SVOLGIMENTO
1. La Corte di appello di Roma – in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 15 luglio 2019 – ha escluso la recidiva contestata a D.D. ed ha confermato nel resto la condanna nei confronti di A.A., B.B., C.C. e D.D. per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, aggravato ai sensi del comma 2 e 3 dell’art. 339 cod. pen., e per i reati di lesione personale ai danni degli agenti delle Forze dell’Ordine , commessi in occasione dello sgombero di un alloggio ATER e dell’assegnazione ad un nucleo familiare di origine eritrea. Tutti i reati in contestazione sono aggravati ai sensi dell’art. 3 della legge n. 205/53 dalla finalità di discriminazione e di odio etnico e razziale.
2. Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi A.A., B.B., C.C. e D.D., per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia.
2.1. A.A. ha proposto due ricorsi rispettivamente a firma dell’Avv. Carlo Taormina e dell’Avv. Avv. (Omissis).
2.1.1. Con il ricorso a firma dell’Avv. (Omissis), ha dedotto:
– violazione di legge, in relazione agli artt. 110 e 582 cod. pen., e vizio di motivazione per illogicità manifesta per avere la Corte di appello ritenuto il ricorrente responsabile anche delle lesioni personali sub c) riportate dall’Agente di Pg E.E., nonostante l’azione fosse riferibile in modo esclusivo alla coimputata D.D.
Osserva la difesa come la stessa dinamica dell’azione, ricostruita dai Giudici di merito, non lasci dubbio alcuno che il lancio del pezzo di cornicione fu una iniziativa autonoma, spontanea ed estemporanea riferibile alla sola D.D. in aiuto della quale il ricorrente non apportò alcun tipo di contributo né morale né materiale. L’asserito compiacimento che il A.A. avrebbe esternato per il ferimento del Sost. Commissario F.F. non proverebbe il coinvolgimento nella condotta criminosa ascrivibile alla D.D., essendo comunque un fatto successivo; peraltro, il contesto di forte tensione tra i manifestanti e le Forze dell’Ordine non potrebbe giustificare automatismi di sorta.
La carenza motivazionale in ordine all’addebito di lesioni sub c), secondo il difensore, spiegherebbe i suoi effetti anche sulla configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale contestato al capo a), non essendo stato individuato – a parte il lancio del cornicione riferibile alla sola D.D.- altro e ulteriore contributo specifico da parte del ricorrente. Avrebbero valore probatorio neutro e, in ogni caso, non supererebbero la soglia “fisiologica” di tensione che caratterizza sempre le manifestazioni di massa il compiacimento – peraltro presunto- per il ferimento di F.F. e il tentativo di trascinare nella mischia l’Agente G.G.;
-violazione di legge, in relazione alla circostanza aggravante della discriminazione razziale e odio etnico, e vizio di motivazione per illogicità manifesta e per omissione.
La Corte di appello avrebbe valorizzato la sola appartenenza di A.A. al movimento “Roma ai Romani” e la ideologia di destra. Nondimeno la circostanza in contestazione presuppone l’accertamento del nesso finalistico-strumentale tra il reato e l’intento discriminatorio. Nesso che non emerge nel caso in oggetto, laddove i giovani che presero parte alla manifestazione intendevano inscenare una mera protesta per le modalità ritenute non giuste di assegnazione degli alloggi popolari;
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, agli aumenti disposti ai sensi dell’art. 81 cod. pen. e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2.1.2. Con il ricorso a firma dell’Avv. (Omissis), ha dedotto:
-violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’avvenuto riconoscimento del concorso di persone in relazione al delitto di lesioni personali sub c). Il concorso morale presuppone che il proposito criminoso altrui sia prevedibile, mentre, nel caso in esame- nonostante il contesto fattuale di animoso tumulto – il lancio di un corpo contundente da parte di uno dei manifestanti sulla folla è un evento eccezionale tanto più che l’Agente H.H. venne attinto da un frammento di cornicione a causa dell’intervento dell’Agente E.E. il quale, nel tentativo di parare il colpo, deviò con la mano la traiettoria del lancio e cagionò la “rottura” dell’oggetto in più pezzi. Si sarebbe, quindi, in presenza di un decorso anomalo degli accadimenti che non potrebbero essere imputati al ricorrente se non in ragione del principio del versari in re illicita;
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 3 della legge n 205/93 (ora art. 604 -ter cod. pen.). Al tal fine non sarebbe sufficiente l’odio etnico o razziale in capo al soggetto agente quanto piuttosto l’esternazione di un sentimento che generi un concreto pericolo di comportamenti discriminatori per ragioni di razza, nazionalità, etnia o religione. Nella vicenda al vaglio sarebbe ravvisabile solo un atteggiamento oppositivo causato dallo sdegno per lo sfratto di una madre con figli già possidente in favore di una ragazza senza prole.
