2. In punto di fatto, si rileva che, con ordinanza n. 107171 del 3 giugno 2008, il Comune ha ingiunto la demolizione di opere abusivamente realizzate da sei condomini per delimitare, a loro uso esclusivo, delle aree con destinazione a giardino nell’ambito del Condominio di via (omissis), cui le singole unità immobiliari, situate al piano rialzato, sono collegate mediante scale.
3. Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al TAR, ma il relativo giudizio è stato dichiarato improcedibile dopo che l’Amministrazione, riscontrata la “doppia conformità” delle opere sia allo strumento urbanistico vigente al momento della loro realizzazione, sia a quello in vigore nel momento del rilascio del titolo, ha emesso il permesso di costruire in sanatoria n. 627 del 17 dicembre 2010.
4. In seguito, il Condominio ha presentato un esposto per chiedere, in esecuzione dell’ordinanza, la demolizione delle scale che collegano le unità immobiliari di proprietà esclusiva con l’area delimitata da muretti e rete metallica.
5. Con provvedimento n. 15837 del 31 gennaio 2019, il Comune ha respinto la richiesta, ritenendo che anche queste fossero state oggetto della sanatoria.
6. Il Condominio ha quindi impugnato il diniego dinanzi al TAR.
7. Il Tribunale, respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e d’interesse del Condominio, ha accolto l’impugnativa, ritenendo che il titolo in sanatoria avesse a oggetto solamente la recinzione, come si evincerebbe sia dal suo testo, sia dalla rappresentazione grafica a esso allegata.
Con la medesima sentenza, ha condannato il Comune al pagamento delle spese di lite, le quali sono state invece compensate nei confronti dei controinteressati.
8. I proprietari delle unità immobiliari hanno quindi proposto appello, che è stato iscritto a ruolo con R.G. n. 8422/2022.
In questo giudizio non si sono costituiti né il Comune, né il Condominio, nonostante il gravame sia stato loro regolarmente notificato.
9. In via autonoma, anche il Comune ha proposto appello, che è stato iscritto a ruolo con R.G. n. 8457/2022.
In questo giudizio non si è costituito in giudizio il Condominio, nonostante il gravame gli sia stato regolarmente notificato.
Si sono invece costituiti i sei condomini già destinatari dell’ordine di demolizione, sostenendo la richiesta di riforma della sentenza impugnata.
10. Tanto nel giudizio R.G. n. 8422/2022, quanto in quello promosso dal Comune e iscritto con R.G. n. 8457/2022, i Sig.ri Qu. e altri hanno chiesto la riunione dei due processi.
11. All’udienza pubblica del 13 febbraio 2024, le due cause sono state trattenute in decisione.
13. Con il primo motivo di appello, i Sig.ri (omissis) e altri deducono: “Error in iudicando. Inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione e carenza d’interesse“.
In particolare, gli appellanti ripropongono l’eccezione di difetto di rappresentanza dell’amministratore del Condominio, su cui il TAR non si sarebbe pronunciato, che deriverebbe dal fatto che questi, una volta comunicato l’avviso di fissazione udienza, ha dato conferma dell’interesse a una decisione senza prima essere stato autorizzato dall’assemblea.
Inoltre, il Tribunale avrebbe errato nell’affermare la legittimazione e l’interesse ad agire del Condominio, presupposti che non sussisterebbero alla luce della considerazione che le scale contestate ricadono nelle proprietà esclusive degli appellanti e non inciderebbero sulle facciate.
Infine, il ricorso di primo grado sarebbe stato da dichiarare inammissibile perché l’ordinanza di demolizione del 2008, di cui il Condominio pretende l’esecuzione, sarebbe divenuta inefficace dopo il rilascio del permesso in sanatoria.
14. Con il proprio appello, e in particolare con il primo motivo, anche il Comune formula una censura analoga, deducendo: “Error in giudicando quanto alla pretesa legittimazione del Condominio circa la rimozione di scale di uso esclusivo; omessa e/o erronea e/o illogica interpretazione e/o valutazione della disciplina rilevante e delle risultanze documentali di causa“.
