SVOLGIMENTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza di condanna di A.A. per il reato di evasione, commesso allontanandosi senza giustificato motivo dal luogo ove si trovava ristretto in regime di detenzione domiciliare.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento di seguito sintetizzati.
2.1. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’art. 385 cod. pen. in quanto la circostanza che l’imputato si sia arrecato al SERT, considerato il suo stato di tossicodipendenza, consente di ritenere sussistente un giustificato motivo per l’allontanamento e di escludere che si sia verificata la completa sottrazione alla sfera di controllo delle autorità preposte alla vigilanza. Né il mancato preavviso dell’allontanamento può, di per sé, essere ritenuto sufficiente a integrare il reato.
2. Violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131 -bis cod. pen., tenuto conto dell’occasionalità della condotta e del grado di colpevolezza, desumibile dai motivi a delinquere.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è infondato.
2. Il reato di evasione consiste nella condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare. Ai fini della sua configurabilità è sufficiente il dolo generico, ovvero la mera consapevolezza e volontà di allontanarsi dal domicilio in assenza di apposita autorizzazione (cfr. Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rodio, Rv. 280118; Sez. 6, n. 52496 del 03/10/2018, Natale, Rv. 274295).
La Corte di appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, in quanto ha rilevato che l’imputato si è allontanato dal luogo degli arresti domiciliari senza alcuna autorizzazione ed è stato sorpreso e inseguito dalla polizia giudiziaria nell’atto di transitare per strada, circa 20 minuti prima che avvisasse la Questura e lo stesso SERT, con cui non aveva alcun appuntamento, della sua uscita.
Si è, dunque, realizzata una effettiva sottrazione alla sfera di vigilanza delle autorità preposte al controllo, che rende irrilevanti le asserite ragioni dell’allontanamento. Inoltre, nel caso di specie, mancando ogni preventiva autorizzazione, resta sicuramente inapplicabile il principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “non integra il delitto di evasione la condotta di chi, autorizzato a lasciare l’abitazione ove si trovi ristretto in stato di detenzione domiciliare al fine di raggiungere un luogo determinato, effettui una sosta per ragioni diverse da quelle fondanti l’autorizzazione, senza significative deviazioni dal percorso e senza la finalità di eludere la vigilanza” (Sez. 6, n. 29530 del 28/05/2024, Rv. 286798 – 01).
2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Secondo le Sezioni unite (sent. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590) l’ambito di applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 -bis cod. pen. è stato definito dal legislatore, da un lato, attraverso “una graduazione qualitativa, astratta, basata sull’entità e sulla natura della pena” con la previsione di “un elemento d’impronta personale, pure esso tipizzato, tassativo, relativo alla abitualità o meno del comportamento” e, a seguito della entrata in vigore dell’art. 1 del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, con esclusione di alcune categoria di reati; dall’altro lato attraverso l’affidamento al giudice di una ponderazione quantitativa rapportata al disvalore di azione, a quello di evento, nonché al grado della colpevolezza; si è infine limitata la discrezionalità del giudizio escludendo alcune contingenze ritenute incompatibili con l’idea di speciale tenuità (motivi abietti o futili, crudeltà, minorata difesa della vittima ecc.).
Il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo e anche alla condotta successiva al reato.
Con riferimento al parametro delle modalità della condotta, si è sottolineato che la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, ma ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.
2.2. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi, in quanto, al di là dell’erroneo riferimento all’abitualità, di cui, peraltro, il ricorrente non si duole, gli elementi messi in luce (in particolare le caratteristiche della condotta e la stessa tendenza dell’imputato a commettere reati della stessa indole), consentono di ritenere immune da vizi l’assunto dell’esclusione della minore offensività del fatto.
3. Al rigetto del ricorso consegue l’obbligo al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusione
Così deciso in Roma l’11 settembre 2025.
Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2025.
