FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n.-OMISSIS-, proposto innanzi al T.a.r. per la Puglia, sede di Lecce, il signor -OMISSIS- sottufficiale della Marina militare, aveva chiesto l’annullamento del decreto del -OMISSIS- nella parte in cui il Ministro, conformandosi al parere parzialmente sfavorevole emesso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, nell’accogliere la domanda di equo indennizzo per la patologia “-OMISSIS-”, la respingeva in relazione al diverso quadro morboso “-OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS–OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS–OMISSIS–OMISSIS-”.
2. A sostegno dell’impugnativa, il ricorrente deduceva quanto segue:
a) la violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 461/2001, della legge n. 1094/70 e dell’art. 3 della legge n. 241/90;
b) l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea presupposizione di fatto e di diritto, illogicità manifesta, ingiustizia manifesta, contraddittorietà;
c) il difetto di motivazione.
3. Costituitosi il Ministero della difesa in resistenza, il Tribunale ha respinto il ricorso e compensato le spese di lite.
4. In particolare, il giudice di prime cure ha ritenuto che:
– “in ordine al preteso dovere dell’Amministrazione di prescindere dal parere formulato dal Comitato di verifica che, secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 461/01, il Comitato di verifica “accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione” (art. 11) e l’Amministrazione si pronuncia “su conforme parere del Comitato (art. 14)”;
– “nel caso di specie, simile spazio per un controllo giurisdizionale non sembra potersi rinvenire, posto che, muovendo da puntuali considerazioni medico-scientifiche, il Comitato di verifica ha potuto trarre delle conclusioni sicuramente non illogiche ed incomprensibili, individuando in una “-OMISSIS-che si estrinseca con disturbi di -OMISSIS- attraverso i canali -OMISSIS-, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su -OMISSIS-” la causa della malattia”;
– “nel concetto di causa efficiente e determinante di servizio, da considerare come fattore degenerativo di una malattia, si devono far rientrare fatti ed eventi specificatamente individuabili di servizio, con esclusione di circostanze o condizioni del tutto generiche connaturate a qualsiasi attività lavorativa. Sicché, la semplice descrizione dei compiti svolti nelle diverse sedi di servizio e l’indicazione delle difficoltà normalmente incontrate nell’ambiente di lavoro non possono valere a significare, che il “malessere vissuto per tanti anni” sia dovuto, ad uno “-OMISSIS-”.
5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 22 dicembre 2010 e depositato l’11 gennaio 2011, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 12-32), quanto di seguito sintetizzato:
I) avrebbe errato il Tribunale nel non tener conto del consolidato e pacifico orientamento giurisprudenziale secondo il quale le valutazioni tecnico-discrezionali degli organi amministrativi, in tema di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità contratta dal pubblico dipendente, non sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo;
II) il Tribunale non avrebbe considerato che il concetto di “causalità di servizio” deve essere inteso in senso molto ampio poiché comprende non solo la causa unica, ma anche le concause, siano esse simultanee o sopravvenute e le condizioni di lavoro che hanno caratterizzato l’attività svolta dal ricorrente avrebbero svolto un ruolo quantomeno concausale nel determinismo eziopatogenetico;
III) il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta di CTU medico-legale formulata nel ricorso introduttivo e reiterata nella memoria conclusiva, anche in vista delle aggravate condizioni di salute dell’odierno appellante.
6. In data 1° febbraio 2011 si è costituito il Ministero della difesa con atto di stile, al quale ha fatto seguito la produzione di documentazione, tra cui la relazione dell’Ufficio sui fatti di causa.
7. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti non hanno svolto difese scritte.
8. La causa, chiamata per la discussione alla pubblica udienza del 21 gennaio 2020, è stata ivi introitata in decisione.
8.1. Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato e pertanto sia da respingere.
8.2. Non può trovare accoglimento il primo motivo di gravame, col quale si lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente reputato le valutazioni tecnico-discrezionali degli organi amministrativi sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Per vero, il Tribunale si è preliminarmente soffermato circa la latitudine del controllo giurisdizionale sui giudizi medico-legali
espressi dagli organi tecnico-consultivi evidenziando che esso ha modo di esplicarsi nei limiti di un sindacato estrinseco sui relativi giudizi, che si traduce nel “valutarne ab externo la irragionevolezza, la incongruità e soprattutto l’eventuale carenza di esaustività”.
