Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza con cui il Giudice per le indagini preliminari di Brescia, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato l’imputato per i delitti di maltrattamenti e lesioni.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A.A. deducendo un unico motivo di ricorso per violazione dell’art. 598-bis cod. proc. pen., in quanto l’udienza di appello è stata celebrata in forma cartolare, nonostante l’imputato personalmente avesse richiesto tempestivamente, dal carcere, di partecipare ad essa.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. La Corte di appello ha celebrato l’udienza in camera di consiglio, sulla base delle “conclusioni scritte depositate dalle parti private ai sensi dell’art. 23-bis del D.L. 137/2020” (pag. 5 sentenza impugnata).
Dall’esame degli atti, consentito in considerazione della natura processuale del motivo di ricorso, emerge che il ricorrente, dal carcere, aveva inoltrato alla Corte la richiesta di partecipare personalmente all’udienza lo stesso giorno in cui ha ricevuto la notifica dell’avviso di fissazione della stessa (22/11/2024).
Ricevuta l’istanza, la Corte d’Appello, il successivo 25/11/2024, ha disposto che venisse comunicata al difensore, per l’eventuale richiesta di trattazione orale. L’atto è stato notificato al difensore, che ha proposto istanza di trattazione orale con atto che, il 16/12/2024, è stato ritenuto tardivo e in calce al quale il Presidente ha apposto la seguente annotazione “visto si rappresenti al difensore che l’istanza di trattazione orale è tardiva e che si procederà a trattazione cartolare senza traduzione del A.A.”.
3. La difesa ha rilevato che la disciplina di riferimento non è l’art 23 bis D.L. n. 137 del 2020 ma l’art. 598-bis cod. proc. pen. che prevede il diritto dell’imputato di chiedere di partecipare all’udienza.
4. L’art. 94, comma 2, d. I.gs. n. 150 del 2022, da ultimo modificato con D.L. 22/06/2023, prevede che la disciplina emergenziale (art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 17) continui ad applicarsi per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024.
Poiché l’appello nel presente procedimento è stato proposto il 10 luglio 2024, come da PEC allegata al ricorso, la partecipazione all’udienza di appello è disciplinata dall’art. 598-bis cod. proc. pen. e non dall’art. 23-bis citato.
L’art. 598-bis cod. pen., al comma 2, stabilisce che “l’appellante e, in ogni caso, l’imputato o il suo difensore possono chiedere di partecipare all’udienza. In caso di appello del pubblico ministero, – la richiesta di partecipare all’udienza è formulata dal procuratore generale. La richiesta è irrevocabile ed è presentata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione di cui all’articolo 601 o dell’avviso della data fissata per il giudizio di appello. La parte privata può presentare la richiesta esclusivamente a mezzo del difensore…”.
La norma pone un problema interpretativo, in quanto, nella prima parte, attribuisce il diritto di richiedere la trattazione orale all’appellante e, in ogni caso, all’imputato o al suo difensore, mentre, nella seconda parte, stabilisce che le parti private possono chiedere la trattazione orale a mezzo del difensore.
Si potrebbe sostenere, quindi, che la seconda parte della disposizione si riferisca alle parti private diverse dall’imputato, che possono chiedere di partecipare in udienza solo tramite il proprio difensore, mentre l’imputato può farlo direttamente.
Si potrebbe, però, anche sostenere che la prima parte individui i soggetti che hanno il diritto di chiedere la trattazione orale e che la seconda disciplini le forme di presentazione di tale richiesta. Seguendo questa impostazione, quindi, anche l’imputato dovrebbe inoltrare l’istanza tramite il proprio difensore.
Reputa il Collegio che la prima interpretazione sia corretta, sia per ragioni letterali che logico-sistematiche, come di seguito esposto.
5. Sul punto è utile esaminare le conclusioni cui era giunta la giurisprudenza in riferimento alla disciplina emergenziale.
L’art. 23-bis del D.L. n. 137 del 2020, prevedeva, al comma 4, che “La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l’imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all’udienza”.
Dando rilievo al tenore letterale della disposizione, talune pronunce si son orientate nel senso che “nel giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, l’imputato detenuto che voglia partecipare all’udienza deve richiederlo a mezzo del proprio difensore, non essendo consentito né previsto che possa provvedervi” (Sez. 5, n. 49654 del 13/07/2023, Osasere, Rv. 285489 – 01; Sez. 3, n. 3958 del 12/11/2021, dep. 2022, D., Rv. 282888 – 01).
