Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Sull’appello proposto da (omissis) avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Brindisi sez. dist. di Mesagne in data 25.02.2003, con la quale era stato dichiarato colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per detenzione a fine di spaccio di cocaina e, concessegli le attenuanti generiche, era stato condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed Euro 17.400,00 di multa, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 25-01-2006, confermava il giudizio di 1^ grado, ritenendo infondata l’eccezione difensiva in merito all’erronea dichiarazione di inammissibilità dell’invocato giudizio abbreviato in sede di giudizio immediato, per omessa notifica della richiesta al PM, manifestante infondata apparendo l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 458 c.p.p., comma 1, e ribadendo la comprovata responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, inequivocamente dovendosi ritenere l’accertato possesso di cocaina destinato allo spaccio.
Avverso tale sentenza il prevenuto anzidetto ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo, a motivi del gravame:
1) Violazione di legge, in punto di omessa risposta motivazione all’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 458 c.p.p., comma 1, in punto di decadenza della richiesta di giudizio abbreviato in sede di giudizio immediato per omessa notifica dell’istanza al PM e difetto di motivazione sulla ribadita sussistenza delle condizioni legittimanti l’accoglimento della detta richiesta;
2) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al denegato contenimento del trattamento sanzionatorio, fermo restando l’altrettanto immotivato rigetto dell’invocata ipotesi di detenzione dello stupefacente ad esclusivo uso personale.
Il motivo sub 1) è fondato nella parte in cui: censura l’erronea esclusione di ammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato in sede di giudizio immediato per omessa notifica di tale richiesta al PM, con conseguente manifesta infondatezza dell’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 458 c.p.p., comma 1.
Ed invero, la decisione sia del 1^ giudice che della Corte territoriale sul tema oggetto della doglianza difensiva si pone in evidente contrasto con la più recente giurisprudenza di questa Corte di legittimità, segnatamente riferita alla corretta lettura dell’art. 458 c.p.p., comma 1. Infatti, giova ribadire il principio di diritto secondo cui, in tema di richiesta di giudizio abbreviato da parte dell’imputato al quale, come nella specie, sia stato notificato il decreto di giudizio immediato, ricorre l’ipotesi di decadenza prevista dall’art. 458 c.p.p., comma 1, solo nel caso di intempestivo deposito dell’istanza (che,nella specie è da escludersi all’esito di opportuna verifica degli atti), in quanto, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 479 del 1999, è escluso che l’effetto decadenziale consegua anche all’omessa notifica al P.M., non più chiamato ad esprimere il proprio consenso sulla richiesta e titolare di un limitato potere di interferenza solo nel caso di istanza condizionata ad integrazione probatoria (che, nella specie è da escludersi stante la richiesta incondizionata avanzata dalla difesa nell’interesse dell’imputato).
In particolare, come puntualmente evidenziato da questo giudice di legittimità in termini (cfr. Cass. pen. Sez. 2 – 19-4-2002, n. 26303, P.G. in proc. Vitale; idem Cass. pen. sez. 1, 4.9.2002 n. 31997, Falaschetti), i giudici di merito si sono uniformati all’orientamento giurisprudenziale di questa Corte riferito, però, alla previgente disciplina dell’istituto, non più mantenibile dopo le recenti riforme.
Si è, in proposito, testualmente rilevato che l’originaria disciplina del rito abbreviato ha subito nel corso del tempo una sostanziale metamorfosi, a partire dalla decisione in data 31-01-1992 n. 23 della Corte Costutuzionale, sino alle recenti modificazioni di cui alla legge menzionata.
Infatti, all’esito di tale sostanziale trasformazione degli elementi essenziali dell’istituto, è stata anche esclusa per il giudizio speciale, non più sottoposto al consenso del PM, secondo il nuovo testo dell’art. 438 c.p.p., con l’abrogazione dell’art. 440 c.p.p., (L. n. 479 del 1999, art. 28 dianzi cit.), la deliberazione del giudice sulla decidibilità del processo allo stato degli atti, condizione questa che, appunto, avrebbe potuto provocare il dissenso del P.M..
Del resto, com’è noto, una decisione discrezionale del giudice è prevista soltanto allorchè l’imputato chieda “un’integrazione probatoria”, ex art. 438 c.p.p., comma 5″, con una disposizione che chiude la vicenda normativa riguardante il giudizio” abbreviato, aperta con la sentenza della consulta innanzi cit.
Conseguentemente il legislatore ha soppresso l’ultima ipotesi di cui al cit. art. 458 c.p.p., comma 1, riguardante il termine entro il quale il P.M. avrebbe dovuto esprimere il proprio consenso e;
ovviamente, al comma 2; l’espressione di detto consenso condizionante l’ammissibilità dell’istanza.
In siffatto contesto normativo,pertanto, l’interpretazione che estende la sanzione della decadenza, prevista dall’art. 458 c.p.p., comma 1, con inequivoco riferimento al termine di presentazione dell’istanza di rito abbreviato, anche alla irregolarità determinata dalla omessa notifica di tale istanza al PM, non sembra potarsi ritenere giustificata a causa della funzione meramente informativa che la predetta notifica conserva, allorchè non si tratti di istanza condizionata ad integrazione probatoria.
Solo in quest’ultimo caso il PM ha un potere di possibile interferenza, attraverso richieste eventuali di prova contraria,ove l’imputato sia stato ammesso al rito, secondo riscrittura dell’art. 438 c.p.p., dopo la novella cit..
Alla stregua delle considerazioni che precedono,va conclusivamente ritenuto che ricorra decadenza soltanto in caso di intempestività del deposito dell’istanza, il che è da escludere nel caso in esame, avuto riguardo alla data di proposizione dell’istanza di giudizio abbreviato rispetto a quella di notifica del decreto di giudizio immediato.
S’impone, per tanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla diminuente di cui all’art. 442 c.p.p., comma 2 che, una volta ritenuto infondato il motivo sub 2) (come si vedrà in appresso), può essere in questa stessa sede applicata, con rideterminazione della pena in funzione della canonica riduzione di 1/3 della pena stessa che, valutati i criteri di detta determinazione, in rapporto al computo dei giudici di merito, va opportunamente fissata nella misura di ANNI TRE, MESI SEI e GG. 20 di reclusione ed Euro 11.600,00= di multa.
Come innanzi cennato, il motivo sub 2) è infondato, avuto riguardo alla corretta, puntuale e motivata risposta offerta dalla Corte territoriale leccese ad esclusione dell’invocato uso esclusivamente personale dello stupefacente in sequestro, tenuto conto delle modalità di fatto e circostanze di tempo e luogo emergenti da indagini di p.g. comprovatamente riscontrate dal sequestro della sostanza, anche in punto ponderale e dalla accertata natura di stupefacente della stessa, in carenza di prova ragionevolmente apprezzabile e fondata circa l’asserito stato di tossicodipendenza dell’imputato.
Va, pertanto, rigettato nel resto il ricorso.
L’eccezione di legittimata costituzionale dell’art. 458 c.p.p., comma 1 e la doglianza sulla misura della pena sono intuibilmente assorbiti e superati dalla presente decisione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla diminuente di cui allo art. 442 c.p.p., comma 2 che applica, rideterminando la pena in anni tre, mesi sei e giorni venti di reclusione ed Euro 11.600,00 di multa.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2009
