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Cassazione penale sez. V, 16/05/2025, n. 23167

Massima

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’obbligo di regolare tenuta e tempestiva messa a disposizione delle scritture contabili (anche su supporto informatico) grava esclusivamente sull’amministratore della società fallita. Tale responsabilità non viene meno per pretese carenze della curatela fallimentare nella ricerca della documentazione o per la presenza di organi di vigilanza, né la tardiva esibizione dei libri contabili è idonea a surrogare gli obblighi di deposito, configurandosi al contrario quale indice corroborante della condotta fraudolenta e del dolo.

Supporto alla lettura

BANCAROTTA

La bancarotta è un reato che consiste nella dissimulazione o destabilizzazione del proprio patrimonio diretta a realizzare un’insolvenza, anche apparente, nei confronti dei creditori.

I reati di bancarotta,  originariamente contemplati all’interno della Legge Fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267), in seguito riscritta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), sono confluiti all’ interno del Titolo IX del nuovo  “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”. 

Il reato di bancarotta può essere di due tipi:

  • bancarotta propria: riguarda l’imprenditore
  • bancarotta impropria: riguarda la società   

Entrambe le fattispecie si dividono in:

  • bancarotta fraudolenta: l’ agente opera con intento fraudolento e si realizza quando l’imprenditore distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, espone passività inesistenti ( bancarotta fraudolenta patrimoniale); oppure quando sottrae, distrugge o falsifica, in tutto o in parte, in modo tale da procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li tiene in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (bancarotta fraudolenta documentale), oppure ancora, a scopo di favorire taluni creditori rispetto ad altri esegue pagamenti o simula titoli di prelazione (è la bancarotta fraudolenta preferenziale).
  • bancarotta semplice: l’ agente opera senza dolo, ma in modo avventato e imprudente, facendo spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; oppure ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni manifestamente imprudenti, ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. Responsabile di bancarotta semplice è anche il fallito che nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, ovvero dall’inizio dell’impresa se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge, oppure li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. È impugnata la sentenza della Corte di appello di Venezia che, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Verona – che, avendolo assolto dal reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, in essa assorbita l’appropriazione indebita di cui al capo B), ha dichiarato (omissis), amministratore unico della “95 Spa” dichiarata fallita con sentenza del 05/12/2011, responsabile di bancarotta fraudolenta documentale, per avere tenuto i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società (in particolare non tenendo il libro giornale e il libro degli inventari relativi a plurime annate), – ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, e rideterminato la pena principale e quelle accessorie fallimentari.

2. Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato Nunzio Rosso, è affidato a tre motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, denuncia erronea applicazione dell’art. 603 cod. 3 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria, mediante la escussione dei testi (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), che avrebbero potuto riferire elementi utili a provare la estraneità del ricorrente ai reati contestati.

2.2. Il secondo motivo censura l’affermazione di responsabilità, sostenendosi la insussistenza del fatto di bancarotta documentale, sul rilievo che la curatrice fallimentare non avrebbe cercato di reperire la documentazione obbligatoria, e comunque, è denunciata la contraddittorietà della motivazione che, nell’affermare la responsabilità del ricorrente per l’omessa tenuta della contabilità aziendale, non ha considerato la presenza dell’organo di vigilanza deputato a tale controllo.

2.3. Con il terzo motivo, ci si duole della mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 217 L.F. in assenza di dolo in capo all’amministratore.

Invero, a tal fine, viene posta in rilievo la circostanza che la curatrice, per un verso, avrebbe omesso di inventariare la mole di documenti rinvenuti al momento della dichiarazione di fallimento, dall’altro, non ha rinnovato il contratto avente a oggetto il software informatico dal quale avrebbe potuto essere stampata la documentazione contabile da consegnare alla stessa curatrice.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Non ha pregio il primo motivo, con cui è denunciata la violazione dell’art. 603 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello omesso di rinnovare la prova dichiarativa, finalizzata ad acquisire elementi utili a provare la estraneità del ricorrente ai fatti contestati, dal momento che, come ha già considerato il giudice di primo grado, anche se i testi avessero dichiarato che la documentazione contabile era stata istituita e regolarmente tenuta, tanto non avrebbe fatto venire meno l’obbligo dell’imprenditore di metterla a disposizione della curatela fallimentare.

1.1. Giova ricordare che, nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603 comma primo cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia potenzialmente irrinunciabile per la capacità di eliminazione delle eventuali incertezze, ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo a inficiare risultanze ritenute fondamentali per la decisione; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (ex plurimis, Sez. 6, n. 7047 del 15/03/1996 , Rv. 205673; Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, Rv. 246859; Sez. 4 , n. 1184 del 03/10/2018, Rv. 275114; Sez. 6 – , n. 48093 del 10/10/2018, Rv. 274230).

