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Cassazione penale sez. V, 20/10/2023, n. 50788

Massima

Per quanto concerne l’applicabilità delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, come la detenzione domiciliare (rientrante tra le nuove pene previste dall’art. 20-bis c.p. introdotto dalla riforma Cartabia, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), è necessaria una richiesta esplicita dell’imputato. Tale richiesta deve essere formulata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello. L’omessa comunicazione da parte del giudice, ai sensi dell’art. 545-bis c.p.p., circa la possibilità di richiedere l’applicazione di tali pene, non comporta alcuna sanzione specifica.

Supporto alla lettura

PENE SOSTITUTIVE

Le pene sostitutive, introdotte dalla riforma Cartabia con l’art. 20 bis c.p., demandando la disciplina alla legge speciale, e precisamente al nuovo Capo III della L. 689/1981, sono un insieme di sanzioni alternative alla reclusione che permettono di sostituire la pena detentiva in alcuni casi.

Queste pene prevedono:

 la semilibertà (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 4 anni): il condannato può uscire di casa per svolgere attività lavorative, scolastiche, familiari o di pubblica utilità, con specifiche limitazioni;

 la detenzione domiciliare (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 4 anni): il condannato deve rimanere in casa, con alcune eccezioni per attività specifiche;

 il lavoro di pubblica utilità (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 3 anni): il condannato svolge un lavoro non retribuito per enti pubblici o associazioni di volontariato;

 la pena pecuniaria (in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a 1 anno): il condannato è obbligato a pagare una somma di denaro al fisco

L’applicabilità delle pene sostitutive è valutata dal giudice in base alle circostanze del reato, alla personalità del condannato e alla necessità di garantire l’effettività della pena. Il condannato deve dimostrare di essere una persona meritevole e di voler seguire il percorso rieducativo.

Le pene sostitutive possono essere applicate anche nei procedimenti pendenti, a condizione che sia stata fatta richiesta da parte dell’imputato. 

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di (omissis), avv. (omissis), ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano che ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Lodi ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui all’ art. 61, comma 1, n. 11-quinques, artt. 582, 585, art. 572 c.p., comma 1, n. 2.

2. La difesa articola due motivi di ricorso.

2.1 Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per violazione di legge in relazione all’art. 63 c.p., comma 4, e per vizio di motivazione, lamenta che i giudici di merito hanno omesso di spiegare le ragioni e modalità dell’aumento di pena operato per la recidiva infraquinquennale, come riqualificata.

2.2 Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per violazione di legge in relazione all’art. 545-bis c.p.p., lamenta che la corte territoriale, in occasione della udienza di appello, ha omesso di comunicare all’imputato la possibilità di richiedere l’applicazione di pene sostitutive, comunque applicabili d’ufficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e pertanto va rigettato.2. Quanto al primo motivo – come peraltro dedotto anche dalla difesa del ricorrente, la censura non è stata articolata nell’atto di appello.

Ne deriva che la stessa non può essere dedotta, per la prima volta, con il ricorso per cassazione (Sez. 5, sent. n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577).

Invero, il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall’art. 609 c.p.p., comma 1, che ribadisce in forma esplicita il principio, già enucleabile dal sistema, secondo cui la cognizione di detto giudice va commisurata ai motivi di ricorso proposti, che – contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata e all’indicazione delle relative questioni.

La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell’art. 606 c.p.p., comma 3, nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello.

2.1 Ne deriva che il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello e costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione a un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Bonaffini, Rv. 256631; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316).

Nella specie, il tema della recidiva non è stato devoluto con i motivi di appello, di talché la relativa violazione di legge non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di cassazione, ostandovi lo sbarramento posto dall’art. 606 c.p.p., comma 3, ultimo periodo, a tenore del quale il ricorso è inammissibile se proposto “per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello”.

2.2 La questione posta dal ricorrente, inoltre, non rientra tra quelle rilevabili d’ufficio, in quanto non si è in presenza della statuizione di una pena illegale, ma di una pena della quale il ricorrente si limita a contestare la dosimetrìa (Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903).

Del resto, l’errore di diritto asseritamente contenuto nella sentenza di primo grado, riguardante le modalità di calcolo della pena – comunque fissata entro i limiti edittali e in assenza di modifiche normative incidenti sulla determinazione della stessa -, non può essere prospettato per la prima volta con ricorso per cassazione, né è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 609 c.p.p., comma 2, non potendosi ritenere nel suo complesso la pena irrogata all’imputato “illegale” (Sez. 2, n. 14307 del 14/03/2017, Musumeci, Rv. 269748).

3. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso che involge l’omessa informazione all’imputato in merito alla possibilità di richiedere l’applicazione di pene sostitutive, comunque applicabili d’ufficio.

3.1 In tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nel D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 95 (cd. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui al novello art. 20-bis c.p., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello, con la conseguenza che la relativa statuizione – positiva o negativa – laddove connotata da motivazione manifestamente illogica può essere oggetto di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090).

Nel caso di specie, l’udienza dinanzi alla corte territoriale è stata celebrata in data 11 aprile 2023, sicché, a quella data, il ricorrente avrebbe potuto articolare la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva ai sensi dell’art. 20-bis c.p..

3.2 In ogni caso, l’art. 545-bis c.p.p. prevede che il giudice dia avviso alle parti solo “se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 “, senza, tuttavia, stabilire, in caso di omessa informazione, alcuna sanzione.

4. Alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

5. In caso di diffusione del presente provvedimento, andranno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2023

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