Nonostante il dato letterale, che non conteneva alcuna menzione alla richiesta di partecipazione avanzata dall’imputato, un diverso orientamento ha sostenuto che è legittima, nel giudizio cartolare d’appello, la richiesta di partecipazione all’udienza formulata dall’imputato detenuto personalmente e non per il tramite del difensore, non essendo sanzionata con l’inammissibilità o con l’irricevibilità la difformità dal modello legale di cui all’art. 23-bis, comma 4, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, in legge 18 dicembre 2020, n. 176, sicché il mancato accoglimento della richiesta determina la nullità dell’udienza e della conseguente sentenza per violazione del diritto alla partecipazione, quale garanzia del giusto processo ex artt. Ili Cost. e 6, comma 3, lett. c), d) ed e), Convenzione EDU (Sez. 2, n. 7340 del 20/12/2023, Baldi, Rv. 285932 – 01; Sez. 6, n. 15139 del 11/11/2021, Zitouni, Rv. 283143 – 01).
In motivazione la Corte ha specificato che il diritto al giusto processo postula un generale incomprimibile diritto dell’imputato di partecipare all’udienza, per cui prevale, “a fronte del non “confiscabile” diritto partecipativo e non vertendosi in un atto di natura impugnatoria, la titolarità sostanziale del diritto rispetto alle effettive modalità del suo esercizio, quand’anche irregolari”.
Quindi, in via interpretativa, parte della giurisprudenza aveva già ampliato la possibilità per l’imputato detenuto di richiedere la partecipazione all’udienza, nonostante il dato letterale dell’art. 23 citato non lo prevedesse.
6. Reputa il Collegio che tale opzione interpretativa sia confermata dalla nuova formulazione dell’art. 598-bis cod. proc. pen., che amplia e attribuisce uno specifico spazio all’autonomo diritto dell’imputato, anche non detenuto, di chiedere di comparire all’udienza.
Ciò si desume, innanzi tutto, dalla lettera dell’art. 598-bis che distingue la richiesta dell’imputato da quella del difensore, con ciò, evidentemente, attribuendo autonomia alla prima rispetto alla seconda.
In questo senso depone anche la Relazione governativa al D.Lgs. n. 150 del 2022, secondo cui “l’altro snodo processuale è costituito dal termine di quindici giorni dalla ricezione del decreto di citazione in giudizio, entro il quale deve essere presentata a pena d’inammissibilità la richiesta dì partecipazione all’udienza dell’appellante o, comunque, dell’imputato o del suo difensore” (pag. 167).
Ad analoghe conclusioni conduce la difformità tra la previsione letterale dell’art. 23-bis, comma 4, d. I. n. 137 del 2020, citato, che si riferiva solo al difensore come soggetto legittimato a proporre l’istanza, e quella di cui all’art. 598-bis cod. proc. pen., che espressamente prevede che la richiesta di partecipazione possa essere avanzata dall’imputato, oltre che dal difensore.
7. Tale interpretazione è certamente in linea- con le fonti, nazionali e sovranazionali, che attribuiscono all’imputato il diritto di partecipare al processo (art. Ili Cost.; art. 6, comma 3, lett. c), d), e), della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; art. 14, comma 3, del Patto internazionale sui diritti civili e politici – adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo con L. 25 ottobre 1977, n. 881, ed entrato in vigore per l’Italia il 15 dicembre 1978).
L’obbligo di garantire all’imputato il diritto di essere presente nell’aula d’udienza è uno degli elementi essenziali dell’arti. CEDU (Hermi c. Italia (GC), parr. 58-59; Sejdovic c. Italia (GC), parr. 81 e 84; Arps c. Croazia, par. 28).
Quindi, un giudizio senza imputato può essere celebrato solo a seguito di una opzione, anche solo ragionevolmente presunta, cosciente e volontaria, cioè responsabile, dello stesso imputato.
Le Sezioni unite, proprio in relazione al giudizio di appello di un processo celebrato nelle forme del rito abbreviato, hanno affermato il diritto fondamentale dell’imputato di essere presente nel giudizio camerale in cui si decide sulla sua responsabilità. Si è chiarito come la mancata traduzione all’udienza camerale d’appello, perché non disposta o non eseguita, dell’imputato che abbia tempestivamente manifestato “in qualsiasi modo” la volontà di comparire e che si trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale, determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza (Sez. U., n. 35399 del 24/06/2010, F., RV. 247836).
8. Per questi motivi si deve ritenere che la richiesta tempestivamente formulata dall’imputato di partecipare all’udienza imponeva il ricorso alle forme dell’udienza partecipata, e non a quelle dell’udienza cartolare.
Ne deriva che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che detta richiesta dovesse essere necessariamente fatta propria e veicolata dal difensore, con conseguente nullità dell’udienza e della sentenza per violazione del contraddittorio (Sez. 6, n. 15139 del 11/11/2021, Zitouni, cit.).
Si impone, dunque, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Brescia per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Brescia per il giudizio.
Conclusione
Così deciso il 26 giugno 2025.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2025
