RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., all’imputato veniva applicata la pena concordata con condanna alla rifusione delle spese di costituzione sostenute dalla parte civile.
2. Avverso tale sentenza il ricorrente propone tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione degli artt. 78,79,80,81 e 444 c.p.p., evidenziando che l’accordo sulla pena era stato raggiunto prima ancora che si celebrasse l’udienza preliminare, tant’e’ che la richiesta di patteggiamento ed il consenso del pubblico ministero venivano depositati in data 21 ottobre 2022, mentre l’udienza si teneva il 25 ottobre 2022.
In esordio dell’udienza, il giudice aveva reso edotta la costituenda parte civile in merito all’avvenuta formalizzazione dell’accordo, ciononostante interveniva la costituzione e, all’esito della sentenza, anche la condanna al pagamento delle spese. Tale decisione sarebbe illegittima, in quanto la preesistenza della richiesta di patteggiamento, in quanto nota al danneggiato, avrebbe dovuto precluderne la costituzione.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 82 e 523 c.p.p., evidenziando come la parte civile non avesse formulato la richiesta di condanna alla rifusione delle spese, limitandosi al mero deposito della nota. In mancanza di domanda, pertanto, il giudice non poteva procedere alla liquidazione.
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui il giudice non aveva valutato l’esistenza di giusti motivi di compensazione delle spese di giudizio, derivanti dalla conoscenza dell’accordo sulla pena prima ancora che la costituzione venisse formalizzata.
3. Il giudizio è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rimesso all’esame delle Sezioni Unite, in quanto verte su questione oggetto di contrasto interpretativo.
2. Dall’esame degli atti, cui la Corte ha accesso in considerazione della natura processuale della questione, emerge pacificamente che l’imputato aveva concordato l’applicazione della pena con il pubblico ministero, prima ancora della celebrazione dell’udienza preliminare, e che il g.u.p. aveva reso edotta la costituenda parte civile della richiesta di definizione ex art. 444 c.p.p..
In particolare, dal verbale dell’udienza preliminare del 25 ottobre 2022 risulta che il giudice ha preventivamente dato comunicazione dell’avvenuto deposito della richiesta di patteggiamento con il consenso delle parti e, solo successivamente, interveniva la costituzione della parte civile.
Ciò posto, si pone la questione di stabilire se, nel caso in cui il patteggiamento intervenga in un’udienza non esclusivamente fissata a tale scopo, qual è l’udienza preliminare, la parte civile sia legittimata a costituirsi in giudizio nonostante la conoscenza dell’accordo sulla pena e, in ogni caso, se le spetti la rifusione delle spese di costituzione.
Secondo l’impostazione recepita nella sentenza impugnata, il diritto della parte civile di costituirsi non sarebbe in alcun modo precluso dalla preesistenza dell’accordo sulla pena, tanto più che la fase deputata alla costituzione delle parti rappresenta un prius rispetto alla definizione del giudizio con il patteggiamento. Una volta ritenuta legittima la costituzione, ne deriverebbe anche il diritto della parte civile a vedersi riconosciute le spese di difesa.
3. Sul tema sussiste un contrasto di giurisprudenza.
Secondo una prima impostazione, infatti, nel caso di udienza non destinata alla decisione sulla richiesta di applicazione della pena (nella specie, udienza preliminare), al danneggiato è preclusa la costituzione di parte civile qualora la richiesta ed il consenso del pubblico ministero siano già stati formalmente portati a conoscenza del medesimo e del giudice, atteso che, in tal caso, il predetto è posto nella condizione di rendersi conto che la costituzione è insuscettibile di trovare sbocco nella condanna dell’imputato al risarcimento del danno; diversamente, qualora il danneggiato non sia stato notiziato dell’intervenuto accordo tra imputato e pubblico ministero, non gli è inibita la costituzione e, pertanto, è legittimo il provvedimento con cui il giudice liquidi in suo favore le relative spese (Sez.5, n. 17272 del 6/3/2020, Amico, Rv. 278115; Sez.5, n. 34530 del 12/10/2020, Gaetani, Rv. 279979).
