Con atto di citazione ritualmente notificato L. M. allegava che con scrittura privata redatta a Taormina il 25.05.2005 V. G. le aveva promesso in vendita l’unità immobiliare sita nel Comune di Taormina Traversa A di Via G. primo piano sottostrada, composta da un monovano con angolo cottura e altro piccolo vano adibito a w.c. con ingresso dal ballatoio già in comproprietà con l’attrice. Il convenuto si obbligava a garantire la piena proprietà e la regolare abitabilità dell’immobile nonché la mancanza di pesi e ipoteche e di qualsiasi vincolo pregiudizievole e a rinunziare a qualsiasi diritto sul ballatoio comune. Il prezzo della vendita era stato concordato a corpo in € 31.500,00 da pagarsi quanto ad € 7.500,00 contestualmente alla stipula del preliminare, il resto alla stipula dell’atto pubblico di vendita entro il 31.07.2005.
Tuttavia a tale data l’atto non poteva avere luogo in quanto l’immobile non era neppure accatastato, adempimento che dopo le sollecitazioni dell’attrice veniva effettuato nel Dicembre 2005.
Successivamente il Notaio incaricato del rogito non poteva procedere alla sua stipula in quanto degli accertamenti effettuati all’atto pubblico avrebbe dovuto presenziare e dare il proprio assenso la Sig.ra A. R., coniuge separata del promittente venditore la quale benché invitata non si era presentata dal Notaio per la formalizzazione della vendita.
Parte attrice chiedeva, pertanto, ai sensi dell’art. 2932 c.c. il trasferimento della proprietà dell’immobile secondo gli accordi convenuti nel preliminare nonché al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del mancato utilizzo dell’immobile promesso in vendita e con riserva di chiedere nel corso del giudizio la risoluzione del contratto con condanna alla restituzione della caparra e/o in alternativa al recesso del doppio della caparra oltre gli interessi legali.
Il convenuto nel costituirsi in giudizio eccepiva che l’attrice era a conoscenza: a) che all’atto doveva intervenire la Sig.ra A. R.; b) che l’immobile era in fase di sanatoria edilizia e il ritardo burocratico non poteva a lui essere addebitato; c) che il diritto di proprietà esclusiva dell’immobile promesso in vendita derivava dalla scrittura privata del 26.01.1996 nella quale in sede di divisione consensuale il V. si era attribuito consensualmente la proprietà esclusiva dell’immobile promesso in vendita e l’ex coniuge Sig.ra A. R., ove fosse stato necessario, si era obbligata a presenziare avanti al Notaio per la formalizzazione della vendita, alla quale si era però rifiutata. Chiedeva pertanto ai sensi dell’art. 269 c.p.c. lo spostamento della prima udienza per la sua partecipazione in giudizio addebitandone il ritardo nella stipula del contratto e chiedendo di essere garantito e manlevato per i danni reclamati da parte attrice.
Il Giudice di prime cure disponeva in conformità autorizzando la chiamata in causa del terzo e fissando la nuova udienza di comparizione delle parti.
Il terzo chiamato in causa Sig.ra A. R. si costituiva ritualmente in giudizio contestando la domanda nei suoi confronti e chiedendone il rigetto. Allegava di non essersi mai rifiutata di intervenire alla vendita a condizione di essere lasciata indenne dalle responsabilità contrattuali che la legge imputa alla parte venditrice in tema di comproprietà in quanto all’epoca del preliminare il locale aveva destinazione a deposito e serbatoio, sprovvisto di concessione edilizia e abitabilità, e insuscettibile ad ottenerlo rilevando che il certificato di abitabilità in atti riguardava altra particella catastale (F. .p.lla .. sub. 4) e non quella promessa in vendita costituita dalla p.lla .. sub 8 del medesimo foglio .. del Catasto Urbano del Comune di Taormina.
La Sig.ra A. R. si riteneva estranea alle trasformazioni edilizie fatte eseguire dal V. nell’immobile promesso in vendita dopo la scrittura di divisione.
