RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con citazione ritualmente notificata C. A. conveniva dinanzi al tribunale di Napoli-sezione distaccata di Ischia la N. Arredamenti-T. E. s.r.l. e la Findomestic Banca S.p.A. deducendo: che in data 20/8/2004 aveva stipulato con la T. E. un contratto di acquisto per una cucina completa di elettrodomestici al prezzo di euro 5.500,00; che su suggerimento della venditrice aveva altresì stipulato in data 7/9/2004 un contratto di finanziamento con Findomestic avente ad oggetto l’intero prezzo di acquisto; che nei successivi quattro mesi la T. E. aveva però omesso di consegnare la cucina ragion per cui con due telegrammi in data 29/12/2004 e in data 30/12/2004 essa attrice aveva comunicato alla T. E. di considerare risolto il contratto ed alla Findomestic di astenersi di conseguenza dal richiedere qualsiasi somma in restituzione; che successivamente aveva interessato della vicenda anche il Codacons; che la Findomestic aveva illegittimamente segnalato alla Centrale Rischi il suo nominativo come cattivo pagatore, con conseguente danno all’immagine che si aggiungeva ai danni materiali; ciò premesso chiedeva accertarsi e dichiararsi l’inadempimento della convenuta T. E. con condanna al risarcimento e spese di giudizio; chiedeva altresì dichiararsi risolto anche il contratto di finanziamento stipulato con la Findomestic, con condanna al risarcimento e vittoria di spese.
La T. E. si costituiva preliminarmente sollevando eccezione di incompetenza territoriale del tribunale adito, dovendosi a suo parere radicare il giudizio dinanzi al tribunale di Avellino ove essa convenuta ha la sede legale; spiegava inoltre domanda riconvenzionale di condanna della C. A. all’esecuzione del contratto di acquisto dei mobili ed al pagamento delle spese di sosta e custodia dei beni stessi, con vittoria di spese.
La Findomestic si costituiva spiegando domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice alla restituzione della somma mutuata che essa finanziaria aveva puntualmente erogato alla venditrice T. E. come da obblighi contrattuali assunti, con vittoria di spese.
La causa veniva istruita con testi e documenti ed all’esito il tribunale, con sentenza n. 103/2012 così provvedeva: in parziale accoglimento della domanda attrice, rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale proposta dalla T. E., dichiarava risolto il contratto di acquisto stipulato il 28/8/2004 tra essa convenuta e la C. A.; accertato e dichiarato il grave inadempimento della T. E. condannava quest’ultima alla restituzione in favore dell’attrice dell’intero importo del finanziamento da costei stipulato con Findomestic nella complessiva misura di euro 6.366,06 oltre interessi e rivalutazione; condannava altresì la T. E. al risarcimento del danno in favore della C. A. nella misura di euro 3.500,00 oltre interessi e rivalutazione; rigettava la domanda riconvenzionale proposta dalla T. E. nei confronti dell’attrice, con condanna alle spese; rigettava la domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla C. A. nei confronti di Findomestic ed accoglieva la riconvenzionale da quest’ultima spiegata dichiarando perciò tenuta l’attrice alla restituzione della complessiva somma mutuata pari ad euro 6.366,06, con condanna alle spese.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto appello principale la C. A. e appello incidentale la Findomestic S.p.A., la quale ha chiesto condannarsi l’appellante principale al pagamento della maggior somma di euro 6.648,50 oltre interessi al tasso del 10.95% a decorrere dal 9/12/2005 e fino all’effettivo soddisfo.
Per effetto del fallimento della T. E. S.r.l., entrambi gli appelli sono stati notificati al curatore fallimentare, il quale non si è costituito.
La causa è stata infine trattenuta in decisione all’udienza cartolare del 9/2/2023 con assegnazione alle parti dei termini di cui all’art.190 c.p.c. per conclusionali e repliche.
