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Cassazione penale sez. V, 11/07/2024, n.27703

Massima

Integra il delitto di bancarotta semplice documentale la condotta dell’imprenditore che tenga il libro degli inventari in maniera sintetica, in quanto l’assenza di analiticità è inidonea a dare contezza delle attività e passività dell’impresa, facendo venire meno la funzione del libro stesso. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, ai fini della configurabilità del reato, non rileva la circostanza che il curatore sia riuscito, comunque, a ricostruire in maniera completa lo stato attivo e passivo del fallimento).

Supporto alla lettura

BANCAROTTA

La bancarotta è un reato che consiste nella dissimulazione o destabilizzazione del proprio patrimonio diretta a realizzare un’insolvenza, anche apparente, nei confronti dei creditori.

I reati di bancarotta,  originariamente contemplati all’interno della Legge Fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267), in seguito riscritta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), sono confluiti all’ interno del Titolo IX del nuovo  “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”. 

Il reato di bancarotta può essere di due tipi:

  • bancarotta propria: riguarda l’imprenditore
  • bancarotta impropria: riguarda la società   

Entrambe le fattispecie si dividono in:

  • bancarotta fraudolenta: l’ agente opera con intento fraudolento e si realizza quando l’imprenditore distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, espone passività inesistenti ( bancarotta fraudolenta patrimoniale); oppure quando sottrae, distrugge o falsifica, in tutto o in parte, in modo tale da procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li tiene in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (bancarotta fraudolenta documentale), oppure ancora, a scopo di favorire taluni creditori rispetto ad altri esegue pagamenti o simula titoli di prelazione (è la bancarotta fraudolenta preferenziale).
  • bancarotta semplice: l’ agente opera senza dolo, ma in modo avventato e imprudente, facendo spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; oppure ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni manifestamente imprudenti, ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. Responsabile di bancarotta semplice è anche il fallito che nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, ovvero dall’inizio dell’impresa se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge, oppure li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 aprile 2023 la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia dell’8 luglio 2021 con la quale il Tribunale cittadino in composizione collegiale aveva condannato (omissis) alla pena di giustizia oltre pene accessorie, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 219 comma primo L. Fall., e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla circostanza aggravante di cui all’art. 219 comma secondo n. 1 L. Fall., per il reato di bancarotta fraudolenta preferenziale e di bancarotta documentale semplice, nella sua qualità di legale rappresentante della società (omissis) Srl, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Bari dell’11 gennaio 2016.

2. Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla fattispecie di bancarotta fraudolenta preferenziale.

La imputazione individua la condotta preferenziale :

nel pagamento in favore della società (omissis)  Srl di 175.000,00 Euro, pagamento realizzato attraverso la compensazione di un debito chirografario che la fallita aveva nei confronti della Mobilificio con una parte del credito che vantava nei confronti della Mobilificio a titolo di corrispettivo, fissato in 229.000,00 Euro, a seguito della vendita di due immobili avvenuta in data 15 aprile 2015;

nella corresponsione in favore di (omissis), legale rappresentante della (omissis) Srl, della somma di Euro 59.400,00 a titolo di restituzione di caparre confirmatorie.

Le sentenze di merito – evidenzia la difesa – escludono che l’operazione preferenziale sia consistita nella vendita dei due immobili quanto piuttosto nelle modalità con le quali il prezzo concordato sarebbe stato incassato.

In particolare, il debito preesistente che la società fallita aveva maturato nei confronti della Mobilificio Srl era pari a 180.000,00 Euro e derivava da un precedente inadempimento della Ge. Im. ed. Srl rispetto ad un contratto preliminare di vendita intercorso sempre tra le due società e relativo alla restituzione di una caparra confirmatoria versata.

Conseguentemente, rispetto al prezzo di 229.000,00 Euro pattuito, la società fallita aveva incassato liquidità effettive per la residua somma di Euro 54.900,00.

Vi era poi l’ulteriore operazione di rimborso delle caparre confirmatorie in favore di (omissis), legale rappresentante della (omissis) Srl versate in data 25 marzo, 21 aprile e 30 aprile 2015 per complessivi 59.400,00 Euro, distinta condotta addebitata e sulla quale – lamenta la difesa – vi è una totale omissione di motivazione, anche per relationem.

2.2. La Corte territoriale ha completamente omesso di considerare la ricostruzione operata dalla difesa in base alla quale:

– erano stati stipulati in data 21 novembre 2011 due contratti preliminari di vendita, sempre tra le due società, relativi a due immobili e rispetto ai quali la società fallita aveva ricevuto a titolo di caparra confirmatoria la somma di Euro 300.000,00 con la previsione che in caso di inadempimento la restituzione complessiva in favore del promissario acquirente sarebbe ammontata a 400.000,00 Euro.

