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Cassazione penale sez. IV, 27/09/2012, n. 37315

Massima

In tema di reati in materia di stupefacenti, ai fini della configurazione del delitto di detenzione a fini di spaccio previsto dall’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, non è necessario il raggiungimento di una specifica soglia di principio attivo drogante. La punibilità della condotta, infatti, non è esclusa dalla presenza di un principio attivo inferiore a tale soglia o dalla sua mancata quantificazione, potendo la destinazione a terzi essere desunta da altri elementi indiziari certi, quali la suddivisione della sostanza in dosi singole o le circostanze concrete del rinvenimento, come la frequentazione di luoghi notoriamente legati al consumo di stupefacenti.

Supporto alla lettura

ILLECITA DETENZIONE DI STUPEFACENTI

La condotta penalmente sanzionata è posta in essere dal T.U. sugli stupefacenti D.P.R. 309/1990, il cui art. 73 è il fulcro di tutta la disciplina in materia, come modificato in ultimo dal D.L. 36/2014.

La detenzione di sostanze stupefacenti (art. 73) finalizzata allo spaccio costituisce reato, invece la sola detenzione per consumo personale (art. 75) configura un illecito amministrativo. E’ importante quindi distinguere le due fattispecie, la cui linea di confine è molto sottile.

L’art. 73 disciplina il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope. Tale articolo sanziona come reato tutte le condotte si spaccio e la detenzione ai fini dello spaccio, viene quindi sanzionato anche colui che compie qualsiasi attività di cessione e destinazione ad un’altra persona, anche a titolo gratuito. Lo stesso art. 73, al suo interno, contempla due casi in cui la pena è ridotta: quando si tratta di un fatto di lieve entità (ex art. 73, c. V) c.d. “piccolo spaccio” o quando si tratta di droghe leggere. Il bene giuridico tutelato è la salute pubblica, si intende proteggere i cittadini da sostanze droganti che potrebbero essere lesive per chi le assume ma anche dannose per terzi (es. omicidio colposo a seguito di incidente stradale causato da un soggetto che ha fatto uso di sostanze stupefacenti).

Ai fini della distinzione tra le due fattispecie di detenzione per spaccio o per uso personale sarà quindi fondamentale fare riferimento a determinati “parametri di prova” che il giudice valuterà volta per volta. In ogni caso, in Italia,  il possesso di sostanze stupefacenti, a prescindere che sia per uso personale o no, non è consentito dalla legge, e le conseguenze, che si tratti di sanzioni di natura penale o amministrativa, non sa saranno da poco.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1 – (omissis) propone, per il tramite del difensore, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di L’Aquila, del 28 febbraio 2011, con la quale è stato, “de plano”, dichiarato inammissibile l’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, dell’8 febbraio 2008, che lo ha ritenuto colpevole del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990art. 73, comma 5 e lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Nel provvedimento impugnato, la corte territoriale ha rilevato il palese difetto di specificità dei motivi d’appello, con i quali l’imputato ha genericamente sostenuto l’insussistenza di significativi e convergenti indizi di reità a carico dello stesso in ordine al delitto contestato.

2 – Avverso tale decisione ricorre, dunque, l’imputato il quale lamenta:

a) Inosservanza dell’art. 601 cod. proc. pen., posto che l’intervento “de plano” della corte territoriale ha compresso il diritto di difesa, poichè l’appello è stato definito in assenza dell’imputato;

la violazione di detta norma sarebbe causa di nullità assoluta;

b) Erronea applicazione dell’art. 591 cod. proc. pen., in relazione all’art. 581 c.p.p., lett. c), circa la ritenuta omessa enunciazione dei motivi con esatta indicazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a sostegno dell’appello.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1 – Inesistente è la dedotta inosservanza dell’art. 601 cod. proc. pen., alla luce del disposto dell’art. 591 c.p.p., il quale: a) prevede, al comma 1, lett. c), tra i casi di inammissibilità dell’impugnazione, la mancata osservanza delle disposizioni previste, tra gli altri, dall’art. 581 cod. proc. pen.; b) attribuisce, al comma 2, al giudice dell’impugnazione il potere di dichiarare, anche d’ufficio, con ordinanza, l’inammissibilità dell’impugnazione e di ordinare l’esecuzione della sentenza impugnata.

A tali disposizioni legislative si è correttamente attenuta la corte territoriale.

2 – Manifestamente infondato è anche il secondo dei motivi proposti.

In realtà, l’art. 581 c.p.p., con riguardo alla forma che deve assumer l’impugnazione, precisa, tra l’altro, che i relativi motivi devono indicare specificamente “le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; disposizione la cui violazione – come sopra già rilevato – determina, a mente dell’art. 591 c.p.p., l’inammissibilità dell’impugnazione, che il giudice può dichiarare d’ufficio con ordinanza.

Orbene, a tali disposizioni di legge si è attenuto il giudice del gravame che, a fronte della genericità dell’appello (compulsabile in questa sede in vista del vizio dedotto) proposto dall’imputato – che ha chiesto di essere assolto dall’addebito poichè della droga rinvenuta in suo possesso non era noto il principio attivo e poichè la stessa era destinata solo al consumo personale – ha legittimamente dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto proposta in termini del tutto generici e per nulla correlati alle argomentate ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione.

Il tribunale, invero, in punto di responsabilità, aveva sostenuto che la destinazione allo spaccio della sostanza in sequestro doveva ritenersi certa sia per la suddivisione della droga in otto dosi singole, sia perchè l’imputato era stato controllato mentre si recava in una località, poco distante, ove stava per iniziare un rave-party, cioè una festa di giovani che notoriamente costituisce occasione per il consumo di sostanza stupefacente. Lo stesso giudice ha poi legittimamente segnalato l’assenza del (omissis) dal giudizio;

non certo per inferirne elementi di responsabilità nei confronti dello stesso, bensì solo per rilevare la mancata indicazione di elementi che potessero fornire una diversa giustificazione al possesso della droga, essendo rimasta solo una congettura del difensore la tesi secondo cui lo stupefacente sarebbe stato destinato al consumo personale dell’imputato.

Argomentazioni sostanzialmente ignorate dall’imputato che nell’atto d’appello ha solo genericamente sostenuto la destinazione personale della droga, senz’altro aggiungere, sol rilevando la mancanza di prova circa il principio attivo drogante della sostanza in sequestro.

Circostanza del tutto irrilevante, posto che, in materia di efficacia drogante e di principio attivo occorre rilevare come, di per sè, la presenza di un principio attivo inferiore alla soglia drogante, non escluda la punibilità della condotta contestata, comunque riconducibile nell’ambito della fattispecie criminosa descritta del D.P.R. n. 309 del 1990, sub art. 73; questa Corte, invero, anche a Sezioni Unite (Cass. n. 9973/98, rv 211073, e n. 32317/09), ha affermato che il raggiungimento di tale soglia “non è necessario per la configurazione della fattispecie criminosa di detenzione a fini di spaccio”.

Alla manifesta infondatezza del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2012

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