2. A fondamento del ricorso principale, (omissis) S.p.a. ha dedotto le seguenti censure:
i) violazione dell’art. 23 Cost, in relazione agli artt. 38 d. lgs. n. 507/93 e 63 d. lgs. n. 446/97;
ii) violazione dei principi di proporzionalità e razionalità dell’azione amministrativa;
iii) violazione degli artt. 25 d. lgs. n. 285/92 e 66 d.P.R. n. 495/92; violazione della Direttiva del Ministero dei Lavori Pubblici 3.3.1999; violazione della l. n. 241/90.
3. Il T.a.r. adìto ha reputato il ricorso infondato sulla scorta delle seguenti motivazioni.
3.1. Con riguardo al primo motivo, il giudice di prime cure ha rilevato che il Regolamento in questione non maschera alcuna prestazione imposta in violazione dell’art. 23 Cost., posto che:
– non vi è carattere forzoso del prelievo, trattandosi invece di oneri connessi all’esecuzione di lavori su tratti viari, che non manifestano alcun indice di capacità contributiva da parte del soggetto che li esegue;
– trattasi di prestazioni para-sinallagmatiche, atteso che la debenza dei diritti, lungi dall’essere sganciata da qualsivoglia controprestazione da parte del Comune, è collegata alla natura pubblica della strada interessata da lavori di scavo e alla conseguente necessità di assicurarne il corretto ripristino, sicché è del tutto logico che il Comune, in quanto ente proprietario della strada, richieda prestazioni economiche per interventi che incidano su detta strada;
– il gettito derivante dal prelievo di diritti di istruttoria non è destinato a sovvenzionare genericamente le pubbliche spese, ma è finalizzato ad interventi specifici e settoriali, e segnatamente (cfr. art. 7 Regolamento) al finanziamento degli oneri per interventi di manutenzione straordinaria delle sedi stradali.
3.2. Il T.a.r. ha reputato infondata anche la seconda censura, in quanto il Regolamento differenzia la misura dei diritti in funzione della tipologia di interventi ad eseguirsi e ciò costituisce massima espressione del principio di proporzionalità, il quale impone una graduazione del sacrificio commisurata alla natura dell’interesse da salvaguardare. Alla stessa stregua, l’iter procedimentale previsto ai fini del rilascio dell’autorizzazione (comunicazione al civico ente; sopralluogo da parte dell’UTC; presenza di un tecnico abilitato, ecc.) è del tutto coerente con la tipologia degli interventi a realizzarsi e proporzionato rispetto al fine da raggiungere.
3.3. Infine, viene disatteso anche il terzo motivo di gravame, dal momento che l’impugnato Regolamento, in quanto atto a contenuto generale, si sottrae agli obblighi partecipativi, stante la previsione eccettuativa di cui all’art. 13 l. n. 241/90. Né a diverse conclusioni può giungersi valorizzando il disposto della Direttiva dei Ministero LL.PP. (ora: Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) del 3.3.1999, che prevede il coinvolgimento delle parti per la pianificazione degli interventi, ma non per l’emanazione del Regolamento.
4. Avverso detta pronuncia (omissis) S.p.a. ha interposto l’appello in trattazione, notificato il 28 settembre 2020 e depositato il 26 ottobre 2020, articolando tre motivi di ricorso sostanzialmente sovrapponibili a quelli svolti nel grado precedente.
4.1. Con il primo si contesta l’erroneità della sentenza gravata, laddove non ha tenuto in debito conto:
a) da un lato, che l’art. 3.4 del Regolamento medesimo pone a carico dell’operatore la “…esecuzione di tutti i ripristini definitivi, segnaletica orizzontale e verticale compresa“, sì da privare di causa il versamento dei contributi in questione, smentendo quindi la tesi del T.a.r.;
b) dall’altro lato, che l’ampiezza del ripristino è rimessa alla valutazione discrezionale del Comune, così da risultare sganciata da qualsiasi reale natura di controprestazione.
Tanto basta a determinare la riconducibilità dell’onere dell’appellante alle prestazioni patrimoniali imposte in violazione dell’art. 23 Cost., poiché l’onere viene collegato all’esecuzione dei lavori di scavo che vengono considerati ex se idonei alla sua imposizione a carico dell’appellante.
