimedio agli errori riscontrati in entrambi gli elaborati peritali del giudizio di primo grado, tenendo conto della variazione dei tassi debitori nel corso del rapporto di conto corrente in favore del correntista e dell’eliminazione delle CMS non pattuite contrattualmente, tanto che si è pervenuti a determinare un saldo inferiore rispetto a quello riconosciuto dal Tribunale.
Alla luce delle considerazioni che precedono la Corte avuto riguardo alle indicazioni di calcolo formulate dal consulente tecnico di ufficio ritiene che l’ipotesi applicabile al caso di specie sia quella prospettata dal consulente tecnico di ufficio come
Ipotesi 2 senza alcuna capitalizzazione degli interessi attivi, determinati con l’applicazione del maggiore tra il tasso contrattuale ed il tasso convenzionale riscontrato tempo per tempo dagli estratti conto, il cui ricalcolo, alle sopra indicate condizioni, per le quali, come precisato, gli interessi passivi e attivi sono stati, dopo il conteggio annuale, sommati al saldo capitale risultante alla data del 23.07.2004, ha determinato un saldo a debito del correntista, alla predetta data, di E 155.900,27.
Conseguentemente, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto in primo grado, gli appellanti devono essere condannati al pagamento dell’importo complessivo di E 216.254,21 (E 155.900,27 + E 60.353,94 derivanti dal finanziamento chirografario n. 002/142474), oltre interessi legali dal 23.7.2004 al saldo.
Alla stregua di quanto sinora esposto il primo, il secondo ed il terzo motivo sono infondati e devono essere respinti, mentre il quarto, il quinto ed il settimo motivo sono parzialmente fondati e devono essere accolti nei termini che precedono.
Il sesto motivo è infondato e deve essere respinto, dovendosi condividere al riguardo la valutazione operata dal Tribunale (v. pag. 5 della sentenza impugnata, le cui considerazioni devono qui intendersi integralmente riportate), rispetto alla quale gli appellanti non hanno offerto alcun convincente elemento suscettibile di pervenire ad una diversa conclusione sul punto.
L’ottavo motivo, per effetto del complessivo esito del giudizio, deve ritenersi parzialmente fondato e deve essere accolto, dovendosi quindi procedere ad una rideterminazione della liquidazione delle spese del doppio grado di giudizio, che vanno integralmente compensate tra tutte le parti.
Infine, la Corte rileva che con note di trattazione scritta del 04.07.2022 gli appellanti, oltre a riportarsi all’atto introduttivo del giudizio, hanno chiesto anche l’accertamento della nullità totale delle fideiussioni poste a base del decreto ingiuntivo opposto, ed in via subordinata comunque l’accertamento della illegittimità delle clausole violative della concorrenza, ed in particolare: a) della clausola di reviviscenza; b) della clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.;
c) della clausola di sopravvivenza, sulla base della sentenza della Corte di Cassazione (Sez. Unite del 30.12.2021 n. 41994).
Gli appellanti hanno sostenuto che le garanzie fideiussorie dagli stessi prestate, e poste alla base del decreto ingiuntivo opposto, sarebbero affette da nullità in quanto in contrasto con l’art. 2, comma 2, lettera a) della legge 287/1990 (c.d. legge anti trust) che vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare in maniera consistente la regolare concorrenza all’interno del mercato nazionale attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali. Infatti, nei contratti di fideiussione per cui è causa sarebbero presenti delle clausole (tra cui in particolare quella relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 c.c., oltre a quelle c.d. di reviviscenza e di sopravvenienza), che rientrerebbero tra quelle dello schema elaborato dall’A.B.I. dichiarato dalla Banca d’Italia in netto contrasto con l’art. 2, comma 2, lettera a) della legge 287/1990 e, che pertanto, comporterebbe la nullità oltre che dell’intesa illecita, anche del contratto sottoscritto a valle.
Tali clausole sarebbero state dichiarate, con provvedimento n. 55 del 02.05.2005, illegittime dalla Banca d’Italia, poiché contrarie alla normativa anti trust.
La Corte osserva che l’eccezione di nullità della fideiussione (che può essere sollevata anche in appello ai sensi dell’art. 345, secondo comma, c.p.c., come chiarito da Cass., Sez. Un., 26243/2014, seguita da Cass. 21775/2015 e Cass. 28377/2022), così come prospettata dagli appellanti, deve ritenersi inidonea a paralizzare la domanda di pagamento formulata dalla banca, in quanto:
a) i contratti di fideiussione conclusi a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante in relazione alle clausole frutto di un’intesa anticoncorrenziale vietata dall’art. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e dall’art. 101 TFUE sono parzialmente nulli (ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 287 del 1990 e dell’art. 1419 c.c.) in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema frutto dell’intesa vietata (salvo che le clausole dichiarate nulle rivestano carattere essenziale per i contraenti, che non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità v. Cass., Sez. Un., 41994/2021);
b) nel caso di specie non vi è alcun elemento che consenta di ritenere che la fideiussione non sarebbe stata prestata senza le clausole genericamente indicate, che asseritamente riprodurrebbero le corrispondenti clausole contenute nello schema ABI e dichiarate frutto di intesa anticoncorrenziale con il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005;
c) non è stato dimostrato che la Banca si sia effettivamente avvalsa nel caso di specie di alcuna delle clausole di cui viene eccepita la nullità derivata (e quindi la nullità di tali clausole non può incidere sul diritto di credito fatto valere dalla banca nei confronti dei fideiussori odierni appellanti).
All’esito di quanto sinora esposto l’appello proposto deve ritenersi parzialmente fondato e deve essere accolto nei termini di cui alla motivazione che precede.
Gli appellanti hanno chiesto di condannare la banca ex art. 96 c. p. c. per la somma di euro 200.000,00, oltre alle spese delle tre CTU redatte o per la somma maggiore o minore ritenuta di giustizia.
La richiesta non merita accoglimento non essendo stato fornito alcun elemento concreto che possa consentire di ipotizzare la sussistenza degli elementi legittimanti tale richiesta.
Le spese processuali del doppio grado di giudizio vanno integralmente compensate tra gli appellanti e la banca cedente (Unicredit CREDIT MANAGEMENT S. P. A.), tenuto conto della loro reciproca soccombenza;
vanno ugualmente compensate le spese del presente grado di giudizio nel rapporto processuale tra gli appellanti e la Fino 2 avuto riguardo alla sostanziale estraneità di quest’ultima al presente rapporto processuale.
Le spese di CTU espletate nel doppio grado di giudizio vanno poste a carico della banca cedente (Unicredit CREDIT MANAGEMENT S. P. A.) e degli appellanti nella misura del 50% ciascuno.
B) Respinge la domanda ex art. 96 c. p. c. proposta dagli appellanti;
C) Compensa interamente le spese di lite del doppio grado di giudizio tra gli appellanti ed (omissis) S. P. A.;
D) Compensa interamente le spese di lite del presente grado di giudizio tra gli appellanti e (omissis) s.r.l.;
E) Pone definitivamente a carico degli appellanti, in solido, e di (omissis) S. P. A. le spese delle CTU espletate nel doppio grado di giudizio nella misura del 50 % ciascuno.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 aprile 2023
Depositata in cancelleria il 02/05/2023