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Corte appello Perugia, 14/03/2018, n.76

Massima

È integrato il reato di maltrattamenti in famiglia da parte del marito alcolista che per un anno aveva preteso che i denari guadagnati dalla moglie venissero distratti dai bisogni della famiglia per coltivare il suo alcoolismo, ingiuriandola , anche davanti ad estranei e pretendendo rapporti sessuali dopo averla avvilita guardando film pornografici.

Supporto alla lettura

Maltrattamenti in famiglia

Il reato di maltrattamenti in famiglia si colloca nella parte del codice penale dedicata ai delitti contro la famiglia e l’assistenza familiare, caratterizzati dal fatto che l’offesa deriva da membri dello stesso gruppo familiare al quale appartiene la vittima.
In realtà, limitare alla famiglia l’oggetto giuridico del reato ex articolo 572 del codice penale, sarebbe fuorviante.
In primo luogo perché, anche in base alla interpretazione letterale, il bene giuridico protetto è l’integrità psicofisica e morale della vittima.
In secondo luogo perché rispetto agli altri reati previsti nel titolo XI del codice penale, il soggetto passivo non è necessariamente un familiare dell’agente, ma chiunque abbia con lui una relazione qualificata (rapporto di convivenza, sottoposizione per ragioni di autorità, affidamento per ragioni di educazione, cura, istruzione, vigilanza, custodia, esercizio di una professione o arte).
Ne consegue che l’effettivo fondamento giuridico dell’art 572 c.p. deve essere rinvenuto nella stabilità del vincolo affettivo e/o umano tra l’agente e soggetti ritenuti “deboli” ed esposti a episodi di sopraffazione da parte del soggetto “forte”, anche in applicazione di quanto previsto dalla ratificata Convezione di Lanzarote del 2007.
Tra i vari interventi che hanno modificato l’art. 572 c.p. negli anni, si ricorda:

  • la legge n. 172 del 2012 con la quale il legislatore ha incluso i semplici conviventi nel novero delle vittime di maltrattamenti;
  • la legge 69 del 2019 (c.d. Codice Rosso) che ha inasprito il regime sanzionatorio, soprattutto per contrastare episodi di c.d. violenza domestica e che ha inserito l’ultimo comma dell’articolo 572 c.p. che prevede che il minore che assiste ai maltrattamenti familiari debba essere considerato persona offesa.

Ambito oggettivo di applicazione

Con sentenza del 14 maggio 2014 il Tribunale di Perugia, in esito a rito abbreviato condizionato, condannò D.M.O. alla pena di sei mesi di reclusione ritenutane la responsabilità in ordine ai reati di maltrattamenti in famiglia e resistenza a p.u. tra i quali era ritenuta la continuazione. Il Tribunale riconosceva le circostanze attenuanti generiche ed applicava la riduzione di pena per il rito.

Il Tribunale pervenne alla decisione rilevando che dalle querele sporte dalla moglie emergeva come l’uomo, datosi all’alcool, avesse preso a infierire sulla moglie, dalla quale pretendeva denaro da spendere in alcool, determinando in due occasioni l’intervento della polizia e, nella prima, il ricorso della donna alle cure ospedaliere; rilevava inoltre che nell’ultima occasione l’uomo avesse infierito anche sulla figlia tredicenne -appellandola (omissis)- e avesse tentato di scagliarsi contro la moglie, venendone impedito dagli agenti cui l’uomo si opponeva colpendoli con pugni e calci. Il Tribunale riconosceva all’uomo le circostanze attenuanti generiche sul rilievo che la moglie, sentita in giudizio, aveva riferito che a seguito della separazione l’uomo aveva intrapreso una condotta corretta e collaborativa, nonché un percorso terapeutico per liberarsi dall’alcoolismo.

Ha proposto appello il difensore dell’imputato.

All’odierna udienza le parti hanno discusso e concluso come da verbale.

Con il primo motivo si assume che nei fatti non sia ravvisabile il delitto -abituale- di maltrattamenti in famiglia, ma solo singoli episodi di lesioni (tentate), ingiurie e minacce, fatti per i quali la p.o. aveva rimesso querela in udienza.

Rileva la Corte che il narrato della donna -la cui attendibilità è confermata dalle dichiarazioni, rese avanti al Tribunale, che mostrano assenza di astio e comprensione per la condizione dell’uomo- non si riferisce a due singoli episodi, bensì all’intero arco di un anno, durante il quale ella fu vittima della condotta dell’alcoolista, il quale pretendeva che i denari da lei guadagnati con la propria attività (uno studio fotografico) venissero distratti dai bisogni della famigli per coltivare il suo alcoolismo, l’ingiuriava anche davanti ad estranei, pretendeva (inutilmente) da lei rapporti sessuali dopo averla avvilita guardando lui film pornografici presi dall’internet.

In tale condotta -abituale e protrattasi per circa un anno a detta della donna- è indubbiamente ravvisabile il reato di cui all’art. 572 c.p..

Con il secondo motivo si assume insussistente il reato di resistenza, sul rilievo che intento dell’uomo non era quello di opporsi agli agenti, bensì solo quello di scagliarsi contro la donna.

Rileva la Corte che gli agenti si frapposero tra i coniugi e tentarono di bloccare Dogana adempiendo un dovere del proprio ufficio – impedire che l’uomo compisse delitti contro la persona in danno della moglie – e che lui a tale tentativo degli agenti reagì colpendoli con calci e gomitate, così resistendo al loro intervento.

Con il terzo motivo si censura l’entità della pena -sei mesi di reclusione- inflitta per il reato continuato; rileva la Corte che il Tribunale determinò una pena base di un anno per il reato più grave -pari al minimo all’epoca dei fatti prevista per il reato di cui all’art. 572 c.p.- e che la determinazione della pena in conseguenza della continuazione e delle circostanze e del rito è chiaramente viziata da errori; peraltro la pena finale è congrua al fatto; ad essa si perviene determinando la pena base per il reato dell’art. 572 c.p. in un anno di reclusione, ridotta a 8 mesi per le attenuanti generiche, aumentata a nove mesi per la continuazione con il reato di resistenza, indi ridotta di un terzo per la scelta del rito.

L’appello va quindi respinto, con l’aggravio delle spese del grado.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Perugia

Visti gli artt. 605,599,443/4 e 592 c.p.p.,

CONFERMA

la sentenza emessa in data 14.5.2014 dal Tribunale di Perugia, in composizione monocratica, nei confronti di D.M.O. e dallo stesso appellata, e

CONDANNA

l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado.

Visto l’art. 83 comma III bis D.P.R. 30\5\2002 n. 115,

LIQUIDA

all’Avv. P.P. difensore di fiducia dell’appellante ammesso al Patrocinio a spese dello Stato la complessiva somma di euro 1.200,00 già considerata la riduzione di un terzo ex art. 106 bis del detto D.P.R., oltre spese forfettarie, IVA e CPA;

DICHIARA

il presente provvedimento di liquidazione immediatamente esecutivo, ove non opposto nei termini di Legge;

Termine di giorni 90 per il deposito del motivazione.

Perugia, 19.1.2018

Allegati

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