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Corte appello Ancona sez. II, 21/01/2025, n.105

Massima

In tema di revocazione, l’art. 395 c.p.c., indicando quale presupposto dell’istanza di revocazione che si sia giudicato su prove “dichiarate false”, postula che tale dichiarazione sia avvenuta con sentenza passata in giudicato (in sede civile o penale) anteriormente alla proposizione dell’istanza di revocazione, con la conseguenza che è inammissibile l’istanza di revocazione basata sulla falsità di prove da accertare nello stesso giudizio di revocazione.

Supporto alla lettura

REVOCAZIONE

La revocazione è un mezzo di impugnazione delle sentenze in grado d’appello o unico grado,  a critica vincolata perché esperibile soltanto nei casi tassativamente indicati all’ art. 395 c.p.c.:

1) revocazione ordinaria:

-se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;

– se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;

2) revocazione straordinaria:

– se la sentenza pronunciata è l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;

– se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;

– se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;

– se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

Essa trova il suo fondamento nella scoperta di nuove circostanze che, se conosciute in precedenza, avrebbero comportato una decisione diversa da quella già presa.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA
I) Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Ancona, definendo il procedimento di appello (n. 1219/2014 R.G.) avverso la sentenza n. 647/2014 – con cui il Tribunale di Fermo aveva ordinato di procedere alla realizzazione di determinate opere di ripristino secondo le modalità descritte nella relazione del CTU, Ing. (omissis), depositata il 26.9.2013 nel giudizio di primo grado – ha disposto, ad integrazione del capo n. 1) della sentenza impugnata, che le opere di ripristino descritte nella citata relazione fossero eseguite nel rispetto delle disposizioni vigenti a tutela dei beni vincolati, dopo aver ottenuto le prescritte autorizzazioni amministrative, sotto il diretto controllo della competente Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici.

Il Collegio, inoltre, ha revocato la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. disposta dal Tribunale di Fermo, ha condannato gli appellanti a rifondere alle controparti le spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura di tre quarti, dichiarando compensata la quota residua, ed ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata.

II.) Con atto di citazione del 04/04/2024, (omissis) ha impugnato per revocazione la suddetta sentenza della Corte di Appello di Ancona ex art. 395 n. 2) c.p.c., per i motivi di seguito illustrati.

III.) Si è costituita Maria Grazia Santini, mediante il deposito di comparsa di costituzione e risposta in data 03/07/2024, chiedendo, in via preliminare, l’accertamento e la declaratoria d’inammissibilità/improcedibilità dell’impugnazione e, nel merito, il rigetto della domanda di revocazione in quanto infondata in fatto in diritto, nonché priva dei presupposti giuridici e comunque non provata, con l’integrale conferma della gravata sentenza e con vittoria di spese e accessori di legge.

IV) Con ordinanza del 25-26 settembre 2024, il Collegio ha respinto la istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata e, ritenuta la causa matura per la decisione nelle forme di cui all’art. 351 ultimo comma, 281-sexies e 127-ter c.p.c. (discussione ex art. 281-sexies c.p.c. in trattazione scritta), ha assegnato, ai sensi dell’art. 351, ultimo comma, termine sino al 16 dicembre 2024 per il deposito di note in sostituzione dell’udienza ex art. 127 ter c.p.c., contenenti la precisazione delle conclusioni, ed un ulteriore termine sino a 15 giorni prima della predetta data per il deposito di note conclusionali, riservandosi, all’esito, la decisione nelle forme di cui all’art. 281 sexies c.p.c..

Quindi, preso atto delle note depositate soltanto dalla convenuta con cui la medesima ha precisato le conclusioni trascritte in epigrafe, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione in data 18/12/2024.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Nell’atto di citazione per revocazione il (omissis) critica la sentenza impugnata per aver confermato la situazione descritta dal C.T.U. senza valutare che l’ausiliario del giudice non aveva svolto i necessari accertamenti tecnici relativi alla consistenza del solaio e rileva, in particolare, che:

– durante lo svolgimento dei lavori necessari al ripristino dello stato dei luoghi e con la verifica dei saggi strutturali, è stata accertata l’esatta consistenza/stratificazione dei materiali del solaio di calpestio del bagno;

– all’esito delle indagini eseguite dall’Ing. (omissis), sarebbe emerso l’errore dell’ausiliario del giudice (C.T.U. Ing. (omissis)), il quale avrebbe falsamente relazionato che il solaio non era costituito da “soletta in c.a. sostenuta da struttura lignea di travi, travicelli e tavolato”;

– sarebbero altresì risultate false le circostanze evidenziate dal C.T.U. secondo cui la struttura portante in legno era appoggiata per due lati ai muri perimetrali portanti e per altri due lati su puntelli in legno chiodati superiormente alla struttura del solaio, poggiati a loro volta nella parte inferiore alla struttura lignea della scala.