Nel corso del giudizio l’attrice proponeva in corso di causa ricorso ex art. 700 c.p.c. per lo sversamento di acque sporche provenienti dall’appartamento soprastante della Sig.ra A. R. e dello stesso V. che veniva tuttavia rigettato in quanto la ricorrente L. M. non aveva la disponibilità ed il godimento dell’immobile oggetto del preliminare a tutela del quale aveva promosso l’azione cautelare né la domanda cautelare era strumentalmente connessa con il giudizio di merito pendente.
Disposta l’istruttoria con l’interrogatorio formale di L. M., la prova testimoniale e l’ammissione di consulenza tecnica d’ufficio per accertare i danni subiti da parte attrice in conseguenza dell’inadempimento del convenuto, il Giudice di prime cure con la sentenza ora impugnata:
accertava e dichiarava che il convenuto V. G. per effetto del contratto di transazione/divisione del 26.01.1996 era proprietario esclusivo dell’immobile promesso in vendita all’attrice;
in accoglimento della domanda principale disponeva il trasferimento coattivo del suddetto immobile condizionando l’effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo di euro 25.000,00 da parte della promissaria acquirente da effettuarsi nel termine di mesi sei dal deposito della sentenza;
ordinava al Conservatore dei Registri immobiliari di Messina la trascrizione della sentenza;
condannava V. G. a garantire all’attrice la regolare abitabilità del suindicato immobile procedendo ad integrare la documentazione della pratica in sanatoria oltre al risarcimento del danno per il ritardo liquidato in € 74.762,00 oltre interessi dalla domanda al soddisfo.
rigettava la domanda di garanzia avanzata dal convenuto V. nei confronti di A. R. e lo condannava al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’attrice, ponendo a suo carico le spese di c.t.u. e compensando integralmente quelle del giudizio di merito tra V. G. e A. R..
Con atto d’appello ritualmente notificato, gli appellanti V. V., V. F., V. M., V. R. tutti nella qualità di eredi di V. G. hanno proposto impugnazione alla sentenza per i motivi che si diranno in seguito chiedendone, previo accoglimento dell’inibitoria, la riforma come dalle conclusioni sopra trascritte.
Si è costituita in giudizio l’appellata L. M. che ha contestato tutte le avverse censure e chiesto la conferma della sentenza di primo grado previo rigetto dell’appello anche nel merito.
Si è anche costituita l’appellata A. R. che con appello incidentale ha chiesto l’accertamento dell’invalidità, nullità ed inefficacia traslativa della scrittura del 26/01/1996 per difetto di forma e sostanza e quindi chiesto respingere la domanda di garanzia avanzata da V. G. nei confronti della stessa dichiarando l’immobile promesso in vendita in comproprietà con la stessa e condannando gli appellanti alla refusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
All’udienza del 5.04.2019 la Corte, dopo essersi riservata sulla dedotta inammissibilità dell’appello e sulla chiesta inibitoria, in data 19-29.04.2019 emetteva ordinanza di rigetto della eccezione di inammissibilità non sussistendo i presupposti dell’art. 348 bis e ter c.p.c. e accoglieva, invece, la chiesta inibitoria rilevando che la particolarità delle questioni meritavano un approfondimento, e rinviava per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 12.10.2020.
A seguito di alcuni rinvii per il carico del ruolo e per esigenze organizzative dell’ufficio, la causa veniva chiamata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 16.01.2023 in trattazione cartolare, ove la Corte, sulle conclusioni rassegnate dalle parti nelle note scritte di trattazione, assumeva la causa in decisione con assegnazione, ex artt. 352 e 190 c.p.c., del termine di giorni 60 per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriori giorni 20 per memorie di repliche.
Le parti hanno depositato scritti difensivi.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. SULLA ERRATA E CONTRADDITTORIA VALUTAZIONE CIRCA LA SUSSISTENZA IN CAPO A V. G. DELL’INADEMPIMENTO COLPEVOLE AGLI OBBLIGHI DI CORRETTA E BUONA FEDE.
