RITENUTO IN FATTO
- E’ impugnata l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro che il 23 febbraio 2021 confermava la misura del divieto di dimora nel comune di Cosenza applicata nei confronti di M.R., dirigente della Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, per due contestazioni di abuso di ufficio ex art. 323 c.p., capi 6 e 7.
- capo 6):
secondo l’accusa, M. nella sua qualità di responsabile della U.O.C. Risorse umane, concorrendo con il direttore generale Ma., il direttore amministrativo B. e il direttore sanitario Giudice A., adottava la Delib. n. 1885 del 6 dicembre 2018 di assunzione a tempo indeterminato di B.G. quale dirigente amministrativo della Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, fatto commesso in violazione di legge nei termini di cui appresso con la finalità di riconoscere alla B. il vantaggio patrimoniale ingiusto consistente nella assunzione dell’incarico retribuito.
2.1. In particolare:
– In base alla L.R. Calabria n. 9 del 2007, art. 16, era stata data la preventiva autorizzazione regionale (D.C.A. n. 154 del 2018) per la copertura di otto (8) posti di dirigente amministrativo.
– In base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, comma 2-bis, prima di utilizzare la procedura concorsuale l’ente, per procedere a tali assunzioni, era tenuto a espletare le procedure di mobilità con passaggio diretto di personale anche da altre amministrazioni.
– Nel rispetto di tale ultima disposizione, quindi, il 5 dicembre 2018 con Delib. n. 1878 firmata da Ma., B. e Giudice A., su proposta del M., era indetto un avviso di mobilità volontaria per la copertura di due (2) posti di dirigente amministrativo, con termine per presentare le richieste di 30 giorni dalla pubblicazione.
– Il giorno successivo, 6 dicembre 2018, con la Delib. 1885 firmata dagli stessi soggetti e su proposta dello stesso ricorrente, dando atto di aver avviato la procedura di mobilità, si disponeva l’utilizzo della graduatoria del concorso pubblico esperito dalla azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, approvata con Delib. n. 1085 del 17 ottobre 2018.
– Dichiarata quindi la scelta di utilizzare tale graduatoria per la copertura di due posti di dirigente amministrativo, veniva assunta la predetta B.G. in quanto collocata al terzo posto.
- Tale modalità di assunzione, in pratica limitata alla citata B., aggirava la disciplina che imponeva di ricorrere dapprima alla procedura di mobilità.
3.1. Tale violazione legge era accompagnata da una chiara intenzionalità della condotta nel senso di volontà di avvantaggiare la B.. Ciò risultava da una conversazione telefonica intercorsa tra Ma. e P. in cui si chiariva come la delibera non avesse giustificazione se non quella di favorire la data dirigente.
In risposta alle osservazioni della difesa, il Tribunale osservava che la procedura sopra descritta era l’unica scelta possibile non essendo utilizzabile alcuna alternativa.
3.2. Per tale reato, il dolo intenzionale risultava dalla macroscopica illegittimità dell’atto e dalla conversazione intercettata che era indicativa della volontà deì soggetti responsabili di avvantaggiare la B..
- Capo 7:
In questo caso il ricorrente unitamente ai già citati Ma., B., Giudice A. e L. attribuiva a C.A. l’incarico di responsabilità della unità operativa S.D. di gestione del rischio governo clinico.
4.1. Il Tribunale rileva innanzitutto la significatività di tale scelta adottata “nonostante fosse a conoscenza della relazione intercorrente tra la donna e Ma.”; conoscenza che il giudicante desume dalle dichiarazioni di due persone informate dei fatti che affermavano che la relazione era nota all’interno dell’ufficio, dai tabulati telefonici che dimostravano la frequenza dei contatti tra A. e Ma. e la permanenza di quest’ultimo presso l’abitazione della donna anche nel corso della notte.
- In tale contesto il Tribunale valutava i profili di illegittimità:
– L’avviso interno per l’assegnazione dell’incarico di direzione di strutture semplici a valenza dipartimentale in cui era inserito anche la unità di gestione del rischio era pubblicato il 30 maggio 2018.
– Il successivo 4 dicembre 2018 Ma., però, annullava e sostituiva l’avviso del 30 maggio indicendo un nuovo avviso limitatamente alla parte relativa all’incarico in questione.
5.1. Il Tribunale considerava come il confronto fra i due diversi avvisi dimostrasse la preordinazione:
– il primo riguardava 30 unità operative;
– il secondo ne metteva in discussione solo una per il pensionamento del dottor Ca., responsabile del servizio anche a causa della “mancata valutazione delle relative domande di partecipazione pervenute”.
