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Cassazione penale sez. VI, 04/07/2025, n. 30314

Massima

La richiesta di pena sostitutiva detentiva, formulata tramite difensore munito di procura speciale, non può essere dichiarata inammissibile per tardività in appello se il giudizio si è svolto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 19/3/2024, n. 32 (c.d. correttivo Cartabia), il quale consente tale istanza fino a cinque giorni prima dell’udienza. In tema di maltrattamenti, è altresì configurabile l’aggravante della “violenza assistita” a prescindere dall’età del minorenne, purché il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico.

Supporto alla lettura

Maltrattamenti in famiglia

Il reato di maltrattamenti in famiglia si colloca nella parte del codice penale dedicata ai delitti contro la famiglia e l’assistenza familiare, caratterizzati dal fatto che l’offesa deriva da membri dello stesso gruppo familiare al quale appartiene la vittima.
In realtà, limitare alla famiglia l’oggetto giuridico del reato ex articolo 572 del codice penale, sarebbe fuorviante.
In primo luogo perché, anche in base alla interpretazione letterale, il bene giuridico protetto è l’integrità psicofisica e morale della vittima.
In secondo luogo perché rispetto agli altri reati previsti nel titolo XI del codice penale, il soggetto passivo non è necessariamente un familiare dell’agente, ma chiunque abbia con lui una relazione qualificata (rapporto di convivenza, sottoposizione per ragioni di autorità, affidamento per ragioni di educazione, cura, istruzione, vigilanza, custodia, esercizio di una professione o arte).
Ne consegue che l’effettivo fondamento giuridico dell’art 572 c.p. deve essere rinvenuto nella stabilità del vincolo affettivo e/o umano tra l’agente e soggetti ritenuti “deboli” ed esposti a episodi di sopraffazione da parte del soggetto “forte”, anche in applicazione di quanto previsto dalla ratificata Convezione di Lanzarote del 2007.
Tra i vari interventi che hanno modificato l’art. 572 c.p. negli anni, si ricorda:

  • la legge n. 172 del 2012 con la quale il legislatore ha incluso i semplici conviventi nel novero delle vittime di maltrattamenti;
  • la legge 69 del 2019 (c.d. Codice Rosso) che ha inasprito il regime sanzionatorio, soprattutto per contrastare episodi di c.d. violenza domestica e che ha inserito l’ultimo comma dell’articolo 572 c.p. che prevede che il minore che assiste ai maltrattamenti familiari debba essere considerato persona offesa.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. A.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Messina che ne ha confermato la condanna alla pena di anni tre e mesi uno di reclusione, oltre alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, per il reato di maltrattamenti in danno della convivente, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto in presenza della figlia minore.

Deduce tre motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.

1.1. Con il primo motivo di ricorso deduce vizi cumulativi di violazione di legge e di motivazione in relazione alla sussistenza del reato di maltrattamenti e alla ritenuta credibilità della persona offesa. Ciò in ragione della intrinseca contraddittorietà delle dichiarazioni della donna, che, pur riferendo del comportamento violento del compagno, ha ammesso di essere tornata con lui per il bene della primogenita e di avere concepito un figlio ad aprile 2021, condotta, questa, che appare in contrasto con il grave comportamento, riferito dalla medesima persona offesa esclusivamente in dibattimento, ovvero che l’imputato avrebbe costretto la minore a mangiare il vomito. Si segnala, inoltre, che la persona offesa si è contraddetta anche in relazione all’episodio dello sputo, inizialmente riferito alla sola madre della donna e poi, a seguito di contestazione del Pubblico Ministero, anche alla stessa persona offesa.

Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non ha fornito adeguata motivazione sulla non rilevanza delle dichiarazioni rese dal padre e dalla sorella dell’imputato, nonché dai vicini di casa, nonostante costoro abbiano riferito di non avere mai assistito a condotte violente del ricorrente ai danni della convivente. Si censura, infine, la valutazione parcellizzata delle dichiarazioni rese da B.B., il quale ha riferito di non avere mai notato segni di violenza sulla persona offesa e di non avere mai assistito ad altri episodi oltre a quello in cui la ragazza si era rifugiata presso la sua abitazione a causa di un litigio con il ricorrente.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce vizi di violazione di legge e di mancata assunzione di una prova decisiva sulla sussistenza dell’aggravante, con riferimento al mancato espletamento di una perizia sulla minore, che, peraltro, aveva solo sei mesi all’epoca dei fatti. Ciò in relazione a quanto dichiarato dalla persona offesa, e cioè che la bimba vomitava alla vista del padre.