Con il primo motivo gli appellanti hanno impugnato il capo della sentenza con la quale il Tribunale ha ritenuto il padre (V. G.) responsabile dell’inadempimento alle obbligazioni assunte con l’atto preliminare di vendita tenuto conto che la formalizzazione dell’atto pubblico non aveva potuto avere luogo per l’assenza dell’ex coniuge A. M. avanti al notaio B. il .., come risultante dalla prova orale assunta.
Il motivo appare infondato.
A norma dell’art 1476 c.c. il venditore ha l’obbligo di consegnare la cosa al compratore e l’obbligo di far acquistare la proprietà della cosa o del diritto se l’acquisto non è effetto immediato del contratto nonché l’obbligo di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
É emerso agli atti che il Sig. V. G., pur se per effetto dell’atto di transazione/divisione aveva acquisito la esclusiva proprietà dell’immobile promesso in vendita non aveva mai curato, prima di stipulare il preliminare di vendita, la trascrizione dell’atto presso i Pubblici Registri Immobiliari ai fini della pubblicità immobiliare nei confronti dei terzi.
Il notaio eseguiti gli accertamenti sulla proprietà immobiliare del cespite promesso in vendita aveva chiesto la presenza della Sig.ra A. R. poiché la stessa risultava ancora comproprietaria dello stesso.
Appare evidente sul punto l’inadempimento del promittente venditore Sig. V. G. nella stipula del preliminare per essere venuto meno alla sua principale obbligazione che era quella di far acquistare la proprietà della cosa alla promittente acquirente Sig.ra L. M. nei termini concordati nell’atto preliminare di vendita.
Si consideri a tal proposito che anche quando la cosa promessa in vendita fosse stata solo parzialmente di proprietà del promittente venditore egli comunque avrebbe potuto adempiere alla propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario acquirente direttamente dall’effettivo proprietario1, risultando in caso contrario comunque inadempiente all’obbligazione assunta con il preliminare di vendita.
2. SULLA ERRATA VALUTAZIONE CIRCA IL DANNO CONSEGUENTE AL RITARDO NELLA STIPULA DEL ROGITO PER OMESSA PROVA DELLO STESSO.
Con il secondo motivo gli appellanti si dolgono che il Giudice di prime cure ha erroneamente ritenuto che la mancata disponibilità del bene promesso in vendita nei termini concordati nel contratto preliminare alla promissaria acquirente è per sé fonte di danno in re ipsa a nulla rilevando la mancata allegazione dell’effettiva suscettibilità di utilizzazione dell’immobile.
A tal proposito gli appellanti rilevano che se per un verso in alcune fattispecie risarcitorie il danno-evento è sovrapponibile con il danno-conseguenza, ove nell’inadempimento contrattuale il primo deve essere solo allegato, per altro verso a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 26972 dell’11.11.2008 è valso il principio secondo il quale il danno-conseguenza deve essere sempre essere allegato e provato poiché determinante per la sua quantificazione.
Secondo tale interpretazione, il danno risarcibile non può essere identificato con il danno-evento perché snaturerebbe la funzione del risarcimento e ove concesso non lo sarebbe in conseguenza del suo effettivo accertamento quanto invece, quale pena privata per un comportamento lesivo della parte inadempiente. In virtù del suddetto principio il risarcimento del danno da mancato godimento dell’immobile per tutta la durata dell’indisponibilità del bene si configura come un danno punitivo non essendo stata provata dalla parte promissaria acquirente – alla quale incombeva l’onere – la concreta intenzione di mettere a frutto l’immobile promesso in vendita.
Il motivo d’appello appare fondato e deve trovare accoglimento.
“Nel caso di ritardo nella consegna di immobile conseguente all’inadempimento di incarico d’opera professionale (nella specie, progettazione e direzione dei lavori di costruzione) il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l’evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost.; ne consegue che è onere del proprietario provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare l’immobile ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo avvalersi di presunzioni, sulla base però di elementi indiziari allegati dallo stesso danneggiato, diversi dalla mera mancata disponibilità o godimento del bene.” Cass. Civ. Sez. 3, Ordinanza n. 31233 del 4.12.2018.