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dosimetria della pena e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2.2. B.B. ha dedotto
– violazione di legge e vizio di motivazione quanto al riconoscimento della responsabilità in relazione ai delitti di cui al capo a) della rubrica.
Osserva il ricorrente come gli imputati avessero intenzione di porre in essere una sorta di “opera di picchettaggio”, tesa ad interrompere la materiale consegna dell’abitazione bloccando l’accesso all’edificio. Errata sarebbe, dunque, la valutazione della Corte di appello là dove ha ascritto anche a B.B. la responsabilità per un gesto violento riconducibile a terze persone e del tutto ultroneo rispetto alla volontà di ostacolare l’accesso all’edificio;
-vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il B.B. era in prima fila durante la manifestazione, ma non proferì alcuna frase contro gli Agenti né istigò altri manifestanti ad azioni violente.
2.3. C.C. ha dedotto:
– violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ari della responsabilità per avere la Corte distrettuale omesso di considerare che il C.C. era presente sul posto in quanto abitante nel quartiere, non era appartenente al movimento “Roma ai romani” e non pronunciò frasi razziste;
– violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, negate sulla base di argomentazioni generiche ed assertive;
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio per essersi il giudice di appello discostato dal minimo edittale senza tuttavia congruamente esporre le ragioni poste a base di tale valutazione.
2.4. D.D. ha dedotto:
– violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale sub a) per avere la Corte di appello affermato la responsabilità della D.D. nonostante la mera presenza passiva sui luoghi di causa. La giovane donna invero era a distanza dal cordone e dagli altri manifestanti; non proferì alcuna frase minacciosa; non prese parte ai cori; non gesticolò. L’atteggiamento tranquillo della donna sarebbe stato riferito dai testi I.I. e J.J., le cui deposizioni non sono state valutate dai Giudici di merito. L’unica azione compiuta consistette nel lancio del cornicione come reazione ad un calcio ricevuto.
La D.D., secondo il difensore, sarebbe stata scambiata con altre persone visibili nei filmati e in modo particolare con una donna alla stessa somigliante ma che indossava abiti differenti;
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di lesioni personali ai danni dell’Agente H.H. sub c).
La ricorrente -come emerge dai filmati- si mantenne sempre distante dal cordone, ove si verificarono le condotte ai danni dell’Agente di Pg H.H., a sostegno delle quali non fornì contributo né materiale né morale; quanto meno i Giudici avrebbero dovuto riconoscere la circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 3 della legge 205/93, dal momento che la D.D. non militava in movimenti estremisti di destra e giammai proferì frasi dal tenore discriminatorio, essendosi anzi limitata a manifestare pacificamente il proprio disappunto per le modalità di assegnazione degli alloggi popolari;
– violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la D.D. si fosse assunta la responsabilità del gesto del lancio del pezzo del cornicione e avesse manifestato, sin dal primo momento, un comportamento collaborativo e corretto sottoponendosi anche ad esame.
3. L’udienza si è svolta in forma partecipata e alla presenza delle parti che hanno concluso come in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. È inammissibile in quanto declinato in fatto il ricorso presentato nell’interesse di D.D. È fondato, invece, il motivo di ricorso presentato da A.A. e da C.C. limitatamente al delitto contestato al capo c) della rubrica quanto alle lesioni riportate da Gaetano H.H. alle ossa nasali e da E.E. alla mano sinistra con conseguente annullamento della impugnata sentenza per non avere commesso il fatto. Va, inoltre, disposto l’annullamento della sentenza nei limiti indicati ai sensi e per gli effetti dell’art. 587 cod. proc. pen. anche in favore del coimputato B.B. non ricorrente in relazione al capo c).