Secondo il Comune, il TAR avrebbe errato nel ritenere il Condominio dotato di legittimazione e interesse ad agire, in quanto sarebbe indimostrato il denunciato pregiudizio estetico all’edificio.
15. I motivi con cui, per le ragioni esposte, i condomini e l’Ente contestano l’ammissibilità e la procedibilità del ricorso di primo grado sono infondati.
15.1 In primo luogo, si deve confermare la legittimazione del Condominio a censurare la decisione del Comune di non portare a esecuzione l’ordinanza di demolizione nella parte relativa alle scale che dalle abitazioni dei singoli condomini conducono nel giardino, trattandosi di opere che incidono sulla sagoma e sul prospetto dell’intero edificio.
15.2 In secondo luogo, occorre ribadire, in armonia con una consolidata giurisprudenza, che la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità non incide sulla validità dell’ordinanza di demolizione ma comporta la mera sospensione della sua esecutività fino alla definizione – anche tacita – della domanda di sanatoria (tra le tante, si v. Cons. St., sez. VI, sent. n. 2567 del 2023), pertanto, nella specie, il Condominio conservava interesse a chiederne l’esecuzione.
15.3 Infine, si deve considerare che non era necessaria la deliberazione dell’assemblea per la conferma dell’interesse del Condominio alla decisione.
Sotto questo aspetto, si rileva che in primo grado il ricorso, depositato il 12 aprile 2019 insieme all’istanza di fissazione dell’udienza di discussione, era stato inizialmente inserito nel ruolo dell’udienza pubblica del 16 novembre 2021 al solo fine di verificare il permanere dell’interesse alla decisione; il Condominio aveva confermato il proprio interesse mediante dichiarazione sottoscritta dal difensore e dall’amministratore, depositata il 22 ottobre 2021; quindi, la causa era stata inserita nel ruolo dell’udienza di smaltimento del 19 luglio 2022 e in quella data era stata trattenuta in decisione.
Dagli atti del giudizio svoltosi dinanzi al TAR si evince che nella specie non erano decorsi cinque anni dalla data di presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza di discussione; pertanto la manifestazione dell’interesse della parte non aveva lo scopo di scongiurare la perenzione del ricorso di cui all’art. 82 cod. proc. amm. e non era quindi necessario che fosse sottoscritta dalla parte personalmente e dal suo difensore, come richiede tale disposizione.
Al contrario, la fissazione dell’udienza del 16 novembre 2021 era finalizzata a verificare se fosse sopravvenuta la carenza d’interesse alla decisione della causa, come desumibile, ai sensi dell’art. 84, co. 4, cod. proc. amm., da fatti o atti univoci oppure dal comportamento delle parti: pertanto, la permanenza dell’interesse ben poteva essere manifestata senza particolari formalità – richieste solo nell’ipotesi di cui all’art. 81, co. 1, cod. proc. amm. – dal solo difensore, anche in applicazione analogica dell’art. 82, co. 2, cod. proc. amm. (secondo cui se, in assenza dell’avviso di perenzione quinquennale, è comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione nel merito, il ricorso è deciso “qualora il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione“).
16. Sul piano sostanziale, con il secondo motivo di appello i Sig.ri (omissis) e altri deducono: “Error in iudicando. Errata valutazione dei fatti. Violazione del principio di insindacabilità dell’azione amministrativa“.
Secondo gli appellanti, l’ordinanza di demolizione avrebbe riguardato solo le recinzioni, mentre le scale di collegamento non sarebbero mai state considerate abusive; comunque, la richiesta di sanatoria e il successivo titolo avrebbero compreso anche queste; infine, le scale dovrebbero comunque ritenersi legittime alla luce dell’art. 147-bis della l.r. Umbria n. 1 del 2015, secondo cui “costituiscono altresì tolleranze costruttive le parziali difformità, realizzate nel passato durante i lavori per l’esecuzione di un titolo abilitativo, cui sia seguita, previo sopralluogo o ispezione da parte di funzionari incaricati, la certificazione di conformità edilizia e di agibilità nelle forme previste dalla legge” (nella specie, è stata rilasciata la certificazione di agibilità nel 1980).
