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Consiglio di Stato sez. III, 16/01/2025, n.333

Massima

Non è condivisibile la sentenza di primo grado nella parte che non valorizza un obbligo di buona fede gravante sulla pubblica amministrazione, e che, nel caso di specie, si sostanziava nell’obbligo dell’autorità competente di reiterare la richiesta di integrazione documentale, ove la prima notifica non fosse andata a buon fine. Peraltro, i doveri di correttezza e buona fede risultano ancor più imprescindibili se si considera la delicatezza dell’istanza di rinnovo del titolo di soggiorno, in relazione alla quale vengono in gioco interessi e diritti fondamentali della persona umana.

Supporto alla lettura

IMMIGRAZIONE

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998 (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero”.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione:

  • il diritto dell’immigrazione in senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole;
  • il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre:

  • la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione);
  • la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge 416/1989 (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di provvedimenti di recepimento della normativa comunitaria.

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro. In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina. L’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l’espulsione. Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva. Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa, che può essere eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolente ecc.).

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto 18 giugno 2020, il Questore della Provincia di Lecce ha respinto l’istanza dell’odierno appellante, signor -OMISSIS-, cittadino gambiano, volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.

2. Il decreto gravato, nel primo grado del giudizio, si fonda, sul presupposto dell’omessa comunicazione del cambio di residenza sistemazione alloggiativa da parte dello straniero.

3. Avverso tale provvedimento il signor -OMISSIS- ha proposto ricorso al Tar Puglia, sede di Lecce, ritualmente notificato il 15 maggio 2019 e depositato in pari data, domandandone l’annullamento, previa sospensiva.

3.1. Con quattro articolati motivi l’istante ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis l. n. 241/1990; violazione dell’art. 2 del D. Lgs. n. 286/1998; violazione dell’art. 3 D.P.R. n. 394/1999, nonché degli artt. 3,10,16,24 e 97 della Costituzione, oltre che vizio di eccesso di potere sotto distinti profili.

4. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Lecce, con sentenza n. 741/2024 del 22 maggio 2024, ha respinto il ricorso, sull’assorbente presupposto che: “l’assenza di una idonea sistemazione alloggiativa e/o della omessa comunicazione di un eventuale cambio di domicilio …non può essere qualificata alla stregua di una mera irregolarità amministrativa sanabile”.

5. In punto di fatto, ha premesso il ricorrente, sempre nel primo grado del giudizio, di avere trasferito, nelle more dell’ultimo rinnovo del permesso di soggiorno, la sua residenza da -OMISSIS-(LE) a -OMISSIS- (LE); che, nel corso del controllo domiciliare, gli organi accertatori avevano constatato l’assenza del signor -OMISSIS-, avendo trovato l’alloggio disabitato; che, con raccomandata postale n. (Omissis)-6, è stato notificato ex art. 10 bis L. 241/90, il preavviso di rigetto, portante le ragioni ostative all’accoglimento del rinnovo, nel medesimo domicilio di Corsano; che la relativa raccomandata è stata pertanto restituita all’Amministrazione, con la dicitura “perché sconosciuto il destinatario”.

6. Con appello notificato il 13 giugno 2024, tempestivamente depositato, il signor -OMISSIS- ha impugnato la su vista sentenza n. 741/2024, chiedendone l’annullamento previa sospensiva, dolendosi della pronuncia di reiezione, nonché riprospettando la lettura dei fatti articolata nel giudizio di primo grado

6.1. In particolare, con il primo motivo, ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere il Tribunale accolto la censura relativa alla violazione del diritto di difesa ex art. 24 della Cost.

Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis della l. n. 241/1990 e l’eccesso di potere per carenza di motivazione, il difetto di istruttoria, violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, non essendo pervenuta la comunicazione presso l’effettivo domicilio che, seppure variato, non per questo lo straniero allega di non essersi reso reperibile, come confermerebbe la circostanza che il decreto di diniego sono stati poi notificati “a mani proprie”.

Con il terzo motivo ha dedotto, sotto altro profilo, il difetto di motivazione ed istruttorio, là dove il primo giudice ha affermato che l’omessa comunicazione all’Autorità di P.S. del cambio di residenza non avrebbe potuto essere qualificata alla stregua di una mera irregolarità amministrativa sanabile.

Con il quarto motivo, infine, deduce l’appellante la violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza, in quanto già titolare dello status di protezione umanitaria.

7. Con ordinanza n. -OMISSIS-dell’11.7.2024, è stata accolta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Lecce di reiezione del ricorso di primo grado.

8. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Lecce in data 4.7.202411. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. L’appello merita accoglimento nella parte in cui si lamenta il difetto d’istruttoria e di motivazione, oltre alla violazione delle garanzie partecipative, sancite dall’art. 10-bis, della l n. 241 del 1990.

10. Imprendendo l’esame dal secondo e terzo motivo di appello che, per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente deve, anzitutto, escludersi che, nel caso che occupa, si verta in ipotesi di irreperibilità assoluta dello straniero, dovendosi evidenziare che, sebbene il signor -OMISSIS- avesse modificato -come già ricordato- la propria residenza, la comunicazione riguardante il decreto di reiezione del permesso risulta essere stato regolarmente notificata nelle mani proprie dell’interessato, ciò che di fatto esclude la ritenuta condizione d’irreperibilità.

10.1. Nel caso che occupa, invero, pur essendo incontestato che il signor -OMISSIS- abbia mutato il proprio domicilio, omettendo di comunicare tale variazione alla Questura di Lecce, per cui, gli atti prodromici sono stati ritenuti regolarmente notificati, mediante compiuta giacenza, non può peraltro ragionevolmente riconoscersi una adeguata attivazione dell’amministrazione idonea a consentire allo straniero di interloquire nel procedimento, consentendogli eventualmente di sanare le contestate irregolarità, in ossequio al preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis L. 241/90.

10.2. L’osservanza della comunicazione del preavviso di rigetto, avrebbe certamente consentito allo straniero di dar corso agli adempimenti legati alla sua identificazione, e al nuovo indirizzo presso il quale avrebbe potuto ricevere le notifiche relative al procedimento di rinnovo in questione.

Rafforza tale conclusione quanto chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. III, 11 luglio 2022, n. 5801), là dove, in casi analoghi, ha avuto modo di valorizzare il principio di buona fede, inteso quale concetto giuridico generale che si riempie di contenuto a seconda della fattispecie che viene in rilievo.

10.3. Superando le problematiche che derivano dalla ricerca di una nozione unitaria di buona fede, rispetto alle quali è sufficiente in questa sede richiamare il nucleo precettivo costituito dai doveri di correttezza e lealtà, il principio de quo è oggi innalzato a clausola generale dell’ordinamento giuridico, in grado di permeare ogni ambito del diritto.

Sebbene la buona fede trovi il proprio terreno di elezione nel diritto civile, in particolare nella materia delle obbligazioni, il principio in esame permea anche il diritto amministrativo non soltanto quando l’Amministrazione opera jure privatorum, ma anche quando pone in essere la sua attività tipicamente autoritativa.

10.4. Il principio di buona fede quale canone dell’azione amministrativa autoritativa ispira, ad esempio, l’istituto del soccorso istruttorio, la cui attivazione si impone a fronte di mere irregolarità amministrative sanabili. Ai sensi dell’art. 6 della l. n. 241/1990, il responsabile del procedimento è tenuto a chiedere le integrazioni documentali utili alla più completa istruttoria procedimentale, non potendosi limitare ad addurre l’incompletezza dei documenti posti a supporto dell’istanza per concludere nel senso dell’adozione di un provvedimento negativo, senza aver prima posto il soggetto istante in condizione di completare l’istanza in questione. Il dovere della Pubblica Amministrazione di attivare il soccorso istruttorio, già contemplato nella legge generale sul procedimento amministrativo, è peraltro confermato dalla disciplina speciale contenuta nell’art. 5, co. 5, del d.lgs. n. 286/1998, in forza del quale il rinnovo del permesso di soggiorno è rifiutato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, “sempre che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”. La disposizione è chiara nel ritenere che la presenza di irregolarità amministrative sanabili non sia di per sé sufficiente a legittimare il provvedimento reiettivo dell’istanza di rinnovo del titolo di soggiorno.

10.5. L’attivazione del soccorso istruttorio, che assume i connotati di un atto doveroso e non meramente facoltativo, si giustifica in ragione dell’esigenza che l’Amministrazione, in attuazione del dovere di buona fede, tenga in debita considerazione l’interesse del privato al rilascio del provvedimento. Un simile obiettivo, peraltro, risulterebbe vanificato ove si ritenga che l’autorità competente, pur avendo attivato il soccorso istruttorio, non abbia il dovere di reiterare la notifica della richiesta di integrazione documentale a seguito di un unico tentativo risultato vano. Tanto più l’obbligo di reiterare la notifica si impone se, come nel caso di specie, vi siano fondati motivi di ritenere sussistenti i requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno.

10.6. Infine, a conferma della descritta evoluzione si pone l’art. 1, comma 2-bis, della l. n. 241/1990, il quale dispone che “i rapporti tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede” (comma aggiunto dall’art. 12, comma 1, legge 11 settembre 2020, n. 120, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76).

Non merita, dunque, di essere condivisa la sentenza di primo grado nella parte in cui non valorizza un obbligo di buona fede gravante sulla Pubblica Amministrazione, che – nel caso di specie – si sostanzia nell’obbligo dell’autorità competente di reiterare la richiesta di integrazione documentale, ove la prima notifica non sia andata a buon fine. L’inosservanza dell’obbligo di collaborazione in esame è stato confermato dalla Pubblica Amministrazione nel momento in cui il cittadino straniero, venuto a conoscenza delle ragioni del provvedimento reiettivo, peraltro notificato in mani proprie, differentemente da quanto accaduto per gli atti presupposti. I doveri di correttezza e buona fede risultano ancor più pregnanti se si considera la delicatezza dell’istanza di rinnovo del titolo di soggiorno, in relazione alla quale vengono coinvolti interessi di rilievo costituzionale e internazionale attinenti ai diritti fondamentali della persona.

3. Tutto quanto premesso, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del diniego ivi avversato e con obbligo per la Questura di rideterminarsi.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR Lecce n. 741/2024, accoglie il ricorso di primo grado e, per l’effetto, annulla il provvedimento con esso impugnato.Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del signor -OMISSIS-.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 16 GEN. 2025.

Allegati

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