3. L’appellante affida il gravame a quattro motivi.
Con il primo denuncia falsa applicazione degli artt. 1218,1453,1458,2043 c.c., 125 comma 4 del TUB, in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost.: una volta accertato il grave inadempimento della N. Arredamenti il tribunale avrebbe dovuto porre a carico di quest’ultima ogni responsabilità conseguente condannandola quindi, in luogo di essa appellante, alla restituzione in favore di Findomestic della somma erogata quale mutuo di scopo; il contratto di finanziamento siccome strettamente collegato a quello di vendita dei beni mobili avrebbe dovuto seguirne la stessa sorte ragion per cui il tribunale lo avrebbe dovuto dichiarare risolto; ai sensi dell’art.125 comma 4 del TUB in caso di risoluzione il mutuante deve richiedere la restituzione al fornitore invece che al consumatore; infine la liquidazione del danno per inadempimento deve seguire i criteri stabiliti dagli artt.1218 e 2043 c.c.
Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1175,1176,1375 c.c. in rapporto agli artt. 3 e 24 Cost. perché il contratto deve essere eseguito in buona fede e nell’adempimento delle obbligazioni la diligenza deve valutarsi con riguardo all’attività esercitata.
Con il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 113,115,116,174,479 c.p.c., 328 e 331 c.p. rispetto agli artt. 2697 comma 1 c.c.,183,184 c.p.c.,489 c.p., 640 bisc.p,, 61 n.2,7,8,10 c.p. in rapporto agli artt. 3,24 e 111 Cost e al D.L. 35/2005 perché l’amministratore di Findomestic sarebbe un “incaricato di pubblico servizio” equiparabile ad un pubblico ufficiale e quindi il tribunale avrebbe dovuto trasmettere la “notitia criminis” alla competente autorità visto che l’erogazione delle somme mutuate alla T. E. sarebbe stata sottoposta alla condizione dell’avvenuta consegna della cucina: i reati ravvisabili sarebbero quelli citati nel titolo del motivo.
Con il quarto motivo denuncia travisamento dei fatti, errore di diritto, motivazione erronea e/o insufficiente e contraddittoria, falsa applicazione degli artt 2059 e 2043 c.c. in rapporto agli artt.3,24 e 111 Cost.: l’appellante ha subito gravi danni sia per la mancata consegna della cucina che per la segnalazione del suo nominativo, da parte di Findomestic, alla centrale rischio crediti come cattiva pagatrice e ciò costituirebbe un comportamento contrastante con la già richiamata qualità di incaricato di pubblico servizio dell’amministratore della citata finanziaria nonché un atto palesemente illegittimo da cui discenderebbe una responsabilità per danni all’immagine e al decoro sofferti da essa appellante.
Tanto l’appello principale che l’appello incidentale vanno esaminati congiuntamente per le ragioni qui di seguito esposte.
L’appellante principale si duole che il primo giudice non abbia ravvisato l’esistenza di un collegamento funzionale tra il contratto di vendita della cucina e quello relativo al finanziamento acceso presso la Findomestic, mentre quest’ultima eccepisce sul punto specifico che un tale collegamento andrebbe escluso in forza del testo previgente dell’art. 125 D.lgs, 385/1993 applicabile ratione temporis (il contratto di finanziamento fu stipulato in data 7/9/2004), a mente del quale l’azione di risoluzione spettante al consumatore nei confronti della finanziaria, nel caso di inadempimento del venditore, sarebbe esperibile soltanto laddove “vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti dei fornitori”.
La suprema Corte ha affermato il principio secondo cui “La risoluzione della vendita per inadempimento del venditore travolge il contratto di finanziamento (credito al consumo) sottostante…e ciò in quanto tra il contratto di fornitura e di credito al consumo va configurato un collegamento negoziale a carattere funzionale per il quale contratto di credito e contratto di acquisto vengono ad essere unitariamente considerati sotto il profilo giuridico (e non solo economico), onde tutelare la parte comune ai due contratti, cioè il consumatore, finanziato ed acquirente. Si tratta di un collegamento negoziale in senso proprio dal momento che il nesso tra i negozi non è affatto occasionale, bensì dipendente dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trova la propria causa nell’altro, sicché è la legge stessa che coordina i negozi, facendo assurgere la connessione teleologica ad elemento della fattispecie” (Cass. 19522/2015).
Tuttavia nella fattispecie nel contratto di finanziamento è inserita una clausola per effetto della quale il compratore resta obbligato nei confronti di Findomestic anche in caso di inadempimento del venditore: si tratta di una clausola approvata in forma specifica ex art.1341 c.c. in grado di recidere completamente la “dipendenza” del contratto di finanziamento da quello di vendita.
