SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7317 del 2019, proposto da
Universita’ degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
(omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio (omissis) in Roma, via (omissis);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 02883/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. (omissis).
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1, L’Università degli studi di Roma La Sapienza ricorre in appello contro la sentenza del Tar del Lazio indicata in epigrafe che ha accolto il ricorso proposto dal dottor (omissis) per l’annullamento del provvedimento del 19 febbraio 2018 del direttore del Dipartimento di scienze radiologiche, oncologiche, anatomo patologiche dell’Università La Sapienza di Roma di approvazione della graduatoria finale di merito per l’attribuzione a favore della dottoressa (omissis) di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca di categoria A-tipologia 1 e degli atti connessi.
In data 27 ottobre 2017 era stato indetto il bando per il conferimento dell’assegno di ricerca e all’esito della procedura era risultata vincitrice la dottoressa (omissis) con il punteggio di 75/100, seguita dal dottor Preziosi (73/100) e dal dottor (omissis) (71/100).
Con la sentenza impugnata il Tar ha accolto in particolare il primo motivo del ricorso introduttivo concernente la violazione dei principi di imparzialità e di violazione dell’obbligo di astensione da parte di uno dei commissari e ha conseguentemente annullato i provvedimenti impugnati ivi compreso l’atto di nomina della commissione.
2. L’appello deduce con il primo motivo di gravame il travisamento dei fatti in merito alla mancata astensione del commissario professor (omissis) e il difetto di istruttoria. Con il secondo motivo lamenta la violazione delle norme poste a tutela della imparzialità delle commissioni giudicatrici (articoli 51 e 52 c.p.c.) e il difetto di istruttoria e manifesta contraddittorietà della motivazione.
3. Il dottor (omissis) si è costituito in giudizio con la memoria depositata in data 11 settembre 2019 e ha depositato ulteriori memorie in data 2 settembre 2019 e 4 maggio 2000.
4. Nell’udienza del 4 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello non è fondato.
5.1. L’Università appellante contesta che il Tar avrebbe trascurato quanto riportato nelle controdeduzioni tecniche che la stessa Università ha presentato nel corso del giudizio di primo grado e nelle quali si attesta che nella riunione svoltasi il 18 gennaio 2018, nella quale la commissione ha proceduto alla valutazione dei titoli di ricerca, il prof. (omissis) si è astenuto dal partecipare alla valutazione con il consenso unanime della commissione (primo motivo).
Inoltre, il primo giudice sarebbe incorso in errore interpretando in maniera eccessivamente estensiva gli articoli 51 e 52 c.p.c. e più in generale il principio di imparzialità dato che i fatti su cui si fonda tale valutazione rientrano, a parere dell’appellante, nella mera condivisione di interessi intellettuali, ambienti professionali e attitudini scientifiche tra la candidata e il commissario e, non attestando una condivisione di interessi economici o professionali, non integrano un’ipotesi di conflitto di interessi anche considerando la non estensibilità in via analogica delle fattispecie previste dall’articolo 51 c.p.c. Una tale interpretazione inoltre, considerato il ristretto bacino potenziale dei soggetti coinvolti nelle commissioni giudicatrici dei concorsi universitari, rischierebbe di determinare effetti negativi con riferimento alla tutela del buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione (secondo motivo).
Quanto al primo motivo si deve rilevare che il Tar non sembra aver trascurato quanto affermato dall’Università in relazione alla non partecipazione del professor (omissis) alle valutazioni delle pubblicazioni e dei titoli. Al punto 7 della sentenza di primo giudice afferma infatti che non risulta dai verbali dei lavori della commissione (versati in atti da entrambe le parti) che il professor (omissis) si sia astenuto da valutazione alcuna nel corso della procedura. Per verificare l’astensione del commissario il Tar si è quindi correttamente riferito ai verbali delle riunioni in cui tale evenienza avrebbe dovuto certamente essere riportata. Su tale omissione anche l’appello non fornisce alcuna indicazione, limitandosi a riproporre quanto già asserito nelle controdeduzioni tecniche depositate in primo grado. Il motivo non può quindi essere accolto.
5.2. Anche il secondo motivo non è meritevole di accoglimento.
La sentenza impugnata giunge ad accogliere il primo motivo del ricorso introduttivo sulla base del fatto che due dei tre articoli e nove dei dieci abstract presentati dalla dottoressa (omissis) come pubblicazioni da valutare ai fini della procedura vedono come coautore il componente della commissione professor (omissis). Inoltre, la dottoressa (omissis) ha prestato servizio durante la specializzazione e anche prima presso l’U.O.C. di oncologia diretta dallo stesso professor (omissis).
L’appellante afferma che tali rapporti non implicherebbero l’obbligo di astensione ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile e cita al riguardo alcuni precedenti giurisprudenziali di questo Consiglio.
Occorre precisare al riguardo che è certamente vero che la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente previste (Cons. St. sez. III , 28/04/2016 , n. 1628), tuttavia il Collegio ritiene che si debba tener conto dei caratteri della collaborazione, che, nel caso sia stata particolarmente intensa e si sia protratta nel tempo, determina per il componente della commissione un effetto di incompatibilità a partecipare alla valutazione comparativa di candidati che, con il condizionamento del rapporto preesistente, difficilmente potrebbe restare pienamente imparziale (cfr. in tal senso, Cons. St., sez. VI, 30/06/2017, n.32069).
Nel caso di specie, la quasi totalità delle pubblicazioni presentate dalla candidata dottoressa (omissis) sono state elaborate da più autori tra i quali figura il professor (omissis). Inoltre, la dottoressa Urbano ha frequentato per cinque anni la scuola di specializzazione in oncologia medica diretta dal professor (omissis) e per circa otto mesi ha prestato servizio presso l’UOC di oncologia del Policlinico diretta dallo stesso professore. Appare significativo soprattutto il dato concernente il numero delle pubblicazioni “cointestate” che non è, proprio in ragione dell’eclatante dato quantitativo, semplicemente indicativo, come vorrebbe parte appellante, di una mera condivisione di interessi intellettuali e di attitudini scientifiche. Non si può astrattamente escludere, infatti, che la valutazione di tali pubblicazioni possa essere stata condizionata dal contesto in cui sono state elaborate e pubblicate; ciò che avrebbe dovuto indurre il professor (omissis) non solo ad astenersi in sede di valutazione delle stesse, ma anche a non far parte della commissione al fine di garantire tutti i candidati sul correttezza della procedura concorsuale con riferimento al pieno rispetto del principio di imparzialità. Né d’altra parte, per ciò che riguarda le difficoltà di carattere organizzativo che deriverebbero da una simile interpretazione delle norme sull’ astensione, appare plausibile che ciò sia potuto avvenire in una situazione come quella descritta, dato che si può escludere (e l’appellante non afferma il contrario) che non fosse possibile sostituire nella commissione di concorso il professor Cortesi con un altro componente privo di rapporti di collaborazione così intensi con uno dei candidati.
6. Sulla base delle esposte considerazioni, l’appello deve pertanto essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza secondo quanto indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 3000/00 (tremila/00) oltre agli oneri di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)