Massima

Ai sensi dell’art. 114, comma 4, c.p.a. la cd. astreinte può trovare applicazione dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella sentenza di cognizione (o in quella successiva di ottemperanza), mentre la data di scadenza va fissata al momento dell’eventuale insediamento del Commissario ad acta.

Supporto alla lettura

ASTREINTE

L’astreinte (o penalità di mora), è un istituto che prevede l’applicazione di una penale a danno del debitore che violi una condanna all’adempimento.
Si tratta di un’istituto dell’ordinamento francese che trova posto anche nel diritto italiano con l’art. 614 bis c.p.c.. Tecnicamente viene vista come una misura di coercizione indiretta, concretamente consiste in una sorta di penale, imposta dal giudice, che il debitore dovrà pagare in caso di inosservanza o ritardo nell’adempimento per il quale è stato condannato.
L’art. 614 c.p.c. prevede che l’istituto dell’astreinte si applichi con riferimento alle obbligazioni di fare infungibili, di non facere e anche alle ipotesi di inadempimento degli obblighi di consegna e rilascio. Inoltre dispone che tale istituto possa essere concesso dal giudice solo su richiesta di parte e se il provvedimento non risulti manifestamento iniquo nel caso concreto.
Caratteristica di questo istituto è che rappresenta titolo esecutivo, e quindi al verificarsi dell’inadempimento o del ritardo, il creditore potrà subito iniziare un’azione esecutiva ai danni del debitore, notificandogli un atto di precetto, senza necessità di un provvedimento che accerti l’effettiva sussistenza del ritardo o dell’inadempimento. Sarà eventualmente il debitore, tramite opposizione all’esecuzione, a dover dimostrate l’avvenuto adempimento.
Il giudice nel fissare la somma da pagare deve tenere conto di diversi parametri:
 valore della causa;
 natura della prestazione e del danno;
 condizioni patrimoniali delle parti;
 altre circostanze utili.
Anche nell’ambito del diritto amministrativo è presente un istituto riconducibile all’astreinte, infatti l’art. 114 c.p.a. prevede che, nell’ambito del giudizio di ottemperanza, la pubblica amministrazione possa essere condannata al pagamento di una penalità di mora nel caso in cui non provveda all’esecuzione del giudicato.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 9 giugno 2016, n. 1234, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, ha condannato la Regione Calabria al risarcimento dei danni subiti dalla società Z-5 Costruzioni s.n.c. per l’illegittimo diniego di un finanziamento del Piano Operativo Plurifondo 1994/1999, che sarebbe stato utilizzato per il completamento e l’arredamento di un complesso turistico alberghiero realizzato dalla società. Accertata la responsabilità, la Regione Calabria è stata condannata, ai sensi dell’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo, a proporre alla società ricorrente, nel termine di 90 giorni dalla pubblicazione della sentenza, il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante, da determinarsi come di seguito descritto:

“a) occorrerà verificare quali siano gli utili previsti del business plan presentato dalla Z-5 a corredo della domanda di finanziamento inoltrata in data 29 ottobre 1996;

b) verificatone l’ammontare, si dovrà ridurli del 50%, allo scopo di tener conto, nella misura che il Collegio ritiene equa, del fattore rischio d’impresa;

c) i mancati utili da risarcire dovranno essere determinati con decorrenza dall’anno 1999 e sino alla data di cessione alla (omissis) S.r.l. del complesso turistico;

d) le somma così determinate dovranno essere rivalutate e, sulle somme annualmente rivalutate, dovranno essere computati interessi al saggio legale con decorrenza dall’anno di riferimento sino alla data di pubblicazione della presente sentenza”.

2. Con la sentenza 20 ottobre 2017, n. 1587, il medesimo T.a.r., in accoglimento del ricorso per l’ottemperanza, ha condannato la Regione Calabria all’esecuzione della sentenza n. 1234/2016, ha applicato la sanzione per l’eventuale ritardo (commisurandola agli interessi legali sulla somma dovuta a titolo di risarcimento) e ha nominato il Commissario ad acta nella persona del Prefetto di Catanzaro.

Il Commissario (con provvedimento n. 188049/2018) ha liquidato in favore della società la somma di euro 1.015.838,60, di cui euro 609.763,45 a titolo di capitale, euro 173.401,78 a titolo di rivalutazione monetaria ed euro 232.673,37 a titolo di interessi legali.

3. Avverso detto provvedimento hanno proposto reclamo, ai sensi dell’art. 114, comma 6, cod. proc. amm., sia la Z-5 Costruzioni sia la Regione Calabria. Con sentenza n. 1611 del 26 settembre 2018, il T.a.r. ha ordinato al commissario ad acta di procedere alla liquidazione degli accessori di cui alla sentenza n. 1587/2017 (spese legali, contributo unificato, sanzione per il ritardo e relativi interessi legali dalla data della sentenza); e ha ribadito che la posta di danno risarcibile riferibile ai mancati utili va determinata con decorrenza dall’anno 1999 e sino alla data di cessione del complesso turistico (come già stabilito al paragrafo 6.2 della sentenza della cui esecuzione si tratta).

