Massima

La legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste non riconosciute richiede un collegamento stabile con il territorio, consolidato nel tempo, e una rappresentatività della collettività locale, desumibile anche dal numero di aderenti. La costituzione dell’associazione in prossimità della proposizione del ricorso e un numero esiguo di aderenti ne dimostrano la strumentalità e l’inammissibilità del ricorso.

Supporto alla lettura

CONDIZIONI PER L’AZIONE NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Tradizionalmente, per il processo amministrativo, si richiamano, come condizioni generali per l’azione, l’interesse a ricorrere e la legittimazione a ricorrere in capo a chi promuova il giudizio. Il giudice, una volta verificata la valida instaurazione del processo, deve accertare la loro sussistenza al fine di poter procedere poi all’esame del merito della domanda.

Interesse a ricorrere

Inteso non genericamente nei termini della idoneità dell’azione a realizzare il risultato perseguito, ma più specificamente come interesse proprio del ricorrente al conseguimento di una utilità o di un vantaggio (materiale o, in certi casi, morale). Il “risultato utile” che il ricorrente deve dimostrare di poter conseguire ai fini dell’interesse a ricorrere non si identifica con la semplice garanzia dell’interesse legittimo. Innanzitutto dell’interesse a ricorrere vengono predicati gli attributi della personalità (il risultato di vantaggio deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente), dell’attualità (l’interesse deve poter sussistere al momento del ricorso), della concorrenza (l’interesse a ricorrere va valutato con riferimento a un pregiudizio concretamente verificatosi a danno del ricorrente); sulla base di questi elementi viene ricondotta alla carenza d’interesse l’esclusione della possibilità di impugnare in via autonoma o immediata alcuni atti amministrativi, come gli atti preparatori, gli atti interni, gli atti non ancora esecutivi, gli atti normativi, gli atti confermativi di atti precedenti. Inoltre, l’interesse a un risultato utile deve permanere fino al momento della decisione del ricorso (c.d. interesse alla decisione), pertanto se nel corso del giudizio si verifica un mutamento della situazione di fatto o di diritto, tale da escludere che l’accoglimento del ricorso possa comportare un risultato utile al cittadino, il ricorso viene dichiarato improcedibile per “sopravvenuta carenza d’interesse”.

Legittimazione a ricorrere

Essa viene ancora interpretata non come affermazione della titolarità della posizione qualificata necessaria ai fini del ricorso (ossia, di regola, l’interesse legittimo, e, nei casi di giurisdizione esclusiva, anche il diritto soggettivo), ma come effettiva titolarità di tale posizione. Pertanto il giudice amministrativo, quando accerta che il ricorrente non è titolare di tale posizione qualificata, dichiara il ricorso inammissibile, e non infondato.
La legittimazione a ricorrere è ricondotta in genere alla titolarità di posizioni di interesse qualificato, in alcune ipotesi, però, la legittimazione a ricorrere è costituita semplicemente da una condizione formale del ricorrente, e non dall’affermazione o dalla titolarità di un interesse qualificato. Ciò si verifica nel caso delle azioni popolari, per le quali la legittimazione a ricorrere si identifica con la qualifica generica di cittadino e per effetto di altre disposizioni particolari, che attribuiscono a certi organi amministrativi la possibilità di impugnare un atto di un’Amministrazione indipendentemente dal coinvolgimento di un loro interesse (c.d. legittimazione ex lege). Tutte queste ipotesi, però, sono considerate eccezionali; di conseguenza, nell’interpretazione generale del processo amministrativo, è assolutamente prevalente la riconduzione alla tutela di posizioni qualificate. Alle azioni popolari sono accostate alcune previsioni a proposito della tutela di interessi diffusi, in queste ipotesi talvolta la legittimazione a ricorrere al giudice amministrativo è attribuita per legge ad associazioni previamente identificate sulla base di criteri oggettivi e senza la necessità di alcuna verifica della titolarità di posizioni d’interesse qualificato.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 624 del 2010, proposto da:
Associazione “(omissis)”, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, via (omissis); (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), rappresentati e difesi dagli avv. (omissis), (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, via (omissis);

contro

Provincia di Alessandria, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, via (omissis) Corpo Forestale dello Stato, Comando Provinciale di Alessandria;

