Massima

Ai sensi dell’articolo 14, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461, il dipendente, qualora si verifichi un aggravamento della menomazione dell’integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale sia già stato riconosciuto e corrisposto l’equo indennizzo, ha facoltà di richiedere, una sola volta, la revisione del beneficio economico concesso, entro il termine di cinque anni dalla data di comunicazione del relativo provvedimento, secondo le modalità procedurali previste dal medesimo regolamento.

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

INFORTUNIO SUL LAVORO

Per infortunio sul lavoro deve intendersi un evento lesivo avvenuto per causa violenta (con azione intensa e concentrata nel tempo), in occasione di lavoro, dal quale astrattamente possono conseguire, nei casi più gravi, la morte del lavoratore oppure postumi di natura permanente (incidenti sulla capacità lavorativa generica e sull’efficienza psicofisica) oltre che temporanei.

Ogni evento può definirsi avvenuto per causa ed in occasione di lavoro, anche al di fuori dell’orario di lavoro, quando il lavoro sia stato la causa del rischio. E’ cioè necessario che intercorra un nesso di causalità anche mediato ed indiretto, tra attività lavorativa e sinistro. Deve ricorrere un rischio specifico o di un rischio generico aggravato dal lavoro e non di un mero rischio generico incombente sulla generalità delle persone (indipendente dalla condizioni peculiari del lavoro).

Rilevano tutte le condizioni, anche ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore. Solo il rischio elettivo, ovvero quello rapportabile a fatto proprio esclusivo e frutto di una libera e spontanea determinazione del lavoratore, estraneo alle mansioni ed al lavoro, esclude l’occasione di lavoro.

È infortunio sul lavoro anche il così detto “infortunio in itinere”, cioè quello occorso al lavoratore nel tragitto compiuto per recarsi o tornare dal luogo di lavoro a casa. Sono considerati infortuni sul lavoro anche quelli dovuti a colpa del lavoratore stesso.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO e DIRITTO

1. Con D.M. n. 1755 del 7/10/2004, -OMISSIS-ha beneficiato dell’equo indennizzo di TAB B misura minima per l’infermità -OMISSIS-.

Con istanza del 7/7/2008, l’interessato ha chiesto la revisione dell’equo indennizzo per aggravamento, che la CMO di Cagliari non ha riscontrato (cfr. p.v. n. ACMO-PS09913 del 9/11/09).

Con istanza del 7/1/2010 il -OMISSIS-ha avanzato richiesta di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per le seguenti infermità: -OMISSIS-.

La competente C.M.O. di Cagliari ha considerato le citate infermità non come nuove affezioni, ma come evoluzione peggiorativa di quella indennizzata, che è stata nel complesso diagnosticata come segue: “-OMISSIS-” e ascritta alla 8^ ctg. misura massima.

In data 3/8/2011, con p.v. n. ACMO ID112261, la C.M.O. di Cagliari, dopo aver sottoposto l’interessato a visita per idoneità lo ha giudicato “inidoneo al servizio in modo PARZIALE” per effetto dell’infermità-OMISSIS-.

Con istanza del 27/10/2011, il -OMISSIS-ha chiesto la concessione dell’indennità speciale “una

tantum” prevista dall’art. 7 del D.P.R. 25/10/81, n. 738.

Con provvedimento del 14 gennaio 2015 è stata respinta sia la richiesta di revisione per aggravamento ai fini dell’equo indennizzo, che la richiesta avanzata per l’indennità speciale “una tantum” ex art. 7 del D.P.R. n. 738/81.

2. Tale provvedimento è stato impugnato dall’interessato (con ricorso r.g.n.-OMISSIS-) dinanzi al TAR per la Sardegna, il quale, con sentenza della Sezione III n. -OMISSIS-, lo ha accolto.