Secondo il Tribunale il fatto che il secondo avviso non facesse più riferimento al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, comma 7 quater, bensì all’art. 20 del CCNL della dirigenza medico veterinaria e della dirigenza SPTA favoriva la A., che non aveva l’esperienza quinquennale con le maggiori peculiarità richieste dalla legge ma aveva solo una anzianità quale richiesta dal contratto collettivo.
5.2. Quindi:
– l’intento di favorire la A. viene individuato nel mutare a proprio piacimento la normativa di settore da applicare.
– La violazione legge si individua nella individuazione dei requisiti degli aspiranti all’incarico nella procedura per il conferimento.
Per favorire la candidata non si richiedeva la necessaria esperienza quinquennale nella disciplina di settore e si evitava fa comparazione con gli altri candidati. Se si fosse operata la dovuta comparazione non sarebbe stato escluso tale Ga.An. che aveva le altre condizioni richieste.
Insomma, i criteri erano stati predisposti in modo che calzassero con quelli della candidata preferita.
5.3. In definitiva, il delitto di abuso d’ufficio sussiste perché l’indagato emanava la delibera in violazione della disciplina del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 comma 7-quater, che, secondo il Tribunale, non lascia alcun margine di discrezionalità.
- Il Tribunale confermava le esigenze cautelari e la scelta della misura in applicazione, aspetto che non si approfondisce perché non oggetto dei motivi del ricorso.
- La difesa con il ricorso deduce:
7.1 Primo motivo: violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 323 c.p. e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, comma 2 bis. Carenza della motivazione.
Con riferimento al capo 6:
Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, comma 2 bis, prevede che per la copertura di posti vacanti debba essere prima “attivata” la procedura di mobilità e, poi, iniziate le altre procedure di reclutamento, senza richiedere il completamento della prima procedura.
L’assunzione della Dott.ssa B. non riguardava che uno dei posti disponibili; gli altri non vennero coperti perché non parteciparono persone con i necessari requisiti e, poi, intervenne il blocco del turn over della primavera 2019 come rappresentato in fase di riesame.
Il Tribunale ritiene esservi il dolo di abuso sulla scorta della valutazione delle intercettazioni non considerando che era stato dimostrato come la scelta dell’uso in parallelo di più procedure di assunzione fosse stato sollecitato dalla Struttura Commissariale.
Il Tribunale ha fatto riferimento solo all’intercettazione in cui P., nel dare il proprio giudizio sulla legittimità della procedura adottata, in realtà non fa alcun riferimento alla questione relativa alla mobilità. Lo stesso, invece, nel sostenere l’utilizzo della graduatoria di R., afferma la necessità di coprire tutti gli otto posti autorizzati, condizione impossibile per i limiti di bilancio; difatti si tratta di assunzioni fatte negli anni successivo.
In ogni caso, tale elemento soggettivo doveva essere anche in capo al ricorrente ma non è dimostrato. Peraltro, il ricorrente nel suo ruolo di direttore delle risorse umane aveva l’ordine di attuare procedure senza un potere discrezionale.
7.2. Secondo motivo violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 323 c.p. e del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, comma 7-quater. Carenza di motivazione.
Con riferimento al capo 7:
Si contesta la violazione di una norma generale, il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, comma 7-quater, non considerando che, nel caso, è applicabile la Legge di Stabilità del 2016, art. 1, comma 540, così come integrata dalla L. 8 marzo 2017, n. 24, art. 16, comma 2.
Manca, poi, il profilo del vantaggio illecito o dello svantaggio nei confronti di altri in quanto emerge come la dottoressa A. avesse i titoli.
Ne’ risultano gli elementi indiziari sintomatici della consapevolezza del ricorrente di concorrere ad una presunta condotta illecita. Il ricorrente ha semplicemente eseguito una procedura individuata dal direttore generale.
- Il procuratore generale presso questa corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
- Sono state depositate due note scritte a firma dei difensori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso è fondato quanto al capo 7, non configurandosi alcuna violazione di legge che integri l’abuso di ufficio, ed è infondato quanto al capo 6.
- Capo 6:
valutati gli argomenti della difesa, la violazione di legge è macroscopica:
2.1. Il citato comma 2-bis prevede che:
“Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1 …”.
La norma è chiarissima e la tesi della difesa che basti “attivare” la mobilità per poi procedere liberamente a concorsi è insostenibile.
I posti vanno coperti con il passaggio diretto, previa pubblicazione con il limite minimo di 30 giorni. Per i posti non coperti con la “mobilità”, si può procedere con il concorso.