In data 20 maggio 2014 era sottoscritto un nuovo preliminare di vendita per beni diversi da quelli del precedente preliminare e la caparra ricevuta in precedenza di 300.000,00 dalla fallita era stata imputata alla promessa di acquisto dei due nuovi beni, senza che fosse corrisposta la ulteriore somma prevista per l’inadempimento dei precedenti preliminari con un evidente vantaggio per la fallita.

Inoltre, la operazione negoziale da cui erano derivati i successivi rapporti di debito-credito risaliva all’anno 2011, data rispetto alla quale non era ipotizzabile alcuna situazione di insolvenza della società che sarebbe fallita solo nell’anno 2016.

Né come sostiene la sentenza impugnata, riprendendo integralmente i contenuti della sentenza di primo grado, si vedevano già gli elementi di segno negativo risultanti dalla situazione patrimoniale e dal conto economico al 31 dicembre 2014.

Il patrimonio netto negativo derivante dalla indicazione in bilancio di una perdita di esercizio di circa 231.852,00 Euro era conseguente unicamente ad oneri straordinari di importo quasi pari.

Se si legge correttamente il bilancio ci si accorge che alla data del 31 dicembre 2014 la gestione caratteristica era in equilibrio nel senso che il valore della produzione era superiore ai costi, potendosi in tal caso garantire la continuità dell’attività aziendale: quindi al momento della stipula del preliminare del 2014 la società non era in una situazione di insolvenza e la compravendita del 2015 rappresentava unicamente l’adempimento dell’obbligo di contrarre scaturito dal contratto preliminare.

Quanto poi alla restituzione (parziale rispetto a quanto effettivamente dovuto) della caparra confirmatoria, la Corte territoriale ha omesso qualsivoglia motivazione e non ha considerato anche in tal caso gli specifici rilievi contenuti nell’atto di appello e cioè che quella somma rappresentava il frutto di un accordo transattivo vantaggioso per la fallita e, dunque, per i suoi creditori sempre al fine di garantire la continuità aziendale.

Infine, il 19 giugno 2015 la società fallita aveva acceso un conto corrente presso una Banca con versamento tramite bonifici bancari di 90.000,00 Euro prelevando tale provvista da un altro conto presso altra banca sul quale (omissis) aveva intrapreso una procedura esecutiva per la quale il giudice dell’esecuzione aveva già disposto la assegnazione di una somma di circa 36.000,00 Euro.

(omissis) aveva intrapreso anche procedure esecutive presso terzi per crediti vantati nei confronti di questi ultimi dalla società fallita.

Il pagamento, dunque, non era stato effettuato per favorire il creditore quanto piuttosto per garantire la continuità dell’impresa.

3. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della fattispecie di bancarotta semplice documentale.

La imputazione si riferisce unicamente agli anni 2012 e 2013, senza considerare che l’anno 2012 è fuori dal triennio da computarsi rispetto alla dichiarazione di fallimento avvenuta nel 2016.

L’imputato ha cessato di essere legale rappresentante in data 25 giugno 2015 e ha prodotto tutta la documentazione contabile che era in suo possesso sino a quella data; mere irregolarità non hanno comunque impedito di ricostruire correttamente la contabilità e il reato non sussiste per carenza di offensività della condotta.

4. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge tradottasi in assenza di motivazione quanto alla richiesta prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante.

Sulla richiesta la motivazione è stata del tutto omessa.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.

1. Il primo motivo è manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza e con la giurisprudenza di questa Corte.

1.1. La Corte territoriale con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria ha chiarito che (p.2):

– il contratto definitivo di vendita in favore della Mobilificio Sa. Srl è intervenuto nella fase di insolvenza societaria;

– la consapevolezza dell’imputato di siffatta condizione si ricava dalla lettera a sua firma datata 29 maggio 2015, a distanza di circa un mese e mezzo dalla vendita, con la quale comunicava alla creditrice Pe. Acciai Srl l’assenza di liquidità per sopraggiunte problematiche interne alla società con conseguente impossibilità di onorare i pagamenti;

– i contratti preliminari di vendita risalivano agli anni 2010 e 2011 mentre il contratto definitivo è stato stipulato nell’anno 2015, con la sottrazione nell’immediato di somme di danaro cospicue ed utili per il soddisfacimento dei creditori privilegiati;

– l’esigenza di salvaguardare la continuità aziendale attraverso l’adempimento del contratto preliminare e, dunque, di una obbligazione precedentemente assunta non appare decisiva al fine di escludere la condotta preferenziale dal momento che “(..) una eventualità del genere sarebbe stata oggetto di esame giudiziario in modo che il giudice competente avrebbe operato un confronto tra tale inadempimento (sono frequenti nelle pratiche commerciali gli inadempimenti di tali contratti preliminari) rispetto all’esistenza di debiti privilegiati(..)”.