Tale clausola recita testualmente “Il cliente conferisce sin d’ora disposizione perché l’importo richiesto a Findomestic venga per suo ordine e conto versato direttamente al fornitore…Findomestic provvederà al pagamento richiesto….Tale obbligo permarrà inalterato anche in caso di inadempienza di qualsiasi genere da parte del fornitore ivi compresa la mancata consegna dei beni.. Ogni relativa controversia dovrà pertanto essere risolta tra cliente e fornitore” (punto 1-3 del contratto di finanziamento).
Orbene tale clausola è stata oggetto di specifica valutazione da parte del primo giudice, il quale ne fa espressa e compiuta menzione a pag. 11 della motivazione (in cui ne afferma validità ed efficacia), e tuttavia l’appellante principale non ha proposto sul punto alcuna specifica doglianza, di modo che sulla questione si è formato un giudicato interno rispetto al quale la Corte non ha alcun potere di intervento.
In sostanza, la decisione del primo giudice, secondo cui il contratto di finanziamento stipulato dalla C. A. con la Findomestic resta insensibile alle sorti del contratto di compravendita concluso dalla prima con la T. E. S.r.l., si basa su due autonome rationes decidendi, la prima fondata sul regime normativo vigente alla data di stipulazione dei due contratti, la seconda sulla presenza nel contratto di una clausola contrattuale che rende inopponibile alla società erogatrice del finanziamento ogni eventuale inadempimento del venditore della merce ed esclude, pertanto, per volontà delle parti, l’ipotesi del collegamento negoziale tra i due contratti.
Occorre ribadire che il giudice di primo grado ha espressamente dichiarato valida la clausola anzidetta (“..Ebbene, nella fattispecie de qua agitur, al chiaro fine di formalizzare la materiale autonomia tra i due negozi, le parti hanno concordemente stabilito nel contratto di finanziamento che il cliente conferisce sin d’ora disposizione perché l’importo richiesto a Findomestic vena, per suo ordine e conto, versato direttamente a favore del fornitore…Findomestic provvederà al pagamento dell’importo richiesto al ricevimento della comunicazione del fornitore di avvenuta consegna dei beni…Tale obbligo permarrà inalterato anche in caso di inadempienza di qualsiasi genere da parte del fornitore ivi compresa la mancata consegna dei beni.. Ogni relativa controversia dovrà pertanto essere risolta rea cliente e fornitore (cfr. punto 1-3 del contratto di finanziamento) E quindi, vista la sussistenza di tale clausola, peraltro specificatamente approvata dalle parti ex artt. 1341 e 1342 c.c…..davvero non è dato comprendere come possa parte attrice insistere pervicacemente nel voler tecnicamente collegare i due contratti…”-pag. 11 motivazione sentenza impugnata) senza che nell’atto di appello la C. A. abbia sottoposto ad alcuna censura il giudizio del tribunale sulla rilevanza della clausola de qua e sulla sua validità.
A tal proposito va rilevato che se la sentenza appellata si fonda su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, il soccombente ha l’onere d’impugnarle entrambe, a pena d’inammissibilità dell’appello (cfr. Cass. 13880/20 e Cass. 14740/05, secondo cui l’inammissibilità dell’impugnazione deriva dall’esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata).
Di poi, deve ritenersi che la rilevabilità d’ufficio in grado di appello della nullità della clausola in questione (eventualmente predicabile sulla scorta della normativa sui contratti del consumatore, già contenuta, alla data di stipulazione dei contratti in esame, negli artt. 1469-bis-1469-sexies c.c.) presuppone il mancato rilievo di essa da parte del giudice di primo grado, ma resta precluso quando sulla validità del contratto (ovvero di una sua clausola) si sia formato il giudicato interno, in forza della decisione espressamente assunta sul punto dal giudice di primo grado contro la quale non sia stato proposto uno specifico motivo di gravame.
In proposito va anche richiamato l’insegnamento della Suprema Corte a tenore del quale, in materia d’impugnazioni civili, il requisito della specificità dei motivi dell’appello postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime, in quanto le statuizioni di una sentenza non sono scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono. È pertanto necessario che l’atto di appello contenga tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, non essendo al riguardo ammissibile che l’esposizione delle argomentazioni venga rinviata a successivi momenti o atti del giudizio, ovvero addirittura al deposito della comparsa conclusionale (Cass. civ. Sez. II, 27/01/2011, n. 1924).
