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Cassazione penale sez. VI, 19/05/2025, n. 22034

Massima

In tema di misure cautelari per il delitto di maltrattamenti, è legittima la custodia in carcere dell’imputato anche in presenza di gravi patologie invalidanti, qualora la sua pericolosità sociale sia di eccezionale rilevanza e prescinda dallo stato di salute. Di conseguenza, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari, risulta irrilevante la volontà della persona offesa di riprendere la convivenza con l’indagato, poiché prevalgono gli obblighi di protezione della vittima, imposti dalla normativa nazionale e sovranazionale, che gravano sull’Autorità giudiziaria. 

Supporto alla lettura

MISURE CAUTELARI

Si tratta di quei provvedimenti, di natura provvisoria ed immediatamente esecutiva, emessi dall’Autorità Giudiziaria, finalizzati a prevenire determinati eventi che possono verificarsi durante le indagini preliminari o nel corso del processo, capaci di compromettere la funzione giurisdizionale.

Le misure cautelari si dividono in:

– PERSONALI: cioè limitative della libertà personale. Possono essere:

  • coercitive (sopprimono o limitano la libertà personale): si distinguono in custodiali, quindi arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.), custodia in carcere (art. 285 c.p.p.), custodia in luogo di cura (art. 286 c.p.p.); non custodiali, divieto di espatrio (art. 281 c.p.p.), obbligo di presentazione alla P.G. (art. 282 c.p.p.), allontanamento dalla casa familiare (art. 282bis c.p.p.), divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282ter c.p.p.), divieto e obbligo di dimora (art. 283 c.p.p.)
  • interdittive (diritti e facoltà personali): quindi: sospensione della potestà di genitore (art. 288 c.p.p.), sospensione da un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.), in questo caso il GIP deve prima procedere ad interrogatorio, divieto di esercitare determinate attività (art. 290 c.p.p.)

– REALI: provvedimenti che incidono sul patrimonio, hanno finalità cautelari riferibili o alla garanzia per il pagamento delle pene pecuniarie, spese di giustizia ed eventuali risarcimenti danni (sequestro conservativo, artt. 316-320 c.p.p.), ovvero all’esigenza di impedire la commissione di nuovi reati o ulteriori conseguenze a quelli già commessi (sequestro preventivo, artt. 321-323 c.p.p.). Tali misure vanno richieste al giudice da parte del P.M., per esse è previsto un sistema di impugnazioni e non sono condizionate ai presupposti dei gravi indizi e delle esigenze cautelari.

Per quanto riguarda le condizioni per l’applicazione di tali misure, bisogna guardare a:

  • limite edittale della pena: delitti, pena dell’ergastolo o della reclusione superiore al massimo a 3 anni per le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare in carcere e per le misure interdittive, pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni per la custodia cautelare in carcere;
  • gravi indizi di colpevolezza;
  • esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.): devono essere specifiche ed inderogabili, relative ad un pericolo di inquinamento probatorio ed attuale, fondate su circostanze, espressamente indicate nel provvedimento, pena nullità (in questo caso la custodia cautelare non può avere durata superiore ai 30 giorni ed è prorogabile fino a un massimo di 90 giorni). Se vi è fuga o pericolo di fuga, quando la pena applicabile in concreto superi i due anni di reclusione, oppure per gravi delitti con uso delle armi o altri mezzi di violenza personale, contro ordine costituzionale, criminalità organizzata.

Il giudice adotterà la misura cautelare più opportuna, secondo i principi di adeguatezza di proporzionalità, di obbligatorietà della custodia cautelare, nel caso di criminalità organizzata, omicidio volontario, prostituzione o pornografia minorile. Non può disporsi la custodia cautelare in carcere di donna incinta, madre di prole inferiore a 3 anni con lei convivente, padre se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole, ultrasettantenne.

L’applicazione della misura avviene con provvedimento del giudice, su richiesta del P.M., il quale dovrà trasmettere al giudice, unitamente alla richiesta di applicazione di una misura cautelare, non solo gli elementi che sono a fondamento di essa, ma anche quelli a favore dell’imputato, le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. All’esecuzione dell’ordinanza dovrà seguire l’interrogatorio (c.d. di garanzia) della persona interessata. Nel caso di mancata esecuzione per irreperibilità della persona da sottoporre alla misura cautelare, l’art. 295 c.p.p. prevede che a seguito di verbale di vane ricerche, il giudice dichiari la latitanza del soggetto, quando la misura sia di tipo coercitivo, ma non necessariamente custodiale.

Avverso l’ordinanza che applica le misure, oltre il ricorso per cassazione è previsto il duplice rimedio del riesame e dell’appello.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Bologna, adito da A.A., imputato per il delitto di maltrattamenti e lesioni ai danni della moglie, ha rigettato l’appello avverso il provvedimento reiettivo del Tribunale collegiale di Bologna, emesso il 4 dicembre 2024, di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso A.A., con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando due motivi.

2.1. Con il primo censura il provvedimento impugnato, per violazione di legge e vizio di motivazione, per mancata applicazione dell’art. 275, comma 4-bis, cod. proc. pen., nonostante la gravissima condizione di salute dell’imputato, affetto da numerose patologie invalidanti tali da renderlo incompatibile con il regime carcerario, e nonostante da otto mesi ne sia stato disposto il trasferimento in un centro clinico dell’Amministrazione penitenziaria, rimesso alla decisione di questa, ad oggi non avvenuto.

