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Corte appello Ancona, 19/01/2023, n.169

Massima

La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, ed applicabile anche nei casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall’art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54, è derogabile solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore. Il regime dell’affidamento condiviso non risulta precluso dalla mera conflittualità tra i coniugi ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.

Supporto alla lettura

AFFIDAMENTO

Il termine affidamento è un sintagma giuridico, attinente alle persone ovvero ai rapporti giuridici.

Nel diritto di famiglia, può assumere due significati diversi ed autonomi, attinenti in ogni caso alla persona del figlio.

L’affidamento familiare è un provvedimento temporaneo che assegna la custodia di bambini e ragazzi fino ai diciotto anni, di nazionalità italiana o straniera, che si trovano in situazione di instabilità familiare, a persone diverse dalla famiglia di origine.

L’affidamento dei figli nei casi di separazione personale, divorzio, originaria assenza di matrimonio o di non coabitazione dei coniugi, consiste in un provvedimento rivolto a regolare l’esercizio della responsabilità genitoriale. Sono previste diverse tipologie:

  • affidamento condiviso: istituto giuridico presente in diversi ordinamenti nazionali che regola l’affidamento dei figli e l’esercizio della responsabilità genitoriale in caso di cessazione della convivenza dei genitori (ad esempio in caso di separazione o divorzio),
  • affidamento congiunto: istituto che previsto nell’ordinamento italiano prima della Riforma dell’Affidamento Condiviso del 2006.
    Il figlio, in caso di separazione o divorzio dei coniugi, viene affidato ad entrambi i genitori, ai quali viene richiesto di cooperare nella gestione dei minorenni, condividendo la responsabilità genitoriale.
    Si contrapponeva all’affidamento esclusivo.
    L’introduzione dell’affidamento condiviso ha superato la normativa precedentedell’affidamento congiunto.
    Prima della Riforma, l’istituto dell’affidamento congiunto anche se non era previsto dalla normativa vigente in materia di separazione personale, era ammesso espressamente dall’articolo 6 della Legge sul Divorzio (L.01/12/1970 n.898) e la giurisprudenza di legittimità in passato si era espressa ammettendo l’applicazione analogica dello stesso articolo anche alle ipotesi di separazione personale (Cass. Civ. 28/02.2000/n.2210 e Cass. Civ.13/12/ n. 127775),
  • affidamento esclusivo: meccanismo con il quale i figli sono affidati a uno dei due genitori, che resta titolare della patria potestà, definita dal legislatore all’articolo 316 del codice civile responsabilità genitoriale. L’affidamento esclusivoviene di solito ritenuto non conveniente per i bambini, a meno che non sussistano ragioni valide per preferirlo all’affidamento condiviso. La legge in vigore in Italia considera come soluzione normalel’affidamento condiviso. Nonostante la vigente normativa , il Tribunale può adottare l’affidamento esclusivo a uno dei genitori se dovesse corrispondere agli interessi del minorenne.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
Con sentenza n. 604/2022 pubblicata il 25.08.2022, il Tribunale di Pesaro ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto da (omissis) il (omissis) in (omissis) e successivamente trascritto nei registri degli atti di matrimonio del Comune di (omissis) contestualmente disponendo:

— L’affido condiviso della figlia (omissis), nata ad (omissis) il (omissis);

— Il collocamento prevalente della stessa presso la madre con regolazione del diritto di visita del padre secondo gli accordi già adottati dai coniugi in sede di separazione consensuale;

— Il mantenimento diretto della minore e le spese straordinarie alla stessa relative distribuite tra le parti nella misura del 50% in capo a ciascuna;

— L’assegnazione della casa coniugale alla signora (omissis), divenutane nel frattempo esclusiva proprietaria;

— La preventiva autorizzazione dei genitori, per iscritto, alle visite ed ai viaggi anche di breve durata della figlia (omissis) sia in Italia che nell’Ue e all’Estero;

— L’integrale compensazione delle spese di lite.