2.2. La lettura proposta dalla difesa secondo la quale la disposizione consente, con uno stravolgimento del suo testo, di indire una procedura di mobilità per poi rispondere a chi abbia partecipato a tale procedura che il posto non c’e’ più perché, nelle more, è stato assegnato ad altri con altra modalità, supera ogni possibile ambito di opinabilità di interpretazione della disposizione.
2.3. Rileva, quindi, valutare gli argomenti sulla “seconda” ingiustizia (il vantaggio patrimoniale indebito) e il dolo di abuso in capo al ricorrente.
Il vantaggio è stato individuato in modo adeguato, la B. non avrebbe ottenuto l’incarico retribuito senza lo stravolgimento della regola di assunzione del nuovo personale; sul punto, del resto, non vi sono specifiche obiezioni, il tema della esistenza di domande di mobilità etc non è stato posto.
Quanto al dolo, secondo comuni regole lo stesso può desumersi dal fatto che l’atto è macroscopicamente illegittimo: è chiaro che non c’e’ stato errore nella scelta della procedura da seguire ma si è dato avvio alla procedura di mobilità utilizzata come mero schermo di regolarità per poi porla nel nulla con la quasi contemporanea attivazione del diversa modalità di scelta della B.; probabilmente si confidava sul fatto che, dovendosi alla fine riempire otto posti, difficilmente vi sarebbe stata contestazione da parte degli “esterni” rispetto al singolo posto occupato in favore della B..
Al dato della violazione macroscopica, per dimostrare il dolo si aggiunge la intercettazione valorizzata dal Tribunale. Per quanto il ricorrente non partecipi direttamente a tale conversazione, è logica la valutazione del Tribunale che, nel dato contesto che emerge proprio da tale conversazione, il M. ragionevolmente fosse consapevole di quanto si stava facendo per la assunzione della B..
- Capo 7:
l’abuso di ufficio non sussiste perché non c’e’ la violazione di legge.
3.1. Dal testo (Ndr: testo originale non comprensibile) si comprende chiaramente che la questione di fondo da cui parte l’indagine è che la persona favorita aveva un rapporto sentimentale con il direttore generale dell’ente. Questo è il punto di partenza rispetto al quale si è cercata una corrispondenza in una violazione di legge nell’assunzione della professionista nell’ente.
3.2. Basta ripercorrere la procedura, le norme applicabili e rilevare che vi è un errore evidente del Tribunale.
Per i 30 posti era stata prevista la utilizzazione della regola del citato comma 7-quater:
“L’incarico di responsabile di struttura semplice, … a un dirigente con un’anzianità di servizio di almeno cinque anni nella disciplina oggetto dell’incarico”.
Successivamente si è liberato un singolo posto. Il Tribunale sul punto divaga, lasciando intendere che vi sia una qualche anomalia e, quindi, sia sospetto il secondo avviso del 4 dicembre 2018 che contraddiceva il primo avviso di maggio 2018.
In realtà, è di massima evidenza proprio dal testo del provvedimento impugnato che il posto si è liberato perché chi lo occupava si era dimesso e questo giustificava ampiamente l’emissione del secondo avviso che non contraddiceva il primo ma, semplicemente, aggiungeva il nuovo posto.
3.3. Per il singolo posto poi liberatosi si applicava la disposizione L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 540:
“L’attività di gestione del rischio sanitario è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore”.
3.4. Qui si nota l’errore macroscopico per il quale il Tribunale ha ritenuto la violazione di legge. Tale norma era stata modificata nel 2017 aggiungendo anche la “medicina legale”. Il Tribunale, invece, afferma erroneamente che la A. non avesse alcuna delle specializzazioni richieste dalla norma, non comparendo in essa la “medicina legale”, riportando il vecchio testo della legge prima della riforma del 2017.
La stessa motivazione del Tribunale, corretta con la indicazione che la medicina legale era già tra le specializzazioni ammesse per la assunzione al dato incarico, dimostra la corrispondenza della nomina alla legge. Quindi non è configurabile in radice il reato contestato.
3.5. Invero anche sotto altri profili la motivazione non è condivisibile in quanto, per la peculiare modalità di ricostruzione della vicenda, si afferma una sorta di regola di divieto di assunzione dei/lle fidanzati/e dei dirigenti; una tale situazione può giustificare un sospetto se collegata ad altre circostanze significative ma, da sola, non prova alcunché.
La evidente assenza di una violazione legge comporta che per tale punto la ordinanza va annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al capo 7). Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021
