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Consiglio di Stato sez. III, 12/08/2024, n.7095

Massima

L’utilizzo di documentazione contraffatta ai fini del rilascio del permesso di soggiorno è sufficiente a motivare il diniego di rilascio o di rinnovo del titolo di soggiorno.

Supporto alla lettura

IMMIGRAZIONE

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998 (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero”.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione:

  • il diritto dell’immigrazione in senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole;
  • il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre:

  • la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione);
  • la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge 416/1989 (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di provvedimenti di recepimento della normativa comunitaria.

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro. In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina. L’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l’espulsione. Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva. Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa, che può essere eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolente ecc.).

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO
1. Con il decreto 25 settembre 2020 il Questore della Provincia di Lodi ha disposto l’annullamento dei precedenti permessi di soggiorno rilasciati in favore dell’odierno appellante, signor -OMISSIS-, cittadino -OMISSIS-, nonché l’archiviazione per irricevibilità dell’istanza di rinnovo, intimando allo straniero l’abbandono del territorio nazionale.

1.1. Il provvedimento ha tratto fondamento dal fatto della ritenuta natura fittizia dei plurimi rapporti di lavoro dichiarati dal cittadino straniero, come meglio specificato nel decreto oggetto d’impugnazione nel primo grado di giudizio.

2. Il cittadino extracomunitario, con ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia, sede di Milano, ha impugnato tale decreto chiedendone l’annullamento per violazione del termine di conclusione del procedimento istruttorio, eccesso di potere per disparità di trattamento; carenza di istruttoria ed erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, sviamento di potere, oltre che per difetto di motivazione, dell’articolo 5 del decreto legislativo 286 del 1998.

2.1. In particolare, il ricorrente ha contestato le conclusioni cui è pervenuta la Questura di Lodi in merito all’insussistenza dei requisiti lavorativi e reddituali considerato che la questura non avesse tenuto in alcun conto la regolarità della documentazione depositata dall’ultimo datore di lavoro riguardante bonifici contributi e comunicazioni di avvenuta assunzione.

3. Il TAR Lombardia, sede di Milano, con sentenza -OMISSIS- giugno 2020, ha respinto il ricorso ritenendo pienamente legittimo il diniego questorile sulla scorta dell’emersa fittizietà del rapporto di lavoro resa palese dalle risultanze del verbale Inps del 16 dicembre 2020.

4. La citata sentenza del Tar Lombardia, è stata impugnata dal signor -OMISSIS-, con appello notificato e depositato in data 20 agosto 2021 con cui lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha ritenuto integrato il requisito reddituale, qualificando come fittizio il rapporto di lavoro intrapreso con i due datori di lavoro rispettivamente negli anni 2016 e 2017.

5. Il Ministero dell’Interno e la Questura di Lodi si sono costituiti in giudizio.

6. Con ordinanza -OMISSIS- marzo 2022 la Sezione ha sospeso il giudizio in attesa delle decisioni del giudice ordinario in merito alla natura fittizia o meno dei rapporti di lavoro intrattenuti dallo straniero.

6.1. Con successiva ordinanza -OMISSIS- settembre 2021 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare, sul rilievo che “il verbale degli ispettori del lavoro su cui si fonda essenzialmente il provvedimento censurato in giudizio risulta impugnato dall’appellante e che occorre attendere l’esito del relativo gravame”;

7. Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Come esposto in narrativa oggetto della controversia è il decreto con cui il Questore di Lodi ha disposto l’annullamento dei precedenti permessi di soggiorno rilasciati in favore del signor -OMISSIS-, cittadino -OMISSIS-, nonché l’archiviazione per irricevibilità dell’istanza di rinnovo, intimando allo straniero l’abbandono del territorio nazionale.

9. L’appello è infondato.

9.1. Nel caso in esame viene in rilievo la questione sulla valutazione della fittizietà o meno del rapporto di lavoro.

Con riferimento a tale profilo, rilevante ai fini della decisione e oggetto di specifico motivo di gravame, vengono in considerazione il combinato disposto degli artt. 4, comma 2, penultimo periodo (“La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda”) e 5, comma 8-bis (“Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati, è punito con la reclusione …”), d.lgs. n. 286 del 1998.

9.2 Da tali norme, come rilevato in più occasioni dalla Sezione (19 agosto 2022, n. 7319; 27 luglio 2022, n. 6626; 3 luglio 2020; 31 ottobre 2017, n. 5032) si ricava il principio secondo cui l’utilizzo di documentazione contraffatta, quale l’allegazione di rapporti di lavoro fittizi, è sufficiente a motivare il diniego di rilascio o di rinnovo del titolo di soggiorno

Il lavoratore coinvolto in un rapporto di lavoro con imprese la cui attività viene successivamente accertata essere inaffidabile e fittizia, tuttavia, può dimostrare che il proprio rapporto si è in realtà effettivamente svolto o di non aver avuto consapevolezza del carattere fittizio del rapporto di lavoro concluso in quanto vittima del fenomeno illecito piuttosto che complice.

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, il Collegio ritiene dover confermare le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice, tanto più alla luce della sentenza di rigetto del giudice ordinario -OMISSIS- 2023, confermata in appello (con sentenza della Corte d’Appello di Milano -OMISSIS-) sui ricorsi prodotti dallo straniero per far acclarare la non veridicità del visto verbale ispettivo dell’INPS.

Nel caso di specie, infatti, risulta dunque provata la fittizietà del rapporto di lavoro tra l’odierno appellante e le due ditte meglio richiamate nel decreto del Questore di Lodi, come meglio evidenziato nel verbale ispettivo

9.3 In conclusione, per le ragioni sopra esposte l’appello va respinto con conseguente conferma della sentenza gravata.

Le spese del grado di giudizio possono restare interamente compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità della vicenda analizzata.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del grado di giudizio.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 12 AGO. 2024.

Allegati

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