Avverso detta sentenza ha proposto appello la signora Sy. No. impugnandola limitatamente ai capi relativi all’affido condiviso, al diritto di visita dell’ex coniuge ed al disposto mantenimento diretto della figlia minore (omissis).

Si è costituito (omissis) chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della impugnata pronuncia.

Il Procuratore Generale, intervenuto con atto del 04.11.2022, ha concluso per il rigetto dell’appello.

(Omissis).

Diritto

Con il ricorso in appello, premessa la ricostruzione dei fatti di causa e lo svolgimento del giudizio di primo grado, la signora (omissis) impugna la sentenza n. 604/2022 del Tribunale di Pesaro affidando il gravame a due distinti motivi.

Con il primo, la ricorrente lamenta “omesso affidamento esclusivo della figlia alla madre — richiesta subordinata di affidamento congiunto — modifica del regime di visita del padre”.

In particolare, deduce come in primo grado fosse stato evidenziato che, in epoca successiva alla separazione, il signor No. avesse assunto un atteggiamento prevaricatore nei confronti della ex coniuge tradottosi nella volontaria inosservanza del regime di visita e nel totale disinteresse verso l’educazione, la salute ed il sereno sviluppo della figlia minore che avrebbe dovuto condurre già il primo giudice, contrariamente a quanto avvenuto, ad affidare la bambina in via esclusiva alla madre o, in via subordinata, a modificare il regime di visita stabilito in sede di separazione.

Richiama l’episodio avvenuto nel corso delle vacanze di Natale del 2020 allorquando il No. avrebbe deciso, unilateralmente ed in spregio agli accordi adottati in sede di separazione, di tenere con sé la figlia per la Vigilia, il Natale ed il giorno di S. Stefano ponendo in pericolo, inoltre, la salute della bambina in quanto la compagna convivente — in ossequio alle misure dettate in tema di prevenzione del contagio da Covid19 — era stata posta in isolamento e quarantena già dal 23.12.2020 e reiterando, poi, detta pregiudizievole condotta allorquando, tenendo ancora la figlia presso di sé ininterrottamente dal 30 dicembre e fino al 2 gennaio successivo, ometteva di riferire alla (omissis) sia dell’obbligo di quarantena alla quale era stata sottoposta la compagna nel periodo di Natale, sia della successiva positività della stessa e sua, atteso che entrambi risultavano già dal 31 dicembre positivi alla malattia.

Evidenzia come solo il 2 gennaio il (omissis) abbia informato la ex coniuge e come, ciononostante, egli si sia rifiutato di consegnare la minore alla madre costringendo quest’ultima a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine che, giunte nella predetta data presso l’abitazione del (omissis), verificavano che nessuno dei presenti (il (omissis), la compagna convivente e la piccola St.) indossava i dispositivi di protezione, né erano state adottate le misure di autoquarantena prescritte dal Ministero.

Aggiunge, ad ulteriore conferma della inidoneità del (omissis) a svolgere la funzione genitoriale e a mantenere l’affido condiviso della minore, che la bambina — di appena dieci anni — non è mai stata seguita dal padre nello svolgimento dei compiti a casa ed inoltre che il padre non si è mai presentato ai colloqui con le insegnanti, non ha mai sottoscritto le comunicazioni scolastiche e che, in genere, si è sempre disinteressato delle vicende legate all’andamento scolastico della figlia oltre ad aver adottato condotte denigratorie, agli occhi di (omissis), della figura materna (v. comunicazione WhatsApp padre/figlia 23 gennaio 2021 con la quale il padre riferiva alla bambina di non poterla incontrare al di fuori dei giorni concordati “perché la tua mamma non lo permette”) che confermerebbero l’utilizzo strumentale della bambina nella battaglia contro l’odierna appellante.

Lamenta, in definitiva, la non corretta valutazione operata dal primo giudice delle allegate circostanze integranti altrettante violazioni del dovere paterno di cura ed educazione dei figli e che, pertanto, sarebbero fonte di grave pregiudizio per la bambina e giustificherebbero, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’adozione della misura dell’affido esclusivo alla madre nonché, anche nel caso in cui venisse confermato l’affido condiviso, della ridefinizione delle modalità del diritto di visita del padre.

