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Consiglio di Stato sez. VI, 23/11/2022, n.10340

Massima

L’attività di repressione degli abusi edilizi, attraverso l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, dovendo considerarsi che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso.

 

Supporto alla lettura

ORDINANZA DI DEMOLIZIONE

L’ordinanza di demolizione (o ingiunzione di demolizione), rappresenta un atto amministrativo mediante il quale il Comune, ordina la demolizione di un edificio non autorizzato, realizzato in modo abusivo o non conforme alla normativa edilizia vigente.

Nell’ambito delle pratiche abusive nel settore edilizio, vi sono diverse tipologie di infrazioni che possono portare all’emissione di un’ordinanza di demolizione:

  • lottizzazione abusiva: divisione di terreni in lotti edificabili senza autorizzazione;
  • lavori eseguiti senza permesso o in difformità edilizia: casi in cui vengono eseguiti lavori edilizi senza ottenere il permesso necessario o in totale difformità da esso senza rispettare la normativa vigente;
  • interventi abusivi su terreni pubblici: interventi eseguiti su terreni di proprietà pubblica senza autorizzazione, che compromettono l’utilizzo corretto del territorio destinato a fini pubblici;
  • difformità delle norme urbanistiche: qualsiasi intervento edilizio realizzato in difformità dalle norme urbanistiche e dai piani regolatori vigenti;
  • violazione di vincoli edilizi: opere eseguite in violazione dei vincoli edilizi imposti da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche, che possono riguardare la destinazione d’uso del terreno, il rispetto di zone inedificabili o la salvaguardia di aree di particolare interesse storico o ambientale.

Secondo quanto stabilito dall’art. 31 del D.P.R. 380/01, è compito del dirigente o del responsabile dell’ufficio comunale esercitare il potere di vigilanza sull’attività urbanistica ed edilizia. Dopo aver accertato l’abuso edilizio, il Comune emette un’ordinanza di demolizione, pubblicata sul sito istituzionale e comunicata anche al Prefetto.

Il destinatario ha 60 giorni per impugnare l’ordinanza davanti al T.A.R. o presentare una richiesta di sanatoria. Se non viene avviato alcun procedimento di sanatoria nei 90 giorni successivi, la Polizia Municipale verifica l’adempimento dell’ordinanza.

Data la natura dell’ordinanza, che impone la demolizione entro 90 giorni e il cui termine, se non prorogato, porta alla confisca automatica del bene, la fase cautelare durante il processo di impugnazione riveste un ruolo fondamentale, infatti, il decorso dei 90 giorni previsti dalla legge, può essere interrotto solo mediante sospensione decisa dal giudice amministrativo su richiesta della parte ricorrente. Questa sospensione congela il termine e impedisce la confisca automatica del bene non demolito.

L’ordinanza di demolizione non sempre viene immediatamente eseguita, e ciò può determinare una serie di implicazioni e difficoltà di cui è essenziale essere consapevoli. Una delle prime conseguenze che possono manifestarsi in caso di mancata esecuzione dell’ordine di demolizione è l’applicazione di sanzioni pecuniarie. Inoltre, secondo quanto sancito dall’art. 31 comma 3 del D.P.R. 380/01, se il responsabile dell’abuso non demolisce conripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica, il bene e l’area su cui è stato costruito illegalmente diventano proprietà gratuita del Comune.

In caso di accertamento di inottemperanza, ossia se l’abuso edilizio non viene rimosso entro il termine di 90 giorni fissato dall’ordinanza demolitoria, le sanzioni pecuniarie previste dal D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia) possono variare da 2.000 a 20.000 euro.

Dopo aver ricevuto l’ordine di demolizione, è possibile presentare un’istanza di sanatoria per l’abuso edilizio (o accertamento di conformità), per ottenere il permesso di costruire in sanatoria o per richiedere la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA in sanatoria) o la CILA tardiva.

L’istanza di sanatoria può essere presentata anche se è già stato presentato un ricorso al Giudice Amministrativo contro l’ordine di demolizione, entro un termine di 60 giorni dalla notifica del provvedimento. In questo caso, l’ordine di demolizione viene temporaneamente sospeso in attesa del completamento del nuovo e separato procedimento relativo alla sanatoria dell’abuso edilizio.

