RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha confermato la condanna di (omissis) per il reato di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2), per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla propria figlia minore, da gennaio 2016 ad ottobre 2017.
2. Ella impugna tale decisione, nella parte in cui ha disatteso la richiesta di estendere a tale condotta la sospensione dei processo con messa alla prova, di cui ha beneficato in diverso processo, per il medesimo titolo di reato, nei confronti della medesima persona offesa, per il diverso periodo che andava dal 30 ottobre 2014 al 30 dicembre 2015, giudizio conclusosi con sentenza del Tribunale di Brescia del 26 febbraio 2021, che ha dichiarato estinto il reato per l’esito positivo della messa alla prova.
3. La Corte d’appello ha giustificato la sua decisione, rilevando anzitutto che non possa trovare applicazione nel processo ordinario il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimita’ in relazione al processo minorile ed invocato dalla difesa appellante, secondo cui, in caso di messa alla prova concessa per un dato reato, il beneficio possa essere concesso anche per il diverso reato legato al primo da vincolo di continuazione, ancorche’ separatamente giudicato. Per quei giudici, infatti, esso si giustificherebbe esclusivamente per quel particolare procedimento, “che ha finalita’ e peculiarita’ affatto diverse” (cosi’, testualmente).
Ma, soprattutto, la Corte distrettuale ha escluso che, tra i reati oggetto dei due processi, potesse ravvisarsi la continuazione, in ragione del diverso periodo temporale interessato e della mancata dimostrazione dell’identita’ del disegno criminoso.
4. Obietta il ricorso che, nello specifico, non si sia in presenza di piu’ reati in continuazione tra loro, bensi’ di un unico reato, poiche’ il delitto di cui all’articolo 570 cit., ha natura di reato permanente: con la conseguenza che la concessione della messa alla prova e la conseguente estinzione eventualmente gia’ dichiarata in un diverso processo per una parte del periodo temporale da esso interessato non ne precludono il riconoscimento anche per la parte residua di condotta, qualora giudicata separatamente. Diversamente opinando, infatti, la possibilita’ di accedere al beneficio per un reato unico sarebbe irrazionalmente legata alle scelte del Pubblico ministero o, comunque, ad evenienze procedimentali meramente accidentali.
5. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo di ricorso e’ fondato.
2. Nelle more dell’impugnazione, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 174 del 23 giugno 2022 (dep. 12 luglio), ha dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione dell’articolo 3 Cost. – l’articolo 168-bis c.p., comma 4, nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell’articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera b), con altri reati per i quali tale beneficio sia gia’ stato concesso.
Richiamando un proprio consolidato indirizzo, la Corte ha spiegato che l’esistenza del nesso sostanziale di continuita’ tra piu’ reati non puo’ farsi dipendere da circostanze occasionali, ovvero dal fatto che la continuazione sia accertata in un solo tempo anziche’ in tempi successivi. Poiche’, infatti, il divieto di concedere la messa alla prova piu’ di una volta non osta a che l’imputato possa essere ammesso al beneficio qualora gli vengano contestati piu’ reati nell’ambito del medesimo procedimento, risulta irragionevole che, quando, invece, per scelta del Pubblico ministero o per altre evenienze processuali, i reati legati dalla continuazione o commessi con una sola azione od omissione siano contestati in distinti procedimenti, egli non abbia piu’ la possibilita’ di accedere al rito. Una tale preclusione – aggiungono i giudici delle leggi – finirebbe inoltre per frustrare l’intento legislativo di sanzionare in maniera sostanzialmente unitaria il reato continuato e il concorso formale, e di farlo anche attraverso l’ammissione al percorso di risocializzazione e riparazione che e’ proprio della messa alla prova e il cui esito positivo comporta l’estinzione dei reati.
In queste ipotesi – conclude la Corte – spettera’ al giudice una nuova valutazione dell’idoneita’ del programma di trattamento e una nuova prognosi sull’astensione dalla commissione di ulteriori reati, tenendo conto della natura e della gravita’ dei reati oggetto del nuovo procedimento e del percorso di riparazione e risocializzazione gia’ compiuto durante la prima messa alla prova.
3. Se cio’ vale, dunque, per una pluralita’ di reati avvinti per continuazione, a maggior ragione tale percorso argomentativo e la lettura normativa che su di esso si fonda debbono trovare applicazione qualora il reato commesso sia uno soltanto, benche’ a consumazione prolungata, come nel caso della reiterata violazione degli obblighi di assistenza familiare (sulla natura di tale reato, vds., in particolare, Sez. 6, n. 11780 del 21/01/2020, P., Rv. 278722).
Peraltro, proprio tale natura del reato permette di superare l’argomento speso dalla Corte d’appello nel senso dell’inesistenza del vincolo della continuazione tra le condotte giudicate nel presente processo e quelle per le quali, nel precedente e distinto giudizio, l’imputata e’ stata ammessa alla prova: affermazione – quella dei giudici d’appello – sostanzialmente apodittica e meritevole, invece, di adeguata giustificazione, sol che si pensi alla identita’ di quei comportamenti, alla loro continuita’ e contiguita’ (fino al 30 dicembre 2015, nell’altro processo; da gennaio 2016, in questo), alla riconducibilita’ di essi al medesimo provvedimento impositivo del relativo obbligo.
4. La sentenza impugnata dev’essere, dunque, annullata.
Rimane ferma, ovviamente, la necessita’ di valutare se, alla luce del perdurare dell’inadempimento oltre il periodo di tempo tenuto in considerazione ai fini della messa alla prova nel precedente processo, vi siano gli estremi per l’estensione di quel beneficio anche per il segmento ulteriore della condotta delittuosa del quale la ricorrente e’ imputata in questo processo: valutazione, ovviamente, che e’ tutta di merito e che, percio’, dev’essere rimessa al giudice competente, rinviandogli gli atti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2023.
