Massima

In caso di diniego del rilascio del permesso di soggiorno, con riguardo alla contestata omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, deve escludersi che ci si trovi al cospetto di un provvedimento vincolato in quanto la falsità della dichiarazione alloggiativa è solo presunta dalla Prefettura, sulla base di una generica comunicazione del Comune.

Supporto alla lettura

IMMIGRAZIONE

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998 (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero”.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione:

  • il diritto dell’immigrazione in senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole;
  • il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre:

  • la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione);
  • la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge 416/1989 (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di provvedimenti di recepimento della normativa comunitaria.

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro. In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina. L’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l’espulsione. Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva. Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa, che può essere eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolente ecc.).

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza appellata, il T.A.R. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, si è pronunciato in chiave reiettiva sul ricorso con il quale l’odierno appellante impugnava il provvedimento con il quale la Prefettura di Latina ha disposto la revoca del contratto di soggiorno e del Mod. 209 rilasciati nell’ambio della procedura di emersione attivata ex art. 103, comma 1, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, conv. in legge 17 luglio 2020, n. 77, avendo rilevato la falsità del certificato di “idoneità alloggiativa” all’uopo presentato.

Il T.A.R., al fine di respingere le censure attoree, ha in primo luogo rilevato che “contrariamente a quanto teorizzato dal ricorrente, il Collegio rileva che l’art. 103 comma 20 del D.L. n. 34/2020, come convertito, prevede il fine di contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie, sia il fine di prevenire la diffusione del contagio da “Covid-19” dettato dalla contingenza propria del marzo 2020, sia il fine di garantire – in generale – la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative“.

Ha inoltre evidenziato il T.A.R. che, “con riguardo alla contestata omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, va detto che la mancanza di un documento ritenuto imprescindibile dal legislatore ai fini del rilascio dell’invocato permesso di soggiorno rende vincolato il diniego di rilascio del permesso di soggiorno e, dunque, irrilevante il mancato coinvolgimento dello straniero nel procedimento conclusosi con l’impugnato diniego, trovando pacifica applicazione l’art. 21 octies, l. n. 241 del 1990 considerato che il procedimento non avrebbe potuto avere esito diverso“.

La sentenza costituisce oggetto dell’appello proposto dall’originario ricorrente, il quale ripropone le censure formulate in primo grado contestando i motivi posti dal T.A.R. a fondamento della relativa reiezione.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata.

Tanto premesso, l’appello è meritevole di accoglimento, come recentemente ritenuto dalla Sezione con la sentenza n. -OMISSIS-del 18 settembre 2023, relativa a fattispecie sovrapponibile, nei relativi termini fattuali e giuridico-interpretativi, a quella oggetto dell’odierna controversia.

Con la pronuncia citata la Sezione, in particolare, ha attribuito rilievo assorbente al vizio partecipativo dedotto (come nella fattispecie in esame) con il secondo motivo di appello: premesso che “in caso di provvedimento discrezionale – e solo in questo – l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto comporta la caducazione dell’atto viziato (Cons. St., sez. III, 18 agosto 2022, n. 7267)“, ha osservato che “è da escludere anche che nel caso di specie si sia al cospetto di un provvedimento vincolato perché la falsità della dichiarazione alloggiativa è solo presunta dalla Prefettura, sulla base di una generica comunicazione del Comune di -OMISSIS-il quale afferma che “il certificato di idoneità alloggiativa non risulta agli atti”, e la partecipazione procedimentale, anche con l’applicazione dell’art. 10-bis, avrebbe consentito all’interessato di spiegare e illustrare, anche con nuova documentazione, l’effettiva sua situazione alloggiativa, con conseguente possibilità di conclusione diversa del procedimento di diniego“.

Al citato orientamento della Sezione, va aggiunto, si è adeguata anche la giurisprudenza di primo grado.

In particolare, con la sentenza del 12 dicembre 2023 n. 2941, il T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, ha statuito che “l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della legge 241/1990 assume particolare rilievo, posto che, in siffatto modo, il ricorrente non è stato messo in condizione di apportare il proprio determinante contributo al procedimento che lo riguardava direttamente e ciò anche e soprattutto tenuto conto che l’istante, lamentando giustappunto di non aver ricevuto il preavviso di rigetto, ha rappresentato che, ove messo in condizioni di contraddire con la P.A., avrebbero potuto apportare nuovi e determinanti elementi, capaci di modificare l’assunto della Prefettura, con particolare riferimento alla non necessità del certificato di idoneità alloggiativa ai fini del perfezionamento della procedura in oggetto, orientando verosimilmente in senso diverso, ed a sé favorevole, la determinazione finale della Pubblica Amministrazione“.

L’appello in conclusione deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, accolto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annullato il provvedimento con esso impugnato.

Sussistono infine giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello n. 6959/2023, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annulla il provvedimento impugnato.Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 04 APR. 2024.

Allegati

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