nei confronti di

Comune di Voltaggio, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, via (omissis); Comunita’ (omissis) – (omissis), Conferenza dei Servizi Costituitasi Presso La Provincia di Alessandria, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Azienda Unita’ Sanitaria Locale della Provincia di Alessandria, Regione Piemonte, Eni S.p.A., Arpa, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, Dipartimento Provinciale di Alessandria, Legambiente Onlus, Comitato Regionale Piemonte e Valle D’Aosta; Societa’ Voltaggio Energia, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, via (omissis);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE I n. 02292/2009, resa tra le parti, concernente la costruzione e la gestione di una centrale a biomasse in comune di voltaggio

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Alessandria , del Comune di Voltaggio e della Societa’ (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. (omissis) e uditi per le parti gli avvocati (omissis), (omissis), (omissis), su delega dell’avv. (omissis), (omissis) e (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con determinazione del dirigente della Provincia di Alessandria del 7.8.2008 è stata rilasciata alla società (omissis) s.r.l., previa conferenza di servizi, l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, per la costruzione di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse vegetali da localizzare in Comune di Voltaggio nel sito della ex cartiera di (omissis).

Il provvedimento e stato impugnato in primo grado dall’Associazione “(omissis)”, la cui finalità primaria, giusta atto notarile del 25 ottobre 2008, è di esercitare “un controllo democratico ed efficace del territorio, favorendo la partecipazione diretta degli abitanti e delle associazioni, monitorando l’operato delle istituzioni con l’obiettivo di ripristinare e tutelare adeguate condizioni di vita e di lavoro” . Altre finalità del (omissis) sono di “salvaguardare il patrimonio culturale, artistico, ambientale e paesaggistico a vantaggio degli abitanti e di chi soggiorna in valle per alcuni periodi dell’anno favorendo una riconversione abitativa dei manufatti architettonici” e di promuovere iniziative per una più larga partecipazione degli abitanti alle scelte di modificazione del territorio urbano e rurale .

Il provvedimento è stato contestualmente impugnato da sette cittadini residenti in comune di (omissis), nelle immediate vicinanze del sito destinato all’impianto.

Innanzi al giudice di primo grado si sono costituiti la Provincia di Alessandria, la controinteressata (omissis) s.r.l. ed il Comune di (omissis) ed hanno spiegato intervento ad adiuvandum Legambiente Onlus, Comitato Regionale del Piemonte e Valle d’Aosta.

Con la sentenza n. 2292 del 25 settembre 2009, il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte:

a) dichiarava inammissibile il ricorso nei confronti dell’Associazione (omissis) permanente, in accoglimento dell’eccezione proposta da (omissis) S.r.l.;

b) respingeva l’eccezione d’inammissibilità per difetto di legittimazione a ricorrere nei confronti dei cittadini residenti;

c) accoglieva l’eccezione d’inammissibilità dell’atto di intervento ad adiuvandum di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Onlus.

d) dichiarava irricevibile il ricorso proposto dai cittadini residenti avverso la deliberazione della Giunta della Comunità (omissis) n. 34/2008;

e) respingeva nel merito il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti dei cittadini residenti.

Avverso la predetta sentenza hanno proposto l’odierno appello il Forum Permanente ed i sette cittadini residenti nel Comune di Voltaggio, signori (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), chiedendone la riforma.

Si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del gravame siccome infondato, il Comune di Voltaggio, la Provincia di Alessandria e la società (omissis), la quale ha altresì proposto appello incidentale.

Con decisione n. 2982/2011 la Sezione ha disposto specifica verificazione a cura del Politecnico di Torino, puntualmente eseguita.

All’udienza del 31 gennaio 2012, la causa è stata quindi trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con il proposto appello incidentale la (omissis) deduce l’erroneità della gravata sentenza, laddove ha disatteso l’eccezione dalla stessa sollevata di difetto di legittimazione dei cittadini residenti che hanno proposto il ricorso in primo grado.

Rileva, al riguardo, che il TAR avrebbe assunto la contestata decisione in base ad un semplice principio di prova circa il danno lamentato dai ricorrenti, essendo viceversa necessaria la piena prova del danno subito ai fini della legittimazione a ricorrere.

