1.1. Nel primo grado del giudizio si è costituito il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione del ricorso, mentre non si è costituito il controinteressato –(omissis)–
1.2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, con l’ordinanza n. –(omissis)-, ha ordinato alla Questura di Viterbo di riesaminare l’istanza di ammonimento.
1.3. La Questura di Viterbo, con il successivo provvedimento del 23 marzo 2020, in esito al riesame disposto in sede cautelare ha confermato l’archiviazione dell’istanza proposta da –(omissis)-.
1.4. Avverso tale provvedimento –(omissis)– ha proposto ricorso per l’ottemperanza dell’ordinanza cautelare, da valere eventualmente anche come ricorso per motivi aggiunti avanti al medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
1.5. Il Ministero dell’Interno ha chiesto la reiezione anche di tale secondo ricorso.
1.6. Infine il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. –(omissis)-resa in forma semplificata tra le parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha annullato entrambi i provvedimenti impugnati per difetto di istruttoria.
2. La sentenza impugnata ha annullato il provvedimento di archiviazione in quanto ha ritenuto che non risultano valutati tutti gli elementi esposti dall’odierno appellato, –(omissis)-, che avrebbero generato il denunciato stato d’ansia e che non appaiono limitati né alla minaccia né agli articoli che, nell’attaccarne l’attività, lo individuano nei luoghi dove trascorre le vacanze con la propria famiglia, descritti con elementi idonei ad una puntuale localizzazione dei luoghi ove si svolge la vita intima e privata.
2.1. A questi elementi dovrebbero infatti aggiungersi gli ulteriori, documentati dagli articoli di giornale depositati in giudizio e relativi alle vicende che hanno visto coinvolto l’odierno controinteressato, nonché la lettera al Questore ove quest’ultimo, proprio in occasione del procedimento per cui è causa, prospetta “azioni legali rivolte nei confronti di tutti coloro che si sono resi complici, con questo grave atto di censura, tutelato con l’art. 21 Cost., pur sapendo che ci sono altri mezzi per procedere contro il sottoscritto“.
2.2. Secondo il primo giudice, il provvedimento emesso a seguito di riesame, con specifico riguardo alla attualità, ha omesso di valutare la circostanza della presenza del controinteressato -OMISSIS-, non costituito in giudizio, nella sala avvocati del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, il giorno della udienza camerale, preclusa alle parti private e documentata con materiale fotografico.
2.3. Trattandosi di presenza nella sala avvocati, riservata a questi ultimi, in occasione di una udienza camerale, come tale preclusa alle parti private, la suddetta presenza non troverebbe giustificazione alcuna, tanto più che la parte privata non risulta essersi costituita in giudizio.
2.4. In relazione alle sopra esposte circostanze, verosimilmente, nel loro insieme, idonee a generare quello stato di ansia richiesto dalla previsione di legge, il provvedimento emesso a seguito del prescritto riesame non contiene alcuna menzione.
2.5. L’ammonimento, ha infine osservato la sentenza impugnata, non ha ad oggetto la libertà di stampa né incide sulla libera espressione del pensiero e, trattandosi di misura preventiva che consiste in un mero invito orale, appare volta anche ad evitare, ove possibile, il ricorso alla tutela penale.
3. La sentenza impugnata ha ritenuto che entrambi i provvedimenti questorili nel primo grado del giudizio appaiono viziati sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, con conseguente accoglimento del ricorso, assorbite le altre censure.
3.1. Con riguardo, invece, alla richiesta di risarcimento del danno, la stessa è stata ritenuta dal primo giudice infondata, non ravvisandosi nesso di causalità tra i danni lamentati e i gravati provvedimenti, danni che, peraltro, lo stesso ricorrente ha imputato al comportamento tenuto dal controinteressato, a sostegno delle proprie doglianze, e che, allo stato degli atti, non possono imputarsi alla pubblica amministrazione.
4. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno e, nel lamentarne l’erroneità con un unico motivo che di seguito sarà esaminato, ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso proposto in prime cure.