La ricorrente sostiene, infatti, che la frammentazione dei periodi di frequentazione con il padre, così come previsto in sede di separazione, sulla base di accordi dimostratisi nella applicazione pratica del tutto inadeguati, cui si aggiunge il comportamento paterno che non ha mai agevolato la serenità dei rapporti, non può che nuocere allo sviluppo della bambina e non agevola la distensione dei rapporti tra i genitori.

Conclude sul punto chiedendo, quindi, che venga disposto l’affido esclusivo della minore alla madre o, in via subordinata, quello congiunto con collocazione della stessa presso la stessa appellante e, in ogni caso, che venga autorizzato un diverso calendario di visita nell’ottica di una minore alternanza tra i genitori, nell’interesse della minore.

Con il secondo motivo di appello, la ricorrente denuncia “omessa previsione di un contributo economico del padre al mantenimento della figlia — illegittimità del mantenimento diretto — azione di regresso”.

Sottolinea la necessità che venga, in ogni caso, posto a carico del padre l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia anzitutto per via della diversa capacità reddituale dei due genitori (elemento, secondo la difesa dell’appellante, non correttamente valutato dal primo giudice) evidenziata dalla circostanza dell’aver, il (omissis), acquistato — in data 14 maggio 2020 — un immobile per Euro 80.000,00 e — in data 19 novembre 2020 — un’auto di marca (omissis). Elementi questi indicativi, ancora secondo la prospettazione dell’appellante, di una disponibilità economica dell’ex coniuge notevolmente superiore a quella rappresentata con le dichiarazioni dei redditi prodotte mentre l’appellante, oltre ad aver fatto fronte da sola alle spese per il mantenimento della figlia minore, si è trovata a sostenere la quota parte di mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale che prima spettava all’ex coniuge, per una rata mensile pari ad Euro 386,77.

Ritiene la ricorrente che, attesa la disparità dei redditi, il primo giudice non avrebbe dovuto confermare gli accordi presi sul punto in sede di separazione allorquando nulla era stato stabilito circa il contributo del padre al mantenimento ordinario della figlia non potendo l’accordo di allora essere interpretato nel senso di una definitiva rinuncia dell’odierna appellante alla pretesa sia per quanto concerne il passato sia per il futuro.

Afferma, quindi, che il tribunale abbia errato nel disporre il mantenimento diretto non sussistendone i presupposti a fronte sia della dedotta disparità dei redditi dei genitori, sia della non equipollenza dei periodi di permanenza della bambina presso ciascuno di essi, così come stabilito in sede di separazione (mensilmente, venti giorni dalla madre e dieci dal padre), dovendosi, secondo essa ricorrente, ritenere più congruo porre a carico del No. un assegno per il mantenimento della figlia pari ad Euro 500,00 mensili o nella diversa misura ritenuta di giustizia.

Evidenzia, in ultimo, di aver formulato domanda di regresso — non accolta dal primo giudice — nei confronti dell’ex coniuge per il rimborso della quota parte delle spese anticipate per conto del No. a titolo di mantenimento della figlia sostenendo di avervi provveduto da sola, a partire dal 2017, e conclude sul punto chiedendo l’accoglimento della detta domanda con rimborso delle somme anticipate a far data dalla separazione di fatto dei coniugi (aprile 2017) o, in subordine, dalla data di comparizione degli stessi all’udienza presidenziale per la separazione e fino alla data di deposito della domanda di divorzio o fino alla data di comparizione dei coniugi per l’udienza presidenziale di divorzio per un importo di Euro 500,00 mensili ovvero quello diverso ritenuto di giustizia, oltre interessi da ogni singola scadenza al saldo e condanna di controparte al relativo pagamento.

Il gravame risulta parzialmente fondato ed in tali limiti merita accoglimento.

