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Cassazione penale sez. VI, 08/03/2023, n.20632

Massima

Dissidi con la moglie ed evasione: sussiste il reato di evasione anche in caso di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorchè per chiedere di essere ricondotto in carcere
Nel reato di evasione dagli arresti domiciliari il dolo è generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell’agente.

Supporto alla lettura

Il delitto di evasione previsto dall’art. 385 c.p., punisce la condotta di colui che, legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade, rompendo il vincolo apposto alla sua libertà personale. La disposizione presuppone lo stato di arresto o detenzione integrando il reato in questione la situazione in cui il soggetto evade da una struttura ospedaliera, ad esempio, o più, comunemente, dalla struttura carceraria o dalla propria abitazione (in caso di arresti domiciliari). La norma tutela, dunque, l’esecuzione della misura che restringe la libertà personale in maniera legittima. L’evasione è considerata quale un reato proprio, in quanto la qualità personale dell’autore determina la realizzazione della fattispecie: in particolar modo può essere commesso solo ed esclusivamente da persona legalmente arrestata e/o detenuta, essendo condizione di procedibilità, ai fini della configurabilità, l’elusione della misura restrittiva. Il reato in questione è a forma libera, non sono determinanti le modalità tramite le quali il soggetto riesce ad evadere, quanto l’atto stesso. Presupposto fondamentale è il dolo dell’autore: deve sussistere la precisa, cosciente e concreta volontà del soggetto agente di volersi sottrarre ad un provvedimento che limita la libertà. Ad esempio non può essere imputato per tale reato il soggetto che si allontana dal proprio domicilio a causa di un’errata conoscenza del permesso concesso. Il bene giuridico tutelato dall’art. 385 c.p è l’interesse dello Stato, nell’amministrazione della giustizia, al mantenimento ed all’osservanza delle misure restrittive della libertà personale disposte nei confronti dell’indagato, imputato o condannato.

Ambito oggettivo di applicazione

  1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

 

Nel reato di evasione dagli arresti domiciliari il dolo è generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell’agente (Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012, Ghouila, Rv. 252288 relativa a fattispecie analoga a quella in esame in cui l’imputato si era allontanato dall’abitazione per dissapori con altri familiari conviventi, avvertendo le forze dell’ordine della sua intenzione).

 

In applicazione di tale principio, è stato, pertanto, ritenuto sussistente il reato di evasione anche in caso di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorchè per chiedere di essere ricondotto in carcere (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rodio, Rv. 280118).

 

Il ricorrente invoca erroneamente a sostegno della dedotta violazione di legge altra pronuncia di questa Corte in cui è stata esclusa la configurabilità del reato nel caso in cui il reo si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere (Sez. 6, n. 44595 del 06/10/2015, Ranieri, Rv. 265451.

 

Rileva il Collegio che la fattispecie in esame è diversa da quella esaminata nel precedente in questione. Risulta, infatti, dalla sentenza di appello che l’imputato si è allontanato dal domicilio in assenza di un provvedimento autorizzativo, rendendo noto il proprio spostamento solo qualche ora dopo essere giunto presso la casa materna.

 

  1. E’, invece, fondato il secondo motivo.

 

La sentenza impugnata ha rigettato la richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità in considerazione della negativa personalità dell’imputato in quanto pluripregiudicato per reati contro il patrimonio.

 

Così facendo la Corte territoriale è incorsa nella violazione dell’art. 131-bis c.p. ravvisando, sostanzialmente, l’abitualità della condotta senza, tuttavia, alcuna argomentazione in merito alla sussistenza del presupposto ostativo in questione secondo i parametri indicati dall’art. 131-bis, comma 4, c.p..

 

Invero, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti delle stessa indole, oltre quello preso in esame (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591).

 

A tal fine il giudice deve, dunque, analizzare i precedenti a carico dell’imputato in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni, tali da potersi considerare reati della stessa indole (Sez. 5, n. 53401 del 30/05/2018, Rv. 274186), potendo, in caso contrario, i precedenti assumere rilevanza ostativa solo ove ricorrano le altre condizioni previste dall’art. 131-bis, comma 4, c.p., ovvero nel caso in cui l’imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

 

  1. All’accoglimento del secondo motivo di ricorso, segue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Allegati

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