4.1. Ad avviso del Ministero appellante, in sintesi, la Questura di Viterbo avrebbe correttamente esaminato tutti gli elementi portati alla sua attenzione da –(omissis)-, senza ravvisare in essi, nemmeno in una prospettiva di doverosa prevenzione, gli elementi atti ad integrare la fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p.
4.2. Si è costituito l’appellato –(omissis)-, che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e, comunque, la sua infondatezza nel merito.
4.3. Nella camera di consiglio del 25 giugno 2020, fissata per l’esame dell’istanza di sospensione proposta dal Ministero appellante, il Collegio, sull’accordo dei difensori delle parti, ha rinviato la causa per il sollecito esame del merito all’udienza pubblica del 22 ottobre 2020, poi differita alla successiva udienza del 19 novembre 2020.
4.4. Le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie prospettazioni difensive nelle memorie difensive e nelle note di udienza, depositando altresì, nel corso del giudizio, ulteriore documentazione.
4.5. Infine, nell’udienza del 19 novembre 2020, il Collegio, sulla base degli scritti difensivi, ha trattenuto la causa in decisione.
5. L’appello è inammissibile e, comunque, infondato.
5.1. Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile, perché tardiva, l’istanza di discussione orale proposta dall’appellato solo il 18 novembre 2020, in violazione di quanto prescrive l’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, non essendo comunque giustificata la presentazione di tale istanza, tardiva, per l’asserita necessità di replicare al contenuto della memoria, altrettanto tardivamente depositata, da parte dell’Avvocatura Generale dello Stato in data 17 novembre 2020.
5.2. Di tale memoria, come della correlativa istanza di discussione in replica, il Collegio pertanto non terrà conto, in quanto, appunto, tardive.
6. Ciò premesso, e venendo ora all’esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata in limine litis dall’odierno appellato, si deve rilevare che il provvedimento di riesame adottato dalla Questura di Viterbo il –(omissis)-, pur dando atto di volere ottemperare alla sentenza n. 4788 del 2020 qui impugnata, ha rivalutato – così si legge in esso – il carteggio dell’intera vicenda, e ha ammonito –(omissis)– ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.l. n. 11 del 2009, conv. con la l. n. 38 del 2009.
6.1. Il provvedimento, pur nella sua stringatezza, mostra dunque di volere adeguarsi spontaneamente al dictum giudiziale, senza contenere alcuna riserva circa la possibile impugnazione della sentenza, e costituisce manifestazione di una sostanziale acquiescenza ad essa, contenendo una rivalutazione autonoma, appunto, del “carteggio”, che ha condotto la Questura di Viterbo ad ammonire -OMISSIS-.
6.2. È vero peraltro, come pure ben rammenta questo Collegio, che secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4200), l’esecuzione spontanea della sentenza di primo grado, pur in assenza di limitazioni o condizioni apposte al provvedimento, costituisce, per la pubblica amministrazione, atto dovuto in ottemperanza all’ordine del giudice, dal quale non può desumersi l’acquiescenza e la manifestazione di una volontà di segno contrario a quella resa evidente dalla coltivazione dell’appello avverso la pronuncia giurisdizionale dalla quale è scaturito l’obbligo di provvedere, ma è pur vero che nel caso di specie la Questura di Viterbo, da quanto si evince dal pur (eccessivamente) stringato apparato motivazione del provvedimento, sembra aver voluto riesaminare nuovamente la vicenda, anche alla luce dell’ulteriore circostanza evidenziata dalla sentenza qui impugnata (la presenza non giustificata di –(omissis)-, come del resto ammette la stessa Avvocatura Generale dello Stato nel proprio ricorso, nella sala avvocati del Tribunale amministrativo regionale il giorno dell’udienza camerale), traendone le debite conseguenze in punto di ammonimento.
6.3. Ne segue l’inammissibilità dell’appello per l’originario difetto di interesse da parte della pubblica amministrazione appellante, che ha autonomamente rivalutato la situazione, nella sostanza, al di là del mero adempimento del dictum giudiziale, con il citato decreto questorile.