Sono, infine, inammissibili tutte le ulteriori doglianze di ricorso nell’interesse di A.A., B.B. e C.C.
2. In limine litis il Collegio rileva la intrinseca illogicità della contestazione e della connessa ricostruzione fattuale operata dai decidenti di merito nelle due conformi sentenze quanto all’episodio del ferimento degli Agenti di PG F.F., H.H. (per le lesioni riportate al setto nasale) e E.E. (per le lesioni alla mano) contestato alla D.D. ai capi b)e c della rubrica e agli altri tre imputati al capo c).
Va invero rilevato come nella sentenza impugnata si sia ritenuto che il ferimento (capo b) del Sost. Comm. F.F. fosse stato cagionato dalla sola D.D., la quale lanciava sulla folla dei manifestanti in direzione della postazione degli Agenti di Pg un pezzo di cornicione. Di contro, si è ritenuto che il ferimento dell’Agente di Pg E.E. – che accortosi del lancio dell’oggetto cercava di ripararsi con la mano in tal modo riportando escoriazioni con distorsione, e dell’altro Agente di Pg H.H. – attinto al volto da frammenti del mattone riportando infrazione alle ossa nasali- fossero eventi indistintamente riferibili a tutti i ricorrenti ex art. 110 cod. pen. (capo c).
In sintesi, l’azione unica consistita nel lancio del cornicione da parte della D.D. è stata scissa in due distinti segmenti: a) la prima parte, causa delle lesioni personali ai danni del F.F., veniva imputata alla sola donna (capo b) perché sostanzialmente ritenuta come un’azione “imprevedibile ed estemporanea” non imputabile a titolo di concorso ai computati; b)
la seconda parte, sviluppo del lancio e causa anche delle lesioni al naso e alla mano ai danni di H.H. e E.E., ascritta ex art. 110 cod. pen. a tutti gli imputati.
Essendo, tuttavia, l’evento naturalistico (i.e. ferimento) e quello giuridico (i.e. offesa al bene- interesse tutelato dall’art. 582 cod. pen.) conseguenza diretta ed immediata di una “unica ed unitaria” condotta (i.e. il lancio del pezzo di cornicione), il fatto-reato di lesioni personali avrebbe dovuto essere ascritto nel suo complesso alla D.D. (autrice del lancio) ed eventualmente a tutti gli imputati a titolo di concorso di persone nel reato ex art. 110 cod. pen, lì dove ne fossero stati individuati i presupposti, senza artificiose distinzioni.
2.1. Sulla base di quanto premesso la ritenuta “scissione” tra segmenti di un unicum inscindibile non ha fondamento logico, di guisa che gli imputati A.A. e C.C.- che hanno censurato l’an della responsabilità in ordine al capo c) – non possono essere ritenuti responsabili limitatamente a tale segmento di condotta e conseguentemente delle lesioni rispettivamente riportate al setto nasale dal H.H. e alla mano dal E.E.
Ne segue l’annullamento senza rinvio in parte qua della sentenza impugnata nei confronti di A.A. e C.C. per non avere commesso il fatto.
Tale statuizione va estesa anche al coimputato B.B. Sebbene il ricorrente sia rimasto silente e non abbia formulato alcun motivo di ricorso in punto di an della responsabilità in ordine al reato sub c), la valutazione in bonam partem, operata da questa Corte in relazione alla posizione di A.A. e B.B. è estensibile in virtù del principio sancito dall’art. 587 cod. proc. pen.: l’effetto estensivo dell’impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione proposto da altri ricorrenti, se non fondato su questioni esclusivamente personali, giova anche agli altri ricorrenti che non abbiano impugnato il punto della decisione annullato dai giudici di legittimità.
3. Ciò posto e passando alla trattazione degli ulteriori motivi di ricorso, va dichiarata la inammissibilità dei motivi comuni a tutti gli imputati volti a contestare l’an della responsabilità limitatamente alle residue imputazioni. Ed infatti, seppure declinati con diversi accenti, essi nella sostanza sono accumunati dalla sollecitazione ad una rilettura del compendio probatorio e dalla ricostruzione alternativa della vicenda per cui è processo, non denunciabile ex art. 606 cod. proc. pen. e non consentita in questa Sede.