1.1. La censura è priva di fondamento.

Ed invero, osserva il Collegio come il primo giudice abbia rilevato che i ricorrenti non si sono limitati ad invocare la loro “vicinitas” all’impianto per cui è causa, ma hanno viceversa allegato e fornito specifica prova in ordine alla loro posizione giuridica differenziata rispetto all’impianto stesso e ciò con puntuale riferimento al danno che deriverebbe loro dal suo esercizio.

Al riguardo, infatti, nella sentenza, espressamente viene richiamata la perizia tecnica prodotta dai ricorrenti, precisando che la stessa “dà conto anzitutto della titolarità di diritti reali dei ricorrenti su alcune cascine di origine rurale, trasformate in nuclei residenziali ed abitate, dotate di infrastrutture e terreni agricoli circostanti. Tutti questi cespiti sarebbero collocati ad una distanza oscillante tra 100 e 700 ml. dal sito ove dovrà sorgere l’impianto contestato; il che determinerebbe già un significativo pregiudizio per il valore immobiliare delle proprietà interessate (pag. 2 perizia cit.). Ulteriormente indica il tecnico i fattori di incisione del valore economico dei beni in analisi, individuati nell’incremento del traffico pesante, nel rumore costante e nelle emissioni derivanti dal ciclo produttivo dell’impianto de quo, nella percezione di odori residuali discendenti dal predetto ciclo industriale. Conclude poi, sulla scorta dei precisati elementi ricostruttivi, che le valutazioni di mercato degli immobili interessati è presumibile che subiscano un decremento stimabile nel 50% per effetto della realizzazione della centrale energetica”.

Correttamente, pertanto, il primo giudice ha ritenuto che i sette cittadini ricorrenti hanno non solo allegato il pregiudizio economico loro derivante dal contestato impianto energetico, ma ne hanno fornito adeguata prova.

L’appello incidentale si appalesa quindi infondato.

2. Passando all’esame dell’appello principale, i ricorrenti deducono con il primo mezzo di censura l’erroneità della gravata sentenza, laddove ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti nei confronti del “(omissis)”.

Assumono, al riguardo, che:

– al momento della proposizione del ricorso il (omissis) vantava 100 adesioni e non 9: tali erano i soli soggetti che avevano sottoscritto l’atto costitutivo;

– è irrilevante lo stesso cognome dei soggetti, essendo questo un fatto tipico delle popolazioni di montagna;

– l’interesse diffuso diventa collettivo qualora:

• lo statuto dell’ente preveda come fine istituzionale la protezione di un determinato bene a fruizione collettiva;

• l’ente sia in grado di realizzare le proprie finalità;

• l’organismo collettivo sia portatore di un interesse localizzato;

– la sentenza impugnata non ha considerato che:

• le finalità statuarie dell’associazione consistono nella salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio della zona;

• il numero degli aderenti raggiunge oramai i 160 soggetti;

• l’associazione operava da molto tempo prima del 25 ottobre 2008, data della sua costituzione;

– i fattori di incisione dell’interesse collettivo riconosciuti nei confronti degli abitanti, quali il depauperamento immobiliare, operano anche nei confronti della collettività;

2.1 La doglianza non può essere condivisa.

Osserva in via preliminare il Collegio come, alla stregua del consolidato insegnamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, da cui non v’è motivo allo stato di discostarsi, la legittimazione ad agire in giudizio a favore delle associazioni non riconosciute di protezione ambientale non può che riconoscersi solo là dove delle stesse sia accertato: 1. il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa; 2. lo stabile collegamento col territorio, consolidatosi nel tempo, che deve presuntivamente escludersi in caso di associazioni costituite pochi giorni prima della proposizione del ricorso; 3. la rappresentatività della collettività locale di riferimento, requisito quest’ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione.

Non è sufficiente, quindi, allegare che la figura soggettiva abbia fra i suoi scopi statutari la tutela ambientale ed operi nell’area di afferenza del provvedimento amministrativo contestato o sia stata costituita appositamente per la tutela dell’area medesima.