Le situazioni in cui un’ordinanza di demolizione può decadere sono le seguenti:

  • se l’ordine di demolizione risulta sproporzionato rispetto alla gravità dell’abuso commesso;
  • se è in corso un processo di regolarizzazione (sanatoria), la demolizione può essere sospesa e poi annullata;
  • in casi in cui il ripristino dello stato originario risulta impossibile senza danneggiare irreparabilmente la parte dell’edificio costruita correttamente (fiscalizzazione dell’abuso edilizio

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

1. Il sig. (omissis), deceduto nel corso del giudizio, era proprietario di un fabbricato sito nel Comune di Prè Saint Didier, Frazione Verrand, costruito in virtù della concessione edilizia n. 25/2006 del 12.03.2007 e successive varianti in corso d’opera (n. 29/2007, n. 31/2009 e n. 6/2011), nonché delle due denunce di inizio attività prot. 2726 del 12.04.2012 e prot. 8071 del 26.09.2012.

2. In data 25.11.2013 il Comune di Prè Saint Didier comunicava l’avvio del procedimento volto all’emissione di un’ordinanza di ripristino di locali abusivamente realizzati senza alcun titolo abilitativo e difformi rispetto allo strumento urbanistico: tale procedimento esitava nella ordinanza n. 10 del 12 maggio 2014, con la quale veniva ingiunto al sig. (omissis) la demolizione dell’autorimessa realizzata nel terreno di sua proprietà, ritenuta abusiva in quanto emergente dal terreno per un’altezza superiore a m. 1,60, in difformità rispetto a quanto previsto dalla concessione edilizia n. 25/2006 e in violazione degli strumenti attuativi del Piano Regolatore Generale.

3. Il sig. (omissis) impugnava l’ordinanza di demolizione innanzi al TAR della Valle D’Aosta, che con sentenza n. 61/2015 respingeva il ricorso.

4. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il sig. (omissis) ha impugnato la suddetta pronuncia innanzi a questo Consiglio di Stato.

5. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il sig.(omissis) e il Comune di Prè Saint Didier.

6. In data 03.05.2022 il difensore del sig. (omissis) ne ha comunicato il decesso; per l’effetto il Collegio ha dichiarato l’interruzione del giudizio con ordinanza collegiale n. 4002/2022.

7. Con memoria depositata il 12 luglio 2022 si sono costituite in giudizio le signore (omissis) e (omissis), in qualità di eredi dell’appellante defunto.

8. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell’udienza straordinaria del 14.11.2022, in occasione della quale è stata trattenuta per la decisione.

Diritto

9. Con il primo motivo d’appello si contesta la statuizione del TAR che ha ritenuto l’ordinanza impugnata sufficientemente motivata, recando la descrizione delle opere e la constatazione della loro abusività: ad avviso del TAR l’amministrazione non aveva l’onere di riscontrare puntualmente le osservazioni difensive del privato né di motivare specificamente in ordine all’interesse pubblico, diverso dal mero ripristino della legalità violata, che giustificava la demolizione delle opere.

9.1. Deduce parte appellante che il Comune non avrebbe chiarito la ricostruzione dei fatti né le ragioni giuridiche poste a fondamento dell’ordine di demolizione; il Comune, inoltre, non avrebbe assolto all’onere di riscontrare le deduzioni difensive a suo tempo rassegnate dal sig. (omissis), essendosi limitato ad affermare di “non accogliere le osservazioni del 05.12.2013 a cura del Sig. (omissis), in quanto l’opera è stata realizzata in assenza di titolo abilitativo e in totale difformità dalle previsioni di P.R.G.C.”.

9.2. Il motivo non è fondato.

9.3. La pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017 ha chiarito definitivamente che “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino“. Da ciò consegue che “L’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività” (ex multis, Consiglio di Stato sez. VI, 07/06/2021, n. 4319).

9.4. Nel caso di specie l’ordinanza di demolizione contiene una descrizione delle opere in virtù del richiamo al rapporto informativo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Prè Saint Didier del 25.11.2013 e ne descrive i profili di abusività, evidenziando le difformità rispetto ai titoli edilizi e il contrasto con gli strumenti attuativi del P.R.G. e in particolare con il Piano Particolareggiato della zona A3 (Frazione Verrand).