3.1. Secondo la ricostruzione dei decidenti di merito, la vicenda per cui è processo ha visto coinvolto un nutrito gruppo di persone – tra cui compaiono gii attuali ricorrenti – che inneggiando alla violenza e intonando cori razzisti, attraverso spintonamenti, calci, pugni, e lancio di oggetti contrastavano, in modo tutt’altro che pacifico, le operazioni degli Agenti di Pg, incaricati dell’esecuzione delle operazioni di assegnazione di un alloggio popolare ad una famiglia di origine eritrea.
Il compendio argomentativo delle due conformi sentenze di merito – quella di primo grado molto dettagliata e precisa nella ricostruzione degli accadimenti e quella di secondo grado molto più sintetica ma con adeguata risposta alle doglianze formulate dalla difesa – ha ravvisato solide conferme nelle plurime e convergenti dichiarazioni rese dagli Agenti di Pg presenti sul posto, riscontrate dalle riprese audio – video effettuate dal personale ATER e dai filmati disponibili anche su fonti aperte. Per i giudici di merito si era, dunque, trattato di una vera propria sommossa durante la quale anche gli imputati, spalleggiandosi a vicenda, si erano resi protagonisti di contestazioni mediante slogan d’odio razziale (“…l’Italia è solo degli italiani, voi fate parte degli stranieri, a schifosi, a merde…” “… non entrà, via, via a schifosi, esci à negra, è una negra de merda…)” e di azioni oppositive e violente per impedire ad una giovane donna di colore per le origini eritree l’ingresso nello stabile che le era stato legittimamente assegnato. Né la prova a discarico aveva introdotto nel patrimonio cognitivo informazioni in grado di destrutturate il tema di accusa, avendo i testi I.I., K.K. e L.L. non solo confermato il lancio del sasso da parte della D.D., ma per quanto si dirà infra offerto un valido contributo nello smentire la tesi difensiva sull’errore di persona (pagg. 10 e ss della sentenza di primo grado).
La costruzione argomentativa delle due conformi sentenze di merito – che debbono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale avendo i giudici del grado superiore operato frequenti riferimenti al percorso motivazionale seguito dal primo giudice ed essendosi attenuto ai medesimi criteri nella valutazione del compendio probatorio (in questo senso, tra le molte, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio.. Rv. 252615) – è dunque esaustiva, saldamente ancorata alle emergenze processuali e e priva di fratture logiche.
3.2. Gli “aspetti critici”, segnalati con i singoli ricorsi, appaiono insufficienti a disarticolare la tenuta logica delle sentenze di primo e di secondo grado. Per un verso, la difesa ha proposto censure non solo già congruamente vagliate ma sostanzialmente non munite del carattere di decisività e per altro verso ha sollecitato una rivalutazione dell’intero materiale probatorio, proponendo una spiegazione alternativa alla semantica adeguatamente privilegiata dalla Corte territoriale. È il caso, infatti, di ricordare che il controllo sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere finalizzato alla verifica che la motivazione sia effettiva, vale a dire realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata, non sia manifestamente illogica, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica, non sia internamente contraddittoria, e cioè risulti esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute, e non risulti incompatibile, sempre sotto il profilo logico, con altri atti del processo – che il ricorrente abbia indicati in termini specifici ed esaustivi nei motivi – in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (così, ex multis, Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516).
4. Nel dettaglio, le censure sollevate dai difensori di A.A. – esaminabili congiuntamente per la convergenza del devolutum – si pongono oltre il perimetro normativo. Ed in effetti dietro lo schermo del vizio di motivazione, i difensori, nel contestare la responsabilità del A.A., sollecitano una ridefinizione di questioni di fatto già decise dai giudizi di merito, operazione non consentita in sede di legittimità in assenza di uno dei vizi della motivazione codificati dalla disciplina del codice del processo penale.