7. In ogni caso, quando pure così non voglia ritenersi, in ossequio alla più rigorosa applicazione del cennato orientamento di questo Consiglio ricordato al § 6.2., e si intenda annettere al provvedimento questorile la valenza di un atto meramente esecutivo di tale dictum, senza alcuna acquiescenza da parte della Questura, con la conseguente ammissibilità dell’appello, si deve nel merito rilevare che i due provvedimenti annullati dal primo giudice sono invero affetti, come questo ha rilevato, da un difetto di istruttoria, consistente nel non avere debitamente ponderato come le affermazioni minacciose di –(omissis)-, estrinsecatesi addirittura nella minaccia di “dare il tabacco del moro” all’odierno appellato –(omissis)-, siano tutt’altro che colorite o pittoresche espressioni di polemica o dissenso, ma assumono i caratteri di una minaccia più o meno velata, capace, in ipotesi, di generare uno stato di ansia nel contesto di tutte le circostanze, ben evidenziate dalla sentenza impugnata.
7.1. Tali circostanze denotano, in particolar modo, come –(omissis)– abbia mostrato in più occasioni di conoscere, e persino reso noto a terzi eventualmente malintenzionati con indicazioni molto dettagliate, nei propri articoli polemici apparsi sul sito web www.etrurianews.it , il luogo in cui –(omissis)– trascorre le proprie vacanze sul litorale laziale, additandolo al pubblico ludibrio – come disvela, in modo eloquente, l’uso dell’espressione “lo smutandato” – con toni poco rispettosi, inverecondi, e non alieni da un livore aggressivo e potenzialmente foriero di violenza, da parte sua o di terzi.
7.2. E a tanto si aggiunga, come ha osservato altresì la sentenza impugnata, la presenza, non giustificata, di –(omissis)– nella sala avvocati del Tribunale amministrativo capitolino, nonostante egli, per quanto ritualmente evocato dall’odierno appellato, non si sia costituito nel presente giudizio.
8. Giova qui ricordare che, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, l’ammonimento della Questura è un provvedimento discrezionale chiamato ad effettuare una delicata valutazione delle condotte poste in essere dal potenziale stalker in funzione preventiva e dissuasiva (Cons. St., sez. III, 25 maggio 2015, n. 2599; Cons. St., sez. III ,7 settembre 2015, n. 4127; Cons. St., sez. III, 15 febbraio 2019, n. 1085).
8.1. Pertanto, il provvedimento di ammonimento presuppone non l’acquisizione della prova richiesta ai fini della condanna per il delitto di stalking, di cui all’art. 612-bis c.p., ma la sussistenza di soli elementi indiziari dai quali sia possibile desumere, con un adeguato grado di attendibilità, un comportamento reiterato anomalo, minaccioso o semplicemente molesto, come tale avvertito dal destinatario della condotta, che sia atto a determinare uno stato di ansia e paura nella vittima.
8.2. La valutazione amministrativa, a differenza della valutazione e dell’accertamento rimessi al giudice penale, è diretta non a stabilire una responsabilità, ma a dissuadere da comportamenti reiterati molesti o persecutori, allo scopo di prevenire la commissione di reati nei confronti della persona, mediante un giudizio prognostico ex ante relativo alla sussistenza di un mero pericolo (Cons. St., sez. III, 25 giugno 2020, n. 4077).
8.3. La sussistenza di questo pericolo, nel caso di specie, non sembra essere stata adeguatamente valutata della Questura di Viterbo con una adeguata istruttoria che abbia preceduto i due provvedimenti annullati, sicché la sentenza qui impugnata, sol per questo, merita conferma, non senza aggiungere, comunque, che la questione è ormai e infine superata dall’adozione del successivo provvedimento questorile di ammonimento il –(omissis)-.
