• Home
  • >
  • Consiglio di Stato sez. VI, 07/07/2020, n. 4356

Consiglio di Stato sez. VI, 07/07/2020, n. 4356

Massima

La collaborazione scientifica pregressa tra un membro della commissione giudicatrice e un candidato, specie se intensa e prolungata, può costituire causa di incompatibilità, compromettendo il principio di imparzialità della procedura concorsuale.

Supporto alla lettura

CONCORSO PUBBLICO

L’accesso al pubblico impiego, ancorché privatizzato, avviene, salvo limitate eccezioni, per pubblico concorso. La selezione pubblica ha natura procedimentale ed è regolata oltre che dalla legge, da atti e provvedimenti amministrativi.

Secondo l’art. 35 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni devono essere conformi ai seguenti principi:

  • adeguata pubblicità della selezione;
  • modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento;
  • adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
  • rispetto delle pari opportunità tra lavoratori e lavoratrici;
  • composizione delle commissioni con esperti di provata competenza nelle materie di concorso.

Il procedimento si avvia con il bando di concorso, cioè con la comunicazione scritta attraverso la quale la pubblica amministrazione rende pubblica la volontà di indire un concorso per l’assegnazione di un posto di lavoro, nel suddetto bando vengono indicate, in modo specifico, le modalità in base alle quali il concorso viene condotto, e quindi, sia i requisiti di partecipazione ed i termini entro i quali deve essere inoltrata la domanda, sia le altre disposizioni vincolanti, per i partecipanti al concorso e per la pubblica amministrazione, che regolano la selezione.

Scaduti i termini, l’amministrazione procede, attraverso la commissione giudicatrice, all’esame delle domande dei candidati ed alle prove concorsuali che possono essere di diverso tipo:

  • per esami (scritti e/o orali);
  • per titoli: nel bando vengono indicati i titoli di accesso e quelli che danno un punteggio e le graduatorie vengono effettuate tenendo conto dei titoli di studio posseduti, attestati, pregresse anzianità lavorative, corsi frequentati ecc.
  • per titoli ed esami;
  • per corsi – concorsi: l’amministrazione incarica un soggetto di preparare un corso per la formazione di una graduatoria da cui potere attingere in caso di bisogno;
  • prove pratiche per l’accertamento della professionalità richiesta dal profilo o dalla categoria.

Esistono deroghe all’accesso per concorso e sono stabilite per legge:

  • l’art. 16 della Legge 28 febbraio 1987 n. 56 che consente l’assunzione di lavoratori da adibire a mansioni per le quali non sia previsto titolo professionale da inquadrare nei livelli per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità a condizione che abbiano i requisiti richiesti;
  • la legge 12 marzo 1999 n. 68 che consente l’assunzione obbligatoria dei disabili o vittime del terrorismo;
  • l’art. 36 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, norma peraltro riformulata dalla legge finanziaria per il 2008 e dal D.L. 112/2008 in tema di forme flessibili di assunzione: contratti a tempo determinato, contratti a contenuto formativo e tirocinio, contratto di somministrazione di lavoro, collaborazioni coordinate e continuative.

Un accenno va fatto a proposito del c.d. concorso interno, questa forma di selezione è largamente utilizzata per consentire la progressione di carriera del personale già dipendente della pubblica amministrazione. All’interno di questa categoria si individuano due specie di concorso:

  • progressioni orizzontali: è consentito il passaggio all’interno della stessa area;
  • progressioni verticali: è consentito il passaggio tra diverse aree.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7317 del 2019, proposto da
Universita’ degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

(omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio (omissis) in Roma, via (omissis);

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 02883/2019, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di (omissis);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. (omissis).

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1, L’Università degli studi di Roma La Sapienza ricorre in appello contro la sentenza del Tar del Lazio indicata in epigrafe che ha accolto il ricorso proposto dal dottor (omissis) per l’annullamento del provvedimento del 19 febbraio 2018 del direttore del Dipartimento di scienze radiologiche, oncologiche, anatomo patologiche dell’Università La Sapienza di Roma di approvazione della graduatoria finale di merito per l’attribuzione a favore della dottoressa (omissis) di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca di categoria A-tipologia 1 e degli atti connessi.

In data 27 ottobre 2017 era stato indetto il bando per il conferimento dell’assegno di ricerca e all’esito della procedura era risultata vincitrice la dottoressa (omissis) con il punteggio di 75/100, seguita dal dottor Preziosi (73/100) e dal dottor (omissis) (71/100).

Con la sentenza impugnata il Tar ha accolto in particolare il primo motivo del ricorso introduttivo concernente la violazione dei principi di imparzialità e di violazione dell’obbligo di astensione da parte di uno dei commissari e ha conseguentemente annullato i provvedimenti impugnati ivi compreso l’atto di nomina della commissione.

2. L’appello deduce con il primo motivo di gravame il travisamento dei fatti in merito alla mancata astensione del commissario professor (omissis) e il difetto di istruttoria. Con il secondo motivo lamenta la violazione delle norme poste a tutela della imparzialità delle commissioni giudicatrici (articoli 51 e 52 c.p.c.) e il difetto di istruttoria e manifesta contraddittorietà della motivazione.

3. Il dottor (omissis) si è costituito in giudizio con la memoria depositata in data 11 settembre 2019 e ha depositato ulteriori memorie in data 2 settembre 2019 e 4 maggio 2000.