La ricorrente in appello ha chiesto, allegando le circostanze sopra meglio descritte (esposizione della minore a pericolo di contagio da Covid19; disinteresse del padre per l’andamento scolastico della figlia; mancata assistenza del padre allo svolgimento dei compiti a casa), che venga disposta la misura dell’affidamento esclusivo della figlia in favore della madre ovvero, in subordine, l’affidamento congiunto con collocazione prevalente presso la madre e, in ogni caso, la modifica del diritto di visita del padre.

Giova ricordare come, con riferimento alle decisioni da assumersi in tema di affidamento dei figli minori in ipotesi di separazione o divorzio della coppia, il giudice debba farsi guidare dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole di cui è corollario anche quello alla continuità, salvo ipotesi particolari, dei rapporti con entrambi i genitori e, più di recente, con la famiglia di origine di ciascuno di essi. A tal fine, la regola è quella dell’affidamento condiviso (la cui introduzione ha, di fatto, contribuito al superamento delle diverse misure dell’affidamento congiunto e alternato originariamente previste e disciplinate dalla legge sul divorzio) introdotto con l. 54/2006 di modifica del Codice civile in materia di separazione dei coniugi, il quale comporta, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione paritaria di entrambi i genitori con i figli.

La Suprema Corte ha affermato in tema che: “La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, ed applicabile anche nei casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall’art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54, è derogabile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, come nel caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono sintomatici della sua inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente” (Cass. sent. n. 26587/2009).

Alla regola dell’affidamento condiviso può, pertanto, derogarsi solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore e l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione in positivo sulla idoneità del genitore affidatario ed in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore.

Ritiene il Collegio che non si possa ravvisare detta carenza in capo al padre della minore posto che le circostanze allegate dall’appellante — peraltro specificamente contestate dalla controparte — appaiono riferirsi ad episodi, quale quello legato al Covid contratto durante le vacanze natalizie, ormai risalenti ed occasionali posto che dalla stessa allegazione di parte non risulta che siano state ripetute condotte indicative di scarsa attenzione alle problematiche di salute della minore sì da doversi escludere che possa risultare indicativo di gravi e ripetute mancanze nei confronti della figlia minore.

Analoghe considerazioni vanno svolte rispetto all’allegato disinteresse del No. circa l’andamento scolastico della piccola (omissis) (come le allegate annotazioni delle insegnanti per il mancato svolgimento dei compiti a casa).

Infine non risulta che, allo stato, sia stato emesso alcun provvedimento giudiziale, seppure adombrato dalla difesa della ricorrente ma non documentato, che accerti alcun reale e concreto pregiudizio derivante dalla condotta del padre ai danni della figlia.

Né vale ad escludere il ricorso all’affidamento condiviso la conflittualità, pure evidenziata dall’appellante, tra i genitori.

Secondo quanto affermato in tema dalla Suprema Corte: “La mera conflittualità riscontrata tra i genitori non coniugati, che vivono separati, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse” (Cass. sent. n. 6535/2019).

Nella fattispecie in esame tale grave pregiudizio per i minori non è stato né allegato, né provato, né appare desumibile dagli elementi in atti.

Pertanto va confermata la misura dell’affidamento condiviso con collocazione prevalente presso la madre, nell’esclusivo interesse della minore a non veder compromesso il rapporto con il padre cui non possono essere imputate carenze effettivamente gravi nei confronti della stessa.

Ritiene il Collegio che anche il regime delle visite del padre alla figlia stabilito dal primo giudice debba essere confermato tenuto conto che le ragioni addotte al proposito dall’appellante — quali il pregiudizio rappresentato dal dover cambiare ambiente più volte alla settimana (disagio, peraltro, attenuato dalla vicinanza delle abitazioni dei due ex coniugi), il bisogno della bambina di avere un punto di riferimento che può essere rappresentato solo dalla casa coniugale, la pesantezza dell’atteggiamento paterno, il fatto che la bambina non possa essere considerata un pacco postale, gli attriti tra i genitori causati dalla inadeguata applicazione pratica degli accordi in essere — non appaiono configurabili nella fattispecie in esame in cui la minore non appare afflitta da un reale disagio o pregiudizio ed in cui la vicinanza delle abitazioni dei due genitori agevola la permanenza della minore con ciascun genitore, in attuazione del principio della bigenitorialità.