9. Mai come per i provvedimenti aventi natura preventiva e anticipatoria, si deve in ogni caso qui ribadire, l’obbligo di motivazione è essenziale nel nostro ordinamento ad evitare che detti provvedimenti, fondati su fattispecie di pericolo, sanzionino in realtà, arbitrariamente, una colpa d’autore e integrino, così, altrettante “pene del sospetto“.
9.1. Come questo Consiglio di Stato ha chiarito nella sentenza n. 1085 del 15 febbraio 2019, correlativamente, però, anche i provvedimenti, essi pure discrezionali, con cui l’autorità amministrativa ritenga insussistenti i presupposti per l’emissione delle misure preventive devono essere debitamente motivati, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, affinché non siano immotivatamente frustrate le esigenze di tutela della collettività e, nel caso delle misure di cui all’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009, dei singoli.
9.2. La motivazione del provvedimento amministrativo, come questo Consiglio afferma secondo un orientamento ora recepito, come noto, anche dal giudice delle leggi nelle ordinanze del 26 maggio 2015, n. 92, e del 17 marzo 2017, n. 58, costituisce il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 della legge n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti.
9.3. Per quanto attiene all’archiviazione dell’istanza di ammonimento, più in particolare, la motivazione del relativo provvedimento deve farsi carico di considerare in modo adeguato che anche un mera modificazione delle abitudini di vita, a tacer d’altro, può integrare le condotte tipizzate dall’art. 612-bis c.p., estrinsecandosi tale fattispecie delittuosa, sul piano materiale, nella “reiterazione di condotte, costituenti minaccia o molestie, etiologicamente connesse alla determinazione, nel soggettivo passivo del reato, di un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata affettivamente ovvero di una costrizione a modificare le proprie abitudini di vita” (v., ex plurmis, Cass. pen., sez. V, 24 gennaio 2018, n. 3271).
9.4. E nel caso si specie l’eventuale timore o stato d’ansia ingenerati in –(omissis)– dal contegno complessivo di –(omissis)– (le minacce esplicite con l’allusione al “tabacco del moro“, gli articoli denigratori e livorosi con la precisa indicazione del luogo di abitazione del –(omissis)-sul litorale romano, l’inquietante presenza fisica dello stesso –(omissis)– nella sala avvocati) dovevano indurre la Questura, come è poi avvenuto nel provvedimento del –(omissis)-, ad una più attenta ponderazione degli elementi addotti dallo stesso –(omissis)-, quantomeno in funzione preventiva e dissuasiva sul piano dell’azione amministrativa, come si è detto già, ai §§ 8-8.2., illustrando la natura dell’ammonimento.
10. Di qui, per le ragioni esposte, il deficit istruttorio e il conseguente vizio motivazionale riscontrato dal primo giudice nei due provvedimenti annullati con riferimento alla necessaria valutazione di tutti gli elementi in ipotesi atti a configurare uno stato di ansia nella potenziale vittima delle condotte moleste e/o persecutorie in ipotesi poste in essere dallo stesso –(omissis)-, al di là dei profili minacciosi o diffamatori, oggetto delle indagini e, ora, del giudizio in sede penale.
11. L’appello proposto dal Ministero dell’Interno, pertanto, deve essere quindi dichiarato inammissibile o comunque respinto, con la conseguente conferma della sentenza qui impugnata.
12. Non essendo stata impugnata da –(omissis)-, con appello incidentale, la sentenza nella parte in cui è stata respinta la domanda risarcitoria, non vi è luogo a provvedere su tale domanda, già respinta dal primo giudice.
13. Le spese del presente grado del giudizio, considerata, comunque, la delicatezza della valutazione amministrativa in ordine alla sussistenza di condotte moleste e persecutorie, possono essere interamente compensate tra le parti.
13.1. Rimane definitivamente a carico del Ministero appellante il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.
Pone definitivamente a carico del Ministero dell’Interno il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di –(omissis)– e di –(omissis)-.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2020, con l’intervento dei magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere, Estensore
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 10 DIC. 2020.