Nel caso di specie, la mancata confutazione, da parte dell’appellante principale, delle ragioni per le quali il tribunale ha ritenuto valida la clausola di cui sopra si traduce in un ulteriore motivo d’inammissibilità, sul presupposto che l’appello non “dialoga” con la motivazione impugnata (cfr. Cass. Ordinanza n. 21824 del 29 agosto 2019n. 21824 laddove ha ravvisato l’inammissibilità nel caso in cui le doglianze proposte dall’appellante non “dialoghino” con la pronuncia di primo grado e non siano pertinenti rispetto alle soluzioni accolte dal primo giudice).
Quanto all’appello incidentale proposto dalla Findomestic S.p.A., va rilevato in primo luogo che, avendo tale società proposto domanda riconvenzionale per ottenere la condanna dell’attrice alla restituzione della somma mutuata e dei relativi interessi, il dispositivo della sentenza di primo grado contiene su di essa un’articolata statuizione (ai capi “j” e “k”), con la quale si accoglie integralmente la domanda in questione e si dichiara C. A. tenuta quindi al pagamento rateale dell’integrale somma mutuata (euro 6.366,06) come da contratto.
La lettura coordinata dei due capi del dispositivo consente di ritenere che, al di là delle espressioni usate nel secondo di essi, la sentenza appellata abbia contenuto di condanna, così come richiesto dalla società creditrice, sia pure con decorrenza dalle singole scadenze contrattuali e senza che, pertanto, sia stata pronunciata la decadenza dal beneficio del termine.
In secondo luogo, l’interesse alla doglianza relativa alla mancata dichiarazione di decadenza della debitrice dal beneficio del termine deve ritenersi venuto meno, atteso che allo stato tutte le rate contrattuali sono scadute e che la declaratoria invocata non attribuisce alcun vantaggio effettivo alla posizione della creditrice, non essendo da questa dedotta la maggiore convenienza a percepire sul capitale dovuto gli interessi moratori anziché (fino alle singole scadenze) gli interessi corrispettivi, inglobati nelle rate.
L’appello è, comunque, infondato nella parte in cui quantifica il credito restitutorio in un importo (euro 6.648,50) superiore a quello indicato dal tribunale, non risultando chiarite le ragioni di tale maggior pretesa ed escluso, in ogni caso, che la Findomestic possa pretendere il pagamento degli interessi di mora sull’intero importo delle rate (comprensive di capitale e interessi corrispettivi) anziché sul solo capitale oggetto del finanziamento (che, come si evince dal contratto in atti, ammonta a euro 5.500,00), in base al principio espresso dall’articolo 1283 c.c. (e in difetto di un’esplicita domanda di pagamento degli interessi sugli interessi, che, peraltro, è consentita solo dal giorno della domanda giudiziale).
L’appello incidentale deve ritenersi, pertanto, in parte inammissibile, ex art. 100 c.p.c. (nella parte in cui lamenta il carattere meramente dichiarativo della pronuncia impugnata, oltre che la mancata decadenza dal beneficio del termine), e in parte infondato (in ordine all’entità della somma dovuta in restituzione).
Le spese del grado vanno compensate attesa la reciproca soccombenza.
L’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (sul versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in caso di rigetto o d’inammissibilità dell’impugnazione), si applica ai soli procedimenti iniziati trenta giorni dopo l’entrata in vigore della legge n. 228 (quindi, a partire dal 31 gennaio 2013) e, pertanto, resta estraneo al presente giudizio di appello, iniziato nel 2012.
P.Q.M.
la Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da C. A. e dalla Findomestic S.p.A. avverso la sentenza del tribunale di Napoli-sezione distaccata di Ischia n. 103/2012, così provvede:
– dichiara inammissibile l’appello principale proposto da C. A.,
– dichiara in parte inammissibile e in parte infondato l’appello incidentale proposto da Findomestic S.p.A.,
– compensa integralmente fra le parti le spese del grado.
Così deciso in Napoli 28/9/2023