“Il danno patrimoniale da mancato guadagno (nella specie, per omessa consegna dell’immobile permutato), concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità) il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta, e deve pertanto escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici, dipendenti da condizioni incerte: giudizio probabilistico, questo, che, in considerazione della particolare pretesa, ben può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito. (Nella specie, concluso un contratto di permuta, uno dei permutanti si era doluto di avere ricevuto un fondo edificabile ma occupato abusivamente da terzi e divenuto non più edificabile, quando finalmente gli occupanti erano stati allontanati, per l’intervento il mutamento dello strumento urbanistico. La S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha confermato la sentenza di merito che ha liquidato il danno da perduta possibilità di locare l’immobile, ma non quello da perduta possibilità di edificazione, non avendo l’attore dimostrato che, ove il fondo fosse stato libero, avrebbe avuto i mezzi e l’intenzione di costruire)” (Cass. Civ. Sez. 2, Sent n. 11254 del 20/05/2011).
In virtù del superiore principio di diritto, la Corte osserva che nell’atto introduttivo del giudizio l’attrice L. M. ha proposto la domanda risarcitoria per il mancato utilizzo del bene senza tuttavia allegare alcun elemento certo o quanto meno probabilistico dal quale potesse desumersi con sufficiente certezza l’entità del danno subito, circostanza invece presente nel caso di un imprenditore che avesse agito nell’esercizio della sua attività ove secondo un giudizio di probabilità v’è la presunzione della messa a reddito dell’immobile compravenduto (Cass. Civ. Sez. II n. 26637/2013Cass. Civ. n. 31233/2018 ).
Il motivo d’appello appare fondato e deve trovare accoglimento e, per l’effetto il successivo motivo in ordine alla determinazione del danno resta assorbito.
3. SULLA ERRATA VALUTAZIONE IN MERITO ALLA CONDANNA ALLE SPESE DEL GIUDIZIO.
Assume controparte che la condanna alle spese processuali del giudizio posta a carico della parte appellante appare errata.
Il motivo è infondato.
Il giudizio di primo grado è stato interamente caratterizzato (ed ha avuto causa) dall’esclusivo inadempimento della parte promittente venditrice rispetto all’assolvimento delle obbligazioni assunte con il preliminare di vendita e pertanto la censura in argomento non può trovare accoglimento.
SULL’APPELLO INCIDENTALE DI A. R.
L’appellata A. R. nel costituirsi in giudizio ha proposto appello incidentale chiedendo l’accoglimento delle domande proposte nel giudizio di primo grado e per l’effetto respingersi la domanda di garanzia avanzata da V. G. nei suoi confronti dichiarando l’immobile promesso in vendita in comproprietà con la stessa, e quindi la nullità e/o inefficacia del preliminare di compravendita stipulato tra il V. e la Sig.ra L. M. nonché la condanna di parte appellante alla rifusione delle spese processuali ivi comprese quelle della c.t.u..
Deve preliminarmente rilevarsi un profilo di inammissibilità dell’appello posto che, contrariamente a quanto esposto nel corpo dell’atto, la predetta appellante in via incidentale nel costituirsi in giudizio in primo grado si era invece dichiarata disponibile ad intervenire all’atto di vendita dell’immobile compromissato – solo formalmente in comproprietà con la stessa – alla sola condizione di essere tenuta indenne da ogni responsabilità contrattuale che la legge imputa alla parte venditrice in tema di compravendita.
In particolare la Sig.ra A. R. si doleva esclusivamente dell’eventuale responsabilità che poteva sorgere a suo carico in relazione al mancato rilascio del certificato di abitabilità (tenuto conto che il locale aveva una destinazione a deposito e serbatoio e non poteva essere promesso in vendita da V. G. ad uso abitativo ed era quindi privo dell’abitabilità) e si dichiarava disponibile a partecipare all’atto pubblico di vendita purché l’oggetto della vendita avesse riguardato la destinazione d’uso predetta oppure fosse esonerata dalla parte acquirente da tutte le responsabilità comunque discendenti dall’uso ad abitazione del detto locale e dalle trasformazioni edilizie ed urbanistiche effettuate dall’ex coniuge sul detto immobile dopo la transazione del 26.01.1996.