17. Anche il Comune, con il secondo motivo del proprio appello, formula una censura analoga, deducendo: “Error in giudicando quanto al capo della sentenza che ritiene le scale non ricomprese nel titolo in sanatoria n. 627 del 17 dicembre 2010“.
Secondo l’Ente, l’ordinanza di demolizione avrebbe riguardato solo le recinzioni, mentre le scale di collegamento non sarebbero mai state considerate abusive; comunque, la richiesta di sanatoria e il successivo titolo avrebbero compreso anche queste.
18. I motivi con cui vengono trattati i profili sostanziali della controversia sono infondati.
18.1 In primo luogo, non può dubitarsi del fatto che l’ordinanza di demolizione n. 107171 del 3 giugno 2008 avesse a oggetto anche le scale, come si evince: dal fatto che la richiesta di verifica di presunti abusi edilizi che ha indotto ad avviare il procedimento da cui il provvedimento è poi scaturito riguardava la realizzazione di recinzioni di aree ad uso privato “e relative scale di collegamento alle stesse“; dalla considerazione che nella descrizione delle opere abusive l’ingiunzione, dopo aver dato conto delle recinzioni, ha cura di precisare che le unità immobiliari dei responsabili “sono collegate mediante una scala al sottostante giardino“; dal rilievo per cui il provvedimento ricollega il carattere abusivo dell’intervento al fatto che questo è stato eseguito “su suolo di Ente Pubblico, nella fattispecie su aree PEEP“, e che le scale portano proprio a quest’area; dal dispositivo dell’ingiunzione, con cui viene intimato di demolire i lavori abusivi “in premessa descritti“, così rinviando alla descrizione riportata in motivazione la quale, come anticipato, comprende anche le scale.
18.2 In secondo luogo, le scale di collegamento non sono invece ricomprese nella domanda di accertamento di conformità – e, di conseguenza, nemmeno nel provvedimento di sanatoria – poiché questa riguarda inequivocabilmente le sole recinzioni, come indicato nella descrizione dell’intervento da sanare e come si evince anche dall’elaborato grafico a essa allegato, in cui le scale sono sì rappresentate, ma solo per dare conto dello stato dei luoghi, mentre viene evidenziata unicamente la “recinzione da sanare“.
Un’interpretazione complessiva della domanda e del provvedimento portano quindi a condividere la tesi del TAR secondo cui essi non si estendono anche alle scale di collegamento dalle unità immobiliari dei Sig.ri (omissis) e altri al sottostante giardino.
Rimane naturalmente ferma la possibilità di presentare un’ulteriore istanza di sanatoria riferita alle scale in questione, se ricorrono i presupposti di legge.
18.3Infine, l’eventuale incidenza del rilascio del certificato di abitabilità del 1980 sull’esistenza dell’abuso avrebbe potuto e dovuto essere fatta valere impugnando l’ordinanza di demolizione, mentre non ha rilievo nel presente giudizio, in cui si discute dell’esecuzione del provvedimento di ripristino per la parte consolidatasi.
Da questo punto di vista, comunque, è dirimente il fatto che, secondo una giurisprudenza consolidata, “il certificato di abitabilità non è invocabile al fine di provare la rispondenza delle opere al progetto approvato, essendo tale atto volto alla sola verifica degli aspetti igienico-sanitari, senza precludere all’Amministrazione di potere contestare successivamente eventuali difformità urbanistiche ed edilizie” (Cons. St., sez. VI, sent. n. 1857 del 2021, che ha confermato TAR Umbria, sent. n. 483 del 2019, relativa proprio a un caso in cui veniva invocato l’art. 147-bis della l.r. Umbria n. 1 del 2015).
19. Entrambi gli appelli sono quindi meritevoli di rigetto.
20. La particolare complessità della vicenda, anche in fatto, giustifica la compensazione delle spese di lite del grado tra tutte le parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 28 MAR. 2024.