4. Con atto n. 4203 del 14 aprile 2020, il Commissario ad acta ha liquidato in favore della Z-5 Costruzioni un totale complessivo di € 324.655,09.

5. Con ulteriore reclamo ai sensi dell’art. 114 cod. proc. amm., la società ha impugnato anche l’anzidetto provvedimento commissariale, lamentando:

a) che i mancati utili dovessero essere determinati con decorrenza dall’anno 1996 e non dal 1999;

b) l’omessa erogazione di somme dovute a titolo di sanzione per il ritardo nell’adempimento, sino al soddisfo;

c) l’omessa liquidazione delle spese legali pari ad euro 1.000,00, oltre accessori di legge;

d) l’omesso rimborso del contributo unificato pari ad euro 300,00;

e) la mancata liquidazione degli interessi legali sulla somma dovuta a titolo di risarcimento, dalla data della pubblicazione della sentenza n. 1234 (9 giugno 2016) sino al soddisfo.

6. Il reclamo è stato accolto in parte dal Tribunale (con la sentenza 14 ottobre 2020, n. 1615), con riferimento alle censure di cui ai punti b), c), d), ordinando conseguentemente al commissario di procedere alla liquidazione dell’importo dovuto a titolo di astreinte per il ritardo nell’esecuzione, da intendersi decorrente dallo spirare del termine di adempimento posto dalla pronuncia n. 1587/2017 fino all’insediamento del Commissario ad acta; nonché, di procedere alla liquidazione dell’importo di euro 1.000,00, per le spese legali oltre accessori di legge e dell’importo di euro 300,00 a titolo di contributo unificato.

Ha disatteso gli altri motivi, ribadendo che i mancati utili vanno risarciti per il periodo dal 1999 al 2002 (data di cessione del complesso turistico) e che la complessiva somma di euro 324.655,00, liquidata dall’organo commissariale, è da ritenersi comprensiva di euro 199.525,00 a titolo di sorte capitale, euro 53.355,00 a titolo di rivalutazione monetaria e euro 71.775,00 a titolo di interessi legali.

7. La Z-5 Costruzioni ha proposto appello, deducendo, anzitutto, l’ingiustizia della sentenza per la violazione del giudicato da eseguire che imponeva di calcolare la somma da risarcire basandosi sul business plan presentato a corredo della domanda di finanziamento, procedendo alla liquidazione dei mancati utili riferibili agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002 (tabella 2 “Gestione dell’intervento”, del business plan).

Con il secondo motivo, si critica la sentenza per non aver compiutamente esaminato l’istanza di modifica della statuizione relativa alla penalità di mora contenuta nella precedente sentenza di ottemperanza, prevedendone l’applicazione anche per il tempo successivo all’insediamento del Commissario ad acta e fino al soddisfo, per ogni giorno di ritardo, nella misura di una percentuale del totale liquidato ovvero secondo i parametri fissati dall’art. 614-bis del codice di procedura civile; e con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza di cognizione (T.a.r. Calabria n. 1234/2016), non dalla prima sentenza di ottemperanza (T.a.r. Calabria n. 1587/2017).

Con un terzo mezzo di censura, la società appellante ritiene erronea anche la liquidazione degli interessi legali sulla somma capitale dovuta a titolo di risarcimento.

8. Resiste in giudizio la Regione Calabria, concludendo per la reiezione dell’appello.

9. Alla camera di consiglio del 16 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

10. L’appello è infondato.

11. – Quanto al primo motivo (liquidazione del danno sulla base del piano finanziario allegato alla domanda di finanziamento) gli importi presi in considerazione dal Commissario ad acta (come risulta dal confronto tra la tabella inserita a pag. 3 della relazione finale dell’organo commissariale e la tabella 2 “Gestione dell’intervento”, del business plan), corrispondono esattamente a quanto previsto dalla società in termini di redditività futura dell’investimento (con decorrenza dall’anno 1999, colonna 2 della tabella 2-“Gestione dell’intervento”, come statuito dalla sentenza di cognizione e ribadito dalle ulteriori sentenze intervenute in sede di esecuzione).

12. La sentenza va confermata anche con riguardo alla applicazione della penalità di mora per il ritardo nell’adempimento del giudicato, in conformità al costante orientamento secondo cui, ai sensi dell’art. 114, comma 4, cit., la cd. astreinte può trovare applicazione dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella sentenza di cognizione (o in quella successiva di ottemperanza), mentre la data di scadenza va fissata al momento dell’eventuale insediamento del Commissario ad acta (cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. V, 27 novembre 2018, n. 6724; id., sez. III, 4 febbraio 2020, n. 878).

13. Infine, è inammissibile per genericità la censura diretta a contestare la liquidazione degli interessi legali sulla somma riconosciuta a titolo di risarcimento, posto che l’appellante non allega né deduce in quale parte sarebbe errato il calcolo effettuato dal Commissario nel decreto impugnato.

In conclusione, l’appello va integralmente respinto.

14. Le spese giudiziali per la presente fase possono essere compensate tra le parti, in ragione della peculiarità della controversia.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.Compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2021 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 05 MAG. 2022.

Allegati

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