9.5. Non vi era inoltre un onere di specifica contestazione delle osservazioni del ricorrente, essendo sufficiente che dalla parte motiva del provvedimento emerga che le stesse non sono stare idonee a modificare le valutazioni dell’amministrazione. L’art. 10 della l. 241/90 si limita infatti a stabilire che l’amministrazione ha un onere di valutare le memorie dei privati se pertinenti all’oggetto del giudizio, senza prevedere un onere di puntuale risposta. Del resto, anche in relazione all’esame delle memorie difensive depositate dall’interessato a seguito del ricevimento dell’avviso di cui all’art. 10 bis l. 241/90, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “La partecipazione al procedimento è garantita attraverso la comunicazione dei motivi ostativi e l’esame delle controdeduzioni dell’interessato senza che gravi sull’amministrazione alcun obbligo di singola e specifica confutazione delle osservazioni; ove il preavviso di rigetto non sia stato pretermesso, nessun obbligo di specifica confutazione delle analitiche deduzioni dell’interessato grava sull’Amministrazione, anche in virtù del principio per cui non può essere aggravato un procedimento cadenzato dal rispetto di tappe ben precise da obblighi ulteriori oltre quelli “minimi” necessari ad assicurare al privato anticipatamente la conoscenza delle ragioni poste a fondamento del provvedimento finale e di poter interloquire in contraddittorio e collaborare all’istruttori” (Consiglio di Stato sez. III, 07/01/2022, n. 45). Si tratta di principi generali relativi al procedimento amministrativo ed estendibili anche alle memorie partecipative diverse da quelle previste dal citato art. 10 bis.

9.6 Tali principi valgono a maggior ragione allorquando, come nel caso di specie, si è in presenza di un procedimento vincolato rispetto al quale la legge non prevede la necessità di apporti partecipativi del privato (Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 11/05/2022, n. 3707: “L’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso“).

9.7. Nelle suddette ipotesi, peraltro, troverebbe in ogni caso applicazione l’art. 21 octies l. 241/90, applicabile ai provvedimenti vincolati anche nei casi di difetto di motivazione purché questa non sfoci nel vizio di eccesso di potere(Consiglio di Stato sez. VI, 27/04/2021, n. 3385: “Se l’inadeguatezza della motivazione riflette un vizio sostanziale della funzione (in termini di contraddittorietà, sviamento, travisamento, difetto dei presupposti), il difetto degli elementi giustificativi del potere non può giammai essere emendato, tantomeno con un mero maquillage della motivazione: l’atto dovrà comunque essere annullato. Se invece la carenza della motivazione equivale unicamente ad una insufficienza del discorso giustificativo-formale, ovvero al non corretto riepilogo della decisione presa, siamo di fronte ad un vizio formale dell’atto e non della funzione: in tale caso, non vi sono ragioni per non riconoscersi all’Amministrazione la possibilità di tirare nuovamente le fila delle stesse risultanze procedimentali, munendo l’atto originario di una argomentazione giustificativa sufficiente e lasciandone ferma l’essenza dispositiva, in quanto riflette la corretta sintesi ordinatoria degli interessi appresi nel procedimento.“).

10. Il secondo ed il terzo motivo d’appello possono essere esaminati congiuntamente in quanto parzialmente connessi.

10.1. Con il secondo motivo d’appello si contesta l’impugnata decisione nella parte in cui ha ritenuto che l’istruttoria svolta dall’amministrazione, consistente nel rapporto informativo redatto in data 25.11.2013, fosse sufficiente a giustificare l’adozione dell’ordinanza di demolizione. In particolare ad avviso del giudice di primo grado l’affermazione contenuta nella relazione tecnica, secondo la quale “in questa prima fase non sono state rilevate delle misure” dimostrerebbe semplicemente che i calcoli effettuati dall’amministrazione possono scontare qualche approssimazione, rimanendo tuttavia fuor di dubbio l’esistenza della sopraelevazione; ad avviso del TAR non vi sarebbe, poi, alcun contrasto fra il rilascio del certificato di agibilità e la successiva adozione dell’ordinanza di demolizione in quanto i due provvedimenti hanno contenuto differente e richiedono accertamenti fra loro eterogenei.

10.1.2 L’appellante sostiene che il Comune avrebbe dovuto svolgere ulteriori accertamenti tecnici al fine di confutare le argomentazioni contenute nella memoria difensiva del 05.12.2013, anche alla luce dell’inesistenza di accertamenti specifici effettuati in occasione del sopralluogo del 25.11.2013; in particolare, l’amministrazione avrebbe dovuto verificare se l’emergenza della autorimessa rispetto al piano campagna non fosse stata determinata da successivi interventi del controinteressato (omissis), il quale avrebbe modificato il livello del terreno rispetto a quello originario, e se non sussistessero delle differenze di livello già all’epoca della concessione edilizia. Ad avviso dell’appellante, inoltre, il certificato di agibilità, inoltre, essendo stato rilasciato “vista la completezza e la regolarità della documentazione richiesta“, presupporrebbe la regolarità delle opere edilizie.