Tali preliminari considerazioni del Tribunale, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, non possono essere reputate erronee in quanto riflettono gli assunti generalmente recepiti in sede pretoria. Va invero evidenziato, al riguardo, che il giudizio medico legale afferente alle domande di equo indennizzo si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale che, in quanto tali, “sono sottratti al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo salvi i casi in cui si ravvisi un’irragionevolezza manifesta o un palese travisamento dei fatti, ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 885). Se è vero che il Comitato di verifica, nell’esercizio della discrezionalità tecnica che gli compete, non opera alcuna comparazione tra interesse pubblico primario e secondario – attività, questa, che sarebbe senz’altro insondabile in sede giudiziale – il sindacato del giudice amministrativo in tale ambito è, sì, intrinseco, ma limitato ad ipotesi di mancata valutazione di circostanze di fatto ovvero ad irragionevolezza manifesta o palese travisamento dei fatti. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il giudice amministrativo può censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, in quanto il suo apprezzamento, inevitabilmente opinabile, finirebbe per affiancarsi a quello altrettanto opinabile dell’Amministrazione, sostituendolo ed invadendo l’ambito delle attribuzioni riservate alla medesima. Come evidenziato dalla parte appellata, alla stregua del costante orientamento giurisprudenziale in subiecta materia, va ribadito che le valutazioni del C.P.P.O. – in qualità di organo tecnico per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o lesione che ha poi assunto la denominazione di Comitato di verifica con il succitato d.P.R. 29 ottobre 2001‚ n. 461 – sono insindacabili se adeguatamente motivate e, soprattutto, se coerenti con le circostanze di fatto emerse nel corso del procedimento.
Tra l’altro, anche l’esame delle documentazione all’uopo prodotta dall’interessato rientra nell’alveo dell’esercizio di un potere di discrezionalità tecnica attribuito alla pubblica amministrazione, con la conseguenza che il giudice potrà esercitare il proprio sindacato solo in caso di macroscopiche illegittimità, “ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione procedente” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2019, n. 2593). Le competenze del Comitato di verifica non possono in alcun modo essere surrogate, soprattutto alla luce del disposto dell’art. 11 del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, che fa menzione dei soli pareri di tale organo collegiale per l’accertamento della riconducibilità delle cause di infermità o lesione ad attività lavorativa, non prendendo in considerazione eventuali valutazioni svolte da altri organi, quali il C.M.O., essendo il solo Comitato di verifica preso in considerazione dall’articolato del su menzionato decreto.
8.3. Sotto altro profilo, parte appellante lamenta che il Tribunale sarebbe incorso in errore nell’enucleare il concetto di “causalità di servizio”, ma, di contro, va evidenziato che il giudice amministrativo “non deve accertare la sussistenza di un nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2019, n. 6091), in quanto tale valutazione spetta al Comitato di verifica per le cause di servizio (C.V.C.S.), organo tecnico munito di speciale competenza tecnica e di variegata composizione professionale.
Invero, alla Commissione medica ospedaliera spetta il giudizio diagnostico sulle infermità e lesioni denunciate dal pubblico dipendente e, per il caso che da esse siano residuati postumi invalidanti a carattere permanente, l’indicazione della categoria di menomazioni alle quali essi devono ritenersi ascrivibili mentre al Comitato di verifica sulle cause di servizio spetta il diverso compito di accertare l’esistenza di un nesso causale fra le patologie riscontrate dalla Commissione a carico del pubblico dipendente e l’attività lavorativa da lui svolta (Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2010, n. 3411). Non può darsi, quindi, l’auspicato rilievo al parere favorevole della Commissione medica ospedaliera del 22 novembre 2001, non avendo tale organo competenza ad esprimersi sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità rilevata secondo il paradigma procedimentale scolpito dalla disciplina di riferimento.
Il giudizio negativo espresso dal Comitato di verifica, alla luce del suo quadro motivazionale e nei limiti del sindacato del giudice amministrativo dianzi rassegnati, risulta immune dai rilievi di parte, in quanto, come correttamente rilevato dal Tribunale, non emerge che le condizioni di lavoro che hanno connotato l’attività svolta dall’appellante abbiano potuto quantomeno concorrere nel determinismo della patologia accusata.
A tal riguardo, parte appellante, fornisce ampia e diffusa descrizione di alcuni passaggi critici del percorso lavorativo dell’appellante che avrebbero avuto un’efficienza quantomeno concausale nell’innescare il quadro morboso suddescritto, ed in particolare:
– “il lavoro particolarmente “stressante” e pieno di responsabilità svolto”;
– “l’adibizione a mansioni particolarmente gravose, quali l’espletamento di funzioni specifiche spettanti agli ufficiali di guardia (guardia scudo)”;
– “abusi da parte del Comando tra cui Mobbing (alle dipendenze di personale inferiore); vari cambi d’ufficio (sempre alle dipendenze di inferiori); abbassamento delle note caratteristiche da “-OMISSIS-””;
– l’estrazione di “copia di un documento riservato […] di cui era responsabile”.
