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Cassazione penale sez. V, 05/11/2020, n.10969

Massima

Risulta aggravato dalla destrezza il furto di un borsello dal finestrino della vettura mentre l’automobilista è intento a cambiare una ruota del veicolo.

Supporto alla lettura

Definizione: Il furto consiste nella sottrazione illegittima e dolosa della cosa altrui a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Il furto è disciplinato dall’art. 624 c.p. e sanziona l’impossessamento della cosa mobile altrui attraverso la sottrazione del bene al soggetto detentore al fine di trarne profitto per sé o per altri. Circa l’elemento soggettivo, il furto è reato a dolo specifico, in quanto richiede non solo la coscienza e volontà di sottrarre al detentore la cosa mobile altrui e di impossessarsene, ma altresì il fine di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto. A differenza del reato di truffa, il furto si concretizza in un’azione realizzata sul bene altrui contro o in assenza della volontà del titolare, che viene definitivamente spogliato della cosa detenuta. La carica offensiva del delitto di furto risiede, dunque, nella condotta di sottrazione lesiva della sfera del consenso del detentore del bene, con conseguente danno alla sua integrità patrimoniale. Ai fini della realizzazione del furto, non è necessaria la manifestazione di una volontà contraria all’apprensione del bene, data per presunta anche nelle ipotesi in cui l’impossessamento avvenga fuori dalla sfera di controllo del detentore in maniera clandestina ovvero sfruttando la sua momentanea carenza di attenzione. Qualora il furto venga commesso mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa si ravvisa l’integrazione della fattispecie autonoma di reato di cui all’art. 624 bis c.p., introdotta dalla legge n. 128/2001, oggetto peraltro di una recente riforma che ha ulteriormente inasprito la pena originariamente prevista. La formulazione della norma in esame persegue lo scopo di estendere la tutela della sfera domestica alla sfera del domicilio penalisticamente inteso, assorbendo nella nozione di privata dimora, certamente più ampia e comprensiva di quella di abitazione, tutti quei luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere atti della loro vita privata ovvero attività di carattere culturale, professionale e politico. Con la sentenza n. 52117/2014, le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute sulla questione del momento in cui si commette il reato di furto nei supermercati, affermando il principio secondo il quale superare le casse integra solamente il tentativo. Il furto con destrezza rappresenta un’aggravante del reato, che si verifica quando il ladro compie le azioni con particolari abilità, astuzia o avvedutezza. Ciò significa che la vittima viene sorpresa e non è in grado di vigilare normalmente sull’oggetto in questione.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

  1. G.R. ricorre avverso la sentenza del 25 marzo 2019 con la quale la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino del 6 luglio 2018, confermava l’affermazione di responsabilità del G. per i reati di furto aggravato e indebito utilizzo di una carta di credito e una carta bancomat, commessi il (OMISSIS) in danno di I.F.P., rideterminando la pena.
  2. Il ricorrente propone due motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge sulla sussistenza, per il reato di furto, dell’aggravante della destrezza – ritenuta nell’aver l’imputato sottratto il borsello dall’autovettura della persona offesa attraverso il finestrino anteriore destro mentre lo I. era intento a cambiare una ruota del veicolo dall’altra parte dello stesso – osservando come il G. non si fosse avveduto della presenza della vittima per la posizione in cui la stessa si trovava.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge sull’individuazione del reato più grave, nell’ambito della ritenuta continuazione, nel delitto di furto, i cui termini edittali, per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche, sono invece inferiori a quelli previsti per il reato di indebito utilizzo di carte di pagamento di cui all’art. 493-ter c.p..

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il motivo dedotto sulla sussistenza dell’aggravante della destrezza per il reato di furto é infondato.

Il riferimento del ricorrente alla versione difensiva, per la quale l’imputato al momento della commissione della condotta non si sarebbe avveduto della presenza sul luogo della persona offesa, in quanto occultato alla sua vista dall’autovettura dietro la quale lo I. era chinato nel cambiarne una ruota, non coglie in realtà l’esatto contenuto della motivazione della sentenza impugnata sul punto; nella quale, trascurando l’aspetto della possibilità o meno per l’imputato di vedere la vittima, la ritenuta sussistenza dell’aggravante era giustificata con l’ammissione del G. di aver agito in modo repentino infilando il braccio nel finestrino aperto del veicolo.

In questa prospettiva, deve naturalmente tenersi conto dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, per i quali, posto che la configurabilità dell’aggravante in esame postula che il soggetto agente abbia posto in essere una condotta caratterizzata da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, in quanto tale idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla cosa oggetto del furto, non é sufficiente a tal fine che il predetto si limiti ad approfittare di situazioni, da lui non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore (Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088; Sez. 4, n. 139 del 18/12/2019, dep. 2020, Marciano, Rv. 277952).

La stessa giurisprudenza ha tuttavia precisato che l’aggravante sussiste anche nel caso in cui la vittima sia momentaneamente distratta, ove le condizioni di abilità, astuzia o avvedutezza della condotta siano comunque tali di per sé da sorprendere o eludere la vigilanza del detentore, come nel caso in cui valori siano sottratti con il celere inserimento della mano nella borsa di una persona intenta nell’acquisto di prodotti commerciali (Sez. 5, n. 48915 del 01/10/2018, S., Rv. 274018). In queste situazioni, infatti, il soggetto agente non trae vantaggio unicamente dalla distrazione della persona offesa, ma si avvale della rapidità dell’azione, risultato della sua particolare abilità in questo genere di movimenti, per superare comunque la vigilanza della vittima.

Il caso di specie era riconducibile a questa fattispecie astratta, e la motivazione della Corte territoriale era pertanto conforme ai principi appena enunciati. Per sua stessa ammissione, l’imputato agiva non curandosi della presenza nelle vicinanze della persona offesa, ed anzi ritenendo che la stessa non si trovasse nei pressi dell’autovettura, e la sua condotta era realizzata con un gesto repentino, in sé idoneo ad eludere comunque la vigilanza del detentore, a prescindere dall’essere lo stesso distratto o meno dal compimento di altre operazioni. Correttamente, pertanto, tale repentinità era ritenuta tale da integrare la destrezza richiesta per la sussistenza dell’aggravante.

  1. Il motivo dedotto sull’individuazione nel delitto di furto del reato più grave, nell’ambito della ritenuta continuazione, é inammissibile.

Difetta invero l’interesse del ricorrente nel far rilevare la maggiore entità della pena edittale del reato di indebito utilizzo di carte di pagamento, nel momento in cui, come del resto osservato nella sentenza impugnata, la pena inflitta nella misura di un anno di reclusione ed Euro trecento di multa corrispondeva sostanzialmente al minimo edittale previsto per detto reato in un anno di reclusione ed Euro trecentodieci di multa.

  1. Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

 

Allegati

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