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Cassazione penale sez. IV, 26/09/2025, n. 32144

Massima

In tema di ricorso per cassazione, viola il divieto di reformatio in peius, previsto dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., la sentenza d’appello che, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, applichi per la prima volta all’imputato una misura di sicurezza personale (nello specifico, la libertà vigilata). Tale principio è valido anche nel caso in cui la misura di sicurezza venga applicata come conseguenza dell’accertamento, in grado di appello (su ricorso del solo imputato), di un vizio parziale di mente non ravvisato in primo grado.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione, nel processo penale, disciplinato dagli art. 606 e ss. c.p.c, è un mezzo di impugnazione ordinario, costituzionalmente previsto avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale ed esperibile negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, tramite il quale l’impugnante lamenta un errore di diritto compiuto dal giudice nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (c.d. error in iudicando) o di diritto processuale (c.d. error in procedendo).

Legittimata a ricorrere è la parte che vi abbia interesse e conseguentemente le parti necessarie quali l’imputato (a mezzo di difensore abilitato al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori) e il pubblico ministero. Altresì, possono proporre ricorso anche le parti ritualmente costituite come la parte civile, civilmente responsabile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

I giudici della Cassazione possono decidere soltanto nell’ambito dei motivi palesati dal ricorrente, in quanto il giudizio verte sulla fondatezza di tali motivi che devono corrispondere alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 c.p.p.:

  • eccesso di potere;
  • error in iudicando;
  • error in procedendo;
  • mancata assunzione di una prova decisiva;
  • carenza o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso può essere presentato da una parte o da un suo difensore, che deve essere iscritto ad un albo speciale predisposto dalla Corte stessa, (in mancanza viene nominato uno d’ufficio), quindi il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle sei sezioni della Corte a seconda della materia e di altri criteri stabiliti dall’ordinamento giudiziario. Se rileva l’inammissibilità del ricorso, lo assegna alla VII Sezione Penale (c.d. Sezione Filtro), composta dai magistrati di Cassazione delle altre Sezioni Penali che vi si alternano a rotazione biennale. Entro 30 giorni la sezione adìta si riunisce in Camera di Consiglio e decide se effettivamente esiste la causa evidenziata dal Presidente, in mancanza rimette gli atti a quest’ultimo. Come nel procedimento civile, la Cassazione si riunisce a “Sezioni Unite” quando deve decidere una questione sulla quale esistono pronunce contrastanti della Corte di Cassazione stessa o per questioni di importanza rilevante.

Qualora non si proceda in camera di consiglio, l’art. 614 c.p.p. prevede l’ovvia fase dibattimentale. Particolarità è che la sentenza non viene emanata dopo la chiusura del dibattimento, ma subito dopo il termine dell’udienza pubblica. Tuttavia il presidente può decidere di differire la deliberazione ad un’udienza successiva se le questioni sono numerose o particolarmente importanti e complesse.

Sono quattro i tipi di sentenza che la Corte può emettere:

  • di inammissibilità;
  • di rigetto;
  • di rettificazione;
  • di annullamento (con rinvio o senza rinvio).

Come per il procedimento civile, anche nel processo penale è previsto il “ricorso per saltum“, cioè dal primo grado direttamente in Cassazione (art. 569 c.p.p.), è importante precisare che non si può ricorrere per saltum per i motivi alle lettere d) ed e) dell’art. 606 c.p.p. (prove non ammesse in giudizi di grado inferiore e per illogicità o motivazione carente nella sentenza) in quanto la Cassazione ha potere cognitivo di merito molto ristretto.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza emessa il 10/04/2024 dal Tribunale di Siracusa nei confronti di (omissis) – imputato dei reati previsti dagli artt. 99, comma 4, 624 e 625, n.2, cod. pen. (capo 2) e 99, comma 4, 110, 61, n.5 e 624 cod. pen. (capo 7) – ha rideterminato la pena nella misura di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa, disponendo (a pena espiata) l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno.