Osserva il (omissis) che, in base alla relazione tecnica del 20/03/2024, a firma dell’Ing. (omissis), è stato accertato che:

– a seguito della demolizione di una porzione di scala, parte del carico è stato eliminato, compensando quello del solaio realizzato;

– il solaio di calpestio, costituito da travi portanti in cemento armato, è autoportante; pertanto le travi in legno sottostanti al tavolato, incastrate alla muratura perimetrale del vano scala, sono scariche e, conseguentemente, possono essere rimosse, non facendo parte del solaio (diversamente da quanto esposto nella sentenza impugnata, che si esprime in termini di “invasione della proprietà sottostante per 25 cm”);

– la struttura portante della scala e della sua porzione già demolita è costituita da travi in legno incastrate ai muri laterali, al di sopra dei quali si trova un tavolato ove sono poggiati i gradini; allo stesso tavolato è agganciato uno strato di stucco e cannucciato; pertanto, la struttura delle scale è sempre esistita ed ha sempre scaricato, tanto i propri carichi, quanto quelli accidentali, sui muri perimetrali della scala stessa, portanti e non;

– in conclusione, l’opera realizzata è conforme staticamente a quanto suggerito; il provino di calcestruzzo prelevato dal solaio di calpestio, inoltre, ha una Resistenza (fc) accertata di 29,8 N/mmq, valore quasi identico a quello minimo previsto ad oggi per i cantieri (“30,0N/mmq”), e dalle prove di laboratorio è emerso che esso presenta caratteristiche intrinseche confrontabili con armature oggi utilizzate.

L’odierno attore in revocazione deduce, pertanto, di aver ottenuto solo in data 21/03/2024 (con il deposito della perizia tecnica dell’Ing. (omissis), doc. 5 allegato all’atto di citazione per revocazione) la prova dell’erroneità/falsità della relazione di C.T.U. a firma dell’Ing. (omissis) cui, peraltro, ritiene si sarebbe potuto ovviare se il Tribunale o la Corte di Appello avessero accolto l’istanza (più volte formulata) di esecuzione delle prove di carico.

Conseguentemente, sarebbero erronee le statuizioni disposte dall’Autorità giudiziaria in entrambi i gradi di giudizio, in quanto fondate su un’errata descrizione dei luoghi.

Le evidenze tecniche emerse dalle indagini svolte dalla ditta (omissis) tramite l’Ing. (omissis) , e l’osservazione dei luoghi a seguito della parziale demolizione del solaio, avrebbero perciò smentito, sia l’invasione di circa 25 cm. della proprietà(omissis)  addebitata al (omissis) , sia la pericolosità statica dell’immobile asseritamente causata dalla conformazione del solaio.

Il sig.(omissis) dà infine atto di aver introdotto un autonomo giudizio dinanzi al Tribunale di Fermo per l’accertamento dell’erroneità / falsità della relazione di C.T.U. dell’Ing. (omissis) e per il risarcimento del danno da essa conseguente.

2) Va anzitutto esaminata la questione (che, se fondata, è idonea a definire il giudizio) concernente la ammissibilità della domanda in revocazione sollevata dalla convenuta la quale ha preliminarmente eccepito che “anche a voler concedere l’esperibilità dell’azione de qua quando falsa sia risultata la consulenza tecnica nonostante questa non possa essere propriamente inclusa tra i mezzi di prova, resta comunque il fatto che la falsità deve esser stata riconosciuta o dichiarata falsa”, situazioni non ravvisabili nel caso concreto.

2.1) L’eccezione è fondata.

Invero la disposizione invocata dal ricorrente in revocazione a sostegno della domanda prevede la possibilità di impugnare le sentenze pronunciate in grado d’appello (o in unico grado) “se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza” (art. 395, comma 1, n. 2, c.p.c.).

Nella fattispecie in esame non vi è stato alcun riconoscimento della falsità né è intervenuta la declaratoria di falsità della C.T.U. dell’Ing. De.An. depositata nel procedimento civile n. R.G. 504/2005 instaurato presso il Tribunale di Fermo.

