Massima

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 544, comma 3, 548, comma 2, e 585, comma 1, lett. c), e comma 2, lett. c), del codice di procedura penale, il termine per proporre impugnazione avverso la sentenza avente ad oggetto il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro è pari a 45 giorni decorrenti dalla data di notificazione dell’avviso di deposito della sentenza.   

(Rocchina Staiano)

Supporto alla lettura

INFORTUNIO SUL LAVORO

Per infortunio sul lavoro deve intendersi un evento lesivo avvenuto per causa violenta (con azione intensa e concentrata nel tempo), in occasione di lavoro, dal quale astrattamente possono conseguire, nei casi più gravi, la morte del lavoratore oppure postumi di natura permanente (incidenti sulla capacità lavorativa generica e sull’efficienza psicofisica) oltre che temporanei.

Ogni evento può definirsi avvenuto per causa ed in occasione di lavoro, anche al di fuori dell’orario di lavoro, quando il lavoro sia stato la causa del rischio. E’ cioè necessario che intercorra un nesso di causalità anche mediato ed indiretto, tra attività lavorativa e sinistro. Deve ricorrere un rischio specifico o di un rischio generico aggravato dal lavoro e non di un mero rischio generico incombente sulla generalità delle persone (indipendente dalla condizioni peculiari del lavoro).

Rilevano tutte le condizioni, anche ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore. Solo il rischio elettivo, ovvero quello rapportabile a fatto proprio esclusivo e frutto di una libera e spontanea determinazione del lavoratore, estraneo alle mansioni ed al lavoro, esclude l’occasione di lavoro.

È infortunio sul lavoro anche il così detto “infortunio in itinere”, cioè quello occorso al lavoratore nel tragitto compiuto per recarsi o tornare dal luogo di lavoro a casa. Sono considerati infortuni sul lavoro anche quelli dovuti a colpa del lavoratore stesso.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto e Diritto

M.A. e V.F., a mezzo del difensore, ricorrono avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna del Tribunale di Messina alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione ciascuna, per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro.

Le ricorrenti articolano diversi motivi di ricorso nei quali lamentano violazione di legge e vizio di motivazione.

Il ricorso è inammissibile in quanto tardivamente proposto.

La sentenza della Corte di appello è stata depositata dopo la scadenza del termine di 90 giorni indicato dal Giudice.

Ai sensi dell’art. 548, comma 2, cod. proc. pen. è stato notificato avviso di deposito della sentenza al difensore in data 6/5/19 ed alle imputate in data 7/5/19 (come da annotazioni di cancelleria riportate in calce alla sentenza).

In virtù del combinato disposto dagli artt. 544, comma 3, cod. proc. pen.; 548, comma 2, cod. proc. pen. e 585 comma 1 lett. c) e comma 2 lett. c) cod. proc. pen., il termine per impugnare la sentenza è di 45 giorni dall’avviso di deposito.

Per la decorrenza, deve aversi riguardo alla data ultima di notifica (7/5/19).

Il termine per impugnare la sentenza scadeva in data 1/7/19. Il ricorso è stato depositato in data 8/7/2019.

La inammissibilità deve essere dichiarata senza formalità ai sensi dell’art. 610 co. 5-bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, co. 62, della legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017.

Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere l’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 4.000,00 ciascuna in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuna al versamento della somma di quattromila euro alla cassa delle ammende.

In Roma, così deciso in data 11 dicembre 2019

Allegati

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