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Cassazione penale Sez. VI, 25/09/2025, n. 31918

Massima

Il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in materia di misure cautelari personali dal Tribunale del riesame è soggetto al termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento, ai sensi dell’art. 311 cod. proc. pen.. Tale termine è stabilito a pena di decadenza, e il suo mancato rispetto comporta l’inammissibilità del ricorso.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione, nel processo penale, disciplinato dagli art. 606 e ss. c.p.c, è un mezzo di impugnazione ordinario, costituzionalmente previsto avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale ed esperibile negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, tramite il quale l’impugnante lamenta un errore di diritto compiuto dal giudice nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. error in iudicando) o di diritto processuale (c.d. error in procedendo).

Legittimata a ricorrere è la parte che vi abbia interesse e conseguentemente le parti necessarie quali l’imputato (a mezzo di difensore abilitato al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori) e il pubblico ministero. Altresì, possono proporre ricorso anche le parti ritualmente costituite come la parte civile, civilmente responsabile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

I giudici della Cassazione possono decidere soltanto nell’ambito dei motivi palesati dal ricorrente, in quanto il giudizio verte sulla fondatezza di tali motivi che devono corrispondere alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 c.p.p.:

  • eccesso di potere;
  • error in iudicando;
  • error in procedendo;
  • mancata assunzione di una prova decisiva;
  • carenza o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso può essere presentato da una parte o da un suo difensore, che deve essere iscritto ad un albo speciale predisposto dalla Corte stessa, (in mancanza viene nominato uno d’ufficio), quindi il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle sei sezioni della Corte a seconda della materia e di altri criteri stabiliti dall’ordinamento giudiziario. Se rileva l’inammissibilità del ricorso, lo assegna alla VII Sezione Penale (c.d. Sezione Filtro), composta dai magistrati di Cassazione delle altre Sezioni Penali che vi si alternano a rotazione biennale. Entro 30 giorni la sezione adìta si riunisce in Camera di Consiglio e decide se effettivamente esiste la causa evidenziata dal Presidente, in mancanza rimette gli atti a quest’ultimo. Come nel procedimento civile, la Cassazione si riunisce a “Sezioni Unite” quando deve decidere una questione sulla quale esistono pronunce contrastanti della Corte di Cassazione stessa o per questioni di importanza rilevante.

Qualora non si proceda in camera di consiglio, l’art. 614 c.p.p. prevede l’ovvia fase dibattimentale. Particolarità è che la sentenza non viene emanata dopo la chiusura del dibattimento, ma subito dopo il termine dell’udienza pubblica. Tuttavia il presidente può decidere di differire la deliberazione ad un’udienza successiva se le questioni sono numerose o particolarmente importanti e complesse.

Sono quattro i tipi di sentenza che la Corte può emettere:

  • di inammissibilità;
  • di rigetto;
  • di rettificazione;
  • di annullamento (con rinvio o senza rinvio).

Come per il procedimento civile, anche nel processo penale è previsto il “ricorso per saltum“, cioè dal primo grado direttamente in Cassazione (art. 569 c.p.p.), è importante precisare che non si può ricorrere per saltum per i motivi alle lettere d) ed e) dell’art. 606 c.p.p. (prove non ammesse in giudizi di grado inferiore e per illogicità o motivazione carente nella sentenza) in quanto la Cassazione ha potere cognitivo di merito molto ristretto.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catania, investito, ex art. 310 cod. proc. pen., dell’appello avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di applicazione di misura cautelare avanzata dal pubblico ministero, ha applicato A.A. la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. 73 D.P.R. n. 309 del 1990, sospendendo l’esecuzione del provvedimento sino alla sua definitività.

 

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A.A. per i motivi di annullamento di seguito sintetizzati.

 

2.1. Difetto di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato contestato. Nella prospettazione difensiva il Tribunale per il riesame non si sarebbe confrontato con gli elementi a discarico introdotti dalla difesa e valorizzati dal Giudice per le indagini preliminari che, convalidato l’arresto, aveva respinto l’istanza di applicazione di misura cautelare per difetto dì gravi indizi di colpevolezza. Sotto questo profilo rileverebbero, in particolare, il fatto che il ricorrente non era proprietario del camion in cui lo stupefacente era stato occultato ma semplice dipendente della società proprietaria, né della merce in esso caricata, destinata a una società terza, come dimostrato dalle bolle di carico e dal documento di trasporto. Le stesse modalità di occultamento della sostanza stupefacente, nascosta tra bancali di frutta e verdura, deporrebbero per l’ignoranza della sua esistenza, non avendo il ricorrente partecipato alle operazioni di carico, come emergerebbe dai filmati relativi alle relative operazioni, di cui è stata invano chiesta l’acquisizione.

 

2.2. Difetto di motivazione in relazione all’esistenza di esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere.

 

3. Con i motivi aggiunti il difensore ha dedotto la nullità dell’ordinanza impugnata, per violazione dell’art. 143 cod. proc. pen., in quanto, pur emergendo con certezza dagli atti del procedimento che il ricorrente non conosce la lingua italiana, non sono stati tradotti in lingua spagnola né il ricorso del pubblico ministero avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione di misura cautelare, né l’avviso di fissazione della camera di consiglio innanzi al Tribunale per il riesame, né, infine, il provvedimento del Tribunale per il riesame.

 

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile perché tardivo.

 

2. Il termine per proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale per il riesame, ai sensi degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen., è di dieci giorni “dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento” (art. 311 cod. proc. pen.).

Tale termine è stabilito a pena di decadenza. Infatti, l’art. 99 disp. att. cod. proc. pen. prevede espressamente che la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 585 (che stabilisce espressamente che i termini previsti nei commi precedenti per l’impugnazione sono stabiliti a pena di decadenza) “si applica anche ai termini per le impugnazioni previsti dal Libro IV del codice”.

Nel caso di specie il provvedimento impugnato è stato emesso dal Tribunale per il riesame il 07/05/2025 e depositato il successivo 12/05/2025.

Tale provvedimento, come emerge dall’esame degli atti e come affermato dallo stesso difensore nel ricorso, è stato notificato in pari data (all’imputato, presso il difensore e al difensore).

Il ricorso è stato depositato il 25/05/2025, ossia oltre il termine di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato.

 

3. Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’obbligo al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. cod. proc. pen.

 

Conclusione

Così deciso in Roma l’11 settembre 2025.

 

Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2025.

Allegati

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