Va, infatti, rimarcato che i giudici di merito – nel premettere che in un processo come quello in oggetto la principale fonte di prova è costituita in larga parte dalle dichiarazioni degli Agenti presenti sul locus commissi delieti e dalle immagini video-audio che immortalavano in diretta lo svolgersi degli accadimenti- si sono preoccupati di incrociare il racconto dei militi con le prove di riscontro di natura documentale e di passare in rassegna con massima attenzione le informazioni probatorie acquisite , sì da fornire un quadro dettagliato degli eventi nel loro susseguirsi dalle fasi iniziali sino alle battute finali e in modo da fotografare il modus agendi dei manifestanti.
4.1. Per quanto di interesse in questa Sede, si è evidenziato come- sin dalle prime ore del mattino- A.A., già noto alle Forze dell’Ordine perché operativo nell’ambito di movimenti vicini al gruppo Casapound e per avere preso parte ad altre manifestazioni di estrema destra, era presente sui luoghi di causa unitamente a numerosi manifestanti all’interno di gruppetto più “attivo”. Il predetto, infatti, affiancato – per quanto si dirà infra – da B.B. e C.C., si muoveva in prima linea in pE.E.mità della barriera di protezione e di contenimento formata dagli Agenti di Pg, ponendosi faccia a faccia con le Forze dell’ordine impegnate a mantenere l’ordine , proferendo frasi oltraggiose , istigando la folla dei militanti e gli stessi residenti del quartiere ad impedire l’ingresso nello stabile della famiglia assegnataria, inneggiando all’odio razziale, spintonando e strattonando gli operanti nonché lanciando nei confronti degli stessi oggetti vari tra cui bottiglie di plastica, mostrando aperto compiacimento per il ferimento del Commissario F.F. mediante la frase ” ti sta bene….” e cercando di tirare nella folla l’Agente G.G., afferrandolo per il bavero.
4.2. In questo contesto – ricostruito sulla scorta delle emergenze probatorie puntualmente indicate ed esaminate nelle sequenze motivazionali delle sentenze di merito- non coglie nel segno la tesi difensiva sul ruolo di mero spettatore del A.A. e sull’assenza del contributo materiale e/o morale giuridicamente rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 110 cod. pen.
Ed invero, al di là dell’episodio del lancio del cornicione e delle conseguenti lesioni subite dagli Agenti F.F., M.M. e E.E., i Giudici di merito hanno congruamente individuato e correttamente valutato tutta una serie di ulteriori condotte, direttamente riferibili alla persona del A.A., consistenti in un’aperta e manifesta sfida alle forze dell’Ordine, per il tramite di una netta e ferma opposizione -mediante atteggiamenti aggressivi , intimidatori, minacciosi ed ingiuriosi – finalizzata ad impedire gli atti d’ufficio e ad ostacolare il legittimo esercizio.
Dunque, correttamente è stato ravvisato sia il concorso materiale, mediante il compimento di condotte aggressive, sia il concorso morale, mediante rafforzamento dell’altrui azione offensiva, così da aggravarne anche gli effetti, pronunciando espressioni minacciose e offensive (Sez. 6, n. 40504 del 26/05/2009, Torrisi, Rv., 245011; Sez. 6, n. 7445 del 02/04/1992, Gori, Rv. 190890).
Altrettanto correttamente è stata affermata la responsabilità per le ulteriori lesioni contestate nella seconda parte delle contestazione di cui al capo c), invero nemmeno oggetto di specifica doglianza, per le modalità via via più aggressive che la manifestazione aveva assunto, di guisa che eventuali “incidenti” apparivano come uno sviluppo ordinario e prevedibile.
5. In relazione alla posizione di B.B., il difensore contesta la configurabilità del reato sub a), segnalando il ruolo passivo del ricorrente che – nonostante fosse in prima fila -non avrebbe proferito frasi minacciose o ingiuriose né si sarebbe reso autore di condotte aggressive. In ogni caso, il B.B. sarebbe stato sospinto dalla volontà di manifestare il proprio disappunto e non di ostacolare l’azione delle Forze dell’Ordine.