10.3. Con il terzo motivo d’appello si ripropone sostanzialmente il terzo motivo del ricorso di primo grado, articolato in tre diverse censure, a mezzo del quale si deduceva che:

(i) l’autorimessa nella sua attuale conformazione era stata oggetto di DIA e in ogni caso si tratterebbe di un volume tecnico;

(ii) l’originario permesso di costruire, in conformità al piano particolareggiato, consentiva la realizzazione del telaio di copertura del primo piano interrato oltre la quota della strada per un massimo di 50 cm, con possibilità di abbassamento della strada per ulteriori 40 cm. : il permesso di costruire, pertanto, consentiva la realizzazione di un volume emergente rispetto al piano strada per un massimo di 90 cm. ; poiché le misurazioni effettuate dall’amministrazione non sono esatte, non sarebbe dimostrato che la costruzione, nella sua attuale conformazione, superi tale limite;

(iii) i calcoli effettuati dal Comune sarebbero inesatti, ma non sarebbe utilizzabile la CTU prodotta dal controinteressato, espletata nel corso di un giudizio civile celebrato tra l’appellante e il sig. (omissis), in quanto la stessa avrebbe ad oggetto diversi aspetti e non conterrebbe affermazioni rilevanti in ordine all’altezza del manufatto.

10.4. Il TAR ha ritenuto tali censure infondate sulla base delle seguenti considerazioni.

10.4.1. In primo luogo il TAR ha ritenuto che la DIA avesse ad oggetto esclusivamente “opere di finitura esterna e delle opere impiantistiche” e dunque non comprendesse anche la realizzazione dell’autorimessa semi-interrata.

10.4.2 Quanto alla sostanziale conformità rispetto al piano particolareggiato, il TAR ha rilevato che la possibilità di realizzare il solaio di copertura oltre la quota della strada è prevista solo per la strada Chemin Des pres e non anche con riferimento alla Route de Damon, sulla quale affaccia l’abitazione dell’appellante; in ogni caso il piano particolareggiato non consentiva un innalzamento di 160 cm. Ad avviso del TAR, inoltre, non risultava documentalmente provato che l’autorimessa fosse conforme al permesso di costruire in quanto il ricorrente non aveva prodotto l’originaria concessione edilizia.

10.4.3. Infine, il TAR ha ritenuto non dimostrato l’assunto secondo cui la maggiore elevazione della autorimessa dal piano campagna fosse dipesa da modifiche del piano campagna effettuate dal controinteressato (omissis); al contrario, la CTU disposta nel giudizio civile e depositata dal controinteressato innanzi al TAR, dava conto dell’impossibilità di risalire con esattezza all’originale piano di campagna e, peraltro, anche della coerenza tra i rilievi dell’amministrazione e la stima del sopralzo in eccedenza effettuata dal CTU.

10.5. Ad avviso dell’appellante le considerazioni del TAR non coglierebbero nel segno in quanto i titoli edilizi in possesso dell’appellante comprenderebbero anche la possibilità di realizzare un’autorimessa non interrata, che in ogni caso sarebbe consentita anche dal piano particolareggiato.

10.6. I motivi in esame non sono fondati.

10.6.1. In primo luogo è da escludere, in generale, che il rilascio del certificato di abitabilità incida in qualsiasi modo sul successivo potere del Comune di reprimere gli abusi edilizi: a tale proposito la Sezione ha già avuto modo di precisare che “Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili.” (Consiglio di Stato sez. VI, 10/05/2021, n. 3666). Peraltro, anche la formula utilizzata in concreto dal Comune, secondo la quale il certificato viene rilasciato “vista la completezza e la regolarità della documentazione richiesta” non esprime in sé alcuna una valutazione di regolarità dell’opera rispetto al titolo edilizio, riferendosi, invece, alla documentazione allegata alla richiesta del certificato di agibilità.

10.6.2 Occorre altresì escludere che l’opera sia stata autorizzata con i precedenti titoli edilizi. In particolare, l’unica DIA in atti aveva ad oggetto esclusivamente “la realizzazione delle opere di finitura esterna e delle opere impiantistiche relative al complesso residenziale denominato “fabbricato A” del piano particolareggiato esecutivo della zona A3 del Verrand, Comune di Prè Saint Didier (Aosta)“, e non risulta l’esistenza di ulteriori titoli edilizi relativi alla proprietà dell’appellante, il quale si è limitato ad affermare che le opere contestate erano conformi alla concessione edilizia senza offrire alcun supporto documentale a tale affermazione.

