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Cassazione penale sez. VI, 13/12/2022, n. 9850

Massima

L’istituto del sequestro conservativo di cui agli artt. 316 e ss. c.p.p. è strumentale al mantenimento delle garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali ovvero al soddisfacimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, sicché la sua conferma presuppone una sentenza di condanna, la cui irrevocabilità determina la conversione del sequestro in pignoramento, secondo quanto previsto dall’art. 320 c.p.p. È dunque evidente che in assenza di una pronuncia di condanna, gli effetti del sequestro conservativo cessano, come espressamente previsto dall’art. 317 c.p.p., comma 4, secondo cui ciò avviene “quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione”. Tale principio va confermato anche in riferimento al proscioglimento dell’imputato per esito positivo della messa alla prova.

Supporto alla lettura

MESSA ALLA PROVA

La messa alla prova è una modalità alternativa di definizione del giudizio che tende a favorire il reinserimento del reo nella società pur conservando una funzione punitiva.  La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato.

Ambito oggettivo di applicazione

1. Il Gip del Tribunale di Roma con sentenza emessa in data 23 marzo 2022 ha dichiarato ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p. non doversi procedere nei confronti di M.P. per esito positivo della messa alla prova – adottata in relazione alla contestazione di due distinti fatti di reato ex art. 316-ter c.p. disponendo ai sensi dell’art. 323 c.p.p., comma 4 il mantenimento del sequestro di un immobile a garanzia del residuo credito vantato dalla parte civile INPS, pari ad Euro 85.506,14.

2. Avverso il capo della sentenza relativa al mantenimento in sequestro dell’immobile M. propone, tramite il proprio difensore, ricorso deducendo un unico motivo riferito a violazione di legge dal momento che la disposizione di cui all’art. 323 c.p.p., comma 4 è applicabile solo nel caso di sentenza di condanna e non anche quando, come nel caso di specie, il giudice prosciolga l’imputato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. L’art. 323 c.p.p. prevede che la restituzione del bene oggetto del sequestro preventivo non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’art. 316 c.p.p..

3. Come rilevato dal ricorrente e dal PG, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il sequestro preventivo disposto sui beni dell’imputato ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 1, può essere convertito in sequestro conservativo su richiesta del pubblico ministero o della parte civile, ma ciò esclusivamente nel caso in cui sia intervenuta sentenza di condanna (Sez. 2, n. 16608 dell’8 aprile 2011, Quarta, 250111, relativa a declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione; in senso conforme – sempre in relazione al proscioglimento per prescrizione – Sez. 4, n. 15154 del 1 febbraio 2017, EI Idrissi, non massimata, che sul punto ha così motivato: “l’istituto del sequestro conservativo di cui agli artt. 316 e ss. c.p.p. è strumentale al mantenimento delle garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali ovvero al soddisfacimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, sicché la sua conferma presuppone una sentenza di condanna, la cui irrevocabilità determina la conversione del sequestro in pignoramento, secondo quanto previsto dall’art. 320 c.p.p. E’ dunque evidente che in assenza di una pronuncia di condanna, gli effetti del sequestro conservativo cessano, come espressamente previsto dall’art. 317 c.p.p., comma 4, secondo cui ciò avviene “quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione”.

4. Ritiene la Corte che tale principio vada confermato anche in riferimento al proscioglimento dell’imputato per esito positivo della messa alla prova. Invero, Non può essere condivisa la tesi, sostenuta dalla parte civile INPS nella memoria depositata in vista dell’udienza, secondo la quale la decisione che dichiara estinto il reato per esito positivo della messa alla prova non potrebbe essere assimilata ad una ordinaria sentenza di proscioglimento in quanto “la probation… ha di certo una componente afflittiva che garantisce comunque una funzione social preventiva e di risocializzazione e persegue, tra l’altro, finalità riparatorie comprese quelle del risarcimento del danno all’offeso”.

4.1. Questa Corte ha giù affrontato il tema relativo alla natura della sentenza di estinzione del reato a seguito del procedimento di messa alla prova, escludendo che essa sia idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità (sul punto: Sez. 2, n. 53648 del 5 ottobre del 2016, M., Rv. 268635, che ha precisato come tale sentenza non possa essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale; Sez. 3, n. 53640 del 18 luglio 2018, Dellagaren, Rv. 275183, e Sez. 3, n. 39455 del 10 maggio 2017, La Barbera, Rv. 271642, che hanno escluso che l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva da parte del giudice penale, prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, possa essere adottato in sede di declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-ter c.p., in quanto il relativo provvedimento non può essere equiparato ad una sentenza di condanna in quanto prescinde da un accertamento di penale responsabilità; da ultimo, Sez. 5, n. 49478 del 13 novembre 2019, Annunziata, Rv. 277519, che ha escluso che la confisca prevista dall’art. 474-bis c.p., comma 4, possa essere disposta con sentenza ex art. 464-septies c.p., non avendo questa natura di condanna).

4.2. In riferimento, poi, allo specifico tema dell’azione civile, si è già ritenuto che è illegittimo il capo della sentenza che, dichiarando l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p., condanni l’imputato al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile, atteso che il risarcimento della vittima, unitamente alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, costituisce un presupposto imprescindibile dell’istituto; ne consegue che, qualora le prescrizioni imposte dal giudice ai sensi dell’art. 464-quinquies c.p.p. non rispondano alle pretese della parte civile, quest’ultima potrà tutelarsi nell’ambito di un autonomo giudizio civile, senza subire alcun effetto pregiudizievole dalla sentenza di proscioglimento che, non essendo fondata su elementi di prova, non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità (Sez. 5, n. 33277 del 28 marzo 2017, Zlatkov, Rv. 270533).

5. Per le suesposte ragioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente al disposto mantenimento in sequestro dell’immobile del quale va ordinata la restituzione all’avente diritto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo con cui viene disposto il sequestro dell’immobile di cui ordina la restituzione all’avente diritto..

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p..

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2022.

Allegati

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