Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Ancona, con la sentenza indicata in rubrica, ritenuto sussistente un unico contesto temporale nel quale Di.Gr. aveva minacciato gli appuntati Gi.Ga. e Pr.Se. per opporsi ad un controllo di Polizia (art. 337 cod. pen.), ha rideterminato la pena inflitta in quella di mesi quattro di reclusione, escludendo l’aumento per la continuazione fra reati.
2. Con unico motivo di ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona denuncia erronea applicazione della legge penale (art. 81 cod. pen.) sul rilievo che si è in presenza di più reati di resistenza commessi in danno di ciascuno degli agenti che partecipavano all’operazione, fatti segno di minacce per costringerli ad omettere l’operazione di controllo.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con rideterminazione della pena – ai sensi dell’art, 622 lett. I cod. proc. pen.- in quella di mesi quattro e giorni quindici di reclusione, pena già così determinata in primo grado e non contestata, con l’appello, dall’imputato che si era limitato a chiedere la esclusione “dell’aggravante” di cui all’art. 81 cod. pen..
La sentenza impugnata ha erroneamente richiamato, in presenza di condotte di resistenza commesse in danno di una pluralità di pubblici ufficiali, l’unitario contesto di tempo e di luogo per ritenere consumato un unico reato e, per l’effetto, ha eliso l’aumento di pena determinato in quello di giorni quindici di reclusione trascurando che, invece, la condotta di chi, nel medesimo contesto fattuale, usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio integra una pluralità di reati, in concorso formale, di reati, a norma dell’art. 81, comma primo, cod. pen.(Sez. U, n. 40981 del 22/02/2018, Apolloni, Rv. 273771).
Si è, infatti, precisato che l’espressione adoperata dal legislatore nella disposizione di cui all’art. 337 cod. pen. – “mentre compie un atto di ufficio o di servizio” – ha la finalità di individuare contesto e finalità della condotta oppositiva e di circoscriverne la rilevanza nell’ambito di un obiettivo nesso funzionale ed di un determinato arco temporale, ricompreso tra l’inizio e la fine dell’esecuzione dell’atto dell’ufficio o del servizio. La condotta del soggetto attivo del reato, si osserva, è volta ad impedire con violenza o minaccia l’attuazione della azione amministrativa che fa capo al pubblico ufficiale sicché l’opposizione-offesa diretta ad “un” (id est ciascun) pubblico ufficiale agente, conduce univocamente a individuare l’interesse protetto dall’art. 337 cod. pen. nel “regolare funzionamento della pubblica amministrazione” e delle persone che, in forza del rapporto organico, ne esprimono la volontà. Ne consegue che l’interesse al normale funzionamento della pubblica amministrazione va inteso in senso ampio, in quanto in esso si ricomprende anche la sicurezza e la libertà di determinazione e di azione degli organi pubblici, mediante la protezione delle persone fisiche che singolarmente ne esercitano le funzioni o ne adempiono i servizi, così come previsto dall’art. 337 cod. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata qualificando il fatto contestato ai sensi degli artt. 81 e 337 cod. pen. e rideterminando la pena in mesi quattro e giorni quindici di reclusione.
Così deciso il 14 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 Febbraio 2024.