Il Collegio non può che condividere la tesi del T.a.r. e cioè che non vi è nessuna prova della esistenza di un nesso causale o concausale, fondato su un elevato grado di probabilità, tra le infermità denunciate e il comportamento tenuto durante il servizio prestato.
Resta fermo che nelle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate da pubblici dipendenti, anche ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, il sindacato che il giudice della legittimità è legittimato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, che si fondano su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità nonché alla verifica della regolarità del procedimento (Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4049), circostanze che, nel caso di specie, non appaiono sussistere.
In ordine alle patologie denunciate il Comitato di verifica si è espresso, significando, per quelle di natura nervosa, che le stesse sono riconducibili ad una “-OMISSIS-che si estrinseca con disturbi di -OMISSIS- attraverso i canali neuro vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su -OMISSIS-. Non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale
efficiente e determinante”. E’ di tutta evidenza che il Comitato di verifica si è adeguatamente soffermato sulle caratteristiche del servizio espletato dal dipendente escludendo la ricorrenza di qualsiasi relazione anche concausale con l’infermità accertata, di natura nervosa, esprimendo delle valutazioni tecnico-discrezionali, come detto, non sindacabili in questa sede, pena l’indebita sostituzione dell’autorità giurisdizionale a quella amministrativa, tranne nelle ipotesi in cui lo stesso risulti viziato da manifesta irragionevolezza, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale, nonché nell’ipotesi di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2019, n. 2169). Il tenore della motivazione che connota il contributo consultivo del Comitato di verifica ed il quadro complessivo della descritta vicenda di causa oltre che della documentazione prodotta in atti consentono di escludere che ricorra una qualsiasi delle suddette ipotesi, in grado di inficiare la legittimità del giudizio negativo espresso dall’organo consultivo competente.
8.4. Infine, non può trovare accoglimento l’ultima censura, relativa alla violazione dell’art. 16 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per non essersi il Tribunale pronunciato sulla richiesta di c.t.u. medico legale, ritenuta necessaria proprio per consentire quel sindacato intrinseco al quale conduce la valorizzata evoluzione del processo amministrativo in materia di valutazioni tecnico-discrezionali. Giova evidenziare, al riguardo, che – come ribadito, di recente, da questo Consiglio (sentenza, sez. III, 25 luglio 2019, n. 5267) – la consulenza tecnica, nel processo amministrativo, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova (c.d. consulenza tecnica percipiente), avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione (c.d. consulenza tecnica deducente), ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti. Ne consegue che la richiesta di verificazione o di c.t.u. non può essere assecondata in mancanza di un qualsiasi concreto principio di prova, poiché in tal caso la verificazione o la c.t.u. finisce per avere carattere meramente esplorativo (Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2016, n. 75).
Di conseguenza, la mancata assunzione di una consulenza tecnica da parte del giudice amministrativo non viola, in astratto, il principio costituzionale del diritto di difesa e dell’effettività della tutela giurisdizionale, come invece parte appellante assume (Cons. Stato, sez. II, 8 maggio 2019, n. 2975)
Trascorrendo sul piano degli elementi fattuali evidenziati dall’appellante, non sussiste ragione alcuna per attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito più strettamente tecnico-sanitario della vicenda, e pertanto deve respingersi la richiesta dell’appellante, formulata in questa sede, di ricorso alla c.t.u., la quale, dovendo investire solo la attendibilità delle ragioni addotte dal Comitato di verifica per negare la dipendenza da causa di servizio (giurisprudenza pacifica; v. , tra le tante, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 8 gennaio 2013, n. 31), può essere ammessa unicamente ove il ricorso fornisca un qualche specifico elemento per ritenere palesemente illogico o palesemente errato il giudizio del Comitato; laddove, invece, come s’è visto, nel caso controverso, a giudizio del Collegio, non sussistono elementi specifici per ritenere palesemente irragionevole la valutazione del Comitato, anche tenuto conto della documentazione versata in atti dal ricorrente per avvalorare la tesi contraria. Questa Sezione, in una vicenda analoga, si è espressa nei medesimi termini, osservando che “In sede di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, la possibilità di procedere ad una consulenza tecnica d’ufficio non può estendersi sino a determinare e legittimare una sostituzione del giudice alle valutazioni compiute dall’amministrazione tramite il proprio Comitato di Verifica per cui il giudice può disporla solo per verificare specifici e concreti aspetti che rimangono in dubbio e che un’ulteriore perizia sia in grado di chiarire efficacemente, nonostante il tempo trascorso” (cfr. sentenza, sez. II, 8 maggio 2019, n. 2975).
9. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
10. Il Collegio ritiene sussistano eccezionali motivi, stante la particolarità della vicenda di causa e dei sottesi interessi, per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (R.G. n. 154/2011), lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute dell’appellante.
