Il Collegio, inoltre, ha revocato la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. disposta dal Tribunale di Fermo, ha condannato gli appellanti a rifondere alle controparti le spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura di tre quarti, dichiarando compensata la quota residua, ed ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata.
II.) Con atto di citazione del 04/04/2024, (omissis) ha impugnato per revocazione la suddetta sentenza della Corte di Appello di Ancona ex art. 395 n. 2) c.p.c., per i motivi di seguito illustrati.
III.) Si è costituita Maria Grazia Santini, mediante il deposito di comparsa di costituzione e risposta in data 03/07/2024, chiedendo, in via preliminare, l’accertamento e la declaratoria d’inammissibilità/improcedibilità dell’impugnazione e, nel merito, il rigetto della domanda di revocazione in quanto infondata in fatto in diritto, nonché priva dei presupposti giuridici e comunque non provata, con l’integrale conferma della gravata sentenza e con vittoria di spese e accessori di legge.
IV) Con ordinanza del 25-26 settembre 2024, il Collegio ha respinto la istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata e, ritenuta la causa matura per la decisione nelle forme di cui all’art. 351 ultimo comma, 281-sexies e 127-ter c.p.c. (discussione ex art. 281-sexies c.p.c. in trattazione scritta), ha assegnato, ai sensi dell’art. 351, ultimo comma, termine sino al 16 dicembre 2024 per il deposito di note in sostituzione dell’udienza ex art. 127 ter c.p.c., contenenti la precisazione delle conclusioni, ed un ulteriore termine sino a 15 giorni prima della predetta data per il deposito di note conclusionali, riservandosi, all’esito, la decisione nelle forme di cui all’art. 281 sexies c.p.c..
Quindi, preso atto delle note depositate soltanto dalla convenuta con cui la medesima ha precisato le conclusioni trascritte in epigrafe, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione in data 18/12/2024.
– durante lo svolgimento dei lavori necessari al ripristino dello stato dei luoghi e con la verifica dei saggi strutturali, è stata accertata l’esatta consistenza/stratificazione dei materiali del solaio di calpestio del bagno;
– all’esito delle indagini eseguite dall’Ing. (omissis), sarebbe emerso l’errore dell’ausiliario del giudice (C.T.U. Ing. (omissis)), il quale avrebbe falsamente relazionato che il solaio non era costituito da “soletta in c.a. sostenuta da struttura lignea di travi, travicelli e tavolato”;
– sarebbero altresì risultate false le circostanze evidenziate dal C.T.U. secondo cui la struttura portante in legno era appoggiata per due lati ai muri perimetrali portanti e per altri due lati su puntelli in legno chiodati superiormente alla struttura del solaio, poggiati a loro volta nella parte inferiore alla struttura lignea della scala.
Osserva il (omissis) che, in base alla relazione tecnica del 20/03/2024, a firma dell’Ing. (omissis), è stato accertato che:
– a seguito della demolizione di una porzione di scala, parte del carico è stato eliminato, compensando quello del solaio realizzato;
– il solaio di calpestio, costituito da travi portanti in cemento armato, è autoportante; pertanto le travi in legno sottostanti al tavolato, incastrate alla muratura perimetrale del vano scala, sono scariche e, conseguentemente, possono essere rimosse, non facendo parte del solaio (diversamente da quanto esposto nella sentenza impugnata, che si esprime in termini di “invasione della proprietà sottostante per 25 cm”);
– la struttura portante della scala e della sua porzione già demolita è costituita da travi in legno incastrate ai muri laterali, al di sopra dei quali si trova un tavolato ove sono poggiati i gradini; allo stesso tavolato è agganciato uno strato di stucco e cannucciato; pertanto, la struttura delle scale è sempre esistita ed ha sempre scaricato, tanto i propri carichi, quanto quelli accidentali, sui muri perimetrali della scala stessa, portanti e non;
– in conclusione, l’opera realizzata è conforme staticamente a quanto suggerito; il provino di calcestruzzo prelevato dal solaio di calpestio, inoltre, ha una Resistenza (fc) accertata di 29,8 N/mmq, valore quasi identico a quello minimo previsto ad oggi per i cantieri (“30,0N/mmq”), e dalle prove di laboratorio è emerso che esso presenta caratteristiche intrinseche confrontabili con armature oggi utilizzate.
L’odierno attore in revocazione deduce, pertanto, di aver ottenuto solo in data 21/03/2024 (con il deposito della perizia tecnica dell’Ing. (omissis), doc. 5 allegato all’atto di citazione per revocazione) la prova dell’erroneità/falsità della relazione di C.T.U. a firma dell’Ing. (omissis) cui, peraltro, ritiene si sarebbe potuto ovviare se il Tribunale o la Corte di Appello avessero accolto l’istanza (più volte formulata) di esecuzione delle prove di carico.
Conseguentemente, sarebbero erronee le statuizioni disposte dall’Autorità giudiziaria in entrambi i gradi di giudizio, in quanto fondate su un’errata descrizione dei luoghi.
Le evidenze tecniche emerse dalle indagini svolte dalla ditta (omissis) tramite l’Ing. (omissis) , e l’osservazione dei luoghi a seguito della parziale demolizione del solaio, avrebbero perciò smentito, sia l’invasione di circa 25 cm. della proprietà(omissis) addebitata al (omissis) , sia la pericolosità statica dell’immobile asseritamente causata dalla conformazione del solaio.
