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Cassazione penale sez. VI, 17/05/2018, n. 34940

Massima

L’aver consentito, se pur temporaneamente a terzi estranei alla pubblica amministrazione di possedere un lampeggiante di colore blu, la cui funzione è di identificare il soggetto pubblico che lo utilizza e le funzioni ad esso attribuite, costituisce un vulnus al buon andamento della pubblica amministrazione, che non può essere circoscritto alla impossibilità o meno della sua utilizzazione per i servizi di tutela; tale condotta, pertanto, integra il reato di peculato.

Supporto alla lettura

PECULATO

Si tratta di un reato proprio, potendo essere commesso da un soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Presupposto del reato è il possesso o la disponibilità di beni mobili altrui per ragione del proprio ufficio o servizio:

  • possesso: la dottrina è concorde nel ritenerlo quale potere di fatto sul bene, direttamente collegato ai poteri e ai doveri funzionali dell’incarico ricoperto;
  • disponibilità del bene: rinvia alla possibilità di disporre della cosa a prescindere dalla materiale detenzione della stessa. Anche la mera disponibilità giuridica è idonea ad integrare, sussistenti gli altri elementi, il reato in esame.

 

Sia il possesso che la detenzione devono trovare la loro ragione nell’ufficio o nel servizio svolto dal soggetto pubblico. Si postula, dunque, che l’agente pubblico, in relazione al bene, sia titolare di poteri e doveri nel momento in cui realizza la condotta tipica.

Il peculato è reato plurioffensivo, nel senso che ad essere lesi dalla condotta sono sia il regolare e buon andamento della P.A. che gli interessi patrimoniali di quest’ultima e dei privati, pur incentrandosi il disvalore essenziale della condotta nell’abuso delle facoltà connesse alla qualifica pubblica rivestita in ordine alla destinazione di risorse di cui si dispone per ragione del proprio ufficio o servizio.

L’elemento psicologico è rappresentato dal dolo generico, consistente nella coscienza e nella volontà dell’appropriazione. Il reato si consuma nel momento in cui ha luogo l’appropriazione dell’oggetto materiale altrui da parte dell’agente, la quale si realizza con una condotta incompatibile con il titolo per cui si possiede, a prescindere dal verificarsi di un danno patrimoniale, trattandosi di condotta comunque lesiva dell’ulteriore interesse tutelato dall’art. 314 c.p., che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento della P.A.

La seconda parte dell’art 314 c.p. ha ad oggetto il peculato d’uso che interviene sulla condotta del Pubblico ufficiale che si impossessa del denaro o della cosa per farne un uso momentaneo e la restituisca immediatamente. Si tratta per questo motivo di un reato meno grave, punito con una pena decisamente meno severa.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ricorre per l’annullamento della sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino, all’esito di giudizio abbreviato, aveva assolto (omissis) dal reato di peculato perchè il fatto non sussiste.

All’imputato era stato contestato di essersi appropriato, in qualità di addetto agli automezzi del Tribunale di Torino, di un lampeggiante in uso alle auto di servizio, che consegnava ad altra persona per farne un uso momentaneo, la quale dopo l’uso immediatamente lo restituiva (fatto commesso tra il 23 febbraio e il 2 marzo 2015).

Il Giudice riteneva che, sulla base dell’arresto delle Sezioni Unite n. 19054 del 2012, non fosse configurabile il peculato d’uso, non essendo stato apportato alcun danno di tipo economico alla p.a. e alcuna lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio (il lampeggiante risultava non utilizzato dalla metà del 2014 e non era destinato ad alcun altro servizio istituzionale al momento dei fatti).

2. Nel ricorso, si deducono i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p.:

2.1. Violazione di legge, in ordine alla ritenuta insussistenza del fatto.

Il ricorrente, pur consapevole dell’orientamento interpretativo applicato dal giudice nel caso in esame, sollecita un ripensamento dell’esegesi sul reato di peculato d’uso nel particolare caso in cui l’uso del bene pubblico non si esaurisca nel rapporto diretto con l’agente pubblico, ma coinvolga, come nella specie, un terzo estraneo che concorra nella condotta appropriativa temporanea.

Andrebbe considerata in tal caso la lesione del buon andamento e all’imparzialità della p.a., concorrendo il pubblico agente alla realizzazione di interessi di terzi nell’utilizzazione sicuramente illecita del bene pubblico: il lampeggiante, pur avendo un esiguo valore economico, si presta ad un uso distorto (al pari della paletta di servizio o di una pistola) che viene a ledere il corretto funzionamento degli uffici pubblici.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Le Sezioni Unite hanno da tempo fissato le linee ermeneutiche per stabilire quando il peculato d’uso raggiunga la soglia della rilevanza penale (Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012, dep. 2013, Vattani, Rv. 255296).

Hanno così affermato la necessità che la condotta dell’agente pubblico produca una apprezzabile lesione ai beni tutelati dall’art. 314 c.p., che stante la natura plurioffensiva del reato, sono da identificarsi nel buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione (sotto i profili della legalità, efficienza, probità e imparzialità, in tal senso, cfr. Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244190) e nel patrimonio della stessa o di terzi.

Si tratta di una plurioffensività generalmente alternativa, con la conseguenza, in particolare, che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale non esclude la sussistenza del reato, in presenza delle lesione dell’altro interesse, protetto dalla norma, del buon andamento della pubblica amministrazione.

Naturalmente la lesione di quest’ultimo bene giuridico assumerà connotati diversi in considerazione della tipologia di res oggetto dell’abusivo possesso.

3. Fatte queste premesse, va rilevato che la fattispecie in esame ha ad oggetto un lampeggiante di colore blu, ovvero uno strumento generalmente in uso alle forze in servizio di ordine pubblico o anche a coloro che svolgono determinati pubblici servizi (D.Lgs. n. 285 del 1995, art. 177) e che porta il quivis de populo ad identificare il portatore o detentore come soggetto appartenente alle suddette categorie di persone.

Trattasi invero di un oggetto, che, allorchè usato, esonera dall’osservanza degli obblighi, dei divieti e delle limitazioni relativi alla circolazione stradale e porta a identificare il suo detentore con un soggetto in servizio di ordine pubblico o assimilato; un oggetto, quindi, idoneo ad esteriorizzare ai cittadini le qualità personali di chi lo detiene e il potere connesso all’uso dello stesso.

Si ritiene infatti che il possesso di detto dispositivo, laddove contraffatto, integri il reato all’art. 497 ter c.p., comma 1, n. 1, (Sez. 5, n. 32964 del 29/05/2014, Piva, Rv. 260191, nella specie il lampeggiante, acquistato su internet, era stato collocato sul tetto di un’auto), proprio perchè il suo uso improprio può trarre in inganno il pubblico e gli stessi addetti alla circolazione stradale.

Quindi l’aver consentito, se pur temporaneamente a terzi estranei alla p.a., di possedere il suddetto dispositivo, la cui funzione come ha spiegato la ora richiamata pronuncia è di identificare il soggetto pubblico che lo utilizza e le funzioni ad esso attribuite, costituisce un vulnus al buon andamento della pubblica amministrazione, che non può essere circoscritto, come ha ritenuto la sentenza impugnata, alla impossibilità o meno della sua utilizzazione per i servizi di tutela.

4. Ne consegue quindi l’annullamento della sentenza impugnata, affinchè sia celebrato un nuovo giudizio che si atterrà ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Torino, Ufficio del Giudice dell’udienza preliminare.Così deciso in Roma, il 17 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2018

Allegati

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