La genericità di tale allegazione non consente, infatti, di ritenere comprovati gli elementi qualificanti in concreto la differenziazione della posizione del soggetto ricorrente, quali, come precisato, il collegamento stabile con il territorio interessato, cioè consolidatosi obiettivamente in un periodo di tempo significativo, nonché un’azione associativa dotata di adeguata consistenza e di rappresentatività degli interessi che si intendono tutelare, anche con riferimento al numero e alla qualità degli associati, sì da evidenziare l’effettività e riferibilità ad un interesse specificamente delineato, del pregiudizio allegato.

Tanto premesso in linea di principio, osserva il Collegio come nella specie il Forum non risulti possedere i requisiti sopra specificati, che soli possono legittimarlo ad agire in giudizio.

Sotto un primo e dirimente profilo, infatti, va rilevato come l’associazione risulti formalmente costituita il 25 ottobre 2008, ovverosia solo diciotto giorni prima della notifica del ricorso in primo grado.

Pertanto, a fronte di tale oggettiva circostanza, del tutto correttamente il primo giudice ha osservato come “scolori” il requisito dello stabile collegamento con il territorio, aggiungendo che sorge “… non peregrino il dubbio che la costituzione dell’organismo associativo non riconosciuto sia stata strumentale alla proposizione di una ben precisa e specifica iniziativa contenziosa, vale a dire l’impugnazione del provvedimento di autorizzazione alla costruzione della centrale per cui è controversia. L’esiguo lasso di tempo ricorrente tra l’avvenuta creazione dell’associazione ambientale e la data di notifica del ricorso (18 giorni) è indice fortemente rivelatore della assenza di stabile collegamento con il territorio e del requisito della rappresentatività della comunità locale.”.

Né, al riguardo, può accedersi alla tesi dell’appellante secondo cui l’associazione, ancorché costituita solo il 25.10.2008, avrebbe operato per la salvaguardia della zona da molto tempo prima, “come dimostrato dai dibattiti organizzati e dalle relative locandine”.

Per un verso, infatti, l’assunto si sostanzia in una generica affermazione di per sé inidonea ad evidenziare l’oggettiva sussistenza di un organismo collettivo dotato dei requisiti sopra specificati; necessari per riconoscere in testa allo stesso la legittimazione ad agire in giudizio.

Per altro verso, l’argomento principale degli invocati dibattiti risulta incentrato sull’impianto a biomasse per cui è causa, ciò che evidenzia ulteriormente il carattere occasionale dell’organismo, piuttosto che il suo stabile e consolidato collegamento col territorio attraverso una continua attività di salvaguardia del bene a fruizione collettiva tutelato da qualsivoglia intervento che possa incidere negativamente sullo stesso.

Sotto altro profilo, poi, va rilevato come l’associazione si sia costituita il 25 ottobre 2008 con solo nove persone, ciò che denota quindi l’assenza a tale data del fondamentale requisito della rappresentatività della collettività locale di riferimento.

Né può assumere rilievo il fatto che successivamente il numero dei soggetti aderenti all’Associazione sia progressivamente aumentato, sino a raggiungere le 160 unità alla data del 31 dicembre 2009, come opposto dai ricorrenti.

Per un verso, infatti, tale circostanza è un ulteriore sintomo della occasionalità della associazione che, costituitasi solo diciotto giorni prima della proposizione del ricorso, è all’evidenza venuta crescendo proprio in ragione del contenzioso in atto.

Per altro verso, come correttamente rilevato dal primo giudice, la legittimazione al ricorso va comunque “acclarata e valutata al momento della proposizione della domanda, non potendo essere presi in considerazione mutamenti della figura del ricorrente venuti in essere in epoca successiva alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio”.

3. Con il secondo mezzo di gravame i ricorrenti deducono l’erroneità della sentenza impugnata, laddove ha dichiarato l’irricevibilità per tardività del ricorso di primo grado proposto dai cittadini residenti avverso la deliberazione della Giunta della Comunità (omissis) n. 34 del 26 maggio 2008.

Assumono che, nella specie, il termine decadenziale per ricorrere non poteva essere fatto decorrere dalla data di pubblicazione dell’atto impugnato, ma dalla sua formale comunicazione al Forum ed ai cittadini residenti, quali soggettivi interessati agevolmente individuabili, ancorché non espressamente contemplati nell’atto stesso.