Non è meritevole di condivisione neppure l’assunto secondo cui “il Regolamento differenzia la misura dei diritti in funzione della tipologia di interventi ad eseguirsi“, poiché anche nel caso in esame la commisurazione degli oneri prescinde dalla funzione loro propria, per assurgere a improprio onere sulla realizzazione di opere pubbliche.
4.2. Con il secondo motivo si dà atto che l’iter procedimentale, a differenza di quanto sostenuto dal T.a.r., non sarebbe ragionevole né proporzionato, poiché:
– impone al privato di acquisire notizie sulla esistenza di altri sottoservizi a monte della progettazione dell’intervento, nonostante che, essendo onere del Comune pianificare gli interventi e comunque conservare notizia delle autorizzazioni già rilasciate, tali dati siano già in suo possesso;
– richiede un preventivo sopralluogo da parte degli uffici comunali e pretende 30 giorni per il rilascio dell’autorizzazione in condizioni normali (e 10 in caso di urgenza), avuto riguardo al fatto che si tratta di interventi strumentali alla fornitura di un bene primario, quale l’energia elettrica, che la società odierna appellante è obbligata comunque ad assicurare e che rischia di divenire fonte di gravissimi disagi, danni e responsabilità.
4.3. Con il terzo motivo si lamenta l’erroneità dell’assunto del T.a.r. secondo cui l'”iter istruttorio volto al rilascio dell’autorizzazione ai lavori di scavo” garantisce “il coinvolgimento delle parti per la pianificazione degli interventi“, atteso che il Regolamento impugnato impone ai privati richiedenti l’onere di individuare i sottoservizi esistenti, di cui ovviamente il Comune non ha notizia, addossando ai privati medesimi il rischio di onerose delocalizzazioni dei propri impianti o di quelli altrui.
5. Parte appellante conclude per l’accoglimento del gravame con conseguente riforma della sentenza impugnata.
6. Il Comune di Trepuzzi, sebbene ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
7. In data 1° giugno 2024 parte appellante ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a. insistendo per l’accoglimento del gravame alla luce di recente giurisprudenza di questo Consiglio.
8. Alla udienza straordinaria, svoltasi in modalità telematica, del 3 luglio 2024 il ricorso è introitato in decisione.
9. L’appello è fondato.
9.1. Come esposto in narrativa, il gravame in esame verte sulla Deliberazione 27.3.2015 n. 10, con cui il Consiglio comunale di Trepuzzi ha approvato il “regolamento comunale per l’esecuzione di manomissioni della sede stradale“, quale atto oggetto del ricorso di primo grado respinto dal T.a.r.
Parte appellante invece rileva che l’onere viene collegato all’esecuzione dei lavori di scavo che – a differenza di quanto assunto dal T.a.r. – vengono considerati ex se idonei all’imposizione di un onere a carico dell’appellante.
10. L’appello è da apprezzare favorevolmente alla luce del preciso orientamento assunto da questo Consiglio di Stato, che si è attestato nel senso di reputare illegittimi i Regolamenti comunali – quale quello che occupa – che impongano a società esercenti servizi di pubblica utilità, e pertanto realizzano e gestiscono reti di sottoservizi, oneri ulteriori rispetto al pagamento della TOSAP (oggi CUP).
In particolare si è stabilito che “L’articolo 23 della Costituzione prevede che “nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale, a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso (Corte Costituzionale, 8 luglio 1957, n. 122), ha chiarito che è ammissibile l’introduzione di oneri con atto autoritativo della pubblica amministrazione solo a condizione che sussista una previsione normativa che individui con precisione limiti e modalità degli oneri.
In materia di manomissioni del manto stradale per la posa in opera di tubazioni da parte di una società operante nel settore delle telecomunicazioni, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha stabilito che “il Comune non può subordinare il rilascio di concessioni per lo scavo al pagamento di oneri aggiuntivi (quali l'<indennità di pubblico ristoro> ed il <canone metro/tubo>) a carico di operatori di TLC che eseguano scavi sul territorio comunale” (Consiglio di Stato, Sez. II, 13 luglio 2020, n. 4521), in applicazione dell’articolo 93, comma 2, del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, ai sensi del quale “gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’Ente locale. Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all’articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.”