In considerazione del principio di presunzione di completezza della istruttoria compiuta in primo grado, il Giudice deve dare conto dell’uso che va a fare del suo potere discrezionale, conseguente alla convinzione maturata di non poter decidere allo stato degli atti, cosicché, si afferma che egli, pur investito – con i motivi di impugnazione – di specifica richiesta, è tenuto a motivare solo nel caso in cui a detta rinnovazione acceda, dando conto dell’uso del potere discrezionale connesso al convincimento di non potere decidere ex actis; non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto, in quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità. (Sez. 5, n. 8891 del 16/05/2000, Rv. 217209).

1.2. Conseguentemente, in tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale, posto alla base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento o concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (da ultimo, Sez. 5 n.. 14205 del 07/03/2025 n. m.; conf. Sez. 5 n., 32379 del 12/04/2018, Rv. 273577; Sez. 6 n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, Rv. 261798; Sez. 6 n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258236).

1.3. A tali principi si è attenuta la sentenza impugnata, che ha linearmente motivato in merito alle ragioni che portavano a escludere la rilevanza e decisività delle prove di cui l’appellante sollecitava l’acquisizione, non ravvisandosi la denunciata violazione del diritto alla prova.

1.4. Invero, costituisce preciso obbligo dell’imprenditore, sin dalla fase antecedente alla dichiarazione di fallimento, adoperarsi per una corretta rappresentazione della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa, con il deposito di una relazione aggiornata, unitamente ai bilanci degli ultimi tre esercizi, in sede di convocazione prefallimentare (art. 15, comma 4 L.F.); dopo l’apertura della procedura concorsuale, con il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie entro tre giorni dalla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (art. 16 comma 1 n. 3 L.F.); e con la tempestiva e costante disponibilità all’interlocuzione con il curatore del fallimento (art. 49 L.F.).

1.5. Ebbene, i giudici di merito hanno richiamato i precisi obblighi gravanti sull’amministratore, non solo in merito alla regolare tenuta delle scritture contabili – evidenziando come pur essendo consentita dalla legge la tenuta informatica della contabilità, ciò non esime l’amministratore della società dall’adempimento degli obblighi di legge in merito alla tenuta e all’aggiornamento delle stesse e sottolineando come “il mancato aggiornamento dei libri e delle scritture contabili non ha consentito la precisa ricostruzione del patrimonio societario, così impedendo ogni utile iniziativa della curatela” – ma anche alla tempestiva consegna della stessa al curatore fallimentare, a disposizione del quale, in caso di incompletezza della documentazione cartacea, deve essere messa anche la contabilità informatica. Di qui il giudizio di superfluità della rinnovazione istruttoria, “essendo stato già dimostrato…che i libri e le scritture contabili della società sono stati tenuti su supporto informatico e non su quello cartaceo”.

2. Discende da quanto già osservato anche la infondatezza del secondo motivo, che contiene censure in merito all’operato della curatrice, per non avere cercato di reperire la documentazione obbligatoria in mezzo al “caos” ovvero nei sistemi informatici aziendali, giacché il ricorrente pretende di trasferire sul curatore un onere di diligenza (quello, appunto, di consegnare le scritture) in capo al curatore, al quale richiede di svolgere una funzione di supplenza rispetto all’amministratore della fallita. Ma è su quest’ultimo che gravano i gli obblighi di tenuta della documentazione contabile e anche di tempestiva e completa messa a disposizione del curatore, obblighi dai quali l’amministratore non è esentato neppure dall’esito dei controlli da parte del collegio sindacale;

2.1. In situazione analoga, la Corte ha ritenuto che “la contabilità in formato cartaceo, obbligatoria, venne istituita dalla fallita, ma tenuta volutamente in guisa da non rendere possibile la ricostruzione della vita e del patrimonio sociale, essendosi ostinatamente rifiutato, il ricorrente, di fornire chiarimenti al curatore;

mentre, la versione informatica, che si assume completa, non venne, tuttavia, mai consegnata al curatore.” (Sez. 5 n. 21645 del 16/03/2023 n.m.).

Ancora, “in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la tardiva esibizione, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, dei libri contabili non è idonea a surrogare gli obblighi di deposito della documentazione contabile che gravano sull’amministratore sia nella fase prefallimentare, sia in quella immediatamente successiva alla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma piuttosto avvalora e corrobora quegli indici di fraudolenza rilevanti per l’accertamento della sussistenza del reato” (Sez. 5 n. 14931 del 05/03/2024, Rv. 286371).

3. Il terzo motivo contiene generiche censure, con le quali, in realtà, si invoca la riqualificazione del fatto in bancarotta documentale semplice per responsabilità colposa senza addure motivi per scardinare la sentenza impugnata che, come si è detto, ha ravvisato la responsabilità dolosa sulla base dei descritti indici di fraudolenza, mentre lo stesso ricorrente, contraddittoriamente con l’invocata riqualificazione, argomenta la prospettazione della corretta e completa tenuta delle scritture contabili.

4. Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, 16 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2025.

Allegati

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