In tal modo è stato violato il diritto alla salute del ricorrente nei termini indicati dalla Costituzione e dalla CEDU anche alla luce dell’ultima relazione sanitaria dell’8 novembre 2024.

2.2. Con il secondo motivo censura il provvedimento impugnato, per violazione di legge e vizio di motivazione, per l’omessa motivazione sulle eccezionali esigenze cautelari non desumibili né dal generico richiamo ai precedenti penali del ricorrente, né dalla gravità del titolo di reato, attesa l’incensuratezza di A.A., affetto dal morbo di Parkinson, malattia neurodegenerativa che non gli consente di deambulare. Peraltro, dalle dichiarazioni della persona offesa risulta che le violenze del marito sono dovute ai medicinali che assume.

3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale e il Procuratore generale ha depositato le conclusioni in epigrafe indicate.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, relativo alle sole esigenze cautelari, è inammissibile perché in parte presentato per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge e in parte generico.

2. Premesso che il controllo di questa Corte concerne il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze fattuali, va detto che l’ordinanza impugnata supera detto vaglio attraverso una ricostruzione, approfondita e immune da censure, delle ragioni del suo convincimento.

Il provvedimento impugnato, dopo avere ripercorso nel dettaglio tutti i provvedimenti cautelari ad oggi emessi nei confronti di Said A.A. per i delitti di maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della moglie, che già nel 2015, dunque 10 anni fa, le avevano imposto il collocamento in una comunità protetta con il figlio, ha menzionato i numerosi tentativi dell’Autorità giudiziaria di applicare al ricorrente una misura cautelare compatibile con il suo stato di salute (morbo di Parkinson e diabete mellito); tentativi tutti falliti per la personalità aggressiva dell’imputato.

Al riguardo il provvedimento impugnato ha citato alle pagg. 2 e 3 diversi atti provenienti da servizi sanitari, privati e pubblici, presso i quali era stato disposto che Said A.A. eseguisse la misura cautelare degli arresti domiciliari, dai quali emergeva l’indole violenta dimostrata, per le aggressioni commesse durante la sua degenza, estranea alla sua condizione di salute e da questa non limitata (Clinica (Omissis) di C, Ospedale (Omissis) da cui era evaso e nella cui lettere di dimissione si legge “caratteristiche di personalità di tipo “querelomaniaco”, antisociale, manipolatorio, associate ad elementi culturali di scarso rispetto per gli altri”; relazione della A.S.P. di Imola che spiega come “I servizi sociosanitari coinvolti, pur proseguendo nel contattare strutture di territori e regioni esterne alla nostra, non ravvisano, ad oggi, prospettive di inserimento… perché la componente caratteriale del signore sta rendendo impossibile l’accoglienza dello stesso…”).

Inoltre, con riguardo all’incompatibilità delle condizioni di salute del ricorrente con il regime carcerario, il provvedimento impugnato, con molta chiarezza, ha richiamato le dichiarazioni della dottoressa (Omissis), dell’ospedale (Omissis), che all’esito delle quattro visite psichiatriche cui aveva sottoposto A.A. aveva concluso che “non si evincevano elementi utili a poter diagnosticare dei disturbi di carattere mentale, classificando il soggetto come un simulatore”.

Anche la relazione dei medici della Casa circondariale di Bologna, in cui è detenuto il ricorrente, in data 8 novembre 2024 aveva concluso che “le condizioni di salute del detenuto sono compatibili con la detenzione in regime carcerario solo presso un istituto provvisto di celle per disabili e dotato di centro riabilitativo…” evidenziando, però, come “le caratteristiche personologiche” di Said A.A. avrebbero reso comunque difficile la gestione delle sue patologie, anche in un centro idoneo, suggerendo misure alternative alla detenzione in istituto penitenziario.

Alla luce di detta difficile situazione e dopo complesse interlocuzioni con tutte le istituzioni sanitarie e penitenziarie, il Tribunale del riesame di Bologna ha dato atto della nota del 25 novembre 2024 con la quale è stato indicato l’Istituto S.A.I. di Parma come idoneo ad accogliere il detenuto, con le patologie sofferte, segnalandone però l’indisponibilità nell’immediato, per assenza di posti liberi, tanto da rendere necessario che transitoriamente resti in regime detentivo presso il carcere di Bologna attesa la sussistenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza di cui all’art. 275, comma 4-ter, cod. proc. pen.

Il Tribunale, argomentando la pericolosità del ricorrente in base agli esiti fallimentari di tutti i provvedimenti sino ad oggi emessi, inclusa la sua evasione, espressivi di una pericolosità sociale che prescinde dal suo stato di salute, ha correttamente valorizzato la circostanza che l’imputato il 27 gennaio 2024 avesse. provocato gravi lesioni alla moglie, appellata anche con insulti volgari, nonostante si stesse prendendo cura di lui, tanto da escludere, correttamente, qualsiasi rilievo alla volontà della donna di riprendere la convivenza con il marito attesi gli obblighi, nazionali e sovranazionali, di protezione delle persone offese gravanti sull’Autorità giudiziaria.

In un siffatto contesto, nel quale la valutazione di questa Corte non può che riguardare i prospettati vizi del provvedimento impugnato, finiscono per diventare irrilevanti le circostanze fattuali verificatesi dopo l’adozione di quella ordinanza, attinenti alla esecuzione della stessa: vicende che potranno eventualmente essere rappresentate nelle forme dovute ai giudici del merito.

3. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

Dispone, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.

Conclusione

Così deciso in Roma il 19 maggio 2025.

Depositata in Cancelleria l’11 giugno 2025.

Allegati

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