Indipendentemente dalla natura tributaria, che alcune pronunce hanno riconosciuto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2012, n. 4606) e che il Comune di Frosinone contesta nella memoria (cfr. pag. 4) depositata nel presente procedimento, la giurisprudenza ha precisato che la prestazione pretesa dell’ente intimato “sarebbe comunque qualificabile, e va qualificata, come prestazione patrimoniale imposta, dal momento che gli obblighi pecuniari contestati derivano non già dal titolo civilistico, bensì da una determinazione adottata unilateralmente dall’amministrazione, perciò illegittima” (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 maggio 2019, n. 2935; Consiglio di Stato, Sez. V, 26 2010, n. 3362; in materia di TLC, si vedano altresì Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 marzo 2008, n. 1005, Sez. VI, 5 aprile 2006, n. 1775)” (cfr. Cons. Stato, sez. I, parere 24 febbraio 2022, n. 459).
Tali coordinate interpretative si attagliano senz’altro al caso di specie, venendo appunto in considerazione l’imposizione di un onere finanziario in capo peraltro al medesimo soggetto giuridico interessato dal giudizio cui si riferisce il pronunciamento dell’organo consultivo testé riprodotto nei suoi passaggi testuali.
Va quindi reputato fondato quanto dedotto col primo motivo di gravame, in ordine alla violazione dell’art. 23 della Costituzione venendo in considerazione un onere finanziario assumente le sembianze della “prestazione patrimoniale” imposta unilateralmente in mancanza di ogni previsione di legge.
Come rammentato con il richiamato parere, anche questa Sezione si è espressa in tal senso (sentenza 13 luglio 2020, n. 4521) evidenziando che “Va, in proposito, rammentato come questo Consiglio si sia già espresso in materia (cfr. Sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5055), nel senso che:
“- se il testo dell’art. 93, comma 2, del D.Lgs. 259 del 2003 “è univoco nel disporre che non può essere più “imposto” dall’amministrazione alcun altro onere, oltre quelli espressamente previsti dalla legge, e cioè che non può essere subordinato il rilascio dell’autorizzazione al pagamento di altri importi, né può essere imposto un pagamento sulla base di determinazioni unilaterali”;
– nondimeno, pur a fronte della preclusa subordinazione del rilascio dell’autorizzazione “al pagamento di importi ulteriori rispetto a quelli ivi espressamente previsti (poiché non può essere determinata ex ante alcuna spesa per il ripristino a regola d’arte)”, non è tuttavia inibito all’Amministrazione di chiedere, ex post, al gestore “il pagamento dell’importo che abbia effettivamente speso per il ripristino, che il medesimo gestore abbia omesso di realizzare”.
Se, quindi, il Comune non può subordinare il rilascio di concessioni per lo scavo al pagamento di oneri aggiuntivi (quali l’“indennità di civico ristoro” ed il “canone metro/tubo”) a carico degli operatori di TLC che eseguano scavi sul territorio comunale, allora le disposizioni regolamentari da ultimo richiamate non si sottraggono a fondata critica.
E ciò in quanto con esse viene “forfettizzato” l’indennizzo spettante al Comune, fuori da ogni logica di “corrispondenza” rispetto ad eventuali pregiudizi che l’infrastruttura viaria pubblica possa aver conseguito per effetto dello scavo: venendo, per l’effetto, a configurarsi l’imposizione di un vero e proprio “onere aggiuntivo”, a carico dell’operatore, la cui quantificazione viene ad essere “svincolata” da alcuna sinallagmaticità rispetto alle spese sostenute dall’Amministrazione per il ripristino.”.
11. La rilevata fondatezza del primo motivo di gravame, per il suo carattere dirimente, consente di reputare assorbita ogni altra censura riproposta in questa sede.
12. L’appello è conclusivamente da accogliere cosicché, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado va accolto con conseguente annullamento dell’atto ivi impugnato.
13. Spese del doppio grado di giudizio compensate essendo l’orientamento giurisprudenziale su richiamato consolidatosi successivamente alla proposizione del gravame in esame.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2024 svoltasi in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia“, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 07 AGO. 2024.