Per l’orientamento contrario, invece, non è preclusa al danneggiato la costituzione di parte civile in udienza preliminare, anche se la richiesta dell’imputato e il consenso del pubblico ministero siano già stati formalizzati, posto che essa, a differenza dell’udienza di cui all’art. 447 c.p.p., comma 1, fissata nel caso di richiesta e consenso formalizzati in fase di indagini, può avere epiloghi diversi da quelli solo dell’accoglimento o del rigetto della richiesta stessa, sicché è legittimo il provvedimento con cui il giudice liquidi in favore di detta parte le spese di costituzione (Sez.3, n. 32768 del 6/7/2022, Rv. 283518; Sez. 5, n. 11257 del 13/1/2023, Riccio, Rv. 284293).
3.1. Le richiamate pronunce affrontano la questione della sussistenza o meno di una preclusione a costituirsi in giudizio per la parte civile notiziata dell’esistenza dell’accordo, per poi farne discendere le conseguenze in relazione alla legittimità della condanna dell’imputato al pagamento delle spese.
La prima soluzione, secondo cui al danneggiato sarebbe preclusa la costituzione ove sia stato preventivamente messo a conoscenza dell’accordo sulla pena, non pare condivisibile, in quanto introduce una causa di inammissibilità della costituzione di parte civile che non è espressamente prevista dagli artt. 78 e 420 c.p.p., né una preclusione processuale può essere introdotta in via interpretativa.
Il primo orientamento giurisprudenziale, pertanto, non pare condivisibile, anche perché le sentenze che hanno riconosciuto la preclusione alla costituzione di parte civile, collegano tale impedimento essenzialmente alla esclusione della liquidazione delle spese, sicché la preclusione finisce per essere un mero presupposto per quello che è l’effettivo contenuto decisorio, consistente nel rigetto della richiesta di condanna alla rifusione delle spese nei confronti del soggetto che aveva manifestato l’interesse a costituirsi parte civile.
3.2. Anche la seconda soluzione prospettata in giurisprudenza, secondo cui la costituzione e la liquidazione delle spese spetterebbe anche nel caso in cui l’accordo sulla pena è stato già raggiunto, presenta profili di criticità.
Tale orientamento sembra trovare il conforto normativo dell’art. 444 c.p.p., comma 2, secondo cui la sentenza di patteggiamento comporta la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di costituzione della parte civile, che non distingue a seconda del fatto che l’accordo preceda o segua la costituzione.
Tuttavia, la norma pare disciplinare l’ordinaria scansione procedimentale caratterizzata dalla preventiva costituzione delle parti e dal sopraggiungere dell’accordo sulla pena solo nel corso dell’udienza preliminare.
Occorre considerare che l’attuale versione dell’art. 444 c.p.p., comma 2, è frutto di un adeguamento normativo alla dichiarazione di illegittimità costituzionale pronunciata da Corte Cost., sent. n. 443 del 1990, che si fondava sulla esigenza, meramente equitativa, di tenere indenne dalle spese già sostenute il danneggiato dal reato che avesse legittimamente esercitato l’azione civile nel processo penale, costituendosi “per l’udienza preliminare o successivamente”, e cioè in una situazione processuale che legittimasse la sua aspettativa acché il processo potesse concludersi con la condanna dell’imputato al risarcimento del danno.
La genesi della norma, partendo dalla pronuncia additiva della Corte costituzionale, sembrerebbe essere quella di riconoscere alla parte civile, che si sia legittimamente costituita in giudizio in una fase processuale in cui vi erano i presupposti per addivenire all’accertamento del fatto, il rimborso delle spese sostenute. E’ sintomatico in tal senso il passaggio della richiamata sentenza in cui si chiarisce che costituirebbe un paradosso lasciare le spese sostenute a carico della parte civile, per effetto di una scelta intervenuta tra imputato e parte pubblica e, quindi, in alcun modo addebitabile alla condotta processuale del danneggiato.
