1.– Il (omissis) è Maresciallo Ordinario dell’Esercito Italiano e presta servizio, in qualità di infermiere professionale, presso il 5° Reggimento Alpini, di stanza a Vipiteno (BZ), dal 9 luglio 2008.
In data 21 gennaio 2015, il ricorrente ha presentato all’amministrazione di appartenenza, prospettando di avere una figlio di età inferiore a tre anni, istanza di assegnazione temporanea per un Ente di stanza in Roma, Civitavecchia o Cassino ai fini del ricongiungimento con la moglie.
Lo Stato Maggiore dell’Esercito, con lettera prot. n. (omissis), del 25 febbraio 2015, notificato al ricorrente in data 26 febbraio 2015, ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della richiesta,
Con successivo atto 15 marzo 2015, prot. n. (omissis), l’amministrazione ha rigettato la domanda.
1.1.– L’interessato ha impugnato il diniego innanzi al Tribunale amministrativo del Trentino Alto Adige, che, con sentenza 20 ottobre 2015, n. 321, ha dichiarato il ricorso inammissibile nella parte relativa all’impugnazione del preavviso di rigetto e infondato per il resto.
2.-. Il ricorrente in primo grado ha proposto appello.
2.1.- Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, chiedendo il rigetto dell’appello.
3.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 26 ottobre 2017.
4.- L’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata in quanto non risulterebbe adeguatamente motivato il diniego sia perché nella sede di servizio sussisterebbero altre figure professionali in grado di svolgere le funzioni a lui assegnate sia perché esisterebbero posti disponibili nelle sedi di destinazione. Il che avrebbe determinato anche una invalidità degli atti impugnati in primo grado per difetto di istruttoria.
Il motivo non è fondato.
L’art. 42-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (nel testo in vigore al momento dell’adozione dell’atto impugnato, così come inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350) prevede che: i) ” Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche (…) può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione; ii) L’eventuale dissenso deve essere motivato“; iii) “l’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda“; iv) “il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione“.
Questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che il beneficio in questione non costituisce un diritto incondizionato del dipendente, ma è rimesso ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione che deve accertare l’esistenza di due condizioni.
In particolare, si è affermato che: i) “la prima è che nella sede di destinazione vi sia un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva; questa condizione è tassativa nel senso che in caso contrario il beneficio non può essere concesso“; ii) la seconda condizione “è che vi sia l’assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione: vale a dire che, pur quando ricorra il requisito della vacanza e disponibilità del posto, il beneficio può essere tuttavia negato in considerazione delle esigenze di servizio della struttura di provenienza e di quella di destinazione” (Cons. Stato, sez. III, 8 aprile 2014, n. 1678).
Nella specie, l’amministrazione con l’atto impugnato ha rilevato che: “l’Ente di appartenenza si trova, al momento, nel totale in una carente situazione organica e nella specifica posizione organica dell’istante in equilibrio (1 previsti – i effettivi), pertanto, un’eventuale detrazione di personale potrebbe comportare consistenti ripercussioni sull’attività operativa/addestrativa che il reparto istituzionalmente è deputato ad assolvere; gli enti dislocati nelle sedi chieste, si trovano in una più che favorevole situazione organica, nella specifica posizione organica posseduta dall’istante, e non necessitano, al momento, di ulteriore assegnazione di personale“.
Da quanto esposto risulta che l’amministrazione ha motivato, all’esito di una adeguata istruttoria, il proprio dissenso, adducendo ragioni attinenti alla funzionalità del reparto di appartenenza del ricorrente (5° Reggimento Alpini in Vipiteno), nel quale l’unica posizione organica di infermiere professionale è ricoperta dal ricorrente medesimo e il suo trasferimento, ancorché temporaneo, comporterebbe la vacanza dell’unico infermiere effettivo in un reparto delicato e operativo, come quello in cui attualmente l’appellante presta servizio.
Né varrebbe argomentare, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, che i compiti svolti dall’appellante in qualità di infermiere professionale nel reparto di appartenenza potrebbero essere svolti dai due tenenti medici in servizio, in quanto si tratta di funzioni diverse in quanto tali non intercambiabili.
Tale giudizio ha valenza negativa assorbente, a prescindere da ulteriori rilevi afferenti alle sedi di destinazione.
Ferma tale valenza, si tenga conto, inoltre, che lo stesso appellante nell’atto introduttivo del presente giudizio dà atto che il proprio coniuge ha presentato domanda per l’assegnazione provvisoria presso la sede di Vipiteno, con la conseguenza che di fatto non risulta dagli atti del processo che il coniuge dell’appellante presti effettivo servizio in sede diversa da quella dell’appellante.
5.- Con un altro motivo si è assunta l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l’impugnazione del preavviso di rigetto. In particolare, si è dedotto che tale preavviso fosse carente in punto di motivazione, atteso che il riferimento alle sedi di destinazione sarebbe stato generico.
Il motivo non è fondato.
Il preavviso di rigetto è atto endoprocedimentale e, in quanto tale, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, non può essere oggetto di autonoma impugnazione. I vizi di tale atto possono essere fatti valere mediante l’impugnazione dell’atto finale.
Nella fattispecie in esame, le doglianze prospettate, anche a volerle riferire al provvedimento conclusivo del procedimento, non sono fondate, in quanto, come già esposto, è sufficiente la mancanza dei presupposti riferita alla sede di provenienza per giustificare il rigetto dell’istanza.
6.- Con l’ultimo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere riconosciuto il diritto dell’appellante stessa al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti “per la sofferenza patita e l’ingiustizia subita“.
Il motivo non è fondato.
La legittimità, per le ragioni esposte, del diniego dell’amministrazione rende non fondata anche l’azione risarcitoria per mancanza di uno degli elementi costitutivi dell’azione stessa rappresentato, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., dall’illegittimità dell’atto amministrativo.
7.- Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato.
8.- La natura delle controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 02 NOV. 2017.