La domanda di nullità e/o inefficacia dell’atto preliminare proposta con l’appello incidentale appare inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c. perché domanda nuova risultando proposta per la prima volta nel presente giudizio d’appello.
Dall’esame dell’atto del 26.01.1996 intervenuto tra gli ex coniugi V.- A. R. a transazione delle cause di separazione giudiziale, di divisione giudiziale, di reintegra in possesso nonché dei giudizi penali pendenti su reciproca querela delle parti e dell’atto di opposizione a precetto proposto da V. G. nei confronti dell’ex coniuge, risulta peraltro che le parti si sono consensualmente divisi i rispettivi beni formalmente cointestati agli stessi attribuendosi la loro reciproca piena proprietà esclusiva – manifestazione di volontà valida in quanto redatta in forma scritta che costituisce un atto di disposizione valido ed efficace tra le parti che hanno liberamente manifestato il loro consenso.2 3
Dal contenuto dell’atto, contrariamente quanto sostenuto nell’appello incidentale, il Sig. V. G. si è attribuito in via esclusiva oltre che l’intera proprietà del piano primo (seconda elevazione fuori terra) dell’immobile in oggetto l’appartamento al piano primo sottostrada lato monte confinante con quello precedentemente attribuito (in via esclusiva) alla stessa appellante incidentale Sig.ra A. R. ed inoltre il vano realizzato in adiacenza alla scala al livello del piano primo sottostrada ed il locale serbatoio (non ancora accatastato), coincidente con quello ben identificato dalla medesima Sig.ra A. R. costituito da un locale ad uso deposito e serbatoio che quest’ultima ha riconosciuto di proprietà esclusiva dello stesso V., ma privo di abitabilità trattandosi di un locale deposito.
L’appello incidentale potrebbe, pertanto, essere dichiarato infondato.
Ai sensi dell’art. 91 c.p.c. le spese processuali liquidate secondo i valori medi del D.M. 147/2022 in relazione allo scaglione di valore della causa di valore indeterminabile, e tenendo conto dell’attività svolta e della natura della causa sono regolamentate come segue: nel rapporto processuale tra gli appellanti principali e la Sig.ra L. M. per entrambi i gradi di giudizio, tenuto conto del parziale accoglimento dell’appello principale ma della sostanziale soccombenza dei Sig.ri V. V., V. Ma., V. M. e V. R. le spese sono parzialmente compensate nella misura di 1/3 e per la restante parte poste a carico degli stessi, sono così liquidati: € 2.550,00 oltre rimb. forfett., i.v.a. e c.p.a. per il giudizio di primo grado (€ 570,00 per studio, € 400,00 per introduttiva € 610,00 per istruzione e trattazione € 970,00 per la fase decisionale); ed € 2.290,00 oltre rimb. forfett., i.v.a. e c.p.a. per il presente grado di giudizio (€ 670,00 per studio, € 470,00 per introduttiva ed € 1.150,00 per la fase decisionale).
Ricorrono poi giusti motivi per la compensazione delle spese tra gli appellanti principali e l’appellante incidentale A. R..
Riguardo invece i rapporti tra l’appellante incidentale A. R. e l’appellata L. M. le spese processuali limitatamente al presente grado di giudizio sono poste a carico della prima, soccombente, e data la non complessità delle questioni trattate sono liquidate in € 5.200,00 oltre rimb. forfett. 15%, i.v.a. e c.p.a. (€ 1.540,00 per studio, € 1.060,00 per introduttiva ed € 2.600,00 per la fase decisionale).
Le spese della c.t.u., tenuto conto del rigetto della domanda risarcitoria, sono poste definitivamente a carico della parte appellata L. M..
