SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9281 del 2022, proposto da (omissis) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Porto Cesareo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (omissis);
Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce (Sezione prima) n. 545 del 5 aprile 2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Porto Cesareo e del Ministero della cultura – Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2024 il consigliere (omissis);
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito:
– dal provvedimento prot. n. 21691 del 6 agosto 2021 del Comune di Porto Cesareo, recante il diniego definitivo dell’autorizzazione paesaggistica per l’installazione di una struttura precaria amovibile destinata a chiosco bar e servizi per la balneazione in località Punta Prosciutto;
– dai pareri della Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio di Lecce prot. n. 5660 del 15 marzo 2019 e prot. n. 3979 del 25 febbraio 2019 e dalla successiva nota prot. n. 19873P del 1° ottobre 2019;
– dal preavviso di diniego prot. n. 20122 del 23 luglio 2021;
– da ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale del procedimento.
2. Tali provvedimenti sono stati impugnati dinanzi al T.a.r. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce dalla (omissis) s.r.l., società presentatrice dell’istanza di autorizzazione paesaggistica, sulla base dei seguenti motivi:
a) nullità ex art 21septies legge n. 241/90 ovvero annullamento del provvedimento impugnato per violazione o elusione del giudicato amministrativo, eccesso di potere per violazione del c.d. principio del one shot temperato, difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 146, commi 5, 8 e 9 del d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere per carenza di istruttoria;
b) eccesso di potere per irragionevolezza e manifesta illogicità, contraddittorietà, violazione delle norme di cui al PPTR Regione Puglia, motivazione errata ed apparente; contraddittorietà;
c) eccesso di potere per erroneità dei presupposti, motivazione manifestamente errata, illogicità ed irrazionalità manifesta, errata applicazione degli artt. 2.5.1.3, 2.5.2.8 e 2.5.2.8.8. delle NTA del PUG.
3. Con la sentenza n. 545 del 5 aprile 2022 il T.a.r. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce ha rigettato il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite.
4. La (omissis) s.r.l. ha chiesto al Consiglio di Stato di riformare la suddetta pronuncia, affidando il proprio appello a due articolati motivi così rubricati:
I – errata, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nullità ex art 21septies legge n. 241/90 ovvero annullamento del provvedimento impugnato per violazione o elusione del giudicato amministrativo, eccesso di potere per violazione del c.d. principio del one shot temperato, difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 146, commi 5, 8 e 9 del d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere per carenza di istruttoria;
II – errata motivazione circa un punto decisivo della controversia, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, motivazione manifestamente errata, illogicità ed irrazionalità manifesta, errata applicazione degli artt 2.5.1.3, 2.5.2.8 e 2.5.2.8.8. delle NTA del PUG.
5. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della cultura e il Comune di Porto Cesareo, eccependo, in via preliminare l’inammissibilità e, nel merito, comunque l’infondatezza del gravame.
6. Con memoria depositata il 4 novembre 2024 il Comune di Porto Cesareo ha articolato ulteriormente le sue difese, insistendo nelle conclusioni già formulate.
7. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2025 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
8. Con il primo motivo la società appellante, manifestando il proprio intento di “riproporre tutte le domande, le eccezioni, le deduzioni e i motivi contenuti nel ricorso introduttivo di primo grado dichiarati assorbiti o non esaminati” nella sentenza impugnata, ha lamentato l’erroneità di tale pronuncia, nella quale il T.a.r. non avrebbe adeguatamente considerato che “il provvedimento impugnato in primo grado nella parte in cui motiva(va) il diniego attraverso un mero e asettico richiamo al parere (tardivo) della Soprintendenza di Lecce n. 2102/2019 si pone(va) in aperta violazione e/o elusione del giudicato formatosi a seguito della sentenza n. 17/2021”, poiché il parere stesso, essendo intervenuto ben oltre il termine di 45 giorni di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 aveva perso “ogni carattere di vincolatività”, dovendo “essere autonomamente e motivatamente valutato dall’Amministrazione preposta al rilascio del titolo”. Secondo l’originaria ricorrente il T.a.r. avrebbe, altresì, omesso di valutare tutte le analitiche censure da essa svolte nei confronti del parere della Soprintendenza “concentrando la propria decisione solo ed esclusivamente sulle motivazioni autonomamente sostenute dal Comune di Porto Cesareo”.
