• Home
  • >
  • Cassazione penale sez. V, 31/03/2020, n. 10905

Cassazione penale sez. V, 31/03/2020, n. 10905

Massima

Anche se alla chat vocale erano state invitate più persone va comunque escluso il reato di diffamazione nel quale l’offeso resta estraneo alla comunicazione che avviene davanti a più persone, mentre nella chat vocale può comunque interloquire con chi lo insulta.

Supporto alla lettura

INGIURIA

Disciplinata dall’art. 594 c.p., attualmente l’ingiuria è considerata un illecito civile per effetto del D.Lgs. 7/2016, il quale ha compiuto una profonda opera di depenalizzazione.

Il reato di ingiuria, faceva parte dei delitti contro la persona e in particolare dei delitti contro l’onore (inteso come insieme delle qualità morali della persona offesa), era posto in essere mediante un comportamento offensivo nei confronti della persona presente, caraterrizzato appunto dalla precisa intenzione di offendere (es. frasi o gesti).

Quando l’ingiuria era ancora considerata un reato, spesso era confusa con il reato di diffamazione (art. 595 c.p.). La differenza tra le due fattispecie è che l’ingiuria è rivolta in maniera diretta e in presenza della persona offesa, la diffamazione (che è considerata invece reato) consiste nell’offesa alla reputazione altrui, comunicando con più soggetti e in assenza della persona offesa. Altra differenza rilevante, che poteva generare confusione, è quella con il reato di calunnia (art. 368 c.p.), il quale si realizza quando si incolpa qualcuno di un reato pur sapendola, consapevolmente, innocente.

Trattandosi ormai di un illecito civile, la vittima potrà agire chiedendo il risarcimento del danno in sede civile.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 28/03/2019 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 31/10/2016, che aveva condannato (omissis) alla pena di € 600,00 di multa per il reato di cui all’art. 595 cod. pen., per avere offeso (omissis), pubblicando commenti e giudizi lesivi della sua reputazione su facebook, comunicando con video chat, con modalità accessibili ad un numero indeterminato di persone.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (omissis), Avv. (omissis), deducendo due motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti
strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 595 cod. pen., per avere ritenuto sussistente il reato di diffamazione, anziché la fattispecie di ingiuria: deduce che gli insulti sono stati rivolti attraverso una chat vocale sulla piattaforma “Google Hangouts”, diversa dalle altre piattaforme chat digitali, che sono ‘leggibili’ anche da più persone; in tal caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo, sicché non verrebbe in rilievo il precedente di Sez. 5, n. 7904/2019, che riguardava una chat scritta (Whatsapp) in cui il messaggio offensivo può essere visionato anche da altri utenti; nel caso in esame, la chat aveva natura di conversazione vocale, e non rileverebbe che all’ascolto vi fossero altri utenti.

2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla valorizzazione della presenza di terzi ascoltatori: i due testi (omissis) e (omissis) non hanno partecipato alla conversazione in diretta, ma hanno dichiarato di avere visto il video della chat tramite youtube, condotta per la quale l’imputato è stato assolto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. E’, invero, stato accertato che le espressioni offensive sono state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresì, di altre persone ‘invitate’ nella chat vocale.

Ciò posto, va rammentato che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019, Vicaretti, Rv. 276502).

3. Ne consegue che il fatto, come accertato dalla sentenza impugnata, deve essere qualificato come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell’art. 594, u.c., c.p., che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. C), d.lgs. 15.1.2016 n. 7, è stato depenalizzato; la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, perché il fatto, così riqualificato, non è più previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 594, ultimo comma, c.p., lo stesso non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma il 25/02/2020

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi