SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2730 del 2024, proposto da
Azienda Sanitaria Locale Asl Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
(omissis), in qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore (omissis) rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 00213/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto la memoria di costituzione in giudizio di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2024 il Cons. (omissis) e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il minore (omissis) (omissis), nato a (omissis), in cura presso la UOC di Neuropsichiatria infantile della Asl Napoli 3 Sud, con diagnosi di disturbo dello spettro autistico di grado 3, ha ricevuto presso il Centro (omissis) (centro convenzionato con la suddetta Asl), in esecuzione dei PRI succedutesi negli anni, redatti dai neuropsichiatri infantili prescrittori, assistenza riabilitativa (psicomotricità e logopedia) dal 25/09/09 sino al 15/05/17, data in cui il minore è stato dimesso su richiesta della madre.
I genitori, infatti, non avendo riscontrato miglioramenti a seguito di tale terapia, e tenuto conto che la stessa Asl, con verbale del 23/3/2017, aveva riconosciuto la necessità di ricorrere al trattamento ABA ed aveva inserito il minore in lista di attesa, avevano deciso di ricorrere alle cure ABA private, sopportandone gli oneri, in attesa della chiamata da parte della ASL, sperando che il bambino ne traesse beneficio.
Il 2 ottobre 2020 (dopo 3 anni) la ASL ha proposto un trattamento di poche ore settimanali presso il Centro Neopolisanit, il cui nulla osta è stato emesso in data 10 marzo 2021; infine, in data 16 maggio 2022 è stato adottato il PTI che ha previsto per il minore la terapia con metodo ABA per la durata di 180 giorni di trattamento nella misura di 6 ore ogni 7 gg. e 1 ora di terapia familiare.
2. – Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per la Campania, sede di Napoli, Sez. Quinta, i ricorrenti, in qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore (omissis) hanno chiesto:
– l’accertamento del diritto del minore (omissis) a ricevere dalla A.S.L. Napoli 3 Sud, in via diretta o in via indiretta, ovvero sostenendo le spese relative alle ore di terapia ricevute da terzi, il trattamento riabilitativo con metodo A.B.A. nella misura di almeno 20 ore settimanali, ovvero nella misura maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia;
– l’accertamento dell’illegittimità della condotta omissiva tenuta dall”amministrazione sanitaria e la conseguente violazione dell’obbligo da parte della stessa di provvedere all’erogazione della terapia ABA in forma intensiva, a seguito dell’istanza inviata dai ricorrenti in data 19.10.2022;
– la condanna della A.S.L. Napoli 3 Sud ad erogare l’intervento comportamentale con metodo ABA al minore (omissis) come indicato dalle Linee Guida dell’I.S.S., in misura pari a 20 ore settimanali, in via diretta ovvero in via indiretta, sostenendo le spese relative alle ore di terapie con metodo ABA ricevute da terzi, ovvero per il periodo maggiore o minore che sarà ritenuto di giustizia;
– la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell”inerzia serbata nell’erogare le terapie comportamentali con metodo A.B.A. da quantificarsi in complessivi €19.082,16 per spese di terapia comportamentale erogata da terzi, salvo successive all”instaurazione del presente giudizio, ovvero nella misura minore o maggiore che sarà ritenuta di giustizia.
2.1 – Dopo la notifica del ricorso è stato emesso dalla ASL il Piano terapeutico individualizzato (PTI) per il minore in data 22 maggio 2023, in base al quale è stato riconosciuto il trattamento individuale per il bambino di 4 ore su 7 giorni e 1 ora ogni 15 gg di terapia familiare.
I genitori hanno proposto motivi aggiunti avverso tale piano deducendo i vizi di difetto di motivazione e di istruttoria.
2.2 – Si è costituita nel giudizio di primo grado l’Amministrazione resistente chiedendo il rigetto del ricorso e dei successivi motivi aggiunti.
3. – Con la sentenza impugnata il TAR ha accolto, limitatamente, il ricorso di primo grado ed i successivi motivi aggiunti.
4. – Avverso tale decisione la ASL Napoli 3 Centro ha proposto appello chiedendo la riforma/annullamento della sentenza impugnata.
4.1 – I genitori del minore, ricorrenti in primo grado, si sono costituiti per resistere all’appello.
A sostegno della loro difese hanno depositato una memoria difensiva nella quale hanno insistito nelle loro tesi difensive chiedendo il rigetto dell’appello.
5. – All’udienza pubblica del 3 ottobre 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.
6. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
7. – Preliminarmente occorre delimitare l’oggetto dell’appello.
Con la sentenza impugnata il TAR ha accolto limitatamente il ricorso ed i motivi aggiunti ritenendo sussistente “l’obbligo gravante in capo all’amministrazione sanitaria di procedere alla valutazione complessiva del bambino ai fini della redazione di un piano/programma/progetto individuale che definisca in modo puntuale le prestazioni che gli devono essere erogate a carico del SSR”.
Il primo giudice ha poi precisato che “la redazione del predetto piano/programma/progetto è di competenza esclusiva dell’ASL di riferimento ai fini dell’erogazione, la quale può anche avvalersi delle indagini e diagnosi svolte da parte di un centro di terzo livello, facendole proprie con una determinazione espressa al riguardo”.
Il TAR ha pertanto ritenuto “l’illegittimità del contratto terapeutico impugnato e della sua rimodulazione impugnata con i motivi aggiunti, mantenendo tuttavia fermi gli effetti di quest’ultima (4 ore), fino all’adozione di un nuovo piano individualizzato da parte dell’ASL, che dovrà essere adottato sulla base degli effetti conformativi derivanti dalla presente sentenza, per evitare che il minore resti privo di terapia nelle more dell’ulteriore esercizio del potere; ciò in conformità ai principi per cui il giudice può modulare gli effetti della sentenza di annullamento, nell’ottica di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale e una maggior tutela dell’interesse di cura del minore, garantendo il trattamento durante il tempo necessario al rinnovato esercizio della discrezionalità”.
Ha dunque statuito:
– “che i genitori del minore abbiano diritto al rimborso delle spese documentate già sostenute per le terapie relative al trattamento riabilitativo metodo ABA per i disturbi dello spettro autistico nei limiti delle 4/6 ore riconosciute da ultimo e che la ASL possa provvedere o direttamente al trattamento nella misura determinata o indirettamente attraverso il rimborso di quelle che verranno sostenute fino all’adozione da parte della ASL del piano terapeutico alternativo, comprensivo di trattamenti specificamente funzionali alla terapia del disturbo dello spettro autistico”.
7.1 – In sostanza, il primo giudice ha accolto parzialmente il ricorso ed i motivi aggiunti ed ha condannato l’ASL:
– ad adottare un nuovo piano terapeutico individualizzato avendo annullato quello impugnato con i motivi aggiunti;
– a rimborsare le spese documentate già sostenute dai genitori per le terapie con metodo ABA per i disturbi dello spettro autistico nei limiti delle 4/6 ore già riconosciute dalla ASL;
– a provvedere direttamente al trattamento ABA nella misura delle predette ore o indirettamente attraverso il rimborso di quelle che verranno sostenute, fino all’adozione da parte dell’Asl del piano terapeutico alternativo, comprensivo di trattamenti specificamente funzionali alla terapia del disturbo dello spettro autistico.
Il TAR ha ritenuto, infatti, che la scelta sulla terapia e sulle modalità di somministrazione al minore affetto da disturbo dello spettro autistico compete alla ASL, che vi provvede attraverso la redazione del PTI; il giudice non può sostituirsi all’Amministrazione nella scelta del tipo di terapia e sulle modalità riabilitative da prestare al minore (ad es. il numero di ore di terapia); il giudice dispone soltanto del potere di accertare l’illegittimità dell’inerzia della P.A., condannando l’Amministrazione a provvedere all’adozione del PTI, ovvero dispone del potere di annullare il piano adottato qualora affetto da vizi di legittimità; in tal caso la ASL deve provvedere a rinnovare il PTI nel rispetto dei principi espressi nella sentenza.
Partendo da tali presupposti il TAR ha ritenuto che fossero rimborsabili solo le spese sostenute per le prestazioni private ABA nella misura prescritta dalla ASL (nel caso di specie 6/4 ore a settimana) fino alla redazione del nuovo PTI adottato in esecuzione della sentenza.
7.2 – Tale decisione è stata appellata dalla sola Asl che, ovviamente, ha censurato i soli capi di sentenza nei quali era rimasta soccombente; non essendo stati gravati da appello incidentale i capi di sentenza che avevano delimitato l’oggetto dell’accoglimento (respingendo, implicitamente, le più ampie domande di accertamento e condanna proposte in primo grado), fuoriescono dal presente giudizio gli aspetti relativi alla richiesta di riconoscimento delle prestazioni ABA nella misura di 20 ore settimanali e le conseguenti richieste di tipo risarcitorio richieste in primo grado, atteso che nella sentenza si precisa che il rimborso è limitato alle spese già sostenute e documentate per le terapie ABA nei limiti delle 4/6 ore riconosciute e tale statuizione non è stata impugnata.
7.3 – Per tali aspetti la presente controversia risulta del tutto peculiare rispetto ad altri contenziosi esaminati da questa Sezione in tema di accesso alle terapie ABA per i minori affetti da disturbi dello spettro autistico.
Svolte queste premesse è possibile procedere alla disamina dei motivi di appello.
8. – Con il primo motivo l’appellante ha denunciato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
A sostegno della propria prospettazione la ASL ha dedotto che, secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 1781 del 2071/2022 che, a sua volta, ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite n. 20164 del 24/9/2020, quando il ricorrente lamenta il non corretto esercizio del potere amministrativo (e ciò ricorre sia in caso di inerzia, e quindi in caso di mancata fornitura della prestazione terapeutica, sia quando si contesti il piano terapeutico in quanto non adeguato a far fronte alle esigenze terapeutiche del paziente) sussiste la giurisdizione amministrativa; qualora, invece, si contesti la mancata o non corretta esecuzione del PTI del soggetto disabile, la giurisdizione ricade sul giudice ordinario.
Nel primo caso, infatti, si è in presenza di una posizione di interesse legittimo; nel secondo caso, in cui non viene contestato il contenuto del piano, ma la sua esecuzione, si è chiaramente in presenza di una posizione di diritto soggettivo.
8.1 -Ebbene, secondo l’appellante, nel caso di specie, la controversia non riguarderebbe l’inerzia dell’Amministrazione nella predisposizione del piano terapeutico, né si lamenterebbe l’inidoneità di tale piano per far fronte alle necessità terapeutiche del minore (situazioni nelle quali viene in rilievo il potere autoritativo discrezionale della P.A. con conseguente giurisdizione del G.A.), in quanto le parti avrebbero lamentato la mancata esecuzione del piano riabilitativo già riconosciuto dalla ASL, con la conseguenza che si controverterebbe in tema di diritti soggettivi con la conseguente giurisdizione del giudice ordinario.
I ricorrenti in primo grado avrebbero, infatti, affermato che “la Asl avrebbe dovuto fornire l’intervento in via diretta già dal 2017, dal momento che è stata la stessa Asl a rilasciare la prescrizione per l’intervento comportamentale con metodo Aba. Non avendo ricevuto nessun intervento comportamentale dalla Asl i genitori sono stati costretti a rivolgersi a dei terapisti privati specializzati nel metodo ABA, sostenendo le spese di detto intervento interamente”; per tale ragione il TAR ha riconosciuto ai genitori del minore il diritto al rimborso delle spese documentate già sostenute per le terapie relative al trattamento riabilitativo con il metodo ABA per i disturbi dello spettro autistico nei limiti delle 4/6 ore assegnate dalla ASL, prevedendo anche il rimborso “di quelle che verranno sostenute, fino all’adozione del nuovo piano”.
8.2 – Tale impostazione non può essere condivisa, atteso che:
– la domanda dei ricorrenti in primo grado, come già evidenziato, era diretta ad ottenere il trattamento riabilitativo per almeno 20 ore settimanali in relazione all’istanza da essi inviata alla ASL il 19 ottobre 2022: si trattava, quindi di una prestazione differente da quella accordata dalla ASL pari a 6/4 ore settimanali;
– inoltre, la stessa ASL ha adottato – in risposta a tale istanza – un nuovo PTI che è stato impugnato con motivi aggiunti, in quanto ritenuto non satisfattivo per le esigenze manifestate dai ricorrenti in primo grado;
– ne consegue che i ricorrenti non hanno adito il TAR per ottenere l’esecuzione di un piano terapeutico adottato dalla ASL, bensì per chiedere l’accertamento del diritto a ricevere un intervento ABA nella misura di 20 ore settimanali o nella misura maggiore o minore riconosciuta dal giudice, oltre al risarcimento del danno per le spese sostenute negli anni;
– inoltre, secondo la giurisprudenza, la domanda di condanna dell’ASL al riconoscimento del diritto di un disabile ad uno specifico ed individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, non essendo dubbio che, in presenza di un “pubblico servizio”, debba considerarsi impugnabile, quale “provvedimento negativo”, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente (cfr. Cass. SS.UU., Ordinanza n. 1781 del 20/01/2022);
– nel caso di specie, poi, con i motivi aggiunti è stato impugnato proprio il Piano terapeutico individuale in quanto ritenuto affetto da plurimi vizi di difetto di istruttoria, carenza di motivazione e violazione di legge.
8.3 – Quanto alla decisione di primo grado che ha riconosciuto il diritto alla prestazione in base a quanto già riconosciuto dalla ASL con il PTI, è opportuno ribadire che tale statuizione deriva dall’impostazione seguita dal giudice di primo grado che, per le ragioni prima esposte, esula dall’oggetto di questo giudizio, secondo cui:
– la predisposizione del piano terapeutico compete al Nucleo operativo di riferimento che deve provvedere ad effettuare una valutazione complessiva della specifica condizione del paziente;
– le scelte organizzative in materia sanitaria circa l’intensità del trattamento sanitario e le sue modalità di erogazione, diretto o indirette, rientrano, infatti, nella sfera autoritativa discrezionale dell’Amministrazione;
– da ciò deriva che i genitori del bambino può essere riconosciuto il rimborso delle spese documentate e già sostenute per le terapie relative al trattamento riabilitativo con il metodo ABA nella misura già riconosciuta dalla ASL (4/6 ore); per la stessa ragione anche quelle future da sostenersi fino alla data di adozione, da parte della ASL, di un piano terapeutico alternativo, (al fine di evitare che il minore sia privo di terapia nelle more dell’ulteriore esercizio del potere in esecuzione del principio conformativo discendente dalla stessa decisione) potranno essere rimborsate nella medesima misura, non potendo il giudice amministrativo sostituirsi all’amministrazione nella determinazione relativa alla individuazione del numero di ore di prestazione.
Ne consegue l’infondatezza del primo motivo.
9. – Con il secondo mezzo l’appellante ha chiesto la riforma della sentenza nella parte in cui ha condannato la ASL al rimborso delle spese sostenute per la terapia privata.
L’appellante ha dedotto che il TAR non avrebbe considerato che i ricorrenti avrebbero volontariamente dimesso nel 2017 il loro figlio minore dal centro accreditato, scelta che ha comportato anche la perdita della priorità acquisita dal minore ad essere curato presso il centro accreditato, con il conseguente collocamento in lista di attesa.
La ASL ha quindi aggiunto che non potrebbe riconoscersi il rimborso di tali spese, in quanto derivanti dall’esclusiva scelta della famiglia, ciò tanto più se si considera che la sentenza ha riconosciuto che l’intensità e le modalità di erogazione, diretta e indiretta, di una prestazione sanitaria rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione.
In definitiva, secondo la parte appellante, la sentenza sarebbe contraddittoria.
9.1 – Gli appellati hanno replicato, condivisibilmente, che la rinuncia alla terapia praticata presso l’AIAS è derivata dalla sua inefficacia, riconosciuta dalla stessa ASL; hanno quindi sottolineato che dal 2017 non è stata fornita alcuna prestazione al minore e che essi sono stati costretti a ricorrere a terapisti privati, come provato dalla documentazione prodotta in giudizio.
Dagli atti emerge, infatti, che fino al 2022 la ASL non ha formulato alcun PTI relativo alla terapia ABA calibrato sulla specifica condizione del minore in questione; peraltro i PTI del 2022 e del 2023 che hanno previsto, rispettivamente, 6 e 4 ore settimanali di terapia, fanno applicazione della delibera regionale n. -OMISSIS- che fissa in modo generalizzato il numero di ore di terapia ABA da erogare ai minori affetti da disturbo dello spettro autistico in base all’età.
Il TAR, per le ragioni sopra esposte, ha riconosciuto il diritto al rimborso per le sole prestazioni erogate nella misura individuata nel PTI, prevedendo, al contempo, l’obbligo della ASL di provvedere a rideterminare le prestazioni riabilitative necessarie sulla base dell’effettiva condizione del paziente.
Ne consegue il rigetto della doglianza.
10. – Con il terzo motivo la ASL ha censurato il capo di sentenza che ha ordinato di provvedere alla rimodulazione del piano terapeutico individualizzato, ritenendo che l’Azienda non avesse precisato le ragioni per le quali il monte orario determinato fosse idoneo a garantire al paziente i livelli prestazionali postulati dall’ordinamento per garantire la salute della persona interessata.
L’appellante ha sostenuto, infatti, che il PTI sarebbe stato adottato in conformità con quanto previsto dalla delibera della Giunta Regionale n. (omissis) e relativi allegati e che tale atto non sarebbe stato impugnato.
10.1 – La doglianza va respinta.
Correttamente la sentenza ha ritenuto che il PTI deve essere individualizzato e non può limitarsi a recepire la delibera aziendale che prevede trattamenti generalizzati per fasce di età, prescindendo dai bisogni individuali, essendo precluso in materia qualsiasi automatismo (cfr. Cons. Stato Sez. III, n. 10491/2023). Le Linee Guida 21 dell’I.S.S. e le raccomandazioni del 2023 sono chiarissime nel prevedere la necessità dell’individualizzazione della terapia, con la necessità di rivedere il piano periodicamente tenendo conto dell’andamento della terapia riabilitativa.
Dal punto di vista terapeutico, tenuto conto della varietà delle modalità nelle quali può manifestarsi l’autismo, tanto da essere più correttamente qualificato come disturbo dello spettro autistico (ASD), non ha scientificamente alcun senso stabilire dei parametri fissi che tengono conto di un unico parametro, quale è quello dell’età del minore ASD.
Pertanto, l’omessa impugnazione della delibera regionale non assume rilievo, atteso che il piano deve essere individualizzato tenendo conto della specifica condizione del paziente e che, quindi, non può rilevare una regolamentazione generale che prescinda dalla disamina del singolo caso.
10.2 – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto.
11. – Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado di appello che liquida in complessivi € 4.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