Avverso tale sentenza il Ministero dell’Interno ha proposto appello (r.g.n. 5302/2019) dinanzi al Consiglio di Stato, deducendo l’erroneità di quanto affermato dal giudice di primo grado, il quale, per decidere la controversia, avrebbe applicato l’art. 56 del D.P.R. 686/57 che, alla data di emissione del provvedimento n. 174/15N del 14/1/2015, era stato abrogato (ex art. 20, punto d, del D.P.R. n. 461/01) e sostituito con l’art. 14 del D.P.R. n. 461/01.

-OMISSIS-si è costituito nel giudizio di secondo grado chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. -OMISSIS-, la domanda cautelare proposta dall’Amministrazione è stata accolta in considerazione della comparazione dei contrapposti interessi.

All’udienza del 27 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. Il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e debba essere accolto.

3.1. Il giudice di primo grado ha, infatti, affermato che: “In riferimento all’ulteriore aspetto inerente la previsione contenuta nell’articolo 56 del D.P.R. 03/05/1957 n. 686, attinente la possibilità di rivalutazione ‘solo per una volta’, va considerato che la norma esprime non un profilo formale, ma un concetto sostanziale. La disposizione va interpretata, evidentemente, nel senso di poter ottenere la liquidazione dell’indennità solo per un primo aggravamento (e non anche per, eventuali, successivi). Con impedimento di riconoscimenti economici “plurimi e ulteriori”, a titolo di equo indennizzo. Ne consegue che il giudizio negativo precedentemente espresso (con verbale CMO del 11.2009) non assume valenza impeditiva. La norma prevede espressamente (e testualmente) solo la possibilità di ‘provvedere per una sola volta alla revisione del indennizzo già concesso’. Con possibilità, nel quinquennio, di un’unica espressione del potere di (positivo) riconoscimento, in concreto, dell’indennità una tantum. Con l’effetto che un diniego espresso in relazione a determinate patologie aggravate non costituisce sbarramento per poter valutare, entro il termine quinquennale, ‘altre’ infermità aggravate (come nel caso di specie è avvenuto). Con fondatezza della pretesa ad ottenere, in concreto, un ‘primo riconoscimento’ dell’aggravamento (per infermità diverse ed ulteriori rispetto a quelle negate) connesso all’infermità già riconosciuta. Nel caso di specie la sussistenza dell’ aggravamento è intervenuta entro i cinque anni dalla concessione (notifica) dell’equo indennizzo per la patologia poi aggravatasi nel corso del quinquennio. Interpretata in tal senso la disposizione assume valore di tutela della posizione giuridica fatta valere, correlata ad una situazione di fatto, medico-legale, caratterizzata da continuità e connotata in termini di “aggravamento. … La patologia originaria, riconosciuta dipendente da causa di servizio, ha avuto uno sviluppo in termini di aggravamento (accertato dalla CMO) nell’ambito del periodo delimitato di cinque anni dal riconoscimento dell’equo indennizzo”.

3.2. Come correttamente rilevato anche dall’appellato (cfr. comparsa di costituzione del 4 luglio 2019), il caso di specie è disciplinato dall’art 7 del d.P.R. n. 738/81 il quale stabilisce che “l’interessato che abbia ottenuto il riconoscimento dell’invalidità a norma degli articoli precedenti ha diritto alla corresponsione, su domanda da presentare entro sei mesi dal riconoscimento stesso, di una indennità speciale “una tantum” proporzionata al grado di invalidità accertato non cumulabile con altre specifiche provvidenze corrisposte o da corrispondersi allo stesso titolo, il cui importo è pari a quello dell’equo indennizzo previsto dalle vigenti disposizioni maggiorato del venti per cento … si applicano le disposizioni relative all’equo indennizzo ad eccezione dell’art. 49 secondo e terzo comma del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686. La maggiorazione del venti per cento viene corrisposta a titolo di anticipo dopo il riconoscimento dell’invalidità da parte delle commissioni mediche di cui al precedente art. 2”. L’art. 56 del citato decreto stabilisce che “entro cinque anni dalla data della comunicazione del decreto previsto dall’art. 49 l’Amministrazione in caso di aggravamento della menomazione dell’integrità fisica per la quale sia stato concesso un equo indennizzo, può provvedere, su richiesta dell’impiegato, e per una sola volta alla revisione dell’indennizzo già concesso.”.