3.1. La censura non può essere condivisa.

Ed invero, con l’impugnata delibera n. 34/2008 la Comunità (omissis) ha approvato la convenzione con la società (omissis), disciplinante il quantitativo e la tipologia di biomassa da utilizzare.

Tanto permesso, trattandosi di delibera di organo Collegiale per la quale è prescritta ex lege la pubblicità tramite la pubblicazione all’albo, il termine decadenziale per la sua impugnativa decorreva dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione stessa, come correttamente rilevato dal primo giudice.

Nella specie, infatti, non sussisteva alcun onere, in testa all’amministrazione, di notificazione o comunque di formale comunicazione della determinazione assunta ai ricorrenti, ai fini della decorrenza dei termini per la sua impugnativa.

Per un verso, invero, questi ultimi non erano minimamente contemplati nell’atto in questione il quale, come già rilevato, attiene esclusivamente ai rapporti convenzionali posti in essere tra la Comunità (omissis) e la società (omissis) per disciplinare il quantitativo e la tipologia di biomassa da utilizzare.

Per altro verso, poi, gli stessi non risultavano neppure agevolmente individuabili, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso.

Al riguardo, infatti, basti rilevare che:

– l’atto in questione disciplinava esclusivamente taluni rapporti tra la Comunità (omissis) e la società (omissis), rispetto ai quali non erano oggettivamente individuabili specifici controinteressati in senso tecnico a cui dover notificare l’atto stesso;

– il Forum, alla data di adozione dell’atto (26 maggio 2008), non era giuridicamente esistente, essendosi formalmente costituito solo il 25 ottobre 2008;

– i cittadini residenti hanno assunto una loro specifica posizione formalmente connotata in senso oppositivo, solo con la proposizione del ricorso in primo grado, risultando la stessa in precedenza indifferenziata rispetto a quella di tutti i restanti soggetti potenzialmente interessati dalla realizzazione dell’impianto per cui è causa.

Del tutto correttamente, quindi, il primo giudice ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto avverso la deliberazione della Comunità (omissis) n. 34/2008, siccome tardivamente proposto.

4. Passando all’esame del merito della causa, con il primo mezzo di censura i ricorrenti deducono l’erroneità della gravata sentenza, per non aver ritenuto l’impianto in questione soggetto alla procedura di verifica di cui all’art. 10 della L. R. n. 40/1998.

La doglianza non ha pregio.

Ed invero, all’esito della verificazione disposta sul punto dalla Sezione con la richiamata decisione interlocutoria n. 2982/2011, è stato definitivamente accertato dal tecnico incaricato che “L’impianto in oggetto rientra nella tipologia definita dal n. 22 dell’ Allegato A2 della L. R. 40/1998 …. ma non risulta assoggettabile a valutazioni di impatto ambientale in quanto sotto soglia: parimenti l’impianto rientra … nella tipologia definita dal n. 35 dell’Allegato B2 della medesima L. R. 40/1998 ma non è da sottoporre a fase di verifica in quanto sotto soglia”.

Né, al riguardo, possono essere condivisi i rilievi formulati dai ricorrenti, attese le ampie ed approfondite argomentazioni sviluppate dal verificatore nella perizia, a cui il Collegio pienamente aderisce.

5. Con il secondo mezzo di gravame i ricorrenti deducono l’erroneità della sentenza impugnata, laddove non ha accolto le censure mosse in primo grado relativamente alla natura del combustibile utilizzato nell’impianto ed alla sua riconducibilità alla definizione di sottoprodotto di cui all’art. 183 del D. Lgs. 152/2006.

La censura non può essere condivisa.

Ed invero, come correttamente concluso sul punto dal verificatore, la rilevata non conformità al disposto dell’autorizzazione provinciale per alcuni combustibili indicati nel piano di approvvigionamento, “non ha tuttavia ripercussioni sulla legittimità dell’atto…” in quanto “…questo, escludendo l’utilizzo di materiali classificabili come rifiuti, limita, all’interno di quanto indicato nel piano di approvvigionamento e fatte salve le prescrizioni che lo stesso provvedimento introduce, la scelta dei possibili combustibili. Per i materiali consentiti non si pongono di conseguenza le condizioni e le cautele del citato DM 5 febbraio 1998, così come modificato dal DM 5 aprile 2006 n. 186”.