La Corte, in riferimento ai motivi di appello formulati dalla difesa del (omissis), ha accolto quello inerente al riconoscimento del vizio parziale di mente, sulla scorta delle due perizie psichiatriche depositate in atti, una delle quali redatta in altro procedimento e relativa a fatto coevo; le quali consentivano di ritenere che l’imputato avesse agito sulla scorta di un “discontrollo degli impulsi determinato dalla dipendenza da sostanze psicotrope” e ritenendo che la relativa attenuante potesse essere bilanciata in termini di equivalenza con le contestate aggravanti e con la ritenuta recidiva; disponendo, altresì, in ragione della pericolosità sociale dell’imputato, l’applicazione – a pena espiata – della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno.

2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione (omissis), tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione. Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.b), cod. proc. pen. – la violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen..

Ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe applicato la predetta misura di sicurezza in assenza di impugnativa da parte del pubblico ministero, in tal modo incorrendo nella violazione del divieto di reformatio in peius.

Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.e), cod. proc. pen. – la carenza e manifesta illogicità della motivazione in punto di giudizio di bilanciamento tra il ritenuto vizio parziale di mente e le contestate aggravanti.

Ha dedotto che la Corte non avrebbe adeguatamente chiarito in quali termini le contestate aggravanti, tra cui la recidiva, dovevano porsi in rapporto di sola equivalenza con l’accertato vizio parziale di mente, essendo la relativa affermazione stata formulata in termini meramente apodittici, con conseguente inesistenza o comunque illogicità della motivazione.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato quanto al primo motivo e inammissibile in relazione al secondo motivo.

2. Il primo motivo di ricorso va accolto.

Questa Corte ha difatti ritenuto, in riferimento al disposto dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. (ai sensi del quale “quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave….”), che il tenore testuale della disposizione in questione appare inequivoco nel precludere l’applicazione all’imputato, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, di una misura di sicurezza che non sia stata disposta in primo grado.

Con la conseguenza che incorre, dunque, nella violazione del divieto di reformatio in peius la sentenza d’appello che, in esito ad un gravame attivato esclusivamente dall’imputato, applichi a quest’ultimo, per la prima volta, una misura di sicurezza e che non è dunque dirimente la circostanza in base alla quale l’applicazione della misura di sicurezza non violerebbe il divieto di reformatio in peius, costituendo una conseguenza della richiesta di accertamento del vizio di mente. Avendo la giurisprudenza largamente prevalente ritenuto, in senso contrario, che non possa irrogarsi, in mancanza di impugnazione da parte della pubblica accusa, neanche una misura di sicurezza obbligatoria (in termini, Sez. 6, n. 15892 del 08/01/2014, Lavagna, Rv. 261530); dovendosi quindi giungere ad analoga conclusione anche nel caso in cui, sempre in assenza di impugnativa da parte del pubblico ministero, il giudice applichi la misura di sicurezza personale prevista dalla legge quale conseguenza del proscioglimento per vizio di mente dell’imputato non ravvisato in primo grado ovvero riformi la sentenza in conseguenza dell’accertamento, come nel caso specie, di un vizio solo parziale (Sez. 6, n. 27928 del 30/03/2022, P., Rv. 283330).

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

A tale proposito, costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte quella in base alla quale le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia anche solo limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931; in senso analogo, Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450; Sez. 5, n. 5579 del 26/09/2013, dep. 2014, Sulo, Rv. 258874).

Nel caso di specie, la pur stringata motivazione della Corte territoriale deve ritenersi non sindacabile in sede di legittimità ai sensi dei citati principi, avendo il giudice di appello ritenuto che il constatato vizio parziale di mente dovesse porsi in rapporto di equivalenza con le contestate aggravanti (comuni e a effetto speciale) in quanto non idoneo a sovrastare la “forza e veemenza” delle aggravanti medesime.

4. Sulla base delle predette considerazioni, in riferimento al disposto dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio in ordine alla statuizione inerente all’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, la quale deve essere eliminata; mentre, nel resto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza della libertà vigilata; misura che elimina. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.

Così è deciso in Roma, il 18 settembre 2025.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2025.

Allegati

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