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Consiglio di Stato sez. V, 02/11/2023, n.9450

Massima

La TOSAP è un tributo e deve essere corrisposta al Comune, quale ente impositore, al verificarsi di determinati presupposti ritenuti indici seppure indiretti di capacità contributiva.

Supporto alla lettura

AUTOTUTELA

Nel diritto amministrativo, si tratta della facoltà riconosciuta ad un’amministrazione pubblica di annullare, revocare o riformare un atto amministrativo per ragioni afferenti alla legittimità dell’atto medesimo.

Viene solitamente distinta in:

  • autotutela decisoria (o provvedimentale): con la quale l’amministrazione può intervenire con un atto cosiddetto di secondo grado su dei precedenti provvedimenti adottati;
  • autotutela esecutiva: con la quale l’amministrazione dà effettiva attuazione a provvedimenti già emanati.

Sono esempi di questa capacità il potere di revoca, sospensione, proroga, rimozione degli “effetti dell’atto”, di annullamento o convalida dell’atto e dei suoi effetti ex tunc, o ancora di riforma, sanatoria, ratifica e rinnovazione dell’atto e dei suoi effetti ex nunc.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO

1. La signora (omissis) chiede la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione seconda, n. 1780 del 18 ottobre 2018 che ha respinto il ricorso avverso la determinazione n. 1574 del 03/06/2016 di decadenza dall’occupazione di suolo pubblico per il mancato pagamento del canone concessorio.

2. Con unico motivo di appello l’appellante lamenta l'”erroneità della decisione di primo grado e del provvedimento censurato in prime cure in quanto fondato sulla ritenuta esistenza di una norma asseritamente attributiva del potere di imporre il canone concessorio (articolo 27 del D.Lgs n. 285/1992) invero assorbita dalla successiva legislazione (D.Lgs. n. 446/1997)“.

2.1 Deduce l’appellante che il canone concessorio previsto ai sensi dell’art. 27, comma 8 d.lgs n. 285/1992 non è più dovuto per effetto dell’art. 63 d.lgs 446/1997. In particolare, poiché sia il canone non ricognitorio che la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche si basano sullo stesso presupposto di fatto, costituito dall’uso della strada pubblica, il canone non è dovuto in caso di pagamento della tassa di occupazione del suolo pubblico, come avvenuto nel caso di specie.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Catanzaro, chiedendo la reiezione del gravame in quanto infondato.

4. Entrambe le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive difese.

5. All’udienza di smaltimento del 24 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Con un unico motivo di appello l’appellante deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, il canone concessorio non ricognitorio è alternativo alla tassa di occupazione di suolo pubblico ai sensi dell’art. 63 d.lgs n. 446 del 1997 e che, avendo la ricorrente sempre pagato la tassa di occupazione del suolo pubblico, il suddetto canone non è dovuto perché incluso nella tassa.

7. Il motivo- in disparte i profili inammissibilità dello stesso per violazione dell’art. 104 c.p.a (non figurando la censura tra i motivi di ricorso di primo grado che attengono unicamente all’asserito rapporto intercorrente tra canone concessorio e attività economica: pag. 8 del ricorso di primo grado)- è infondato nel merito.

7.1 Come ripetutamente affermato da questa Sezione (cfr., ex multis, Cons. Stato sez. V 2 novembre 2017 n. 5071; id. 4 novembre 2022 n. 9686; id. 28 giugno 2016, n. 2927), l’amministrazione interessata può legittimamente esigere il canone concessorio non ricognitorio anche nel caso in cui per la medesima occupazione sia già corrisposta la TOSAP o la COSAP, giacché non esiste contraddizione nella eventuale coesistenza fra le due fattispecie, una di ordine tributario e l’altra caratterizzata da una lata corrispettività.

7.2 Il canone concessorio non ricognitorio costituisce per l’ente pubblico proprietario del terreno una entrata patrimoniale (e non tributaria) che trova la sua giustificazione nella necessità di trarre un corrispettivo per l’uso esclusivo e per l’occupazione dello spazio, concesso contrattualmente o in base a provvedimento amministrativo a soggetti terzi. La tassa per l’occupazione del suolo pubblico, invece, è un tributo e deve essere corrisposta al Comune, quale ente impositore, al verificarsi di determinati presupposti ritenuti indici seppure indiretti di capacità contributiva. Quest’ultima, infatti, è un’entrata di carattere patrimoniale, la cui istituzione è rimessa alla facoltà dei Comuni e delle Province in alternativa alla tassa per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche appartenenti al patrimonio indisponibile dei medesimi enti.

7.3 Va poi ricordato che l’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 63 del d. lgs. n. 446/1997 prevede che: “Dalla misura complessiva del canone ovvero della tassa prevista al comma 1 va detratto l’importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge, riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.” La disposizione stabilisce una soglia massima di prelievo con efficacia assorbente: se, dunque, il comune riscuote già altri canoni previsti dalla legge (come, appunto, quello di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 285 del 1992), gli stessi debbono essere portati in detrazione rispetto alla misura complessiva del COSAP (o della TOSAP) come risultante dall’applicazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997.

8. L’applicazione delle sopra richiamate coordinate giurisprudenziali esclude che il mero pagamento della tassa per l’occupazione del suolo pubblico esoneri dal pagamento del canone concessorio, come sostenuto dall’appellante, mentre del tutto irrilevante-oltre che generico-è l’assunto relativo alla non qualificabilità come strada dell’area pubblica occupata dal chiosco (memoria del 2 ottobre 2023).

9. Nel caso di specie, peraltro, la decadenza per mancato pagamento dei canoni era espressamente prevista dalla convenzione sottoscritta dall’interessata, come rilevato dalla sentenza di primo grado che sul punto non è stata oggetto di impugnazione.

10. Il provvedimento impugnato risulta, quindi, legittimo sia sul piano normativo che su quello negoziale.

11. In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.

12. Sussistono giustificati motivi, in ragione della particolarità del caso concreto, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 02 NOV. 2023.

Allegati

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