3.3. Al riguardo, il Collegio rileva che l’interessato ed il giudice di primo grado hanno omesso di considerare che al momento dell’adozione del provvedimento n. 174/15N del 14/1/2015, l’art. 56 del D.P.R. n. 686/57 era stato abrogato dall’art. 20, punto d, del D.P.R. n. 461/01, e sostituito dall’articolo 14 del medesimo decreto.

L’art. 14, co. 4, del D.P.R. n. 461/01, stabilisce che entro cinque anni dalla notifica del provvedimento di riconoscimento dell’aggravamento dell’integrità fisica, il dipendente può, per una sola volta, chiedere all’Amministrazione la revisione dell’equo indennizzo già concesso.

Sotto questo aspetto, va considerato che l’Amministrazione non ha contestato il rispetto del termine quinquennale per la richiesta di revisione – decorrente dal 14 aprile 2005, data in cui risulta notificato al -OMISSIS-il D.M. n. 1755 di prima concessione dell’equo indennizzo -, ma l’inammissibilità dell’istanza del 7 gennaio 2010, recante la seconda richiesta di revisione avanzata dall’interessato.

Al riguardo, va rilevato che la prima istanza di revisione del 7 luglio 2008, pur risultando tempestivamente prodotta, non è stata accolta in quanto la C.M.O. non ha riscontrato l’aggravamento delle infermità sofferte dall’istante.

Le istanze del 7 gennaio 2010 e del 27 ottobre 2011, invece (avanzate ai fini dell’ottenimento dell’equo indennizzo e dell’indennità speciale “una tantum” ex art. 7 del D.P.R. n. 738/81), non sono state accolte in quanto la revisione per aggravamento era già stata richiesta e valutata a seguito della citata istanza del 7 luglio 2008.

3.4. In sostanza, l’istanza tesa ad ottenere l’indennità speciale “una tantum” risulta essere stata tempestivamente avanzata rispetto al termine semestrale previsto dall’art. 7 del D.P.R. n. 738/81 (sei mesi dalla comunicazione del giudizio di riforma parziale), ma il diniego risulta correttamente motivato dal fatto che, essendo essa assimilata ad un istanza di aggravamento, sono state applicate anche le norme previste per l’aggravamento di cui all’art. 14, co. 4, del D.P.R. n. 461/01.

Non assume particolare rilievo al riguardo il fatto che l’interessato, con l’istanza del 7 gennaio 2010, abbia chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e non la revisione per aggravamento, posto che dal giudizio diagnostico espresso dalla C.M.O. emerge che tale richiesta aveva ad oggetto la medesima infermità-OMISSIS- già indennizzata come dipendente da causa di servizio e asseritamente aggravatasi.

In conclusione, la richiamata normativa di riferimento prevede che entro cinque anni dalla notifica del provvedimento concessivo dell’equo indennizzo, in caso di aggravamento dell’infermità menomativa dell’integrità fisica, il dipendente può chiedere per una sola volta all’Amministrazione di appartenenza la revisione del beneficio già concesso; mentre, nel caso di specie, di fatto, il dipendente ha chiesto per due volte la revisione per aggravamento dell’equo indennizzo già fruito per l’infermità indicata.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che il provvedimento contestato dal dipendente risulta corretto – avuto riguardo a quanto stabilito dall’art. 14, co. 4, del D.P.R. n. 461/01 – e, quindi, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR per la Sardegna, Sez. III, n. -OMISSIS-, il ricorso di primo grado debba essere respinto.

5. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute dell’appellato.

6. Sussistono gravi ed eccezionali motivi – alla particolare natura della controversia, della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese dei due gradi di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

  • accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR per la Sardegna, Sez. III, n. -OMISSIS-, respinge il ricorso di primo grado;
  • dispone l’integrale compensazione delle spese dei due gradi di giudizio tra le parti in causa;
  • ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Allegati

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