In senso sostanzialmente analogo, del resto, si è espresso altresì il primo giudice, osservando correttamente che “è principio generale del diritto amministrativo quello secondo il quale il contenuto determinativo di un provvedimento è costituito non solo dalla parte dispositiva ma anche dalla parte prescrittiva, rappresentata dall’insieme delle prescrizioni che circondano il rilascio di un titolo autorizzatorio ed entrano a far parte del dispositivo dell’atto, il quale va giudicato, in rapporto al parametro normativo di riferimento, nella sua integralità determinativa, costituita anche dalle prescrizioni imposte al soggetto beneficiano del provvedimento ampliativo, conseguendone la legittimità di un’autorizzazione alla realizzazione di un impianto alimentato da FER qualora la stessa rechi la tassativa e vincolante prescrizione che per l’alimentazione e il funzionamento della centrale debbano essere impiegate solo biomasse vegetali trattate meccanicamente, con esclusione di prodotti qualificabili come rifiuto.

Poco importa poi se in fase di attuazione del provvedimento autorizzatorio il beneficiario non ottemperi alla riferita prescrizione: il comportamento divergente ed inadempiente del destinatario non si riverbera, retroagendo nella sua autonoma rilevanza giuridica, sulla legittimità del provvedimento amministrativo autorizzatorio, che rimane invulnerata, potendo e dovendo l’inottemperanza de qua rilevare in occasione e sede di controlli che l’Amministrazione potrà effettuare, il cui negativo esito potrà condurre anche alla revoca sanzionatoria dell’autorizzazione”.

6. Il terzo motivo di appello è privo di fondamento.

Ed invero, come esattamente rilevato dal TAR, l’Amministrazione ha espressamente, da un lato vincolato “l’autorizzazione alla presentazione annuale dei contratti stipulati con gli utenti allacciati alla rete di teleriscaldamento” (p. 17) e dall’altro chiaramente stabilito “che l’avvio dell’impianto sia subordinato ala realizzazione del’impianto di teleriscaldamento” (p. 20).

Pertanto, dalle riportate vincolanti prescrizioni impartite in uno con la rilasciata autorizzazione discende che l’Amministrazione ha tenuto nel debito conto ed elevato a condicio iuris dell’autorizzazione unica la realizzazione della rete di teleriscaldamento, addirittura subordinando ad essa “l’effettivo avvio dell’impianto”.

A ciò aggiungasi, sempre come correttamente rilevato dal primo giudice, che l’eventuale inottemperanza della (omissis) alle prescrizioni concernenti l’obbligo di realizzare la rete di teleriscaldamento “produrrà non la decadenza dell’autorizzazione, ma la sua concreta inefficacia e inoperatività. In tal senso consente di deporre il chiaro e tassativo disposto di cui al punto 20 dell’autorizzazione del 7.8.2008, a termini del quale si delibera “di stabilire che l’avvio dell’impianto sia subordinato alla realizzazione dell’impianto di teleriscaldamento”.

La prescrizione sta a significare che la messa in esercizio dell’impianto — e quindi l’efficacia operativa della rilasciata impugnata autorizzazione — non può prescindere ed è inibita dalla mancata realizzazione della rete di teleriscaldamento”.

7. Con il quarto mezzo di censura i ricorrenti deducono, per un verso, che il TAR avrebbe “frainteso” il senso della censura avanzata in primo grado circa l’ingiustificato allungamento del termine conferenziale, in quanto la stessa “era finalizzata a denunciare un evidente e palese vizio di sviamento laddove … la Società era stata messa in condizione di ovviare alle proprie carenze e lacune tecniche ed amministrative …”; per altro verso, che l’ARPA aveva trasmesso il proprio parere dopo la conclusione dei lavori della conferenza decisoria.

La doglianza non ha pregio.

Ed invero, come correttamente precisato dal primo giudice, l’invocato art. 14-ter, comma 8 della L. n. 241/1990 sottende un’istanza di semplificazione e snellimento amministrativo e di divieto di aggravio procedimentale, in attuazione del principio di economicità e di snellezza dell’attività amministrativa , che si eleva a canone principe della novella sul procedimento.