Al riguardo è necessario sottolineare come il giudice di primo grado, confermando il regime di visita già concordato dai coniugi in sede di separazione consensuale, ha dato atto della periodica impossibilità del padre di occuparsi della bambina a causa dei propri turni lavorativi, presumibilmente posti alla base degli accordi raggiunti dai coniugi in sede di separazione — da allora attuati senza che siano insorte problematiche di rilievo — e che hanno comportato, invero, una concentrazione della permanenza della minore con il padre nel fine settimana. Né risulta che siano intervenute variazioni quanto agli impegni lavorativi del padre che possano determinare variazioni al regime già seguito dalle parti.

Con il secondo motivo l’appellante rivendica il diritto a vedersi riconosciuto il contributo, a carico del padre, per il mantenimento ordinario della figlia minore e lamenta l’illegittimità del disposto mantenimento diretto, di cui difetterebbero i requisiti, oltre ad agire in regresso per quanto anticipato per il mantenimento ordinario di St. fin dall’epoca della separazione di fatto dei coniugi, risalente all’aprile del 2017, assumendo di avervi provveduto da sola pur a fronte degli impegni economici sulla stessa gravanti e dello squilibrio dei patrimoni dei due ex coniugi.

La doglianza va accolta solo in parte.

Vigente il regime dell’affidamento condiviso, è solitamente il genitore collocatario a far fronte alle principali esigenze di vita della prole e, quindi, agli esborsi che queste comportano.

In questo senso si è espresso, seppur relativamente al caso della prole nata fuori dal matrimonio ma con un principio di diritto applicabile per analogia anche a quella nata in costanza di coniugio, anche il giudice di legittimità laddove ha affermato che “In tema di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni degli stessi in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, il quale, in caso di affidamento condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori, può essere posto a carico del genitore non collocatario, atteso il disposto dell’art. 155 c.c., nella parte in cui prevede che la determinazione dell’assegno avvenga anche considerando i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore” (Cass. sent. n. 23411/2009. In senso sostanzialmente analogo, v. Cass. sent. n. 18187/2006 e Cass. sent. n. 26060/2014).

Ciò posto e considerato che la minore risulta collocata presso la madre la quale la tiene con sé per più giornate rispetto al padre, si ritiene, tenuto conto dell’età della piccola (omissis) e delle sue esigenze correlate all’attuale età (cui risulta correlato la decorrenza dal mese di ottobre 2022 dell’assegno di mantenimento in suo favore), oltreché della consistenza economico e patrimoniale di entrambi i genitori (gli stessi sono titolari dell’immobile ove abitano, acquistato previa accensione di mutuo, e svolgono attività lavorativa dipendente in qualità di operai), di porre a carico dell’appellato l’obbligo di corrispondere alla (omissis), a titolo di contributo per il mantenimento ordinario della figlia (omissis) e a far data dal mese successivo alla data di deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio, e dunque dal mese di ottobre 2022, la somma di Euro 200,00 mensili, annualmente rivalutabili secondo gli indici ufficiali Istat, da versare entro il giorno 10 di ogni mese.

Non può, invece, essere accolta la domanda di “regresso” riproposta da (omissis) quanto al credito dalla predetta asseritamente vantato nei confronti di (omissis) a titolo di contributo al mantenimento ordinario della figlia minore per il periodo pregresso al giudizio di divorzio, ovvero fin dalla separazione di fatto dei coniugi (aprile 2017).

Al riguardo, difatti, va rilevato che l’odierna appellante non ha avanzato, a tale titolo, alcuna domanda in sede di separazione, neanche per il periodo che aveva preceduto il relativo giudizio ed in cui i coniugi avevano vissuto separati di fatto, e che l’intervenuta definizione di tale giudizio rende improponibile nel successivo giudizio di divorzio richieste deducibili nel procedimento che ha definito le condizioni, anche economiche, relative alla separazione.

La parziale soccombenza delle parti legittima la totale compensazione delle spese di lite.

(Omissis).

Allegati

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