1.3. Con il terzo motivo deduce vizi di violazione di legge in relazione al mancato accoglimento della richiesta di concessione della pena sostitutiva della detenzione domiciliare breve, ritenuta dalla Corte territoriale inammissibile perché tardiva. Si rileva, infatti, che: a) il difensore era munito di procura speciale ed aveva allegato alla dichiarazione di nomina il consenso dell’appellante; b) il ed. correttivo Cartabia, introdotto con il D.Lgs. n. 32 del 2024, è entrato in vigore il 4 aprile 2024, e cioè un mese prima della lettura del dispositivo, senza che in relazione a tale mutamento normativo sia stato dato pronto avviso alle parti processuali.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo è inammissibile in quanto, al di là di considerazioni di merito di contenuto meramente confutativo, non evidenzia alcun elemento idoneo a disarticolare il giudizio di credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, giudizio che la Corte territoriale, con motivazione scevra da vizi logici o giuridici, ha ancorato non solo alle caratteristiche del racconto della vittima, peraltro, neppure costituitasi parte civile, ma anche al riscontro offerto dalle dichiarazioni della madre, sia de relato che dirette, avendo la donna riferito di avere assistito personalmente a diversi episodi di violenza e di avere notato segni sul viso e sul corpo della figlia.

Immune da vizi è anche la valutazione relativa alle dichiarazioni rese dai testi a discarico (padre e sorella dell’imputato, nonché i vicini di casa), sulla cui rilevanza il ricorrente si limita ad insistere genericamente, omettendo di considerare le argomentazioni della Corte territoriale che, alla luce delle peculiarità che connotano, secondo l’id quod plerumque accidit, la condotta maltrattante, notoriamente circoscritta alle mura domestiche, non ha reputato rilevanti le dichiarazioni rese da tali testi, i quali si sono limitati ad affermare di non avere mai assistito a condotte violente del ricorrente e di non avere mai notato segni di maltrattamento sulla persona offesa.

2. Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità in quanto manifestamente infondato e generico, limitandosi il ricorrente ad insistere sulla necessità di una perizia sulla minore.

La Corte territoriale, infatti, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha ravvisato la contestata aggravante in considerazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che ha riferito della costante presenza della minore alle condotte maltrattanti del ricorrente e della sua reazione alla vista del padre, considerata dai Giudici di merito quale sintomo del malessere della minore.

Va, al riguardo, ribadito che in tema di maltrattamenti, è configurabile la fattispecie aggravata della c.d. “violenza assistita”, a prescindere dall’età del minorenne, purché, come accaduto nel caso dì specie, il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico (Sez. 6, n. 47121 del 05/10/2023, Rv. 285479).

3. Il terzo motivo è fondato. Rileva, infatti, il Collegio che il giudizio di appello è stato celebrato dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 19/3/2024, n. Sicché, per quanto rileva in questa Sede, ha introdotto il comma 1 -bis dell’art. 598-bis cod. proc. pen. Tale norma consente all’imputato, personalmente o tramite procuratore speciale, di esprimere il consenso alla sostituzione della pena detentiva con i motivi nuovi o nelle memorie da depositare fino a cinque giorni prima dell’udienza.

Nel caso in esame il ricorrente, tramite il proprio difensore munito di procura speciale, aveva chiesto la sostituzione della pena detentiva. La Corte territoriale ha, pertanto, errato nel considerare la tardività di tale richiesta sol perché non presentata nel corso del giudizio di primo grado.

4. Alla luce di quanto sopra esposto, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla omessa valutazione della richiesta di sostituzione della pena detentiva, con rinvio per nuovo giudizio su tale punto ad altra Sezione della Corte di appello di Messina; il ricorso va, invece, dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena sostitutiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Messina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Dispone, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.

Così deciso in Roma il 4 luglio 2025.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2025.

Allegati

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