5.1. Il motivo è manifestamente infondato e generico.
Si dà atto in sentenza che B.B. non solo aveva supportato l’azione del coimputato A.A., muovendosi al suo fianco e in sinergia con lo stesso , ma aveva portato un proprio personale e importante contributo, rivolgendo all’Ispettore N.N., dopo il ferimento di F.F., la frase minatoria il “pE.E.mo sei tu”, inveendo con parole ingiuriose contro gli operanti e intonando corsi razzisti (” a merde state a tutelà i negri…siamo fascisti non abbiamo il collare di nessuno ..avete dato una casa a una Negra…..”).
5.2. Di talché, per un verso, è eccentrico l’accostamento di tali condotte all’azione di “picchettaggio” e, per altro verso, non è catalogabile tra i motivi di ricorso ex art. 606 cod. proc. pen. la mera rilettura nel merito delle emergenze processuali in un senso diverso e peraltro più favorevole all’imputato viepiù mediante parcellizzazione degli atti istruttori. È il caso di ribadire come il tessuto motivazionale della sentenza impugnata non possa essere censurato in sede di controllo di legittimità mediante la sovrapposizione della propria valutazione a quella logica e coerente compiuta dal giudice di merito.
6. Stessa sorte spetta al motivo di ricorso presentato da C.C. in punto di ari della responsabilità in ordine al reato di resistenza sub a) e di lesioni personali sub c) (limitatamente alla parte residua dell’imputazione).
6.1. Il C.C. – hanno chiarito i giudici di merito – era particolarmente attivo ed operativo: si muoveva in prima fila e, per ben due volte, consecutive aveva provato a forzare il cordone; aveva anche cercato di impedire i soccorsi all’Agente F.F. – del cui ferimento aveva manifestato aperto ed evidente compiacimento- spingendo gli altri Agenti che cercavano di soccorrerlo; affiancava il A.A. accodandosi ai cori razzisti, pronunciando frasi offensive e scurrili.
6.2. La doglianza difensiva, per un verso, ha un valore assolutamente neutro, là dove si sofferma sulla non appartenenza del ricorrente a movimenti estremisti (fatto questo, peraltro, bene evidenziato sin dalla sentenza di primo grado), e, per altro verso, è priva di un reale confronto critico con la puntuale motivazione posta a sostegno delle due conformi sentenze di merito, limitandosi a prospettare la mera presenza sul luogo di causa del C.C. in semplice veste di residente del quartiere.
7. Passando ai motivi di ricorso presentati nell’interesse di D.D., il leìt motiv della tesi difensiva è incentrata sul travisamento di fatti per l’errore di persona in cui sarebbe incorso il Giudice di merito: la D.D. sarebbe stata scambiata con un’altra persona che le somigliava per la stazza fisica, posto che dai frames estrapolati dai filmati la predetta indossava abiti visibilmente diversi da quelli indossati della donna somigliante e reale autrice di atti di protesta violenta.
La difesa non nega l’avvenuto lancio del pezzo di cornicione ma rileva come fu un atto isolato e di stizza per il calcio subito dalla D.D. che – come anche riferito dai testi a discarico – non forni alcun contributo e si collocò nelle retrovie assistendo passivamente agli accadimenti. In ogni caso – ad onta della posizione rifilata rispetto a tutti gli altri – avrebbe dovuto beneficiare della circostanza attenuante di cui all’art.114 cod. pen.
7.1. Le doglianze sono inammissibili, perché declinate in fatto e aspecifiche.
In primo luogo, non corrisponde al vero che la prova a discarico sarebbe stata “ignorata” dal giudice di merito. Nella sentenza di primo grado (pagg. 10 e ss) – richiamata dalla sentenza di appello- è stato logicamente spiegato il motivo per il quale la deposizione dei testi addotti dalla ricorrente non avesse inciso sulle responsabilità della D.D., non avendo introdotto all’interno nell’impianto argomentativo profili di radicale incompatibilità, tanto da inficiare la ricostruzione dei fatti o da destrutturare la tenuta logica e la coerenza della motivazione.