4. Nell’udienza del 4 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello non è fondato.

5.1. L’Università appellante contesta che il Tar avrebbe trascurato quanto riportato nelle controdeduzioni tecniche che la stessa Università ha presentato nel corso del giudizio di primo grado e nelle quali si attesta che nella riunione svoltasi il 18 gennaio 2018, nella quale la commissione ha proceduto alla valutazione dei titoli di ricerca, il prof. (omissis) si è astenuto dal partecipare alla valutazione con il consenso unanime della commissione (primo motivo).

Inoltre, il primo giudice sarebbe incorso in errore interpretando in maniera eccessivamente estensiva gli articoli 51 e 52 c.p.c. e più in generale il principio di imparzialità dato che i fatti su cui si fonda tale valutazione rientrano, a parere dell’appellante, nella mera condivisione di interessi intellettuali, ambienti professionali e attitudini scientifiche tra la candidata e il commissario e, non attestando una condivisione di interessi economici o professionali, non integrano un’ipotesi di conflitto di interessi anche considerando la non estensibilità in via analogica delle fattispecie previste dall’articolo 51 c.p.c. Una tale interpretazione inoltre, considerato il ristretto bacino potenziale dei soggetti coinvolti nelle commissioni giudicatrici dei concorsi universitari, rischierebbe di determinare effetti negativi con riferimento alla tutela del buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione (secondo motivo).

Quanto al primo motivo si deve rilevare che il Tar non sembra aver trascurato quanto affermato dall’Università in relazione alla non partecipazione del professor (omissis) alle valutazioni delle pubblicazioni e dei titoli. Al punto 7 della sentenza di primo giudice afferma infatti che non risulta dai verbali dei lavori della commissione (versati in atti da entrambe le parti) che il professor (omissis) si sia astenuto da valutazione alcuna nel corso della procedura. Per verificare l’astensione del commissario il Tar si è quindi correttamente riferito ai verbali delle riunioni in cui tale evenienza avrebbe dovuto certamente essere riportata. Su tale omissione anche l’appello non fornisce alcuna indicazione, limitandosi a riproporre quanto già asserito nelle controdeduzioni tecniche depositate in primo grado. Il motivo non può quindi essere accolto.

5.2. Anche il secondo motivo non è meritevole di accoglimento.

La sentenza impugnata giunge ad accogliere il primo motivo del ricorso introduttivo sulla base del fatto che due dei tre articoli e nove dei dieci abstract presentati dalla dottoressa (omissis) come pubblicazioni da valutare ai fini della procedura vedono come coautore il componente della commissione professor (omissis). Inoltre, la dottoressa (omissis) ha prestato servizio durante la specializzazione e anche prima presso l’U.O.C. di oncologia diretta dallo stesso professor (omissis).

L’appellante afferma che tali rapporti non implicherebbero l’obbligo di astensione ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile e cita al riguardo alcuni precedenti giurisprudenziali di questo Consiglio.

Occorre precisare al riguardo che è certamente vero che la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente previste (Cons. St. sez. III , 28/04/2016 , n. 1628), tuttavia il Collegio ritiene che si debba tener conto dei caratteri della collaborazione, che, nel caso sia stata particolarmente intensa e si sia protratta nel tempo, determina per il componente della commissione un effetto di incompatibilità a partecipare alla valutazione comparativa di candidati che, con il condizionamento del rapporto preesistente, difficilmente potrebbe restare pienamente imparziale (cfr. in tal senso, Cons. St., sez. VI, 30/06/2017, n.32069).

Nel caso di specie, la quasi totalità delle pubblicazioni presentate dalla candidata dottoressa (omissis) sono state elaborate da più autori tra i quali figura il professor (omissis). Inoltre, la dottoressa Urbano ha frequentato per cinque anni la scuola di specializzazione in oncologia medica diretta dal professor (omissis) e per circa otto mesi ha prestato servizio presso l’UOC di oncologia del Policlinico diretta dallo stesso professore. Appare significativo soprattutto il dato concernente il numero delle pubblicazioni “cointestate” che non è, proprio in ragione dell’eclatante dato quantitativo, semplicemente indicativo, come vorrebbe parte appellante, di una mera condivisione di interessi intellettuali e di attitudini scientifiche. Non si può astrattamente escludere, infatti, che la valutazione di tali pubblicazioni possa essere stata condizionata dal contesto in cui sono state elaborate e pubblicate; ciò che avrebbe dovuto indurre il professor (omissis) non solo ad astenersi in sede di valutazione delle stesse, ma anche a non far parte della commissione al fine di garantire tutti i candidati sul correttezza della procedura concorsuale con riferimento al pieno rispetto del principio di imparzialità. Né d’altra parte, per ciò che riguarda le difficoltà di carattere organizzativo che deriverebbero da una simile interpretazione delle norme sull’ astensione, appare plausibile che ciò sia potuto avvenire in una situazione come quella descritta, dato che si può escludere (e l’appellante non afferma il contrario) che non fosse possibile sostituire nella commissione di concorso il professor Cortesi con un altro componente privo di rapporti di collaborazione così intensi con uno dei candidati.

6. Sulla base delle esposte considerazioni, l’appello deve pertanto essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza secondo quanto indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 3000/00 (tremila/00) oltre agli oneri di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi