Massima

Il diritto all’erogazione di un trattamento sanitario, quale la terapia ABA per i minori affetti da autismo, rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e, ove l’Amministrazione sanitaria (ASL) ometta di provvedere in relazione alle richieste avanzate, l’azione dei genitori per l’accertamento del diritto e la conseguente condanna al rimborso delle spese sostenute per l’attivazione della terapia privatamente rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo quale sindacato sull’inadempimento in ambiti di attività vincolata.

Supporto alla lettura

DIRITTO ALLA SALUTE

Si tratta di un principio fondamentale riconosciuto a livello internazionale e, in Italia, è sancito dall’art. 32 Cost. Riguarda il benessere fisico, mentale e sociale di ogni individuo.

L’attuazione del diritto alla salute in Italia è avvenuta attraverso il Servizio Sanitario Nazione (SSN), istituito con la L. 833/1978 di riforma sanitaria che prevede un modello di tutela universalistico, che garantisce l’accesso alle cure a tutti, indipendentemente dalla condizione economica e sociale (in precedenza, l’assistenza sanitaria si basava su un sistema mutualistico legato alla posizione lavorativa, che non garantiva la copertura a tutti i cittadini).

Il concetto di tutela del diritto alla salute è molto ampio, infatti include diversi aspetti:

  • diritto alle prestazioni sanitarie: garantisce l’accesso alle cure e ai servizi medici necessari per mantenere e ripristinare la salute;
  • diritto all’integrità psicofisica: protegge la persona da lesioni e danni alla propria salute fisica e mentale;
  • diritto a un ambiente salubre: include la protezione dell’ambiente, considerato fondamentale per la salute della collettività;
  • diritto di rifiutare le cure: si basa sul principio di autodeterminazione, consent al paziente di rifiutare un trattamento medico, previa corretta informazione (c.d. “consenso informato”), a meno che non sia imposto dalla legge per motivi di salute pubblica.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9948 del 2023, proposto da (omissis) e (omissis), nella loro qualità di genitore esercenti la potestà sulla minore (omissis), rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Sanitaria Locale – ASL Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mariagiusy Guarente, Marcello Abbondandolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Terza) n. (omissis) resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ASL Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il Cons. (omissis) e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti (genitori di un minore affetto da disturbo autistico) hanno agito innanzi al T.A.R. Campania (in riassunzione a seguito della declinatoria di giurisdizione pronunciata sul medesimo ricorso dal Tribunale di Avellino, con sentenza n. (omissis)) per l’accertamento del diritto al rimborso delle spese (ammontanti al totale di euro 13.545,00) da loro sostenute per garantire alla figlia minore le terapie ABA (25 ore settimanali) e le supervisioni correlate (2 ore ogni 2 mesi), a far data dalla richiesta di presa in carico vanamente inoltrata all’ASL di Avellino il 2 maggio 2019 e fino alla notifica dell’ordinanza ex art. 700 c.p.c. dell’8 ottobre 2019, con la quale detto diritto è stato riconosciuto in via giudiziale.

2. A fondamento della richiesta i ricorrenti hanno esposto, in punto di fatto e di diritto:

— di avere espressamente richiesto all’ASL Avellino, in data 2 maggio 2019, la presa in carico della minore con l’erogazione di n. 25 ore di terapia Aba, in luogo delle 6 (successivamente elevate a 10) ore settimanali sino a quel momento riconosciutele;

— non avendo ricevuto riscontro da parte dell’ASL, di aver attivato di loro iniziativa il percorso terapeutico privato a partire da maggio 2019 per 25 ore settimanali;

— di avere quindi presentato ricorso ex art. 700 c.p.c. in data 14 agosto 2019 per il riconoscimento del diritto al trattamento nella sua estensione a 25 ore settimanali, ottenendone l’accoglimento per un anno a decorrere dal deposito dell’ordinanza del Tribunale del 27 settembre 2019, notificata all’ASL in data 8 ottobre 2019;

— di avere ottenuto analogo riconoscimento anche per gli anni a seguire con ordinanze del 28 settembre 2020 e del 29 dicembre 2021;

— di avere diritto, dunque, al pagamento delle spese sostenute nel periodo compreso tra maggio 2019 (data di attivazione del percorso privato) e l’8 ottobre 2019 (data di notifica dell’ordinanza ex art. 700 c.p.c.).

3. Il T.A.R. Campania:

i) ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla ASL sull’assunto per cui i fatti di causa sarebbero coperti da giudicato intervenuto sulla decisione del giudice ordinario: al riguardo il T.A.R. ha osservato che l’ordinanza cautelare ex art. 700 c.p.c. non presenta attitudine al consolidamento nelle forme del giudicato, sicché essa non determina alcuna preclusione processuale alla delibazione della domanda;

ii) ha tuttavia respinto come infondata nel merito la pretesa azionata dai ricorrenti, affermando che “la statuizione del g.o. ha concluso solo ed esclusivamente sotto il profilo del diritto del minore di ricevere il trattamento sanitario a far data dal deposito dell’ordinanza ex art. 700 c.p.c., non oggetto di impugnazione. Sul punto, il Collegio stigmatizza, tra l’altro, il dato fattuale che il ricorrente ha attivato il g.o., in sede cautelare, solo il 14.08.2019 (quindi circa 3 mesi dopo l’iniziativa intrapresa con risorse proprie)”.