9. Con il secondo motivo la società appellante ha lamentato l’errata valutazione da parte del T.a.r. delle sue argomentazioni circa il fatto che la costruzione del chiosco-bar sarebbe avvenuta “interamente su area in proprietà privata” e, pur integrando l’offerta di “servizi alla balneazione”, non avrebbe comportato né la realizzazione di uno stabilimento balneare, né la creazione di una spiaggia libera attrezzata, non necessitando, perciò, di alcuna concessione. Il chiosco in questione, di modeste dimensioni, destinato a costituire un manufatto precario e stagionale, non avrebbe, poi, in alcun modo limitato la visuale da e verso il mare, non incidendo sul pubblico uso del demanio, mentre l’intero tratto interessato dalle passerelle di collegamento all’arenile si sarebbe trovato tutto su suolo di proprietà privata.
10. L’odierna appellante ha, infine, sostenuto l’ingiustizia della sentenza del T.a.r. anche in rapporto alla pretesa necessità di effettuare scavi per il posizionamento delle tubazioni – che sarebbe stata, invece, esclusa dal carattere sopraelevato della struttura – e alla asserita insufficienza dei parcheggi, in ogni caso “presenti nelle immediate vicinanze dell’area”, non per forza interessata, secondo la società stessa, da un aumento del carico urbanistico per effetto della realizzazione del suo progetto.
11. Deve essere, in primo luogo, dichiarata l’inammissibilità della riproposizione da parte della originaria ricorrente di tutte le domande e le censure svolte in primo grado, complessivamente considerate, effettuata preliminarmente alla indicazione degli specifici motivi di impugnazione della sentenza del T.a.r, attraverso una clausola generica ed onnicomprensiva, contraria al principio di specialità dei motivi di appello. Come evidenziato, infatti, dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, “in appello sono inammissibili le censure riproposte ai sensi dell’ art. 101, comma 2, c.p.a . attraverso un semplice richiamo agli atti di primo grado, senza che ne venga trascritto il testo in modo da poter individuare con certezza di quali censure effettivamente si tratti; siffatta modalità di esposizione dei motivi di ricorso, definita per relationem , per il rinvio ad altro documento allo scopo di integrazione delle ragioni di critica ai provvedimenti impugnati, si pone in contrasto con il principio di specificità dei motivi imposto dall’art. 40, comma 1, lett. d), c.p.a” (cfr. ex multis, Consiglio di Stato , sez. IV , 28/08/2024 , n. 7294).
12. L’appello è infondato e deve essere rigettato nel merito così prescindendo dall’esame delle ulteriori eccezioni di inammissibilità formulate dal Comune di Porto Cesareo in relazione ad alcune specifiche doglianze esposte nel gravame.
13. Lungi dall’aver aderito acriticamente al parere della Soprintendenza – come dedotto dalla società appellante con il primo motivo – nel provvedimento del 6 agosto 2021 il Comune di Porto Cesareo risulta aver compiutamente valutato il progetto presentato dalla (omissis) s.r.l. ed essersi determinato a rigettare la richiesta di autorizzazione paesaggistica facendo proprie e sviluppando, a seguito dell’istruttoria espletata, alcune delle argomentazioni già esposte dall’Amministrazione statale nel suo parere tardivo, ma, soprattutto, esprimendo un nuovo ed autonomo giudizio circa la non compatibilità dell’intervento con la tutela dei valori paesaggistico-ambientali della zona de qua.