In secondo luogo, il prospettato error in persona per la diversità degli abiti è smentito clamorosamente proprio dalla deposizione resa dalla teste a discarico J.J. I.I. che aveva riferito del cambio di pantaloni da parte della O.O. quale conseguenza delle enuresi sul posto (cfr pag. 11 della sentenza). Il che spiega logicamente la diversità di abbigliamento. Che poi la D.D.- nel descritto contesto di vera e propria sommossa- al pari degli altri avesse assunto un contegno attivo è un dato che i decidenti di merito hanno congruamente tratto dal compendio istruttorio, essendo emerso che la donna – sebbene nelle retrovie e collocata più all’esterno rispetto a A.A. , B.B. e C.C. – ne sostenesse e supportasse l’azione , proferendo frasi offensive , inneggiando all’odio razziali e adoperandosi fattivamente nell’ostacolare l’operato degli Agenti con il vigoroso lancio del cornicione in direzione dell’Ispettore F.F. colpito e ferito unitamente ad altri due colleghi. Invero la D.D. non solo è stata immortalata dai filmati – che nel ritrarla sul posto nel mentre si muoveva avanti ed indietro rispetto al cordone seguiva con attenzione le azioni dei coimputati e manifestava apprensione per l’evolversi degli accadimenti- ma è stata riconosciuta dagli Agenti, tra cui l’Ispettore F.F. e l’Ispettore N.N., che peraltro ne avevano anche una pregressa conoscenza personale. Inoltre è stata avvistata dagli Agenti nel preciso momento del lancio del cornicione in direzione della postazione degli operanti di Pg ed è stata udita nel proferire frasi razziste.
7.2. Logicamente inattaccabili sono, dunque, le conclusioni dei decidenti di merito in relazione alla responsabilità a titolo di concorso nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale perché poggiate su valutazioni saldamente ancorate al contenuto degli atti del procedimento che in una lettura non atomistica hanno consentito di tratteggiare condotte sopraffatta ci ed aggressive nonché atteggiamenti sprezzanti ed offensivi anche da parte della ricorrente. Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è stato frutto della sinergica azione degli imputati, tra cui quello della stessa D.D. che ha fornito un apprezzabile contributo, sia agendo in proprio con il lancio del pezzo di cornicione sia spalleggiando gli altri manifestanti intenti in prima fila a spintonare i poliziotti per superare il cordone di contenimento.
7.3. Analogamente la sentenza impugnata offre argomenti adeguati per dimostrare il dolo di concorso in capo alla D.D. quanto alle ulteriori lesioni contestate al capo c) con apprezzamenti di fatto congruamente e logicamente motivati.
La Corte distrettuale ha spiegato le ragioni per le quali – nelle indicate circostanze fattuali di ferma e violenta opposizione all’operato delle Forze dell’ordine – erano prevedibili e dunque accettate tutte le ulteriori condotte (con connesse conseguenze) necessarie ad ostacolare l’assegnazione dell’alloggio popolare. E, sempre secondo l’ineccepibile valutazione della Corte, le lesioni personali che hanno subito gli Agenti di Pg rappresentavano un ordinario, ulteriore e prevedibile sviluppo della complessiva azione di “opposizione” posto che, sin dal primo momento, la manifestazione aveva assunto toni e forme aggressive, con il ricorso a spintoni, calci e violenti strattonamenti. Rispetto a tale logico apprezzamento delle risultanze probatorie, questa Corte di legittimità non può opporre la lettura alternativa delle stesse emergenze, come richiede la difesa, al fine di affermare che si tratti di situazione non prevedibile e sulla quale, nè ex ante nè durante l’azione, vi era stato il consenso della ricorrente (ex multis, Sez.4 , n 49987 del 18/10/2018 Rv 27399).
8. In ordine alla comune doglianza relativa alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 604 – ter cod. pen va, in premessa, rilevato come detta aggravante non ha inciso sul trattamento sanzionatorio non avendo i Giudici del merito disposto l’aumento facoltativo ex art. 63 comma 4 cod. proc. pen. (cfr pag. 18 della sentenza di primo grado), di guisa che manca l’interesse concreto ad impugnare.
8.1. In ogni caso – a prescindere da tale preliminare considerazione – il motivo è manifestamente infondato.
In fatto, la Corte di appello ha dato atto che gli imputati avevano a più riprese, singolarmente e in coro, apostrofato la donna eritrea assegnataria dell’alloggio come “sporca negra…” e “negra di merda”. Non vi è dubbio che le espressioni utilizzate, lungi dal rappresentare una critica alle scelte e modalità di assegnazione delle case popolari, sono manifestazione di disprezzo razziale e di un sentimento connotato dalla volontà di escludere condizioni di parità per ragioni fondate sul colore della pelle e sull’appartenenza della vittima ad una etnia o razza.