Il sig.(omissis) dà infine atto di aver introdotto un autonomo giudizio dinanzi al Tribunale di Fermo per l’accertamento dell’erroneità / falsità della relazione di C.T.U. dell’Ing. (omissis) e per il risarcimento del danno da essa conseguente.
2) Va anzitutto esaminata la questione (che, se fondata, è idonea a definire il giudizio) concernente la ammissibilità della domanda in revocazione sollevata dalla convenuta la quale ha preliminarmente eccepito che “anche a voler concedere l’esperibilità dell’azione de qua quando falsa sia risultata la consulenza tecnica nonostante questa non possa essere propriamente inclusa tra i mezzi di prova, resta comunque il fatto che la falsità deve esser stata riconosciuta o dichiarata falsa”, situazioni non ravvisabili nel caso concreto.
2.1) L’eccezione è fondata.
Invero la disposizione invocata dal ricorrente in revocazione a sostegno della domanda prevede la possibilità di impugnare le sentenze pronunciate in grado d’appello (o in unico grado) “se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza” (art. 395, comma 1, n. 2, c.p.c.).
Nella fattispecie in esame non vi è stato alcun riconoscimento della falsità né è intervenuta la declaratoria di falsità della C.T.U. dell’Ing. De.An. depositata nel procedimento civile n. R.G. 504/2005 instaurato presso il Tribunale di Fermo.
2.2.) Per quanto attiene al tema del riconoscimento della falsità, la Suprema Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 2), c.p.c. “l’espressione “riconosciute” si riferisce alla falsità della prova che la parte, a favore della quale la prova stessa è stata posta a fondamento dal giudice, abbia compiuto in maniera non equivoca” (cfr. Cass. civ. Sez. III, sentenza n. 3863 del 30/03/1992).
Tale ipotesi non è configurabile nella fattispecie in esame, non risultando che la parte vittoriosa abbia riconosciuto la falsità dell’elaborato del C.T.U.: anzi, dalle argomentazioni svolte, nel merito, dalla Santini, in questa sede, si evince che la medesima ha contestato, sul punto, quanto prospettato dalla controparte.
2.3) In ordine alla declaratoria di falsità la Suprema Corte ha più volte affermato il principio “(…) secondo cui l’art. 395 cod. proc. civ., indicando quale presupposto dell’istanza di revocazione che si sia giudicato su prove “dichiarate false”, postula che tale dichiarazione sia avvenuta con sentenza passata in giudicato (in sede civile o penale) anteriormente alla proposizione dell’istanza di revocazione, con la conseguenza che è inammissibile l’istanza di revocazione basata sulla falsità di prove da accertare nello stesso giudizio di revocazione” (così, tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 3947 del 22/02/2006)”, (cfr. Cass. Civ., Sez. III, ordinanza n. 28653/2017).
Ancora, più recentemente, è stato affermato che “(…) la prova falsa che, ai sensi dell’art. 395 n. 2 c.p.c., consente la proponibilità dell’impugnazione per revocazione, è quella che sia stata dichiarata tale con sentenza passata in giudicato (cfr., ex plurimis, Sez. 3, Ordinanza n. 28653 del 30/11/2017, Rv. 646651 – 01), ovvero quella la cui falsità sia stata riconosciuta dalla stessa parte a cui vantaggio la prova è stata utilizzata dal giudice (…)”, (Cass. civ. III Sez. Civ., ordinanza n. 1590 del 12/11/2019, pubbl. 24/01/2020).
L’odierno attore, in revocazione, non ha fornito prova dell’avvenuta declaratoria di falsità della contestata C.T.U., con sentenza passata in giudicato, avendo esclusivamente dedotto di aver proposto un “(…) autonomo giudizio dinanzi al Tribunale di Fermo per l’accertamento della erroneità e/o falsità dell’elaborato peritale reso dall’Ing. (omissis) nel giudizio n. 504/2005 R.G., salvo il risarcimento del danno conseguente”: invero, dalla stessa prospettazione del sig. (omissis), si desume che non è intervenuta una sentenza passata in giudicato (ed opponibile alla parte contro la quale si chiede la revocazione), che abbia accertato la falsità della consulenza tecnica di cui si discute.
3) Per le considerazioni svolte, attesa la inesistenza di un riconoscimento e di un accertamento giudiziale definitivo di falsità, non sono ravvisabili i presupposti di cui all’art. 395 n. 2 c.p.c. in base al quale è stata proposta la domanda di revocazione che va, quindi, respinta.
Tale conclusione preclude l’esame delle altre istanze istruttorie e delle altre questioni concernenti il merito della controversia.
4) In applicazione del principio di soccombenza, al quale non si ravvisano ragioni di deroga, l’attore in revocazione va condannato a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore (indeterminabile) della causa, dell’attività difensiva svolta e della natura delle questioni trattate.
5) A norma dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/2002 e succ. mod., stante il rigetto della impugnazione, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per l’accertamento, in capo alla parte attrice, dell’obbligo di versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’introduzione del presente giudizio.
ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2021, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’attore in revocazione, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Ancona, il 15 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 21 gennaio 2025.
