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Cassazione penale sez. V, 28/05/1998, n. 9384

Massima

In tema di diffamazione, un pubblico comizio va considerato mezzo di pubblicità, e cioè di ampia e indiscriminata diffusione della notizia tra un numero indeterminato di persone.

Supporto alla lettura

DIFFAMAZIONE

Rispetto all’ingiuria ex art. 594 c.p., l’art.595 c.p. consiste nell’offesa all’altrui reputazione fatta comunicando con più persone, con il mezzo della stampa o tramite i social network a causa della loro capacità di raggiungere un numero indeterminato o apprezzabile di persone; persegue la condotta dell’offendere rivolta verso persone non presenti, ovvero non solo assenti fisicamente, ma anche non in grado di percepire l’offesa (la c.d. maldicenza in assenza dell’interessato).

La nuova costituzione italiana (art. 21) ha esteso la garanzia costituzionale a tutte indistintamente le manifestazioni del pensiero. Alla costituzione ha fatto seguito la legge 8 febbraio 1948, n. 47, che, pur avendo carattere provvisorio, tuttavia regola per la prima volta compiutamente la materia della stampa. Mentre la CEDU si è espressa più volte sul tema sostenendo che quando la diffamazione si realizza a mezzo social network, ad essere violato è l’art. 8 della CEDU, che tutela la vita privata del singolo in cui deve intendersi ricompreso anche il diritto alla reputazione.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto e diritto
1 – (omissis) è stato condannato dal pretore di Patti il 27.11.95 a 2.000.000 di multa, ed al risarcimento dei danni ed alle spese della p.c., per aver diffamato (omissis), nel corso di un comizio politico del 14.11.93 a Patti, dicendo che era “un fallito nella professione e nelle famiglia”, nonché per averlo indicato autore di lettere anonime inviate all’autorità giudiziaria. La frase è stata testimoniata dal m.llo dei carabinieri, (omissis), e dall’appuntato (omissis) presente, ed è intelligibile in una audiocassetta allegata dal querelante, di cui è stata disposta la trascrizione dal Pretore in giudizio.

La c.a. ha assolto l’imputato perché il fatto non sussiste, dall’attribuzione di lettere anonime, non riscontrato dalla registrazione, e ridotto la pena per aver detto che (omissis) era un fallito nella professione e nella famiglia, a L. 1.000.000 m., disattendendo la diversa interpretazione data alla frase dalla difesa (e cioè che “(omissis) era fallito in attacco a lui nella professione e nella famiglia” e la richiesta di acquisizione e perizia di altra audiocassetta, pervenuta accompagnata da lettera anonima, non riscontrandone l’assoluta necessità.

Con il ricorso si deduce 1 – violazione degli artt. 235 e 237 CPP, in relazione all’art. 606-1 lett. d per la mancata acquisizione della cassetta proveniente dall’imputato, comunque utili per l’accertamento; 2 – violazione art. 630-2 CPP, perché la corte ha estratto dal novero dei testimoni solo quelli che suffragano la tesi accusatoria, contraddicendosi ((omissis) e (omissis)) o recitando a memoria la lezioncina ((omissis)), omettendo di riferire dei testi a discolpa, che assicurano essere stata la frase pronunciata nel senso riferito dall’imputato, seppure ha ritenuto inaffidabili i testi d’accusa nella parte in cui riferivano della lettere anonime, onde la sentenza è incoerente; 3 – violazione art. 62 bis, 69 e 595 CP, in quanto ritenuta l’aggravante dell’uso del mezzo della pubblicità, nel comizio politico, che invece è un mero agglomerato di persone e va considerato a stregua di elemento imprescindibile per la configurazione – base dell’ipotesi delittuosa, ed è inoltre immotivato il diniego di generiche e della mancata comparazione con prevalenza sulla ritenuta aggravante.

2 – Il primo motivo di ricorso è infondato. La richiesta di acquisizione della cassetta già offerta in 1 grado dall’imputato è stata respinta innanzitutto perché non vi è prova della sua genuinità e, quindi, perché non è necessario disporre la rinnovazione del dibattimento. E la motivazione sul punto è compiuta e corretta. Difatti chi chiede al giudice d’appello di assumere un nuovo mezzo di prova deve dar conto della sua idoneità ad assolvere la funzione dimostrativa di segno contrario a quanto già ritualmente acquisito e ritenuto sufficiente per il convincimento (e non possiede tale idoneità una registrazione che non sa quando, come e da chi apprestata), non potendo sostenerne in via d’ipotesi la decisività Nella specie si sostiene che l’audiocassetta anonima sarebbe stata comunque “utile” per l’accertamento.

Il secondo motivo è manifestamente infondato. Prescindendo dalle inapprezzabili argomentazioni di merito del ricorso circa l’attendibilità dei testi la motivazione spiega proprio che il loro ricordo è verificato sulla scorta della registrazione di sicura provenienza e circa la quale è stata svolta perizia di trascrizione. Diversamente le prove non sono state ritenute sufficienti.

Il terzo motivo è infondato. Un pubblico comizio è, a norma dell’art. 595-3 CP, un mezzo di pubblicità e cioè di ampia ed indiscriminata diffusione della notizia tra persone di numero indeterminato. Per il resto il motivo (circa la mancata concessione di generiche prevalenti) risulta nuovo, ed inoltre è generico e di merito nello stesso tempo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Roma, 28.5.98

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 13 AGO. 1998

Allegati

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