8.2. Per tale ragione, la decisione della Corte territoriale risulta assolutamente conforme all’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, razziale o religioso è configurabile non solo quando l’azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell’accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità dì una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell’agente, come nel caso in cui nelle espressioni denigratorie sia contenuta la parola “negro” (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 13530 del 08/02/2017, Zamolo, Rv. 269712 in cui si era usata l’espressione “nera puttana”; Sez. 5, n. 38591 del 23/09/2008, Vitali, Rv. 242219 in cui si erano profferite le parole: “negro perditempo…”; Sez. 5, n. 38597 del 09/07/2009, Finterwald, Rv. 244822 in cui si era detto “cinghiale bastardo, sporco arabo”; Sez. 5, n. 49694 del 29/10/2009, Rv. 245828, per l’espressione ‘”adesso gli dai una gomma negra come lei”; Sez. 5, n. 22570 del 28/01/2010, Scocozza, Rv. 247495 per le parole “sporco negro”; Sez. 5, n. 43488 del 13/07/2015, Maccioni, per le espressioni “marocchino di merda” o “immigrati di merda”; Sez. 5, n. 30525 del 02/04/2013, Rv. 255558; Sez. F. n. 38877 del 20.8.2015, Rv. 264786).
9. Manifestamente infondato il motivo in punto di dosimetria della pena anch’esso comune agli imputati e fondato sulle medesime doglianze.
Il trattamento sanzionatorio è stato determinato sulla scorta di un adeguato percorso argomentativo, nel quale si evidenziano una serie di elementi determinanti ai fini della risposta sanzionatoria, in perfetta aderenza ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., nonché ostativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: in tal senso appare del tutto sufficiente il riferimento ai precedenti penali degli imputati, alla pericolosità della condotta, al ruolo di leader rivestito dal A.A. e per il C.C. anche alla detenzione di un coltello a molla (cfr sentenza di appello pagg. 12 e 13) , nonché in generale all’assenza di ragioni positive per la concessione delle attenuanti generiche.
Motivati appaiono anche gli aumenti disposti a titolo di continuazione peraltro esigui e il lieve scollamento dalla pena base per il più grave reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Infine, quanto alla ulteriore censura sollevata dalla sola D.D. in ordine al mancato riconoscimento della circostanza di cui all’art. 114 cod. pen. ne va rilevata la non ammissibilità perché: a) non risulta proposta con l’atto di appello (cfr la sentenza di appello); b) è generica nel contenuto per mancata esposizione delle ragioni in fatto e in diritto che ne avrebbero legittimato la concessione; c) è implicitamente stata negata dalla Corte laddove si è dato atto della particolare gravità del gesto compiuto dalla D.D., ovvero il lancio di un mattone contro il cordone di polizia tanto da determinare il ferimento di tre poliziotti.
10. Sulla base delle svolte considerazioni va dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto da D.D. che va condannata al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
Va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di A.A., B.B. e C.C. in relazione al reato sub c) limitatamente alla condotta di lesioni delle ossa nasali e delle escoriazioni alla mano riportate rispettivamente da H.H. e E.E. per non avere commesso il fatto.
A tale statuizione segue necessariamente l’annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello quanto alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio limitatamente alla residua condotta criminosa per le ulteriori lesioni personali contestate sempre al medesimo capo C) della rubrica.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A.A., B.B. e C.C., limitatamente al delitto di lesioni di cui al capo c), relative all’infrazione alle ossa nasali riportate da H.H. e alla distorsione e alle escoriazioni alla mano riportate da E.E., per non aver commesso il fatto.
Annulla la sentenza impugnata relativamente alla pena irrogata a A.A., B.B. e C.C. in relazione al residuo capo c) e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Dichiara inammissibili nei resto i ricorsi di A.A., B.B. e C.C.
Dichiara inammissibile il ricorso di D.D. e la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma il 27 giugno 2025.
Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2025.
