2. L’ordinanza veniva impugnata dai signori (omissis) e (omissis) al TAR per la Campania, che respingeva il gravame con la sentenza n. 2927/2015.
3. L’indicata pronuncia è stata ritualmente appellata.
6. Il Comune di Sant’Antimo non si è costituito in giudizio.
7. La causa è stata, quindi, chiamata e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 15 settembre 2022.
8. Con il primo motivo d’appello si denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado per error in procedendo e violazione dell’art. 7 della l. 241/90.
8.1 Il TAR ha ritenuto che l’ordinanza di demolizione non dovesse essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento in quanto, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, il privato non avrebbe potuto fornire alcun apporto partecipativo; ha inoltre rilevato che, in ogni caso, l’assenza della suddetta comunicazione era sanabile ai sensi dell’art. 21 octies l. 241/90, in quanto, stante l’assenza di permesso di costruire, il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.
8.2 Gli appellanti, riprendendo i motivi già esposti a corredo del ricorso di primo grado, sostengono che la natura del procedimento non incida sull’obbligo comunicativo gravante sulla p.a. e che l’assenza della comunicazione di avvio del procedimento e dell’indicazione del responsabile del procedimento comportino l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione.
8.3 La doglianza va respinta alla luce di quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, secondo cui “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino“. Da ciò consegue che “L’attività di repressione degli abusi edilizi tramite l’emissione dell’ordine di demolizione costituisce attività di natura vincolata, dove la stessa non è assistita da particolari garanzie partecipative, tanto da non ritenersi necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento agli interessati.” (Consiglio di Stato sez. VI, 05/04/2022, n. 2523; in senso conforme, ex multis: Consiglio di Stato sez. VI, 13/01/2022, n. 233: Consiglio di Stato sez. II, 01/09/2021, n. 6181
8.4. Di conseguenza anche la mancata indicazione del responsabile del procedimento, non inficia la legittimità del provvedimento.
8.5. In ogni caso è corretta l’affermazione del TAR secondo la quale, trattandosi di procedimento vincolato, troverebbe applicazione l’art. 21 octies co. 2 l. 241/90: l’opera di cui è stata ordinata la rimozione integra, infatti, una nuova costruzione, soggetta a preventivo rilascio di permesso di costruire e, in difetto, alla sanzione demolitoria prevista all’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001; segue da ciò che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.
9. Con il secondo motivo d’appello si lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado per error in procedendo e si denuncia l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione per eccesso di potere e difetto di motivazione.
9.1 Il TAR ha ritenuto che l’ordinanza fosse sufficientemente motivata in quanto recante la descrizione delle opere abusive ed i profili di illiceità delle stesse. Ad avviso del Tribunale di primo grado non era invece necessaria alcuna considerazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso.
9.2 Gli appellanti ritengono invece che l’ordinanza di demolizione possa essere emanata solo in presenza di un interesse pubblico alla rimozione dell’opera, non essendo sufficiente l’accertamento dell’abusività della stessa.
9.3 Il motivo non è fondato: sul punto si richiama, nuovamente, quanto definitivamente statuito dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, che ha escluso , relativamente alle opere abusive in quanto mai assistite da un titolo edilizio, la necessità di una motivazione in punto pubblico interesse alla rimozione.
9.4. Il Consiglio di Stato, inoltre, ha in più occasioni affermato che l’ordinanza di demolizione deve ritenersi sufficientemente motivata se reca la descrizione delle opere e le disposizioni di legge violate: “L’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività” (Consiglio di Stato sez. VI, 07/06/2021, n. 4319).
10. Per quanto precede l’appello deve essere respinto con conferma della sentenza di primo grado. 11. Nulla sulle spese stante la mancata costituzione del Comune di Sant’Antimo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 settembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 OTT. 2022.
