2. La difesa articola due motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per violazione di legge in relazione all’art. 63 c.p., comma 4, e per vizio di motivazione, lamenta che i giudici di merito hanno omesso di spiegare le ragioni e modalità dell’aumento di pena operato per la recidiva infraquinquennale, come riqualificata.
2.2 Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per violazione di legge in relazione all’art. 545-bis c.p.p., lamenta che la corte territoriale, in occasione della udienza di appello, ha omesso di comunicare all’imputato la possibilità di richiedere l’applicazione di pene sostitutive, comunque applicabili d’ufficio.
Ne deriva che la stessa non può essere dedotta, per la prima volta, con il ricorso per cassazione (Sez. 5, sent. n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577).
Invero, il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall’art. 609 c.p.p., comma 1, che ribadisce in forma esplicita il principio, già enucleabile dal sistema, secondo cui la cognizione di detto giudice va commisurata ai motivi di ricorso proposti, che – contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata e all’indicazione delle relative questioni.
La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell’art. 606 c.p.p., comma 3, nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello.
2.1 Ne deriva che il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello e costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione a un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Bonaffini, Rv. 256631; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316).
Nella specie, il tema della recidiva non è stato devoluto con i motivi di appello, di talché la relativa violazione di legge non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di cassazione, ostandovi lo sbarramento posto dall’art. 606 c.p.p., comma 3, ultimo periodo, a tenore del quale il ricorso è inammissibile se proposto “per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello”.
2.2 La questione posta dal ricorrente, inoltre, non rientra tra quelle rilevabili d’ufficio, in quanto non si è in presenza della statuizione di una pena illegale, ma di una pena della quale il ricorrente si limita a contestare la dosimetrìa (Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903).
Del resto, l’errore di diritto asseritamente contenuto nella sentenza di primo grado, riguardante le modalità di calcolo della pena – comunque fissata entro i limiti edittali e in assenza di modifiche normative incidenti sulla determinazione della stessa -, non può essere prospettato per la prima volta con ricorso per cassazione, né è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 609 c.p.p., comma 2, non potendosi ritenere nel suo complesso la pena irrogata all’imputato “illegale” (Sez. 2, n. 14307 del 14/03/2017, Musumeci, Rv. 269748).
3. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso che involge l’omessa informazione all’imputato in merito alla possibilità di richiedere l’applicazione di pene sostitutive, comunque applicabili d’ufficio.
3.1 In tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nel D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 95 (cd. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui al novello art. 20-bis c.p., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello, con la conseguenza che la relativa statuizione – positiva o negativa – laddove connotata da motivazione manifestamente illogica può essere oggetto di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090).
Nel caso di specie, l’udienza dinanzi alla corte territoriale è stata celebrata in data 11 aprile 2023, sicché, a quella data, il ricorrente avrebbe potuto articolare la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva ai sensi dell’art. 20-bis c.p..
3.2 In ogni caso, l’art. 545-bis c.p.p. prevede che il giudice dia avviso alle parti solo “se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 “, senza, tuttavia, stabilire, in caso di omessa informazione, alcuna sanzione.
4. Alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5. In caso di diffusione del presente provvedimento, andranno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2023