A termini dell’art. 13 del T.U. n. 115 del 30.5.2002 e modif. succ. (ed in particolare in riferimento a quella dettata dall’art. 17 della legge n. 228 del 24.12.2012, cd. “di stabilità” per l’anno 2013), secondo cui “(…) quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis (…)”, questa Corte”… dà atto … della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente …”,con l’avvertenza per cui “(…) l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso (…)” fermo restando che compete esclusivamente all’Amministrazione giudiziaria e, quindi, al funzionario di cancelleria valutare se, nonostante la predetta attestazione, spetti o meno nel caso concreto la doppia contribuzione (v. in tal senso Cass. Civ. n. 13055/2018).
P.Q.M.
La Corte di Appello di Messina, prima sezione civile, come sopra composta, uditi i procuratori delle parti, disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione sull’appello principale proposto da V. V., V. F., V. M. e V. R. quali eredi di V. G. con atto di citazione notificato l’8.10.2018, nei confronti di L. M. e A. R., avverso la sentenza N. 1571/2018 R.G. emessa dal Tribunale di Messina il 20.07.2018 nel giudizio iscritto al n. ../2007 R.G. così statuisce:
a) accoglie parzialmente l’appello principale e per l’effetto: in parziale riforma della sentenza di primo grado dichiara non dovuto il risarcimento del danno in favore di L. M. di cui al punto 6 del dispositivo della sentenza impugnata;
b) conferma nel resto l’impugnata pronuncia;
c) Dichiara inammissibile l’appello incidentale proposto da A. R..
d) Condanna V. V., V. F., V. M. e V. R. quali eredi di V. G. in via tra loro solidale, al pagamento in favore di L. M. delle spese processuali dei due gradi di giudizio, parzialmente compensate per 1/3 e che liquida per la restante parte in ed € 2.550,00 oltre rimb. forfett., i.v.a. e c.p.a. per il giudizio di primo grado ed € 2.290,00 oltre rimb. forfett., i.v.a. e c.p.a. per il presente grado di giudizio.
e) Compensa integralmente le spese processuali nel rapporto processuale tra gli appellanti principali V. V., V. F., V. M. e V. R. e l’appellata A. R..
f) Condanna A. R. al pagamento in favore di L. M. alle spese processuali del presente grado di giudizio che liquida in € 5.200,00 oltre rimb. forfett. 15%, i.v.a. e c.p.a.
g) Pone definitivamente le spese della c.t.u. a carico di L. M..
Dà atto che la parte appellante incidentale A. M., in quanto soccombente ut supra, è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, con avvertenza per cui “… l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito …” della presente pronuncia.
Così deciso in Messina, nella camera di consiglio (da remoto) il 28.09.2023.
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1 In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa altrui, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. Da ciò discende, da un lato, che il promissario acquirente che ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, potendo il promittente venditore, fino a tale momento, adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela; dall’altro che è solo dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, che può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ex art. 2932 c.c., essendo venuta meno l’altruità della “res”, fatto ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato. Cass. Civ. Sez. 2 – , Ordinanza n. 28856 del 19/10/2021
2 La successiva stipulazione, in forma di atto pubblico, di un contratto di vendita definitivamente concluso dalle parti mediante scrittura privata, non vale a trasformare quest’ultimo in una promessa bilaterale di futuro contratto, giacché la successiva redazione dell’atto pubblico assolve una funzione meramente riproduttiva degli estremi del negozio, al fine di potere adempiere al sistema di pubblicità previsto dalla legge. Cass. Civ. Sez. 2 -Ordinanza n. 21650 del 23/08/2019
3 Nella vendita di cosa altrui mediante scrittura privata non autenticata, l’ulteriore atto preordinato al compimento delle formalità immobiliari ed alla pubblicità nei confronti dei terzi, costituendo una riproduzione meramente formale dell’accordo già concluso, non incide sul momento di produzione dell’effetto reale, destinato a realizzarsi automaticamente a seguito dell’acquisto della cosa da parte del venditore in forza del contratto originario. Cass. Civ. Sez. 2 – , Ordinanza n. 26803 del 21/10/2019.