10.6.3 È invece dimostrato il contrasto dell’opera descritta nell’ordinanza di demolizione con il Piano Particolareggiato. Ivi è infatti prevista la realizzazione di parcheggi interrati per complessivi 44 posti macchina, e si prevede che “il solaio di copertura del primo piano interrato non dovrà emergere per più di 50 cm oltre la quota attuale della strada Chemin des Près. Per facilitare l’accesso ai parcheggi la strada stessa potrà essere leggermente abbassata, variando al massimo di 0,40 m rispetto al livello attuale”. La realizzazione di parcheggi non completamente interrati, dunque, è consentita esclusivamente sulla strada Chemin des Près ed in ogni caso per un’altezza contenuta in 0,50 m, ben inferiore a quella accertata dall’amministrazione; in ogni caso la questione è, allo stato, irrilevante, dal momento che il titolo edilizio rilasciato al sig. (omissis) prevedeva che l’autorimessa fosse totalmente interrata e, inoltre, per il fatto che oggetto del giudizio non è un diniego di sanatoria, ma un ordine di demolizione, che si giustifica per la mera constatazione che l’opera edilizia risulta realizzata in difformità dal titolo.

10.6.3 Quanto all’adeguatezza dell’istruttoria che ha preceduto l’emanazione del provvedimento impugnato, la stessa appare sufficientemente analitica nel descrivere gli abusi riscontrati. La relazione tecnica e la documentazione fotografica allegata, infatti, consentono di affermare che l’autorimessa è stata realizzata in emergenza, rispetto alla quota di strada, di 160 cm; la circostanza che l’amministrazione non abbia compiuto misurazioni precise non appare sufficiente a denotare un difetto di attività istruttoria in quanto l’abuso sussiste per il solo fatto che l’autorimessa non è completamente interrata, a poco rilevando la sua esatta altezza, la cui stima, alla luce della documentazione fotografica in atti, può comunque ritenersi ragionevolmente stimata.

10.6.4 Rimane da stabilire se l’emersione dell’autorimessa rispetto alla quota di strada sia frutto della realizzazione di un abuso edilizio da parte dell’appellante o delle modifiche apportate successivamente al piano di campagna dal controinteressato (omissis).

10.6.4.1 Sul punto si osserva che le affermazioni dell’appellante, secondo le quali il dislivello sarebbe dovuto a successive alterazioni dello stato dei luoghi, non trovano riscontro nella documentazione presente nel fascicolo processuale. Al contrario, il Comune ha depositato due fotografie relative agli anni 2007 e 2013 che mostrano uno stato dei luoghi sostanzialmente identico. A supporto di tale conclusione, inoltre, si legge nella consulenza tecnica disposta in sede civile che “non essendo possibile risalire con esattezza all’originale piano di campagna, a causa dei movimenti terra avvenuti in fase si scavo e costruzione, si è proceduto alla stima della quota (160 cm) confrontando e mettendo in proporzione, tramite materiale fotografico e rilievo in loco, la distanza misurabile delle pietre facilmente riconoscibili e le dimensioni del fabbricato.”. Le conclusioni dell’amministrazione sono dunque coerenti con quelle del CTU.

10.7. Il secondo ed il terzo motivo d’appello devono conclusivamente essere respinti stante la completezza dell’istruttoria, la linearità dell’agire amministrativo e la comprovata abusività delle opere, sia per contrasto con i titoli edilizi che con il piano particolareggiato.

11. Con il quarto motivo d’appello si contesta la statuizione del TAR secondo cui il problema afferente l’eventuale impossibilità di procedere alla demolizione senza pregiudizio per le parti dell’edificio eseguite “in conformità” attiene alla fase esecutiva e non é idoneo ad incidere sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione. Ad avviso dell’appellante, invece, nel momento in cui viene adottato un provvedimento sanzionatorio l’amministrazione non può non porsi immediatamente il problema della sua eseguibilità.

11.1. Il motivo non è fondato, alla luce della consolidata giurisprudenza della Sezione, secondo cui “Le disposizioni dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 devono essere interpretate nel senso che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria debba essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione: fase esecutiva, nella quale le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità dell’originario ordine di demolizione” (Consiglio di Stato sez. VI, 10/05/2021, n. 3666).

12. L’appello è, conclusivamente, infondato.

13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.Condanna parte appellante al pagamento delle spese relative alla presente fase di giudizio, che liquida in €. 3.000,00 (tremila) a favore di ciascuna delle controparti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2022, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia“, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:

(omissis), Presidente FF

(omissis), Consigliere

(omissis), Consigliere

(omissis), Consigliere, Estensore

(omissis), Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 23 NOV. 2022.

Allegati

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