4. Con un primo mezzo di gravame, gli appellanti denunciano il carattere apparente della motivazione posta a fondamento della decisione impugnata, poiché essa, con argomenti contraddittori e quindi non riconducibili ad un consecutio argomentativa unitaria, chiara e intellegibile, per un verso riconosce l’inettitudine dell’ordinanza cautelare a consolidarsi nelle forme del giudicato ma, per altro verso, discostandosi da questa premessa logica, rileva come dato dirimente il fatto che l’ordinanza cautelare dell’ottobre 2019 non è stata impugnata nella parte in cui – senza nulla statuire sulla richiesta (pure avanzata dalla parte) di rimborso delle spese terapeutiche fino a quel momento sostenute – si limita a riconoscere il diritto pro futuro al trattamento sanitario.

I ricorrenti contestano, quindi, come sostanzialmente illogica la scelta argomentativa del T.A.R. di motivare il rigetto del ricorso facendo leva su una statuizione giudiziale non impugnata, ma al contempo riconosciuta come insuscettibile di consolidamento nelle forme del giudicato.

5. Con un secondo motivo viene censurato il passaggio incidentale della sentenza impugnata nel quale viene stigmatizzato il ritardo accumulato dai ricorrenti nella proposizione dell’azione cautelare ex art. 700 c.p.c..

Sul punto gli appellanti osservano che la richiesta di presa in carico della minore è stata inoltrata alla ASL il 19 aprile/2maggio 2019 e che, a seguire, è stata proprio l’assenza di qualunque riscontro da parte dell’Amministrazione ad averli indotti a farsi carico delle cure e delle relative spese delle quali, tuttavia, nel ricorso ex art. 700 c.p.c. era stata avanzata domanda di rimborso per un importo all’epoca ammontante ad € 7.900,00.

Il T.A.R. avrebbe erroneamente trascurato questo insieme di circostanze, omettendo anche di motivare il rigetto della richiesta di rimborso per il periodo intercorrente dalla data del deposito del ricorso a quello dell’emissione dell’ordinanza di accoglimento.

6. La ASL di Avellino si è costituita nel presente grado di giudizio, opponendosi alle istanze avversarie sulla base del ribadito assunto per cui il Tribunale di Avellino, nell’autorizzare le 25 ore di trattamento ABA solo a far data dalla notifica del provvedimento cautelare, avrebbe inteso significare che solo da quel momento tale intensità del trattamento ABA poteva ritenersi dovuta e giustificabile nell’interesse del minore.

7. La causa d’appello, in assenza di istanza cautelare, è passata in decisione all’udienza del 16 maggio 2024.

8. Il ricorso è fondato.

8.1. Sui profili preliminari di carattere processuale occorre muovere dalla constatazione che l’ordinanza ex art. 700 c.p.a. del 27 settembre 2019 riconosce e afferma il diritto del minore all’erogazione della terapia a decorrere dal deposito del provvedimento giudiziale e per il tempo di un anno. Nulla statuisce sul pregresso, in quanto neppure si accinge ad esaminare la richiesta (peraltro ritualmente formulata nel ricorso ex art. 700 c.p.c.) di rimborso delle spese in precedenza sostenute dai genitori della minore.

8.2. L’omessa pronuncia non assume tuttavia la rilevanza che la ASL pretende di attribuirle, poiché essa altro non è che logica conseguenza della configurazione cautelare e anticipatoria del provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il quale è concepito allo scopo precipuo di fronteggiare l’esposizione del diritto ad un rischio di pregiudizio imminente e irreparabile che si riscontra nel margine temporale prossimo al deposito del ricorso: alla cognizione propria della fase sommaria restano invece estranee le ulteriori questioni che – essendo prive di analoga urgenza e contingenza cautelare – vanno posposte alla successiva fase di cognizione propria del giudizio ordinario.

8.3. Dunque, in disparte la (non decisiva) questione dell’attitudine del provvedimento ex art. 700 c.p.c. a consolidarsi nelle forme e con gli effetti del giudicato (sulla quale si veda Cass. civ., sez. II, n. 24075/2022), è dirimente osservare che la portata decisoria del rimedio d’urgenza concerne la materia cautelare (l’unica ad esso pertinente, sicché a tutto voler concedere è su questa che andrebbe valutata la definitività del decisum) e non può mai attingere questioni ad essa estranee che, correttamente, il Tribunale nel caso di specie non ha preso in esame.

