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Cassazione penale sez. un., 27/02/2025, informazione provvisoria n. 2/2025

Massima

Nel caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni definita con giudizio abbreviato, la riduzione di pena si applica distintamente: un terzo per i delitti e la metà per le contravvenzioni, e l’erronea determinazione della riduzione, configurando una pena illegittima, deve essere contestata nelle fasi processuali ordinarie e non per la prima volta in sede esecutiva.

Supporto alla lettura

RITO ABBREVIATO

Il sistema processuale penale italiano è un sistema di stampo accusatorio: esso impone che all’accertamento della responsabilità dell’imputato si pervenga con il massimo delle garanzie e nel rispetto del principio del contraddittorio nella formazione della prova. Le garanzie comportano una maggiore complessità delle forme e un allungamento dei tempi del processo, ma soprattutto del dibattimento, nel quale le prove dichiarative devono essere assunte con il metodo dell’esame incrociato. Quindi si è posta l’esigenza di prevedere procedure alternative, finalizzate a semplificare i meccanismi processuali e a consentire forme di definizione anticipata rispetto al procedimento ordinario. Il giudizio abbreviato costituisce la rinuncia dell’imputato alle garanzie del dibattimento, decidendo lo stesso di essere giudicato sullo stato degli atti d’indagine ricevendo in compenso per tale rinuncia una riduzione sull’eventuale pena finale di 1/3. Il giudizio abbreviato è stato introdotto nel codice di rito del 1988 agli artt. 438-443 c.p.p., sulla base dell’art. 2 n. 53 della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81. I presupposti di accesso al rito erano tre: la richiesta dell’imputato, il consenso del pubblico ministero e la valutazione del giudice per le indagini preliminari circa la possibilità di definire il processo “allo stato degli atti”. Intervenne la l. 479/1999(c.d. legge “Carotti), per ottemperare ai moniti della Corte costituzionale, riscrivendo i presupposti di accesso al rito abbreviato con l’eliminazione dei requisiti del consenso del pubblico ministero e della valutazione preliminare del giudice sulla definibilità del processo allo stato degli atti, al fine di rendere la nuova disciplina più semplice e più “attrattiva” della precedente. Quindi, venuti meno questi due requisiti, conditio sine qua non del giudizio abbreviato resta la richiesta dell’imputato. La novella del 1999 ha introdotto due diverse modalità di accesso al rito abbreviato: l’imputato può scegliere se formulare una richiesta “semplice”, ex art. 438 comma 1 c.p.p., oppure, “condizionata”, subordinando la richiesta stessa ad un’integrazione probatoria, ex art. 438 comma 5 c.p.p. La l. 103/2017, nota nel gergo come “riforma Orlando”, ha previsto l’opportunità per l’imputato di presentare istanze subordinate di rito abbreviato «allo stato degli atti» (c.d. semplice o secco) e financo di patteggiamento, nel caso in cui la richiesta (principale) di giudizio abbreviato condizionato non sia accolta. Le finalità del legislatore, nell’introduzione di tale previsione, appaiono chiaramente deflattive, riconoscendo alla difesa una valida alternativa al rigetto dell’istanza di cui al co. 5, prodromica ad impedire che il processo prosegua nelle forme del rito ordinario. Con la Legge 12 aprile 2019, n. 33, ha introdotto il co. 1bis nell’art. 442 c.p.p. che, nell’esclusivo caso in cui si proceda per i delitti per cui è prevista la pena dell’ergastolo, esclude l’applicazione del rito abbreviato, la cui richiesta determina la dichiarazione di inammissibilità del giudice dell’udienza preliminare.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

Questione controversa:

Se in tema di continuazione fra delitti e contravvenzioni, oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come modificato all’art. 1, comma 44, legge 23 giugno 2017, n. 103, debba essere operata nella misura di un terzo sulla pena unitariamente determinata ovvero debba essere effettuata distintamente nella misura di un terzo sugli aumenti di pena per i delitti e della metà sugli aumenti disposti per le contravvenzioni.

Soluzione adottata:

Nel caso di delitti e contravvenzioni posti in continuazione e oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione per il rito ai sensi dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, va operata, sulla pena inflitta per i delitti, nella misura di un terzo e, sulla pena applicata per le contravvenzioni, nella misura della metà.

La questione riguardante l’erronea determinazione della diminuente per il giudizio abbreviato in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni è soggetta al principio devolutivo e non può essere dedotta per la prima volta in sede esecutiva, trattandosi di ipotesi afferente a pena illegittima e non illegale.

Riferimenti normativi:

Cod. pen., art. 81; cod. proc. pen., artt. 442, 609, comma 2, 666; legge 23 giugno 2017, n. 103.

Allegati

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