14. Alla luce di tali circostanze deve essere, dunque, esclusa qualsiasi violazione del giudicato da parte dell’ente locale che, nel provvedere nuovamente sulla richiesta della società appellante, ha mostrato di avere, al contrario, inteso puntualmente ottemperare alla precedente decisione del T.a.r., esercitando il proprio potere discrezionale conformemente ai principi espressi nella suddetta decisione, nella consapevolezza di non poter semplicemente richiamarsi, nella motivazione del suo nuovo provvedimento, al parere tardivo e, perciò, non vincolante della Soprintendenza. Essendo il diniego plurimotivato, nonché principalmente incentrato, come detto, sui numerosi dati ostativi autonomamente individuati dal Comune, correttamente il T.a.r., nella pronuncia impugnata, ha concentrato il proprio esame sulla congruità di tali elementi del provvedimento che, immune sotto tale profilo dai dedotti vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, risulta pienamente legittimo e ragionevolmente e compiutamente motivato. Come, del resto, affermato dalla costante giurisprudenza, “Nei casi in cui il provvedimento impugnato risulti sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall’ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze” (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2024, n.7911; Sez. IV, 8 ottobre 2024, n.8094)
14. Parimenti infondato si rivela il secondo motivo di appello, in cui l’originaria ricorrente ha sostenuto, come anticipato, l’erroneità di tutte le autonome ragioni poste dal Comune di Porto Cesareo, congiuntamente al parere negativo della Soprintendenza, alla base del rigetto della sua domanda. Quanto alla mancata disponibilità da parte della ricorrente di un’area demaniale, in particolare, il provvedimento impugnato non appare inficiato da alcun errore o incongruenza, avendo la (omissis) s.r.l. stessa presentato la propria iniziativa costruttiva nella relativa richiesta come volta ad assicurare “servizi alla balneazione” ed essendosi l’ente locale limitato, da parte sua, ad osservare in modo ragionevole e congruo, che l’intervento proposto – pur destinato a sorgere su suolo di proprietà privata – “per la sua eccessiva dimensione e per l’ubicazione in corrispondenza dell’accesso alla spiaggia (era)… in contrasto con i valori paesaggistici tutelati dal d.m. 4 settembre 1975 e 1° agosto 1985 in quanto altera(va) significativamente i valori paesaggistici del sito tutelato e …(costituiva) limitazione alla visuale panoramica e verso il mare”. Tale giudizio risulta proporzionato alla particolarità dei luoghi e alla delicatezza dell’ecosistema – contraddistinto dalla presenza delle dune di sabbia, di numerosi arbusti e della macchia mediterranea – non inficiato dalla avvenuta realizzazione nelle vicinanze di “opere antropiche” – che non diminuiscono, ma finiscono per acuire le necessità di salvaguardia dei valori paesaggistico-ambientali della zona – nonché immune da errori di fatto o palesi irrazionalità ed essendo frutto dell’esercizio da parte del Comune del suo potere discrezionale anche e soprattutto tecnico, non può essere in alcun modo sostituito dalle autonome valutazioni, per natura opinabili, della società appellante, rimaste, del resto, su di un piano generico e non circostanziate.
15. In rapporto al tracciato del percorso di collegamento con l’arenile, poi, le osservazioni mosse dal Comune circa la mancanza in capo alla società richiedente della piena disponibilità delle aree su cui le passerelle avrebbero dovuto essere apposte sono rimaste prive di efficace confutazione da parte della (omissis) s.r.l., al di là dell’esclusione del carattere demaniale delle aree stesse. Analogamente è accaduto per le criticità legate agli scavi da effettuare per la sistemazione delle tubazioni dell’acqua e dei serbatoi, che non sono state sufficientemente smentite e che, alterando in modo sensibile l’assetto dei luoghi, appaiono suscettibili di mettere a rischio il complesso equilibrio della zona e per quelle connesse alla mancanza di un adeguato numero di parcheggi, aspetto particolarmente rilevante in considerazione della particolare posizione della struttura in questione “tra dune con vegetazione a ginepri classificati habitat comunitari prioritari a rischio estinzione”.
16. Tali considerazioni, a cui deve aggiungersi il contrasto dell’intervento progettato con le disposizioni del PUG, risultano, in verità, autonomamente in grado di giustificare pienamente il diniego di autorizzazione paesaggistica da parte del Comune, privando di rilievo gli ulteriori aspetti oggetto di contestazione.
17. In conclusione, l’appello deve, dunque, essere integralmente rigettato.
18. Le spese del presente grado tra la società appellante ed il Comune di Porto Cesareo seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre quelle nei confronti del Ministero della cultura possono essere compensate, sussistendone giusti motivi anche in funzione dell’attività difensiva concretamente svolta.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante alla rifusione, in favore del Comune di Porto Cesareo, delle spese del grado di appello, liquidate in € 4.000,00, oltre accessori di legge.
Compensa le spese nei confronti del Ministero della cultura.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