Rispetto alla fattispecie che ha condotto alla pronuncia di incostituzionalità e, poi, alla modifica normativa dell’art. 444 c.p.p., comma 2, l’ipotesi oggetto del presente procedimento è obiettivamente diversa, in quanto la costituzione di parte civile non precede, ma segue la formazione dell’accordo e, quindi, interviene in un momento in cui non vi è un ragionevole affidamento della parte civile in ordine ad un concreto interesse processuale alla sua partecipazione al giudizio.
L’ipotesi in esame, pertanto, potrebbe ritenersi sostanzialmente diversa e ulteriore rispetto a quella normativamente disciplinata dall’art. 444 c.p.p., comma 2, il che lascerebbe spazio a soluzioni diverse.
4. A fronte delle criticità evidenziate con riguardo agli orientamenti sopra richiamati, deve segnalarsi l’esistenza di un terzo orientamento che si pone su un piano diverso, nella misura in cui non affronta la questione della preclusione o meno alla costituzione della parte civile per poi farne derivare la spettanza della liquidazione delle spese, ma valuta gli effetti della conoscenza dell’accordo direttamente in relazione alla legittimità della condanna al pagamento delle spese.
Si è affermato, infatti, che il giudice deve condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali a favore della parte civile quando la costituzione di quest’ultima sia avvenuta prima dell’accordo per l’applicazione della pena (Sez. 2, n. 13915 del 5/4/2022, Anastasio, Rv. 283081; Sez. 5, n. 48342 del 28/6/2018, Rv. 274141; Sez. 4, n. 39527 del 6/7/2016, Sigolo, Rv. 267896).
A supporto di tale soluzione, peraltro, viene richiamata anche quanto affermato da Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D’Avino, Rv. 241356, che chiamate a definire un contrasto sorto sulla differente questione relativa alla ammissibilità della costituzione di parte civile nell’udienza avente ad oggetto la richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini ex art. 447 c.p.p. – hanno precisato che “l’art. 444 c.p.p., comma 2, nel recepire il portato della sentenza della Corte Costituzionale n. 443 del 1990, si limita a stabilire il diritto della parte civile già costituitasi nell’udienza preliminare, e cioè in un momento processuale antecedente alla introduzione di questo speciale rito, alla rifusione delle spese processuali sostenute” (così a pg.7).
Nella sentenza “D’Avino”, pertanto, il diritto della parte civile alla rifusione delle spese viene esplicitamente collegato all’anteriorità della costituzione rispetto all’accordo per l’applicazione della pena.
4.1. La soluzione, che fa dipendere la condanna alla rifusione delle spese dal fatto che la costituzione di parte civile preceda o segua la formalizzazione dell’accordo sulla pena, potrebbe condurre al superamento delle discrasie che connotano le altre due soluzioni richiamate.
In tal modo, infatti, si manterrebbe fermo il principio secondo cui la costituzione di parte civile può avvenire anche nel caso in cui sia già intervenuto l’accordo sulla pena ma, al contempo, si negherebbe, in caso di accoglimento della proposta, che l’imputato debba rifondere le spese di costituzione nei confronti di un soggetto già edotto della probabile definizione del giudizio senza che sia adottata alcuna statuizione risarcitoria. Una volta conosciuta l’esistenza dell’accordo, infatti, la parte civile non potrebbe lamentare di aver subito una scelta processuale effettuata dalle altre parti, ma sostanzialmente accetterebbe di svolgere un’attività processuale, nonostante la piena consapevolezza della probabile definizione con il rito alternativo e, quindi, della carenza di utilità concreta ai suoi fini.
Nel caso in esame, quindi, non vi sarebbe alcun affidamento incolpevole da tutelare mediante la rifusione delle spese di costituzione.