2.2.) Per quanto attiene al tema del riconoscimento della falsità, la Suprema Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 2), c.p.c. “l’espressione “riconosciute” si riferisce alla falsità della prova che la parte, a favore della quale la prova stessa è stata posta a fondamento dal giudice, abbia compiuto in maniera non equivoca” (cfr. Cass. civ. Sez. III, sentenza n. 3863 del 30/03/1992).

Tale ipotesi non è configurabile nella fattispecie in esame, non risultando che la parte vittoriosa abbia riconosciuto la falsità dell’elaborato del C.T.U.: anzi, dalle argomentazioni svolte, nel merito, dalla Santini, in questa sede, si evince che la medesima ha contestato, sul punto, quanto prospettato dalla controparte.

2.3) In ordine alla declaratoria di falsità la Suprema Corte ha più volte affermato il principio “(…) secondo cui l’art. 395 cod. proc. civ., indicando quale presupposto dell’istanza di revocazione che si sia giudicato su prove “dichiarate false”, postula che tale dichiarazione sia avvenuta con sentenza passata in giudicato (in sede civile o penale) anteriormente alla proposizione dell’istanza di revocazione, con la conseguenza che è inammissibile l’istanza di revocazione basata sulla falsità di prove da accertare nello stesso giudizio di revocazione” (così, tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 3947 del 22/02/2006)”, (cfr. Cass. Civ., Sez. III, ordinanza n. 28653/2017).

Ancora, più recentemente, è stato affermato che “(…) la prova falsa che, ai sensi dell’art. 395 n. 2 c.p.c., consente la proponibilità dell’impugnazione per revocazione, è quella che sia stata dichiarata tale con sentenza passata in giudicato (cfr., ex plurimis, Sez. 3, Ordinanza n. 28653 del 30/11/2017, Rv. 646651 – 01), ovvero quella la cui falsità sia stata riconosciuta dalla stessa parte a cui vantaggio la prova è stata utilizzata dal giudice (…)”, (Cass. civ. III Sez. Civ., ordinanza n. 1590 del 12/11/2019, pubbl. 24/01/2020).

L’odierno attore, in revocazione, non ha fornito prova dell’avvenuta declaratoria di falsità della contestata C.T.U., con sentenza passata in giudicato, avendo esclusivamente dedotto di aver proposto un “(…) autonomo giudizio dinanzi al Tribunale di Fermo per l’accertamento della erroneità e/o falsità dell’elaborato peritale reso dall’Ing. (omissis) nel giudizio n. 504/2005 R.G., salvo il risarcimento del danno conseguente”: invero, dalla stessa prospettazione del sig. (omissis), si desume che non è intervenuta una sentenza passata in giudicato (ed opponibile alla parte contro la quale si chiede la revocazione), che abbia accertato la falsità della consulenza tecnica di cui si discute.

3) Per le considerazioni svolte, attesa la inesistenza di un riconoscimento e di un accertamento giudiziale definitivo di falsità, non sono ravvisabili i presupposti di cui all’art. 395 n. 2 c.p.c. in base al quale è stata proposta la domanda di revocazione che va, quindi, respinta.

Tale conclusione preclude l’esame delle altre istanze istruttorie e delle altre questioni concernenti il merito della controversia.

4) In applicazione del principio di soccombenza, al quale non si ravvisano ragioni di deroga, l’attore in revocazione va condannato a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore (indeterminabile) della causa, dell’attività difensiva svolta e della natura delle questioni trattate.

5) A norma dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/2002 e succ. mod., stante il rigetto della impugnazione, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per l’accertamento, in capo alla parte attrice, dell’obbligo di versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’introduzione del presente giudizio.

P.Q.M.
la Corte di Appello di Ancona respinge la domanda di revocazione proposta ai sensi dell’art. 395 n. 2) c.p.c. da Andrea Re. nei confronti di Sa.Gr., relativa alla sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 827/2019 pubblicata il 28/05/2019;condanna parte attrice, in revocazione, a rifondere alla convenuta le spese del presente procedimento che si liquidano in Euro. 1.900,00 per la fase di studio della controversia, Euro. 1.200,00 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro. 1.800,00 per la fase decisionale, oltre al rimborso del 15 per cento delle spese generali, C.P.A. e I.V.A. come per legge;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2021, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’attore in revocazione, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Ancona, il 15 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 21 gennaio 2025.

Allegati

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