Tale norma, quindi, è stata sostanzialmente predisposta dal legislatore nell’interesse del soggetto che ha presentato l’istanza che deve essere valutata e decisa in seno alla conferenza di servizi e non già nell’interesse di eventuali controinteressati sostanziali all’iniziativa del proponente.

Ne consegue che legittimato a dolersi della sua violazione è unicamente il soggetto privato che abbia presentato un’istanza soggetta alla fase di valutazione contestuale tipica della conferenza di sevizi, discendendone che il primo profilo di censura dedotto dai ricorrenti si appalesa comunque inconducente.

In relazione al secondo profilo va poi ribadito, in conformità a quanto statuito dal TAR, che l’art. 12 del D. Lgs. 29.2.2003, n.387 impone unicamente la contestuale partecipazione alla conferenza di servizi di tutte le Amministrazioni interessate, ma nulla stabilisce in ordine alle modalità con cui esse possono esternare la loro valutazione, potendo ciò avvenire anche dopo i lavori della conferenza, purché antecedentemente all’adozione del provvedimento autorizzatorio unico, come nella specie avvenuto.

8. L’ultimo motivo di censura dedotto, è del pari infondato.

Ed invero, come correttamente osservato dal TAR, il regolamento regionale invocato disciplina il procedimento di valutazione di incidenza, conformemente all’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997, unicamente per gli impianti rientranti nelle topologie definite agli allegati A e B della L. Reg. Piemonte n. 40/1998.

L’impianto in controversia esorbita dalle declaratorie di cui agli allegati A e B della legge regionale in questione, non rientrando, per l’esattezza, nella definizione di cui al punto 35 dell’allegato B poiché, pur producendo acqua calda e vapore, sviluppa una potenza inferiore a 50 MW termici (per l’esattezza, solo 15 MW), né in quella del punto 22 dell’Allegato A2 che assoggetta a verifica di assoggettabilità o valutazione solo gli impianti produttori di energia elettrica, vapore ed acqua calda sanitaria di potenza superiore a 150 MW termici.

Dall’esclusione dell’impianto de quo dal raggio di applicazione degli allegati A e B alla citata L. Reg. discende che al medesimo non si estende la procedura di valutazione di incidenza di cui si lamenta l’omissione.

Riprova ne è, del resto, il fatto che a seguito della Conferenza dei Servizi espletata per il rilascio dell’Autorizzazione la Regione Piemonte ha aderito alle conclusioni della Provincia (si veda la nota della Provincia di Alessandria del 26.07.2011 e i suoi allegati versati in atti) , laddove quest’ultima aveva correttamente ritenuto di non dover sottoporre il progetto alla fase di verifica di VIA e, trattandosi di impianto con potenza termica di 15 Mw, di non dover avviare la procedura di incidenza prevista dall’art. 6 del DPR 12.03.03 n. 120 e di poter autorizzare la realizzazione e l’esercizio dell’impianto in quanto compatibile con la normativa di settore.

A seguito di specifica segnalazione, infatti, la Regione richiedeva con missiva del 11/11/2008 alla Provincia di Alessandria di precisare «la motivazione che ha indotto a non prendere in considerazione la presenza di siti della Rete Natura 2000 nell’ambito del procedimento autorizzativo».

Con nota prot. N.° 175785 del 3/12/2008, la Provincia riscontrava la richiesta della Regione, precisando analiticamente le motivazioni tecniche, condivise dagli Enti (in particolare dalla Regione: Parere Regionale Piemonte, settore gestione beni ambientali acquisiti agli atti della Conferenza dei Servizi) che avevano portato alla mancata attivazione della procedura di valutazione di incidenza.

A fronte di detto riscontro la Regione Piemonte non ha richiesto ulteriori precisazioni, condividendo in tal modo le argomentazioni della Provincia e quelle dalla medesima Regione espressa in seno alla Conferenza dei Servizi, come già rilevato.

9. Per le ragioni esposte sia l’appello incidentale che quello principale sono infondati e, come tali, da respingere.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, attesa la complessità delle questioni giuridiche dedotte in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, di cui in epigrafe, così dispone:

– respinge l’appello incidentale;

– respinge l’appello principale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

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