8.4. Chiarito il profilo degli effetti processuali dell’ordinanza ex art. 700 c.p.c. e ribadito quindi che il T.A.R. avrebbe potuto certamente giudicare della domanda affrancandosi da malintesi e insussistenti vincoli derivanti dal provvedimento d’urgenza, va ulteriormente aggiunto – trattandosi di profilo valutabile d’ufficio, per quanto non toccato dalle deduzioni delle parti – che l’azione trasposta davanti al giudice amministrativo e qui conosciuta in grado di appello si giustifica sul piano dell’ammissibilità in quanto inquadrabile in una reazione giudiziale da parte dei ricorrenti al silenzio tenuto dall’Amministrazione sulle loro istanze, traducendosi in una modalità del sindacato sul silenzio-inadempimento in grado di attingere il riconoscimento pieno della fondatezza della pretesa le quali volte questa emerga da ambiti di attività vincolata o prosciugata da residui margini di esercizio del potere discrezionale (art. 31, comma 3, c.p.a.).

Le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile (con l’ordinanza n. (omissis)) hanno d’altra parte sancito che “la domanda di condanna dell’ASL al riconoscimento del diritto di un disabile ad uno specifico ed individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, non essendo dubbio che, in presenza di un “pubblico servizio”, debba considerarsi impugnabile, quale “provvedimento negativo”, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente“.

In virtù di quanto innanzi chiarito e del principio per cui, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali, potendo anche attribuire al rapporto giuridico dedotto in giudizio una configurazione diversa da quella indicata dalle parti, purché non venga operato d’ufficio un mutamento sostanziale della domanda giudiziale originaria, modificandone i tratti distintivi o fondandosi su una realtà fattuale diversa da quella allegata in giudizio, pare indubbio che nel caso di specie i ricorrenti, in difetto di un riscontro dell’ASL, si sono rivolti al giudice per veder accertato sia il diritto del figlio a ricevere un trattamento riabilitativo non inferiore a venticinque ore settimanali con il metodo A.B.A., sia la conseguente condanna dell’Amministrazione resistente all’erogazione del trattamento in via diretta ovvero per equivalente, mediante il rimborso delle spese sostenute.

8.5. Venendo al merito della domanda di rimborso avanzata dai ricorrenti, questa rinviene i suoi elementi di fondatezza: (i) nel carattere dichiarativo-accertativo dei provvedimenti giudiziali affermativi della spettanza dell’erogazione del trattamento riabilitativo con metodologia ABA, essendo questa una condizione preesistente alla verifica giudiziale e della quale il giudice si limita a constatare la sussistenza, sia pure sulla base della mediazione specialistica della valutazione di appropriatezza della prestazione che è propria dell’Amministrazione competente (e che deve fondarsi su una considerazione tecnico-discrezionale delle peculiari esigenze e degli specifici bisogni assistenziali e di cura del singolo paziente – cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2129/22); (ii) nella riconosciuta inclusione del trattamento A.B.A. (Applied Behaviour Analysis) tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), a norma dell’articolo 60 d.P.C.M. 12 gennaio 2017 e delle conseguenti linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità approvate in conferenza unificata in data 10 maggio 2018 (Cons. Stato, sez. III, n. 8708/2023); (iii) nel fatto che la pretesa dei ricorrenti è stata accertata con reiterati provvedimenti di analogo contenuto e non impugnati, le cui conclusioni, oltre a fondarsi su presupposti immutati, a quanto consta dalle allegazioni in atti (e quindi validi anche per il periodo compreso tra maggio 2019 e ottobre 2019), non sono state in alcun contestate dall’Amministrazione intimata – nemmeno sotto il profilo dell’invarianza temporale dei presupposti della durata e dell’intensità della terapia – in nessuno degli atti defensionali depositati nei due gradi di giudizi; (iv) nell’ulteriore circostanza che del pari incontestate risultano le fatture allegate dai ricorrenti a riprova dei costi sostenuti; (v) nella conseguente e conclusiva considerazione che la pretesa dei ricorrenti è pienamente fondata, senza ulteriore margini di incertezza e riserva istruttoria, anche per il segmento temporale non attinto dal provvedimento ex art. 700 c.p.c. ma certamente assimilabile per omogeneità di presupposti a quello immediatamente adiacente e successivo.

9. Da ciò consegue l’accoglimento del ricorso e la condanna dell’A.S.L. di Avellino al pagamento della somma di euro 13.545,00 a titolo di spese sostenute e documentate per il trattamento ABA nel periodo compreso tra il 2 maggio 2019 l’8 ottobre 2019 (coma da fatture in atti).

10. Per il principio della soccombenza, l’ASL convenuta dev’essere condannata al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del doppio grado di giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e:

— accerta il diritto dei ricorrenti, n.q. di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore (omissis), a ricevere il rimborso delle somme esborsate per le terapie Aba e per le supervisioni a decorrere dalla richiesta di presa a carico del 2 maggio 2019 sino alla notifica dell’ordinanza ex art. 700 c.p.c. dell’8 ottobre 2019, per l’importo di € 13.545,00 come da fatture in atti;

— condanna l’Asl al pagamento del suddetto importo oltre interessi legali dalla maturazione al soddisfo;

— condanna l’ASL al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del doppio grado di giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

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