4.2. Si potrebbe obiettare che la soluzione sopra prospettata si pone in contrasto con la disciplina dettata dall’art. 444 c.p.p., comma 2, lì dove si prevede la condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile, senza che si faccia alcuna distinzione a seconda del momento in cui la costituzione è intervenuta. L’interpretazione letterale della norma precluderebbe in radice la possibilità di valorizzare l’utilità della costituzione, dovendosi ritenere che la parte civile meriti di essere tenuta indenne dal sostenere le spese di costituzione anche ove tale attività processuale sia ab origine destinata a non produrre una pronuncia nei suoi confronti.
Tali argomenti, tuttavia, non paiono insuperabili, soprattutto ove si consideri la ratio legis sottesa all’introduzione dell’art. 444 c.p.p., comma 2, dovendosi ritenere che le esigenze di “tutela” della parte civile vengono meno lì dove la scelta di costituirsi interviene in un quadro processuale tendenzialmente incompatibile con l’accoglimento della domanda risarcitoria.
Ne’ pare dirimente osservare che la parte civile conserverebbe l’interesse a costituirsi per l’eventualità che la richiesta di patteggiamento non dovesse essere accolta. Invero, nulla impedisce al danneggiato di attendere la decisione sulla richiesta di patteggiamento e, nel caso in cui questa non sia accolta, procedere alla costituzione, dovendosi ritenere non esaurita la fase preliminare deputata alla costituzione delle parti fin quando non interviene la pronuncia sulla preesistente richiesta di applicazione della pena.
4.3. La problematica in esame, infine, andrebbe collegata al principio generale secondo cui la condanna al pagamento delle spese del giudizio è frutto di un giudizio di soccombenza che, nel caso del patteggiamento, è escluso in radice dalla natura della sentenza.
E’ pur vero che proprio la Corte costituzionale, con la sentenza n. 443 del 1990, ha ritenuto che tale profilo di ordine logico non si pone nel caso in cui la condanna “concerna un oggetto non così strettamente collegato alla sentenza di condanna per la responsabilità civile da poter essere concepito anche indipendentemente da essa”.
Invero, anche nel processo civile sono noti casi di condanna alle spese a fronte della mancata decisione sulla domanda risarcitoria – in applicazione della cosiddetta “soccombenza virtuale” – ma si tratta di ipotesi in cui una valutazione circa la fondatezza della domanda, sia pur incidentale e limitata al riparto delle spese di lite, viene ugualmente compiuta.
Nel caso del patteggiamento, invece, la condanna dell’imputato è del tutto scissa da una valutazione, sia pur incidentale, della soccombenza rispetto alla domanda introdotta dalla parte civile.
Per evitare un’eccessiva frizione tra il principio della soccombenza e la mancanza dell’accertamento di responsabilità nel caso di sentenza ex art. 444 c.p.p., potrebbe preferirsi una soluzione volta quanto meno ad elidere l’automatismo della condanna nei casi in cui la costituzione intervenga dopo la formalizzazione dell’accordo, nei quali non sussiste neppure quell’esigenza di tutela dell’affidamento incolpevole della parte civile, in ordine all’aspettativa di una pronuncia sulla sua domanda.
A tal riguardo, infatti, si potrebbe ritenere che la preventiva conoscenza della probabile definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., dovrebbe quanto meno costituire giusto motivo per la compensazione delle spese di giudizio, facoltà riconosciuta anche nell’ambito del patteggiamento proprio nella citata sentenza della Corte costituzionale e, del resto, espressione di un principio generale previsto dall’art. 541 c.p.p..
5. Alla luce di tali considerazioni, tenuto conto dei diversi orientamenti emersi in materia, si ritiene necessario disporre la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, dovendosi dirimere il contrasto relativamente al “se, nel caso di accordo sulla pena concluso prima della costituzione di parte civile, quest’ultima sia ugualmente legittimata a costituirsi per l’udienza preliminare e, in tal caso, se il giudice che emette la sentenza di patteggiamento debba o meno liquidare le spese di costituzione in suo favore”.
P.Q.M.
Rimette la questione alle Sezioni unite.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2023