La ulteriore circostanza, a conforto della perseguita finalità di continuità aziendale, secondo cui il patrimonio netto negativo derivante dalla indicazione in bilancio di una perdita di esercizio di circa 231.852,00 Euro era conseguente unicamente ad oneri straordinari di importo quasi pari e che alla data del 31 dicembre 2014 la gestione caratteristica era in equilibrio nel senso che il valore della produzione era superiore ai costi, è stata semplicemente dedotta nel motivo di ricorso, ma in alcun modo confortata da elementi concreti a sostegno.

1.2. Il motivo, inoltre, non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte in tema di rapporti tra compensazione di debiti/crediti e condotte di bancarotta preferenziale.

Al riguardo questa Corte ha chiarito che in tema di bancarotta preferenziale, la compensazione volontaria, pur consentita dagli artt. 1252 cod. civ. e 56 legge Fall., può integrare il delitto di cui all’art. 216, comma 3, legge Fall., nei casi in cui l’accordo sia raggiunto durante la fase di insolvenza e sia finalizzato a favorire alcuni creditori con danno per gli altri. (Sez. 5, n. 26412 del 26/04/2022, Farruggia, Rv. 283526).

1.3. Quanto alla seconda delle operazioni preferenziali contestate (la restituzione di caparre confirmatorie precedentemente versate da (omissis) alla società fallita), la censura è manifestamente infondata allorquando lamenta l’assenza di motivazione.

La sentenza impugnata (ipotesi di doppia conforme), nell’affranta re il medesimo motivo di doglianza qui riproposto, opera un preliminare riferimento “(..) ai pagamenti preferenziali(..) considerando, quindi, non solo l’adempimento del contratto preliminare, ma anche la restituzione delle caparre confirmatorie.

Le argomentazioni utilizzate con riferimento all’adempimento del contratto preliminare di vendita sono perfettamente sovrapponibili all’operazione di restituzione delle caparre confirmatorie.

Peraltro, la sentenza impugnata opera più volte rinvio alle motivazioni della sentenza di primo grado la quale ha sottolineato come l’integrazione del medesimo fatto di reato risultasse ancora più evidente per la restituzione delle caparre confirmatorie trattandosi di veri e propri pagamenti e quindi esborsi di liquidità in favore di un creditore chirografario nel medesimo lasso temporale dell’operazione più complessa di compensazione in precedenza descritta.

2. Il secondo motivo è infondato.

Va preliminarmente puntualizzato, come sollecitato nel motivo di ricorso, che la condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 217 comma secondo L. Fall. ((..)il fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta(..)) si riferisce ai tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento e, dunque, nel caso di specie agli anni 2013 – 2015, con la esclusione dell’anno 2012.

2.1. Operata questa precisazione, va rilevato che la contestazione nel caso in esame si riferisce:

all’avere tenuto in maniera sintetica il libro inventari, non rappresentando in maniera analitica attività e passività;

all’avere omesso, sempre nel libro inventari, la consistenza dei beni raggruppati per categorie omogenee per natura e il valore attribuito a ciascun gruppo.

Secondo questa Corte non può invocarsi l’assenza di rilevanza sul piano penale della irregolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie ove essa, come nel caso di specie, “(..) ne comporti la redazione in maniera tanto sintetica da privarle del grado di dettaglio ritenuto indispensabile dalla normativa di riferimento(..) (Sez. 5 n. 18482 del 22/03/2023, Fanti, Rv. 284514, in motivazione).

Del tutto indifferente risulta, dunque, il fatto che il curatore sia riuscito a ricostruire in maniera completa lo stato attivo e passivo del fallimento in quanto è estraneo al fatto tipico descritto dell’art. 217, comma secondo, legge Fall., l’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, evento che invece caratterizza una delle fattispecie alternativamente integranti il diverso delitto di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, n. 32051 del 24/06/2014, Corasaniti, Rv. 260774; Sez. 5 n. 11390 del 09/12/2020, dep.2021, Cammarota, Rv. 280729).

L’art. 2217 cod. civ. stabilisce che “L’inventario (..) deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima.”

La indicazione normativa esprime una chiara esigenza di analiticità in quanto l’assenza di tale requisito è inidonea a dar conto delle attività e passività dell’impresa, facendo venir meno, come nel presente caso, la funzione del libro relativo (Sez. 5, n. 39482 del 27/06/2013, Mittica, Rv. 256324).

3. Il terzo motivo è generico.

La sentenza impugnata, nell’escludere la rideterminazione in senso più favorevole all’imputato, contrariamente a quanto rappresentato nel motivo di ricorso, ha evidenziato che la richiesta contenuta nell’atto di appello era del tutto generica, non indicando elementi che potessero giustificare una diversa decisione.

Sul punto va richiamata l’indicazione delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (S.U. n. 8825 del 27/10/2016, dep.2017, Gattelli, Rv. 268822).

Con l’atto di appello la difesa si era limitata unicamente a richiedere la concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.

4. Al rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.Così deciso in Roma, in data 28 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria l’11 luglio 2024.

Allegati

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